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argentina: dichiarazioni del testimone Garcia
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garabombo, zanza y frankie "el cinco&quo Tuesday, Aug. 20, 2002 at 8:25 PM |
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un articolo da pagina12:
ACCUSE E DUBBI. Stralci delle dichiarazioni dell’unico testimone del caso.
Jose Pablo Garcia ha raccontato al giudice che conduce le indagini sul sequestro e l’omicidio di Diego Peralta che tre agenti di polizia erano presenti al momento del sequestro. Ha spiegato come due di questi abbiano preso Diego Peralta e lo abbiano portato via mentre il sergente Gimenez assisteva e manteneva sotto controllo la situazione.
Garcia è l’unico detenuto per il sequestro e l’omicidio di Diego Peralta e nelle dichiarazioni davanti al giudice ha confermato la versione dei tre poliziotti appartenenti al commissariato di El Jaguel, autori del sequestro nel 5 luglio scorso. Secondo Garcia il sergente Gimenez era alla guida di una auto bianca, molto vicina alla macchina di Peralta, poi affiancata da una terza automobile dalla quale sono scesi i due agenti che hanno prelevato il giovane. I due agenti secondo Garcia apparterrebbero al commissariato di El Jaguel, e la sua sicurezza deriva dal fatto di averli più volte incrociati per le vie del quartiere, in uniforme. Il sergente Gimenez inoltre era accompagnato nella macchina da due uomini, che successivamente sono stati riconosciuti quali “guardie del corpo personali del sergente”. La posizione del sergente all’interno della macchina bianca è ancora da chiarire: nel senso che Garcia sostiene che la vicinanza della sua macchina a quella di Peralta sembrava derivare dalla necessità di supervisionare sul sequestro, di restare in una posizione privilegiata per vigilare al momento del sequestro. Il testimone Garcia nel momento in cui assisteva ai fatti credeva di presenziare ad un normale controllo poliziesco, e solo alcune ore dopo grazie alle immagini televisive si è reso conto che i due agenti scesi dalla propria vettura e intervenuti non avevano semplicemente controllato la patente e fermato un giovane, ma lo avevano sequestrato. Questa versione coincide con quella di Fermin Amarilla, che accompagnava Peralta alla scuola privata.. Anche lui ha creduto in un primo momento di assistere ad un regolare controllo della polizia ad una macchina, tanto da preparare alla vista degli agenti la patente di guida. Solo in un secondo momento si è reso conto che si trattava di “altro”…… Al momento della dichiarazione presso la polizia Amarilla ha parlato di due uomini "vestiti da poliziotti", ma nel confronto tra gli atti è figurato che erano "due civili vestiti in blu". Il dichiarante è stato chiamato a deporre per il giudice Ferreiro Pella il 6 agosto scorso e il giorno seguente c'è stato un confronto tra Amarilla e il detenuto Garcìa. Secondo quanto dichiarato da Amarilla a Pagìna 12, "entrambi ci trovavamo su tutto ciò che concerne il modo in cui si attuò il sequestro; entrambi abbiamo visto praticamente la stessa cosa". L'unica differenza saliente è che Amarilla non ha mai visto l'auto bianca segnalata da Garcìa. Il giovedì Gimenez stesso disse che era solito spostarsi con una Volkswagen bianca. Nella dichiarazione di Amarilla, almeno che non si tratti di una scusa dinnanzi ad una richiesta del giudice, quel che richiama l'attenzione è che non si è potuto identificare nessuno dei due presunti poliziotti. Amarilla ha sostenuto che entrambi avevano "i tipici pantaloni e maglioni della polizia", ma assicura di non averne visto il volto. Se davvero sono stati due uomini del distaccamento El Jagüel è virtualemente impossibile che Amarilla non li abbia identificati. A meno che Garcìa non menta -cosa probabile- o che il testimone abbia paura di parlare, cosa pure non improbabile. L’avvocato di Garcia ha smentito che il suo assistito si sia "bruciato", come hanno detto le fonti della Federal. Quello che ha detto è in discussione fin dal primo giorno della sua detenzione e poi non ha detto più niente, ha sottolineato il "letrado", che ora aspetta "il risultato della perizia telefonica, che è l'unica cosa ad incriminare Gracìa". Il detenuto si è di nuovo dichiarato innocente e, su richiamo, ha assicurato al suo avvocato che "lo aveva fatto per raccogliere i dati di ciò che avevo visto, una volta trapelata la notizia del sequestro". Garcìa giura di "non aver mai richiesto denaro alla famiglia", mentre Luis Peralta, padre di Diego ha detto che gli era stato richiesto un riscatto. Oltre i ragionevoli dubbi su quanto dichiarato da qualcuno che cerca di salvarsi la pellaccia, la dichiarazione di Garcìa potrebbe confermare l'ipotesi degli investigatori della Federal, che concepisce l'esistenza di una "banda mista" formata da poliziotti e delinquenti comuni. Il presidente Duhalde stesso ha confermato questa idea paragonando il caso Peralta con l'episodio del fotografo José Luis Cabezas, assassinato da una banda formata da soggetti civili e in uniforme.
