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Contro-mano.net intervista Andrea de Angelis presidente di antiproibizionisti.it
by Davide Monday, Jan. 23, 2006 at 3:42 PM mail:

Sentir parlare di proibizionismo non è certamente una novità. Droga e ricerca scientifica sono temi discussi e stradiscussi. Contro-mano ha voluto approfondire un argomento attualissimo, approfittando della grande disponibilità di Andrea de Angelis, presidente dell’associazione telematica antiproibizionisti.it. Vi proponiamo un’interessante chiacchierata, nella quale vengono trattate diverse tematiche riguardanti non solamente la droga, ma anche altri diversi casi di proibizionismo in Italia.

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Sentir parlare di proibizionismo non è certamente una novità. Droga e ricerca scientifica sono temi discussi e stradiscussi. Contro-mano ha voluto approfondire un argomento attualissimo, approfittando della grande disponibilità di Andrea de Angelis, presidente dell’associazione telematica antiproibizionisti.it.
Vi proponiamo un’interessante chiacchierata, nella quale vengono trattate diverse tematiche riguardanti non solamente la droga, ma anche altri diversi casi di proibizionismo in Italia.

Salve Presidente de Angelis. Innanzitutto la ringraziamo per la disponibilità e la gentilezza. Potremmo iniziare l’intervista con una breve presentazione dell’associazione. Come mai la scelta di un’associazione telematica? Come opera antiproibizionisti.it?

L’associazione nasce nel 2002 sulla scia di alcune iniziative realizzate da un piccolo gruppo di volenterosi sparsi sul territorio nazionale. La scelta dell’associazione telematica è stata all’inizio dovuta alla necessità di mettere insieme piccoli gruppi di persone di città e realtà diverse mantenendo bassi costi di gestione. In seguito abbiamo affinato capacità e strumenti, e ci siamo resi conto di come lo strumento telematico riuscisse a ridurre le distanze in tutti i sensi, per questo si è deciso di proseguire l’esperienza on-line. Questo però non significa che l’associazione non operi, come si dice in questi casi, sul territorio. Lo spazio virtuale è soprattutto spazio di dialogo, confronto, organizzazione di iniziative che poi si concretizzano fisicamente. Se le dicessi a quanto ammonta il costo di gestione annuale di un’associazione nazionale, come è la nostra, non ci crederebbe. Di questo è ovviamente contento il Tesoriere…

Come vede la situazione in Italia? Penso che siate sempre più contrari alla nuova legge sulla droga proposta dal ministro Fini. Ci potete spiegare, in poche parole, cosa cambierebbe se venisse approvata?

Ovviamente siamo contrari al Ddl Fini o al suo stralcio. Rispetto alle norme attuali cambiano sostanzialmente tre aspetti: viene reintrodotto il principio della dose minima giornaliera, si stabilisce in sostanza quanto ogni cittadino possa detenere prima di incorrere in sanzioni penali; vengono bloccate tutte le possibili sperimentazioni a fini medici; si permetterà alle comunità di recupero di certificare lo stato di tossicodipendenza, cosa oggi permessa solo alle strutture pubbliche. Credo che l’aspetto più scandaloso sia la reintroduzione della modica quantità, non fosse altro perché questo principio esisteva anche nella Jervolino-Vassalli, ma era stato abrogato da un referendum popolare nel 1993. Le conseguenze sono tanto evidenti quanto nefaste. Se dovesse essere approvato lo stralcio del Ddl Fini, in sostanza, chiunque venisse colto con anche solo 3 grammi di marijuana incorrerebbe in sanzioni penali, come se si trattasse di uno spacciatore. Sulle tabelle su cui si basa questo principio dovremmo aprire un capitolo a parte, basti pensare che il possesso di cocaina viene, di fatto, considerato meno grave di quello di derivati della cannabis.

Le notizie riguardanti Paolo Calissano, Kate Moss e Lapo Elkann in che modo sono state recepite dal mondo antiproibizionista? Uno stimolo in più per la legalizzazione di qualsiasi stupefacente oppure c’è stato un -seppur minimo- passo indietro nelle idee? Vedete queste notizie come un ennesimo atto di strumentalizzazione dei media in difesa del proibizionismo?

È in corso, da alcune settimane, in questo Paese una campagna giornalistica di disinformazione che mira a rafforzare e a consolidare nell’opinione pubblica la convinzione, del tutto infondata, che la cocaina sia ancora, come lo è stata in passato, la “droga dei ricchi”. Per ottenere questo risultato si enfatizzano pochi casi eclatanti, come quelli da lei citati, senza bisogno neppure che tra loro sia riscontrabile alcun tipo di analogia, affinché - attraverso il collaudato meccanismo che fa ricorso all’euristica della disponibilità - scatti quel riflesso semi-automatico che facilita per chi osserva l’associare il nome della sostanza in questione a un contesto e a degli attori non rappresentativi, in termini statistici, di quanto accade nella realtà. Come spesso diciamo in questi casi, non si tratta tanto - o soltanto - di un problema legato a una sostanza o alla diffusione dei casi di dipendenza dalla stessa, ma piuttosto di un intollerabile processo che ha come fine principale quello di nascondere la verità dei fatti sostituendola con una visione alterata delle cose. A chi tutto ciò possa giovare nell’immediato non è difficile comprenderlo. Sensibilità e attenzione differenti, invece, sono necessarie per capire che il danno che ne consegue si ripercuoterà inevitabilmente e indistintamente su tutti noi.

