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Lettera aperta a Giampaolo Pansa
by don Vitaliano Della Sala e Dino Frisullo Tuesday, Aug. 28, 2001 at 1:04 AM mail: donvitaliano@tin.it ; dinofrisullo@libero.it

Una risposta al pesante attacco a puntate portato da un opinion-maker come Giampaolo Pansa, su L'Espresso, a noi personalmente e a tutto il movimento.

Ci era caro il Pansa che dieci anni fa concludeva così il suo libro L'intrigo sulla scalata berlusconiana all'editoria, autodefinito "un grido di rabbia degli italiani senza potere": "Ho fotografato un passaggio d'epoca dalla democrazia all'oligarchia, ossia la Restaurazione".

Ci rattrista il Pansa che oggi nel suo Bestiario su L'Espresso banalizza e vitupera i due-trecentomila "italiani senza potere" che a Genova hanno inceppato l'ingranaggio della restaurazione oligarchica. Nel caso migliore utili idioti, "inconsapevoli di fare da copertura a un piano violento che ha per scopo umiliare Bush e l'odiato Berlusca".

Se, come Pansa vorrebbe, il 21 luglio quella massa di uomini e donne coscienti e pensanti non avessero invaso pacificamente Genova e tre giorni dopo le piazze di tutta Italia, oggi resterebbe solo la sospensione della Costituzione, il massacro di ogni garanzia, il messaggio di terrore e morte cinicamente pianificato per il giorno prima. Dagli stessi apparati che, ripartiti bus e treni, hanno sfogato la rabbia impotente nell'invasione "cilena" della sede del Gsf e poi sui corpi degli arrestati.

Fantapolitica? Non per chi, come Pansa, dovrebbe avere il senso della storia. Nel dopoguerra italiano, da Portella della Ginestra, Melissa e Reggio Emilia al luglio '60, dalla Milano del '69-74 a Roma e Bologna nel '77, i morti in piazza non sono mai stati casuali. Hanno segnato il tentativo, finora sconfitto, di criminalizzare e reprimere grandi movimenti, di sterzare a destra per restaurare gerarchie e poteri.

Come può sfuggire a Pansa, che cita solo i "proclami guerriglieri" della disubbidienza civile, il crescendo di tensione che ha preceduto le giornate di Genova, gli allarmi a colpi di lettere-bomba, sangue infetto e bare, il balletto dei divieti, l'addestramento e armamento "americano" dei reparti celeri, la mobilitazione delle forze armate? Era casuale la presenza nel comando operativo dello stesso vicepresidente del consiglio che ha poi arringato il parlamento? E'ra casuale la presunzione di totale licenza di alcuni apparati di polizia - e la sindrome di tradimento che ora esprimono con asprezza mai vista, di fronte alla reazione di un'Italia democratica (stampa e magistratura incluse) che, vivaddio, esiste e resiste?

Per favore, Pansa, non banalizziamo il male. Violenze di piazza ne abbiamo viste tante, noi e lei. Mai, neppure a Napoli in marzo, si erano verificati su questa scala quelli che, nella scuola Diaz e a Bolzaneto (ed altrove), lei giustamente definisce sadismi. Noi, come tutta l'Europa civile tranne la Turchia, la definiamo tortura. A freddo, senza relazione apparente con i fatti precedenti. Da parte di appena duecento agenti, lei dice. Già: ma erano, funzionari inclusi, quelli addetti all'irruzione e poi al trattamento degli arrestati. Non potevano mica picchiare in diciottomila.

Dicevamo del senso della storia. Non molti decenni fa ci si accapigliava in parlamento sugli eccessi della polizia "di Scelba" o "di Tambroni". Così sono rimasti quei fatti nella nostra memoria, non con i nomi di oscuri funzionari. Era ed è ovvio che la responsabilità delle scelte di ordine pubblico è politica. Non gli stracci che oggi volano, e neppure Scaiola, neofita se non apprendista stregone, ma Berlusconi e Fini sono stati additati dalla stampa internazionale come responsabili della drammatizzazione di conflitti che, lo dice persino la polizia tedesca, di norma si risolvono senza lutti. Solo in Italia dirlo è bestemmia?

E' vero: all'alba del 21 luglio avevamo un dubbio angoscioso. Che dopo la morte di un ragazzo i manifestanti non avrebbero avuto la serenità poi dimostrata, in una città invasa dal fumo dei lacrimogeni. Il corteo è stato reso "caotico" in alcuni momenti, è vero, da provocazioni irresponsabili, ma si è sempre ricomposto. Cosa sarebbe successo se davvero centinaia di migliaia di persone si fossero abbandonate allo "scontro bestiale" che Pansa dipinge, e che a suo dire avrebbe "innescato" (cioè motivato?) le violenze, sia pure "inaccettabili", della notte della vergogna?

Per fortuna è accaduto il miracolo. I senzapotere non sono caduti nella trappola che, è vero, avevamo sottovalutato. E la criminalizzazione di un movimento grande e multiforme non ha retto che qualche giorno, infranta dalla forza della verità e della sua comunicazione "globale". Un mese dopo, la commemorazione di Carlo Giuliani (un ragazzo come tanti, né eroe né martire, panni stretti perché, come lui, sogniamo un mondo che non ne abbia bisogno) non è stata occasione per improperi ma per una riflessione, certo triste e dura, per andare avanti.

Come attesta il nostro dibattito, sapremo evitare nuove trappole e spirali già viste, sapremo crescere con il passo e il fiato lungo e calmo che richiede la serietà della posta in gioco - a partire da quel riarmo nucleare in discussione in settembre a Napoli, che mette a rischio il mondo, altro che qualche vetrina. Chi parla di pace glissando su questo, è come lo stolto che inciampa nei suoi piedi mentre guarda il cielo.

Siamo sereni, ma il fango lascia il segno. E ci resta l'amarezza di trovare, fra chi lo getta con volgarità inusitata, presenze inattese. Ma anche queste conversioni, avrebbe detto il Pansa di dieci anni fa, sono segno dei tempi.

Don Vitaliano Della Sala e Dino Frisullo

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Titolo Autore Data
Mal di pansa Joker Monday, Aug. 27, 2001 at 5:19 PM
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