Fatto sta che glli abitanti di El Jaguel avevano da tempo individuato nella polizia la responsabile del sequestro, la mente che stava dietro i fatti. Lo avevano dichiarato ad un giornalista di Pagina12 e in seguito al ritrovamento del cadavere del giovane hanno avuto la triste conferma. Il corpo di Diego Peralta, 17 anni, è rimasto 5 giorni abbandonato nella zona di Quilmes, prima di essere ritrovato con un segno di una coltellata ricevuta all’altezza del collo.
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Polizia secuestra e uccide giovane
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tizio Thursday Tuesday, Aug. 20, 2002 at 9:10 PM |
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IO GIÁ L'AVEVO DETTO:COMUNQUE rileggete stá robba QUÁ: Polizia secuestra e uccide giovane lavoratore studente modello per riscatto di $ 3.000:questo estate a rischio sequestro turismo europeo !!!!
LA INSEGURIDAD EN UN PUNTO LIMITE: EL SECUESTRO Y ASESINATO DE DIEGO PERALTA En el crimen de Diego habría actuado una banda mixta La integrarían policías y delincuentes comunes. Y una mujer estaría implicada. Esta pista se refuerza por las escuchas telefónicas hechas al único detenido, que es un civil y vecino de Peralta. Por este motivo, fuentes judiciales creen que podría haber actuado una banda mixta en este caso. Tené cuidado que soy policía". "Soy cana y sé lo que estás haciendo". Los padres de Diego Peralta recibieron advertencias como éstas desde la primer llamada que hicieron los secuestradores. Según confiaron a Clarín altas fuentes de la investigación, las referencias a policías supuestamente vinculados a la banda —anoche, una fuente segura dijo que también habría una mujer implicada— fueron constantes en las negociaciones. Y también fuera de ellas.
La Policía ya habría intervenido el teléfono de José García —vecino de los Peralta y único detenido del caso— un tiempo antes de apresarlo. Y en varias conversaciones, García apareció hablando de un suboficial de la comisaría de El Jagüel, a quien involucró directamente en el caso.
Se sospechaba que fue García quien, desde distintos teléfonos públicos, llamó a los Peralta para acordar el rescate. La familia recibió comunicaciones desde dos teléfonos de La Plata, uno de Guernica y otro de San Martín. Los investigadores pidieron informes sobre todas las llamadas salientes de esos teléfonos. Incluso las que se hicieron varios meses antes. La idea es armar un "mapa" de las posibles comunicaciones de los secuestradores entre ellos.
Al detenido le hicieron escuchar las grabaciones. Reconoció que la voz de las escuchas era suya. Pero aseguró que algunos tramos habían sido alterados, y acusó de esto a la Policía. El juez Carlos Ferreiro Pella ya mandó a Gendarmería distintas grabaciones para hacer cotejos de voz.
Ante la justicia, García se presentó como un simple "aprovechador" que quiso ganar dinero. Es una idea que comparten algunos investigadores de la Policía Federal. Otras fuentes con acceso al expediente creen que, en realidad, es el punto de partida que puede conducir hacia una posible banda mixta de policías y delincuentes.