Gira la voce che non siano pochi i politici che fanno uso di sostanze stupefacenti, tipo la cocaina. Eppure continuano ad opporsi a una legalizzazione anche di droghe più leggere, favorendo una repressione sempre più aspra, anche per i semplici consumatori. Come spiega questo fatto? Pensa che ci siano interessi economici dietro queste scelte, come ultimamente “si dice in giro”?

Cosa fa un individuo a casa sua, sia esso un politico o un semplice cittadino, a me non interessa, e trovo sbagliato se ne parli in questi termini. Sul fatto poi che vi siano interessi economici non vi è dubbio. Il 5 dicembre, in occasione dell’apertura della Conferenza Nazionale sulle tossicodipendenze a Palermo, abbiamo acquistato mezza pagina su Il Riformista ed Il Foglio per denunciare proprio come la malavita organizzata abbia tutto l’interesse a mantenere le droghe proibite. La mafia incassa dal proibizionismo, solo in Italia, 2000 miliardi di euro l’anno. Questi numeri la dicono lunga.

Molti vedono nell’Olanda il paese delle mille libertà. Eppure non si può circolare con una certa quantità di droga e la libertà di consumazione riguarda solamente le droghe leggere. Inoltre si possono consumare quest’ultime solamente all’interno dei Coffee Shops. Antiproibizionisti.it lotta per un’Olanda anche in Italia o per un allargamento della libertà a qualsiasi droga e a qualsiasi posto?

In Olanda vige un regime di “tolleranza” non antiproibizionista. La nostra battaglia è sulle libertà individuali di ogni persona, quindi lavoriamo per una totale legalizzazione. Certo poi è ovvio che si sta meglio in Olanda che in Italia…

La figura dello spacciatore: è un criminale sadico oppure un prodotto di una società sempre più costosa? Cosa ne pensate? È giusto che finisca in carcere?

Il piccolo spacciatore è il risultato di un sistema che non funziona, ma non per questo va perdonato. Discorso diverso per il grande spaccio ed il grande traffico. Un sistema sano però oltre ad interrogarsi su come sconfiggere un problema dovrebbe chiedersi come prevenirlo. La legalizzazione va proprio nel senso della prevenzione.

Lei pensa che la droga sia un problema che riguarda la società, o è solamente un problema individuale? Essere per la legalizzazione non vuol dire necessariamente essere a favore del consumo di determinate sostanze. Il consumo delle droghe pesanti è un problema da debellare o da ignorare? Oppure, più semplicemente, non è un problema?

Innanzitutto bisogna partire da una distinzione di fondo, le droghe non sono tutte uguali. La cannabis e l’eroina sono cose diverse, e come tali vanno trattate. Il consumo di droghe leggere, fintanto che non divenga abuso, non è un problema, o meglio è un falso problema, inferiore per dannosità e pericolosità al consumo di tabacco o alcool. La tossicodipendenza da eroina o cocaina, è invece altra cosa. Si tratta in questo caso di un problema sociale che ha radici profonde in tutto il sistema. Non a caso i paesi dove il benessere è più diffuso riscontrano sempre meno casi di tossicodipendenza da eroina, mentre di pari passo il consumo cresce in quei paesi che più di altri vivono disagi socio-economici forti. Mi riferisco in particolare ai paesi dell’est europeo, al blocco ex-Urss, dove l’eroina è una piaga in costante crescita. Il problema non va ignorato, come, a dispetto delle apparenze, fa il proibizionismo. Solo un monitoraggio vero può portare a risultati concreti. Osserviamo per esempio cosa succede in Svizzera ed in Spagna con progetti seri di riduzione del danno, con le "narco salas" di Madrid e Barcellona, con la somministrazione controllata di eroina a Zurigo. In quei paesi l'incidenza di morti per overdose è diminuita sensibilmente, e con essa i reati connessi alla tossicodipendenza.

Se la droga fosse realmente legalizzata, non crede che dilagherebbe ancora di più questo fenomeno? Non crede che anche per i più giovani sarebbero più propensi a consumare certe sostanze?

Non credo. Prendiamo per esempio l’Olanda, dove recenti dati forniti dal Ministero della Salute, Welfare e Sport ci dicono che il numero degli utilizzatori di vari tipi di droghe non è maggiore di altri paesi, mentre il numero dei morti per droga, 2,4 per milione di abitanti, è il più basso in Europa. Oppure pensi al proibizionismo sull’alcool del secolo scorso in USA. Chiaramente la legalizzazione deve andare di pari passo con l’informazione, quella vera. Lo stato deve lavorare non per proibire, ma per favorire la consapevolezza dei suoi cittadini. Solo in questo modo si può sperare di contrastare il consumo e l’abuso di droga. E poi, mi scusi, 70 anni di proibizionismo cosa hanno prodotto? Non fosse altro per questo credo che valga la pensa quantomeno di provare una strada diversa.

