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[NoTav] Siamo anche noi per i treni ma la terza via esiste: gli altri tunnel delle Alpi
by l'Unita' Friday, Nov. 11, 2005 at 4:02 PM mail:

Intervista a: Antonio Ferrentino Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana Bassa Val di Susa, sindaco di S. Antonino, salernitano, dal ’74 in valle, diessino, vorrebbe spiegare a un italiano qualsiasi le sue ragioni contro la Tav?

Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana Bassa Val di Susa, sindaco di S. Antonino, salernitano, dal ’74 in valle, diessino, vorrebbe spiegare a un italiano qualsiasi le sue ragioni contro la Tav?
«La Val di Susa è la naturale valle di collegamento tra la valle del Rodano e la Valpadana. Peccato che su quest’area si siano concentrate e si stiano concentrando ancora troppe infrastrutture. Un’autostrada dove corrono quattromila tir al giorno, due statali con il loro pesante carico, perché molti tir, soprattutto quelli più malandati e sporchi, per evitare il controllo al portale termico, disertano l’autostrada. Aggiungiamo una linea ferroviaria internazionale sotto utilizzata, due elettrodotti, la più grande centrale in caverna, numerose industrie, una acciaieria inquinante, in un fondovalle relativamente stretto (un chilometro si calcola da un lato all’altro dei pendii montuosi), dove gli insediamenti residenziali sono molti e molto densi».

E su questo in valle almeno sono tutti d’accordo...
«Quando nel 1991 si è cominciato a discutere di questi problemi, attorno a noi abbiamo avvertito ben poca attenzione. Silenzio anche da parte dei media. Eppure abbiamo evitato qualsiasi tentazione ideologica, non ci siamo mossi secondo schieramenti. Si sono ritrovate insieme quarantacinque amministrazioni comunali di diverso orientamento. Non solo. Abbiamo cercato di studiare, abbiamo incaricato a nostre spese docenti universitari del Politecnico di Milano e di Torino, abbiamo analizzato ogni punto».

Per dire “no” alla ferrovia?
«Sono assolutamente favorevole al trasporto sul ferro, ma questa linea ferroviaria si inserisce in un contesto idrogeologico e sociale di grande complessità. Con senso di respopnsabilità abbiamo cercato di dare il nostro contributo, abbiamo proposto cambiamenti, il progetto è stato migliorato. Ma è arrivato il 2001, è arrivato il nuovo governo e ci è capitato di assistere a una sorta di impazzimento. Abbiamo dovuto anche noi della Val di Susa fare i conti con la “legge obiettivo”, sbandierata come il toccasana della nostra economia, come il miracoloso marchingegno che avrebbe colmato il nostro ritardo infrastrutturale. La “legge obiettivo” semplicemente non prevede che si senta il parere degli enti locali. Anche la cosiddetta Conferenza dei servizi ci esclude. La consultazione si fa, ma su un progetto definitivo. Altro che federalismo. In Francia i prefetti ascoltano tutti e pagano persino i consulenti tecnici a disposizione dei sindaci».

Non vi hanno ascoltato. Questa è la vostra accusa?
«I punti critici li abbiamo esposti nelle delibere delle nostre amministrazioni. Abbiamo redatto il nostro documento delle sette criticità, l’abbiamo spedito al ministro. Era marzo del 2004. Le risposte sono sempre state elusive: garanzie a parole. In compenso il ministro andava in tv, proclamando che si faceva tutto e tutto al più presto. Per noi sondaggi fino a novecento metri di profondità più il famoso tunnel diagnostico di Venaus, dieci chilometri, diametro di sei metri e mezzo, in asse con il percorso della vera e propria galleria di 52 chilometri. Con decreto legge del ministro Lunardi, decreto firmato senza chiedere un parere a nessuno. Nel frattempo centomila persone continuano a non sapere che cosa succederà di loro, che aria respireranno...».

Fin qui s’accusa il decisionismo governativo. Nel merito, perché siete contrari?
«Per la somma di infrastrutture già presente sul territorio. Perché non si interviene sulla linea ferroviaria che già esiste? E se si troverà l’amianto? E il dissesto idrogeologico che si provocherà scavando la galleria? Senza contare il disastro che provocherà un cantiere di quelle dimensioni, senza contare l’inquinamento acustico. Si vuole questo traforo perché si vuole spostare il traffico merci sul corridoio cinque, dalla pianura a nord dell’arco alpino, al sud delle Alpi, dalla Slovenia, alla Francia e poi alla Spagna attraverso l’Italia. Ma che cosa ci frutterà tutto questo? Quali vantaggi? Siamo sicuri che i tir abbandoneranno la strada, che alla fine non l’abbiano ancora vinta le lobbies del trasporto su gomma?».

Chiaro. Ma ora che fare?
«Sediamoci attorno a un tavolo e discutiamo in modo serio. Non voglio essere ricordato come quello che distrugge la valle. Molti possono pensare che quest’opera sia utile e persino indispensabile. Ma anche le nostri ragioni hanno la loro dignità. Meritiamo rispetto. Invece, come è accaduto il 31 ottobre scorso, ci hanno risposto schierando non so quanti poliziotti. Ci si sono messi di mezzo anche i terroristi con le loro folli azioni. Abbiamo condannato, abbiamo organizzato una fiaccolata per dimostrare l’isolamento di quegli individui. Il ministro Lunardi non ha esitato a insultarci. In sovrappiù sono arrivate cento denunce. Anch’io sono stato denunciato: resistenza a pubblico ufficiale, blocco stradale, interruzione pubblico servizio, manifestazione non autorizzata».

Però chi legge i giornali , legge anche che tra Torino e Parigi con la Tav si risparmieranno tre ore...
«È falso. In galleria i treni non possono superare certe velocità e i tempi sono più lunghi».

C’è la terza via?
«Oltre cento milioni di tonnellate di merce (dato 2003), valicano in un anno le Alpi. Trentacinque milioni passano dalla Val di Susa. Quindi: la risposta è semplice, riequilibrare, intervenire su altri trafori ferroviari. Il corridoio cinque con la Francia? Non c’è solo la Val di Susa al di qua della Francia».

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