En su declaración indagatoria —confirmaron las fuentes— García involucró al sargento Miguel Giménez, uno de los integrantes del servicio de calle de la comisaría de El Jagüel. "Mi marido lo conoce del barrio. A mí me dijo que estaba metido en el secuestro, que lo vio. También se lo contó al juez", explicó ayer a Clarín la esposa del detenido, Lidia. Con evidente temor la mujer agregó que su esposo "tiene mucho miedo de que lo maten. Parece que ya lo amenazaron en la cárcel".
El sargento Giménez, que vive en Monte Grande, también habló ayer con Clarín. "Yo me enteré de que García me había involucrado porque lo dijo su esposa. Entonces me presenté en el juzgado e hice una declaración donde dije quién soy y lo que hago. Me dijeron que me van a investigar. Pero yo no tengo nada que ver con el secuestro ni tengo presente a este hombre".
Giménez, cuyo nombre fue mencionado entre insultos por los vecinos que el lunes quemaron el destacamento de El Jagüel, agregó: "Supongo que García sacó mi nombre de la calle: la gente me conoce porque participo en todos los operativos, y por ahí alguno me tiene bronca.".
Diego Peralta fue secuestrado el 5 de julio por unos hombres vestidos de azul que se lo llevaron al grito de "Alto, policía". El chico, de 17 años, apareció asesinado el lunes en una tosquera de Ezpeleta.
Dos semanas después del secuestro, la familia pagó un rescate de 9.000 pesos y 2.000 dólares. A último momento, al padre del chico lo llamaron para decirle que no encontraban la plata. Después no hubo otras comunicaciones. Es decir que no es absolutamente seguro que los secuestradores hayan cobrado el rescate.
La investigación del caso avanzó rodeada de sospechas e interrogantes. Un subcomisario de Investigaciones de la zona fue preso por un caso de extorsión a un comerciante. Lo dejaron libre, pero sigue investigado, mientras a cuatro subordinados le dictaron la prisión preventiva. Eso no fue todo: tres policías de la Dirección de Delitos Complejos de Lomas de Zamora —que tomó el caso— fueron acusados de integrar una banda de secuestradores.
A los investigadores les llamó la atención algunos puntos en común. A este grupo le imputan el secuestro de un joven hijo de un comerciante. Un perfil muy parecido al de Diego Peralta. Fue en Rafael Calzada, cerca de Claypole, el lugar donde el padre de Diego fue citado para pagar el rescate. Casualmente, el mismo día (20 de julio) en el que dos de los tres policías de Lomas cayeron detenidos en Pergamino.
Fuentes del caso Peralta aceptan que hay una pista policial en la investigación. Sostienen que de las escuchas y la indagatoria del detenido surgieron los datos más específicos de esta línea, que contempla la variante de la banda mixta.
Hay algo más: "Todos los días se reciben decenas de llamadas, incluso en comisarías, que denuncian a policías por este caso", reveló una fuente.
Ayer, el abogado que representa a la familia, Marcelo D''Angelo, dijo que en la causa hay "más de diez sospechosos", sin hacer distinciones. Por ahora, los investigadores judiciales no se apartan de la teoría de secuestro extorsivo "clásico". Pero creen que los secuestradores se movieron con una apreciación errónea. "Probablemente tomaron nota del movimiento que había en la distribuidora de gaseosas del padre, que era bastante grande. Y pensaron que tenía más dinero", analizó un vocero de la investigación.El caso Peralta se hizo público con una marcha callejera, el 29 de julio. Entonces, muchas cosas ya habían quedado atrás: la negociación, el pago del rescate, los contactos con los secuestradores. Por los resultados preliminares de la autopsia, probablemente Diego ya estaba muerto. Leggere inoltre: http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02504.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02402.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02403.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02601.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02401.htm
italy.indymedia.org/news/2002/08/72082.php
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NON VENITE IN ARGENTINA:ECCO I PERCÉ
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Pernice fresca Tuesday, Aug. 20, 2002 at 9:16 PM |
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L' avevo detto anchio:http://italy.indymedia.org/news/2002/08/70560.php L' insicurezza che si vive in Argentina:secuestri ed estorsioni ogni istante,terrorismo ed incertezze:adesso polizia assassina.Cosa ci manca?NON VENITE O SARETE A RISCHIO DI VITA..... DECISION DEL MINISTERIO DE SEGURIDAD Echaron a ciento setenta policías de la Bonaerense Son oficiales y suboficiales involucrados en distintos procesos. La depuracion se realizó a un mes de la asunción del nuevo ministro. A un mes de haber asumido, el ministro de Seguridad bonaerense, Juan Pablo Cafiero, resolvió depurar a la Policía. Ayer firmó la exoneración de 170 oficiales y suboficiales involucrados en procesos por delitos penales, episodios de corrupción y faltas administrativas.
