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LA LOTTA ALL'ALCA E'INIZIATA IL DODICI OTTOBRE...
by di Giovanna Gasparello- Sherwood Comunicazion Wednesday, Oct. 16, 2002 at 3:31 PM mail: giovanna.gasparello@ziplip.com

Sono ormai una ricorrenza le marce e le manifestazioni che ogni 12 ottobre si svolgono un po’ ovunque in Sudamerica nel “Dia de la Raza” , quando nel 1492 e cioè 510 anni fa Cristoforo Colombo pose il suo malaugurato piede sul suolo caraibico...

Nonostante tutto pero’ per 510 anni la resistenza delle popolazioni indigene non è mai stata spezzata, ed è per celebrare questa forza che anche lo scorso sabato migliaia di persone hanno manifestato in tutta l’America Latina, da Città del Messico a Santiago del Cile, ma non solo per commemorare il “Dia de la Raza”.


Quest’anno le proteste si sono arricchite, a livello continentale, di un forte rifiuto all’ALCA, il progetto di Area di Libero Commercio delle Americhe (emblema delle politiche economiche neoliberali che tanti danni hanno già causato ai paesi sudamericani) che dovrebbe creare un mercato comune dal Canada alla Terra del Fuoco.



Il progetto dell’ALCA, in inglese FTAA, è chiaramente un’ iniziativa statunitense. E’ in discussione tra i capi di governo dal 1994, data da cui è in vigore il TLCAN (trattato di libero commercio tra USA, Canada, Messico) i cui effetti economici sul Messico sono stati devastanti (distruzione dell’industria nazionale e dell’agricoltura interna, aumento disoccupazione e privatizzazione estrema dei servizi pubblici).


Nonostante i terribili effetti del TLCAN sul Messico, i governi del continente continuano negoziati per un’area di libero commercio ancora più grande, che dovrebbe entrare in vigore dal 2003.



Ma quali sono le aree di interesse dell’ALCA?
La prima è la liberalizzazione dei servizi, che saranno progressivamente assorbiti dal mercato, per essere poi privatizzati e privatizzati e gestiti dalle multinazionali.


Un secondo campo di intervento riguarda gli investimenti, stabilisce una struttura legale che li incentivi. Questa legislazione sarà al di sopra dei governi nazionali e sulla sua organizzazione influiranno i paesi più importanti, in particolare gli stati Uniti, e dietro di loro le multinazionali, mentre verrà demolita la capacità dei governi di gestire ad esempio l’istruzione pubblica o la sanità ( privatizzazione dello stato sociale).


Un terzo punto toglierà ai governi la facoltà di gestire gli appalti pubblici, nei quali le imprese nazionali e quelle transnazionali avranno le stesse possibilità e dovranno rispettare le stesse regole).


Le tariffe doganali saranno eliminate, questo favorirà l e economie più forti che potranno esportare ovunque a bassissimo costo ed allo stesso tempo importare/depredare materie prime senza pagare nessun dazio alle dogane.


Un'altra area tratta della proprietà intellettuale, che varrà più de diritti e delle tradizioni dei popoli indigeni. In pratica, una multinazionale farmaceutica che registrasse i propri diritti di proprietà sull’uso di una pianta o di un animale dell’Amazzonia per le loro proprietà curative, avrà più diritti delle collettività che sviluppato l’uso di queste specie per secoli.


Gli stati dovranno rinunciare al controllo
delle imprese pubbliche perché queste possano essere assorbite dalle multinazionali; l’ALCA elimina in sostanza l’autorità dei governi nazionali creando un unico grande mercato , un unico grande spazio giuridico ed economico.
E’ uno degli aspetti della globalizzazione: mette sullo stesso piano, quello della libera concorrenza, multinazionali e popolazioni indigene, solo che i mezzi ed anche le priorità sono diversi (non è possibile sottometere tutti ad una stessa legge, quella del mercato mondiale)…


Altri effetti dell’ALCA sono la chiusura delle frontiere per le persone mentre apre la porta alla circolazione di merci e capitali: capitali favoriti anche dal processo di dollarizzazione come è successo in Ecuador ed in Salvador.



