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Organi dello Stato indicano nome e cognome dei mandanti dell'omicidio Alpi
by Barbara Tuesday, Jun. 11, 2002 at 12:37 PM mail:

"La situazione in Somalia è a posto e quella maledetta giornalista comunista è stata sistemata."

(3 giugno 2002)
"La situazione in Somalia è a posto e quella maledetta giornalista comunista è stata sistemata''. E' così che, secondo Giampiero Sebri, già coinvolto in indagini sul traffico internazionale per lo smaltimento di rifiuti tossico-nocivi, l'ex dirigente del Sismi Luca Rajola Pescarini gli parlò nella primavera del 1994 (''aprile-maggio'') della vicenda dell'uccisione di Ilaria Alpi e Mirah Hrovatin a Mogadiscio. 


La circostanza era stata già rivelata da Sebri al settimanale ''Famiglia Cristiana'' nel dicembre del 2000 ed è stata confermata venerdì scorso davanti ai giudici della corte di assise di appello di Roma, titolare del processo di appello bis al somalo Hashi Omar Hassan, già condannato all'ergastolo per i due delitti avvenuti a Mogadiscio il 20 marzo 1994 ed ora di nuovo sotto processo per stabilire l'eventuale sussistenza della premeditazione, circostanza indispensabile per valutare se concedere o meno all'imputato le attenuanti generiche. 
Nel corso dell'interrogatorio, Sebri ha parlato di due distinti incontri con Rajola e con l'imprenditore Giancarlo Marocchino nel corso dei quali si sarebbe fatto riferimento all' interesse dei giornalisti per i traffici illeciti nel paese del nord Africa. La corte si è riservata, così come chiesto dal pg Salvatore Cantaro, di mettere a confronto Sebri con Rajola e Marocchino ed ha disposto per il 3 giugno prossimo le audizioni dell' attuale direttore del Sisde Mario Mori e dell' ex ambasciatore somalo presso la Santa Sede Hussen Alì. Nel corso dell' audizione, Sebri ha ricordato un primo incontro con Marocchino e Rajola nell' ottobre del '93 nel corso del quale l'imprenditore, con interessi in Somalia, avrebbe accennato, nell'ambito di un'operazione di trasferimento di rifiuti tossico-nocivi, ad un interessamento dei giornalisti per le vicende della cooperazione italiana in Somalia. 
Circostanza tornata di attualità nella primavera del '94, secondo il racconto di Sebri, quando, durante un suo incontro con Rajola che gli proponeva di trasferirsi nel paese africano ''vista la mia esperienza già maturata'' - ha sottolineato - si sarebbe parlato dell' avvenuta eliminazione della ''giornalista comunista''. Prima di Sebri, la corte aveva sentito Antonietta Donadio Motta, vicequestore della polizia in servizio ad Udine all' epoca dei fatti, e il dirigente della Digos di Roma Lamberto Giannini. 
Al centro delle loro audizioni il nominativo della fonte che, alla questura di Udine ed anche al Sisde, indicò i nominativi dei presunti mandanti del duplice omicidio. La prima ha ribadito di non poter rivelare la fonte, il secondo, che ha svolto le indagini, ha sottolineato di non aver mai appreso tale nominativo. Nel corso dell' udienza del 10 maggio, l'avvocato Domenico D'Amati, legale di parte civile per la famiglia Alpi, aveva depositato una memoria nella quale si sottolineava ''l'amarezza di Giorgio e Luciana Alpi nel constatare che due organi dello Stato indicano nome e cognome dei mandanti degli omicidi'' e che da tali ''organi non scaturisce alcun utile risultato processuale. Il fatto che tali organi si avvalgano della facoltà di serbare il segreto sulle fonti non può essere accettato quale definitivo sbarramento alla prosecuzione delle indagini''. Per questo motivo il legale aveva chiesto anche le audizioni del generale Mario Mori, direttore del Sisde, e di Gianni De Gennaro, capo della polizia ''affinché chiariscano i motivi, se ancora sussistono, per i quali a distanza di 8 anni non possa essere rivelata la fonte dalla quale Sisde e Digos di Udine appresero i nomi dei mandanti''.

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