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Proposte pratiche per il ripensamento della forma autogestionale.
by nell'Università Statale occupata Wednesday, Nov. 02, 2005 at 6:35 PM mail:

PER DIVENTARE CIO' CHE SIAMO

Alla luce delle critiche mosse al dispositivo dell’Assemblea generale (che evidentemente non erano critiche personalistiche, bensì strutturali), pensiamo ad alcune proposte concrete. Si tratta sostanzialmente di portare alla piena consapevolezza pratica qualcosa che, in qualche modo, è già spontaneamente in atto.
L’assemblea generale è due cose: una reale e l’altra fittizia. Realmente, è un luogo informativo di quanto è stato discusso ed elaborato in piccoli gruppi di lavoro, ovvero laddove c’è l’effettiva possibilità di discutere, riflettere, criticare: il gruppo eventi comunica un insieme di decisioni, lo stesso fa il gruppo riforme, ecc.. In maniera fittizia, è un luogo decisionale. Sarebbe opportuno eliminare questa finzione.
Conseguentemente si può ragionare, per esempio, sui seguenti punti:

1) privare l’Assemblea di ogni potere decisionale – anche attraversando l’evidente paradosso che una tale decisione potrà essere decisa dall’Assemblea stessa, paradosso che ne metterebbe solo in luce la grande maturità politica;

2) sanzionare il fatto che l’Assemblea sarà:
a)luogo e momento di informazione interna, dove cioè verranno presentati i risultati del lavoro di piccoli gruppi tematici (è una cosa che già accade – si tratta solo di prenderne coscienza);
b)momento di eventuale conferma formale per le decisioni dei gruppi tematici;
c)momento di discussione plenaria (con le modalità invero confusionarie, ma talvolta anche appassionanti delle discussioni con centinaia di partecipanti);
d)la nomina del prossimo moderatore e/o dell’eventuale verbalista, potrebbe avvenire alla fine di ogni incontro (alla fine dell’Assemblea di giovedì si nomina il moderatore per venerdì ecc.); ciò per far sì che ognuno sappia a chi fare riferimento per portare contenuti informativi, contributi, proposte, problemi, ecc. Sarebbe opportuno che nessuno svolga questa funzione più di una volta; sarebbe opportuno che molti si propongano per svolgere questo compito formale.

3)Creare piccoli gruppi di lavoro e riflessione di carattere tematico;
a)ogni gruppo avrà capacità decisionale rispetto alla propria attività (percorsi di studio, contatti con l’esterno in attinenza ai percorsi sviluppati, produzioni di eventi o documenti, ecc.)
b)ogni gruppo avrà piena responsabilità per le sue decisioni;
c)sarebbe opportuno costituire gruppi che lavorino intorno a nuclei tematici (es.: eventi ludico-situazioni, oppure tema del lavoro, oppure analisi delle lotte attualmente in corso in Italia...) e NON in base ad identità già esistenti (ovvero collettivi X o Y, facenti riferimento alle realtà Z o K)
d)la dimensione del gruppo tematico dovrebbe favorire rapporti orizzontali interni (bisognerebbe dunque evitare in essi rapporti frontali o asimmetrici) e l’ideale sarebbe che le decisioni del piccolo gruppo fossero prese all’unanimità, vale a dire a partire da un’effettiva dialettica interna, basata sull’ascolto e l’analisi delle reciproche ragioni e argomentazioni;
e)mantenere rapporti orizzontali esterni tra i differenti gruppi, onde evitare inutili sovrapposizioni (se due gruppi incontrano un medesimo tema, potranno cominciare ad incontrarsi, cosi come qualora si organizzi un medesimo o simile evento; ecc.) Si tratta di una cosa elementare che accade in maniera del tutto naturale: ci si parla e ci si ascolta!

4)Problema del rapporto con “l’esterno” (ad es. stampa o docenti...) - è evidentemente il più spinoso (ma forse non così rilevante).

a)per i media, potrebbe esserci un gruppo preposto a tale scopo (come già esiste) che si limiti a comunicare programmi per i giorni a venire, ecc.
b)per i rapporti con la struttura universitaria: in primo luogo, evitare la logica dei rappresentanti e/o dei delegati; in secondo luogo, cercare di far sì che siano loro a venire da noi, e non viceversa...

Note a margine: una simile impostazione dell’autogestione – che realizza ciò che di fatto già accade, portandolo a maggiore consapevolezza pratica e prevenendo derive latenti aborrite da (speriamo) tutti – ha un portato di grande rilevanza. In un certo modo, potrebbe essere la base per la costituzione di un’effettiva pratica di creazione e liberazione di saperi, desideri e pratiche “dal basso”, cioè dall’insieme degli studenti e di chi con loro vuole collaborare (ammesso e non concesso che tutto ciò stia “in basso”...). In altri termini: pensare praticamente a tutto ciò significa far sì che l’attuale esperienza dell’occupazione vada oltre se stessa, non limitandosi alla protesta sul ddl moratti e maturando forme autorganizzative di più ampio respiro e, chissà, di carattere temporalmente indeterminato.

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