La exoneración es la sanción más grave para la carrera de un policía. Es la expulsión de la administración pública. Los 170 agentes quedan automáticamente inhabilitados para portar arma reglamentaria y vestir uniforme. Tampoco pueden integrar una agencia de seguridad privada.
Los sancionados estaban en disponibilidad preventiva. Es decir: cobraban la mitad del sueldo y no tenían asignadas funciones. Los grados de sanción que contempla la Ley Orgánica de la Policía son amonestación, arresto, suspensión, cesantía y exoneración.
La Dirección de Sumarios tiene expedientes por pérdida de indumentaria (una gorra) hasta crímenes por gatillo fácil. También actúa la oficina de Prevención de Abuso Funcional que atiende denuncias por corrupción y excesos en el servicio. Todos estos trámites son resueltos por un Tribunal de Etica integrado por abogados que no pertenecen a la fuerza.
Desde 1997, cuando la Policía fue intervenida —después del pase a retiro del comisario Pedro Klocdzyk— más de 2.000 agentes fueron declarados en disponibilidad. La exoneración es una medida extrema que fue adoptada en varias gestiones, entre ellas la del ministro León Arslanián.
El inicio de la mayoría de los expedientes de los exonerados son anteriores a la gestión de Cafiero. Pero igual él tomó la decisión final. Desde el lunes, el gobernador Felipe Solá conocía el alcance de la medida que involucra a la Policía, compuesta por 43.000 efectivos.
Fuentes de la Gobernación admitieron a Clarín que el caso Avellaneda (donde fueron asesinados los piqueteros Darío Santillán y Maximiliano Kosteki por la represión policial) es revisado en profundidad. No se descartan exoneraciones.
En ese caso, están en disponibilidad preventiva el comisario Alfredo Fanchiotti; su chofer, el cabo Alejandro Acosta; el oficial principal Carlos Quevedo y el cabo principal Lorenzo Colman.
El 31 de julio también fueron declarados en disponibilidad el sargento primero Carlos Néstor Leiva y el subinspector Mario de la Fuente. Tienen sumario por abuso grave. Según testigos habrían disparado balas de plomo contra los manifestantes. Están prófugos desde el 29 de junio.
Las cesantías no son prácticas novedosas en Buenos Aires. Aún con Klocdzyk en la jefatura, la provincia dispuso de mecanismos para echar policías. En 1996, la Legislatura sancionó una ley de emergencia que habilitaba al ministerio para pasar a disponibilidad a policías sumariados o sin expediente administrativo.
Entre esos casos se registró el alejamiento de 309 comisarios. Ese episodio provocó la creación de un movimiento policial denominado "Los sin gorra". La Ley de Prescindibilidad duró un año y fue sancionada para depurar a la fuerza en momentos de denuncias por gatillo fácil, corrupción y narcotráfico.
En la lista de anteriores cesantías están tres policías involucrados en el caso Budge, juzgados y condenados por el asesinato de tres jóvenes. También el subcomisario Roberto Calzolaio, investigado por su presunta conexión con una banda de narcos y once policías que habrían participado en el procedimiento ilegal que terminó con la muerte del albañil Andrés Núñez.
Los oficiales y suboficiales con sumarios o declarados en disponibilidad representan el 8 por ciento de los efectivos con traeas de prevención del delito callejero.
http://www.clarin.com/diario/2002/08/08/s-04102.htm
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¿Cuál es el objetivo? by Ignacio P. Thursday August 08, 2002 at 06:56 PM webolivos@hotmail.com
¿Cuál es el objetivo de vuestro artículo?.