L’ALCA dunque non è solo un trattato di libero commercio, ma un’ adeguamento delle economie dei paesi latinoamericani alle esigenze statunitensi: questo provocherà disastri per le economie più deboli, che saranno ancora più dipendenti da quella USA.

Non sbaglia perciò Igancio Lula da Silva, il candidato di sinistra brasiliano in testa ai sondaggi per le elezioni presidenziali che definisce l’ALCA, contro la quale si è schierato con forza, una vera annessione degli stai sudamericani al mercato statunitense.


Dal 28 ottobre al 1 novembre si terra a Quito, in Ecuador, un vertice dei governi dei 34 stati coinvolti per discutere le linee guida dell’accordo.
Per coordinare le lotte già da qualche anno si è costituita un’Alleanza sociale Continentale composta da centinaia di organizzazioni sociali latinoamericane, che ha lanciato dal 27 ottobre al 1 novembre , proprio a Quito, le Giornate Continentali di Azione contro l’ALCA.
Si sta portando avanti, in quanti più paesi possibili, un meccanismo di Consultazione Popolare la cui domanda comune ovunque è “Sei d’accordo che il tuo paese sottoscriva l’ALCA?” Questa consultazione si è svolta , come primo paese, in Brasile, dove in forma di plebiscito 10 milioni di persone hanno votato contro il Trattato. Proprio sabato 12 ottobre invece la consulta è iniziata in Messico, dove si concluderà in marzo.





Contro L’ALCA si è schierato, oltre al brasiliano Lula da Silva, anche Evo Morales, lider del movimento dei contadini produttori di coca in Bolivia (che si battono per trovare un’alternativa alla produzione della coca, che paradossalmente non gli viene permessa).Evo Morales ha conquistato il secondo posto alle elezioni presidenziali dello scorso agosto.


Dunque anche importanti politici della sinistra più o meno istituzionale latinoamericana stanno prendendo posizione.



In ogni caso la mobilitazione più forte è da parte dei movimenti sociali che hanno scelto questo 12 ottobre per iniziare a dare visibilità alla campagna contro l’ALCA (anche se la prima grande mobilitazione si tenuta nel febbraio del 2001 a Quebec City in Canada, manifestazione che aveva come slogan principale proprio “stop FTAA”).


Il paese dove lo scorso sabato si sono tenute il maggior numero di iniziative è il Messico, che ha già da 8 anni sperimentato gli effetti del trattato di libero commercio. Si sono svolti blocchi stradali in 60 punti del territorio messicano, in particolare alle frontiere, quella sud tra lo stato di Chiapas e il Guatemala e quella nord con gli Stati Uniti a Ciudad Juarez. Queste frontiere simboleggiano la realtà di libera circolazione delle merci ma sono per troppe persone il punto d’arrivo delle loro speranze o della loro vita, frontiere blindatissime che ogni anno provocano centinaia di morti in nome di una globalizzazione assassina.


In Messico le mobilitazioni sono state anche contro la privatizzazione dei servizi pubblici e contro il megaprogetto Plan Puebla Panama, ma soprattutto contro la nuova legge sui diritti e cultura indigena, chiedendo ancora una voltala ratifica degli Accordi di San Andres perche’ vengano riconosciuti i diritti collettivi delle poplazioni indigene. Anche il Congresso nazionale Indigeno ha espresso il suo rifiuto all’ALCA.


Solo nello stato di Chiapas ci sono stati 12 blocchi stradali durati 24 ore, con la partecipazione di numerose organizzazioni civili e di comunita' intere, indigene e contadine colpite direttamente dai progetti del Plan Puebla Panama e dalla politica economica del neoliberalimo. La mobilitazione, ha assunto un carattere di vera e propria giornata di insurrezione civile coinvolgendo circa diecimila persone, senza alcun danno alle persone e con una pacifica ma determinata presenza nelle strade del Chiapas: le basi di appoggio dell'EZLN non partecipavano a titolo di organizzazione ma erano mescolate ai contingenti delle diverse comunita' che protestavano.




Fonti:Carta, La Jornada


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