Leggendo il vostro statuto, ho letto che siete anche a favore della legalità e della legalizzazione in materia di sesso. Cosa c’è che non va da questo punto di vista in Italia? Vi riferite all’ingerenza della Chiesa?

Anche. In Italia sembra che non vi sia differenza tra reato e peccato. A dispetto di una società laica e, per molti versi, perfino libertina, vige la supremazia culturale di una tradizione retrograda, conservatrice, bigotta. Il modo in cui si parla e si tratta di prostituzione, di contraccezione, di salute sessuale, è incentrato tutto sulla morale. Io credo che uno Stato debba legiferare in modo pragmatico, e mai sulla morale. Da noi sembra che si vada in senso opposto.

Quando si parla di proibizionismo, molto spesso, il discorso finisce sulla Chiesa. Riallacciandoci alla domanda precedente, la Chiesa quanto potere ha sulle scelte politiche dell’Italia?

Molto, è evidente, è sotto gli occhi di tutti. Quello che sta accadendo in queste settimane in Parlamento sulla 194 è scandaloso. Mi sembra che ci sia una corsa ad accattivarsi le simpatie della curia, a dispetto poi del sentire comune dei cittadini, che non hanno mai apprezzato questa forma di servilismo.

In Inghilterra sono stati dati pari diritti e doveri alle coppie gay come alle coppie eterosessuali. In Spagna le nozze gay esistono e vengono celebrate. Quanto aspetteremo prima di celebrarle anche in Italia? Si sta lavorando anche per questo obiettivo?

Ora le dirò una cosa che forse non si aspetta. Personalmente non sono favorevole alle nozze gay. Non credo che il matrimonio sia una soluzione valida per tutti, non credo insomma al sistema spagnolo. Credo invece ai pacs, come in Inghilterra. Del resto i movimenti per i diritti degli omosessuali non hanno mai chiesto il matrimonio, ma semplicemente che venissero riconosciuti i loro diritti, ed i pacs vanno in questo senso.

Crede che la ricerca scientifica sia stata penalizzata dalla sconfitta del referendum sulla legge 40? La legge sulla fecondazione assistita è da vedere come un ennesimo esempio di proibizionismo?

Noi come associazione ci siamo impegnati anche a sostegno dei referendum sulla fecondazione assistita, ed io personalmente ero tra coloro che avevano deposito il quesito unico (quello bocciato dalla Corte Costituzionale) in Cassazione. Il risultato del referendum rappresenta un passo indietro netto per il nostro Paese, ma va detto anche che probabilmente si è scelto una linea d'azione perdente dall’inizio. Affidare la comunicazione a professori e medici, ed ai loro tecnicismi, quando dall’altra parte si andava avanti con uno slogan ben coniato, credo sia stato un grosso errore. Gli italiani non hanno capito (non hanno potuto, non hanno voluto) che in ballo c’era altro che la fecondazione assistita, c’era in ballo la libertà. Noi infatti abbiamo puntato su uno slogan semplice: Una scelta antiproibizionista.

Per quanto riguarda l’aspetto politico, come vedete i Radicali di Pannella e la sua nuova alleanza con i Socialisti? Si può davvero sperare che con i Socialisti ci sia una possibilità di legalizzazione?

I socialisti sono tra i padri dell’attuale legge, che certo antiproibizionista non è, anzi. Come associazione non giudichiamo l’alleanza tra socialisti e radicali, osserviamo però con attenzione ogni movimento ed ogni azione, cosa che facciamo comunque con tutti i soggetti politici. Se ci saranno margini di manovra comuni poi lo si vedrà in futuro. Sul fatto poi che la presenza dei radicali nel centro-sinistra possa portare a qualche forma di legalizzazione nella prossima legislatura, ho parecchi dubbi. Non perché non creda al Dna antiproibizionista dei radicali, ma perché non vedo proposte concrete che vadano oltre a dichiarazioni di facciata. Mi auguro di sbagliare, anche perché ci sono individualità, tra i radicali come tra i socialisti, molto interessanti. Infine bisogna ricordare come il centro-sinistra abbia partorito pochi anni fa quel genio del proibizionismo di Pino Arlacchi, e come ancora oggi sopravvivano componenti proibizioniste nella Margherita, nell’Udeur, negli stessi Ds, e soprattutto nell’Italia dei Valori.

La ringraziamo per la disponibilità concessaci. Se desidera aggiungere qualcos’altro, la invitiamo a farlo.

Solo una cosa. Vorrei chiudere con una frase di Gandhi, con la quale abbiamo aperto il nostro recente Congresso, e che credo esprima compiutamente la nostra posizione: «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni».

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