¿Usted se ha preguntado cómo los pueblos del 3er. mundo han llegado a esta situción de miseria y humillación?. ¿Cree que hemos llegado a donde estamos sin la colaboración de las mafias gubernamentales del extranjero?. Que tenemos gravísimos problemas es cierto, que nosotros tenemos responzabilidades, también es cierto, pero usted ¿desde dónde habla?. Su mensaje publicado en el indimedia de Uruguay, parece tener la intención de atemorizar y desvincular a ambos pueblos. ¿tiene miedo de que los pueblos latinos se junten?. Ya es tarde, Latinoamerica se esta poniendo de pie.
Usted es de los servicios de inteligencia o es un imbécil reaccionario, funcional al sistema colonialista. Latinoamérica para los latinoamericanos.
A título personal Ignacio Pérez Asamblea Popular de Olivos, Buenos Aires, Argentina.
http://www.asambleadeolivos.cjb.net
italy.indymedia.org/news/2002/08/70560.php
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Io non sono di certo l'ultimo arrivato
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Simone il Vecchio Tuesday Tuesday, Aug. 20, 2002 at 9:39 PM |
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A rischio di tragici secuestri estorsivi rischierebbero di finirci sopratutto turisti europei !!! La polizia sempre piú coinvolta in gravi omicidi a sfondo estorsivo/satanico
Los vecinos, desconsolados, armaron un altar rudimentario frente a la casa de Diego Peralta, y se juntaron a rezar cuatro veces por día. Los padres, todavía con cierta esperanza en pie, colgaron un bandera en una cancha de fútbol para rogar que les devolvieran a su hijo. Poca confianza en una investigación que desde el comienzo quedó rodeada de inquietantes sospechas. Y con esa carga se desarrolló a lo largo de un mes y una semana.Cuando los familiares de Diego decidieron hacer público el caso, ya habían pasado 23 días desde el secuestro. Y ocho desde el pago del rescate. Agobiados por la incertidumbre, eligieron salir a reclamar a la calle antes de seguir acompañando pasivamente el avance de una investigación que cada vez les resultaba menos convincente. Hubo una marcha que marcó un hito: nunca antes se había organizado una protesta pública para pedir que apareciera alguien por quien se había pagado un rescate.Los familiares y amigos de Diego tenían motivos para la decepción y el enojo. Dos semanas después del secuestro, un jefe policial que apareció los primeros días como uno de los coordinadores de la investigación fue preso por un hecho muy grave. El subcomisario José Alberto Hernández, a cargo de la Subdelegación de Investigaciones de Esteban Echeverría, fue acusado con otros policías de "ocupar" durante varias horas la casa de un comerciante de Monte Chingolo para robarle y extorsionarlo.Eso no fue todo. El peso de la investigación recayó entonces sobre la Dirección de Delitos Complejos y Narcocriminalidad de Lomas de Zamora. Una brigada antisecuestros que pocos días después quedó en el centro de las miradas por una noticia difícil de digerir, cercana al colmo: dos de sus hombres fueron detenidos acusados de secuestrar a un joven, hijo de un comerciante de Rafael Calzada.Todo en medio de una fuerte ola de secuestros —según datos oficiales, hubo más de 120 casos en la Capital y la provincia— que empujó la creación de una brigada de elite de la Policía bonaerense. Fue una idea que arrancó mal: el jefe designado, Daniel Rago, fue separado unas horas después de asumir, cuando al ministro Juan Pablo Cafiero le informaron que el comisario aparecía mencionado en algunas escuchas telefónicas de la investigación por el atentado contra la AMIA.Los amigos y vecinos de Diego trataron de no desmoralizarse y se pusieron en campaña. Organizaron un gran pegatina de afiches con la cara del chico y un teléfono para comunicarse con la familia. También fueron a protestar con ruido hasta la puerta de la casa particular del presidente Eduardo Duhalde, en Lomas.Les sirvió, porque forzaron una respuesta oficial. El mismo día los padres de Diego fueron recibidos en la Casa Rosada y lograron un compromiso de apoyo a la investigación. Mientras, los llamados —hubo decenas— conducían a pistas falsas.La primera novedad concreta llegó el 2 de agosto. Ese día, un joven de 21 años, que vive en el mismo barrio que los Peralta, fue detenido sospechado de participar en las negociaciones por el rescate. La madre de Diego dijo que recordaba su voz en el teléfono. Unas declaraciones que hizo la mujer del joven preso le sumaron calor al caso: contó que su marido le había dicho que los secuestradores "eran policías".El padre de Diego pidió licencia en su trabajo para dedicarse de lleno a la búsqueda. Los vecinos acentuaron sus rezos, y, después de las vacaciones, los chicos de la Escuela Privada El Jagüel volvieron a clases sin su compañero. El 4 de agosto el Gobierno de la provincia confirmó que ofrecía una recompensa de 50.000 pesos para quien acercara datos precisos.Cuatro días después hubo un gigantesco operativo en el barrio Don Orione, un complejo de monobloques donde el padre de Diego había hecho una escala antes de pagar el rescate en un puente de Claypole. El golpe escénico no fue acompañado de resultados. Más de 1.800 policías revisaron 