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Chiude eDonkey. Tornerà, ma a pagamento
by p.e. Monday, Oct. 03, 2005 at 12:32 AM mail:

Chiude eDonkey. Tornerà, ma a pagamento Tolleranza zero contro il P2P: la sentenza Grokster spinge i responsabili della popolarissima rete eDonkey a gettare la spugna e pensare a servizi a pagamento. Ma i figli dell'Asino assicurano la sopravvivenza della specie

Chiude eDonkey. Torn...
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Lutto nel mondo del file sharing: dopo la chiusura di WinMX, anche il celeberrimo eDonkey (eD2K) chiude i battenti. L'ira delle major continua a fare vittime e getta molte ombre sul futuro della tecnologia di condivisione P2P.
Morte e risurrezione: l'"asino elettronico" sarà convertito in un servizio per la vendita di contenuti multimediali.


Il presidente dell'azienda del popolare network eDonkey, Metamachine, dichiara di esser stato costretto a questa improvvisa decisione per far fronte alle diffide della RIAA, che si fa forte della recente sentenza Grokster pronunciata dalla Corte Suprema statunitense.
La rete eD2K è il pilastro su cui poggia anche eMule, il un diffuso client alternativo open source, ma quanto sta accadendo difficilmente procurerà seri problemi all'immensa comunità di utenti che eMule si è guadagnato negli anni: il "mulo" rimarrà comunque in gioco, grazie ai network Kad e FileExchange.
Sam Yagan ha gettato la spugna nel corso di un'udienza presso la Commissione Giudiziaria statunitense, composta dai giudici federali della sentenza Grokster. "Lo voglio dire forte e chiaro", testimonia Yagan, "perché abbiamo intenzione di trasformare al più presto eDonkey2000 ed i suoi utenti in una piattaforma a pagamento, in modo da venire incontro alle esigenze di RIAA".
Le decisioni della Corte Costituzionale a conclusione del caso MGM-Grokster sono una spada di Damocle che mette alle corde "tutte le piccole aziende che producono software per lo scambio di file", sostiene Yagan.
Il presidente dell'azienda, produttrice di un software utilizzato da milioni di utenti in tutto il mondo, si è dichiarato sfinito dall'infinita battaglia legale che vede muro contro muro l'industria multimediale e le società informatiche.
Uno scontro che a suo dire indebolisce l'innovazione, in grado di spostare il baricentro della sperimentazione dagli Stati Uniti verso altri paesi.
Come esempio di questa tendenza, Yagan ha citato il caso di Skype.
"Non vorrei che tutti i produttori di tecnologie P2P fossero costretti a passare all'open source oppure ad aprire sedi all'estero, perché sarebbe un colpo davvero duro per l'economia nazionale", incalza Yagan: i veri vincitori di questa infuocata caccia alle streghe antiP2P sarebbero "i furbi che emigrano o si nascondono nell'underground", senza dover sottostare alle leggi degli Stati Uniti. Una battuta che a molti ha fatto pensare a quanto sta avvenendo proprio con WinMX, "avvistato" in un'isoletta offshore del Pacifico.
Le sorti dei sistemi P2P sono segnate?
Sempre più membri dell'entourage politico statunitense stanno battendo le lance sugli scudi, pronti a reclamare norme più rigide.
Dianne Feinsten, senatore della California, è convinta che Washington debba fare qualcosa per fermare alla svelta tutti i sistemi P2P: "Di questo passo, se non interveniamo, l'industria basata sulla proprietà intellettuale è destinata a morire".
Una dichiarazione che echeggia le previsioni della rockstar David Bowie, che già anni fa avvertì i propri colleghi di "prepararsi", perché il diritto d'autore sarebbe, appunto, prossimo al capolinea.
Altri, ben più disposti al dialogo, propongono una riforma completa delle leggi sul diritto d'autore, considerate antiquate e inadatte.
Marty Beth Peters, dello US Copyright Office, pensa che la soluzione migliore sia un "cambiamento graduale, a partire dalla revisione delle licenze discografiche".
Ma, nonostante il clima incandescente, il fenomeno del filesharing continua a prendere piede.
Una ricerca Gartner G2, aggiornata allo scorso agosto, registra un incredibile incremento degli utenti P2P all'interno degli Stati Uniti.
Dal 2003 al 2005 il numero di computer connessi ai maggiori servizi P2P è triplicato, passando da 3,8 a 9,6 milioni di singoli indirizzi IP. Una crescita ammessa dalle stesse major.
Tommaso Lombardi

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