1.400 departamentos. Pero no surgió nada de interés, según reconocieron los propios investigadores.Unas horas antes, un movimiento de piezas en la Policía bonaerense arrastró de sus cargos a los jefes de las brigadas que participaron en la investigación del caso Peralta. Ayer, el cuerpo del chico apareció en una tosquera de Ezpeleta y a la noche, al grito de "asesinos", un grupo de jóvenes atacó e incendió la comisaría de El Jagüel.El secuestro de Diego ahora es un homicidio. Otra carátula para la misma investigación, que cargará con su propia historia detrás.INSEGURIDAD: EL PEOR FINAL PARA UN SECUESTRO DE 39 DIAS Queman una comisaría por el crimen de un chico secuestrado El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales:ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata,en Ezpeleta.Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche, los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego. También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición. Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire, como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos, fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri, del destacamento de Ezpeleta, sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión. Esta madrugada se encontraba internado, pero ya fuera de peligro.Más tarde, un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego. Justicia no. Pena de muerte sí". También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche, el ministro de Seguridad bonaerense, Juan Pablo Cafiero, dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar, que avisaron a la Policía. Una dotación de bomberos rescató el cadáver, flotando, boca abajo. Tenía un pantalón gris, un buzo blanco con vivos azules —con la inscripción Egresados 2002— y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello. "Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera", estimó la fuente, que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial, en el cementerio de Ezpeleta, un equipo de peritos forenses, por orden del fiscal Luis Armella, realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30, el tío del chico oficializó el espanto: el cadáver era el de Diego. El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado, sin los dientes, con las huellas dactilares quemadas", todas maniobras macabras, dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores. Fuentes policiales calificaron la versión de "apresurada".De todos modos, fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un "corte profundo en el cuello" y "la mandíbula fracturada".Por la tarde, las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta. Algunos, furiosos, clamaban justicia. El llanto y el dolor impedían, en cambio, que otros rompieran su silencio. Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego. Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas, rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego, de 17 años, cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel. Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía. Se decidió entonces que fuera en remís al colegio. A las 7.30 salió de su casa. A unas pocas cuadras de allí, un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís. Bajaron tres hombres vestidos de azul. Gritaron "alto, policía". El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego. Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta. Inmediatamente se comunicaron con la Policía. Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse, la mamá de Diego, confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta, quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros, cada dos días, siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico. Tras varias conversaciones, su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos. El sábado 20 de julio se entregó el dinero. Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione, en Claypole, hasta un sitio junto a las vías del ex Roca, para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón. Pero Diego no apareció.Durante más de un mes, la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades. La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información. Las pesquisas arrojaron sólo un detenido: José Pablo García, un joven vecino de los Peralta, fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. En la ciudad de Buenos Aires En las villas vive el doble de gente que hace 10 años En 1992 eran 50.000 Hoy son más de 110. 000 Son tantos como la población de Bariloche Ocupan más espacio que Mónaco y el Vaticano juntos El gobierno porteño comenzó a urbanizarlas Aunque aseguran que desde los desbordes del 20 de diciembre la cantidad no aumentó, la población de las villas porteñas no deja de preocupar. Según la Comisión Municipal de la Vivienda (CMV), en las 15 villas y los tres núcleos habitacionales transitorios (urbanizaciones menos precarias que las villas, pero con carencias similares) de la ciudad hay 110.387 habitantes. Representan casi el 4% de la población porteña. Son más del doble comparado con la situación que se vivía hace 10 años, cuando había 50.000. Y se teme que sigan creciendo. Ubicadas mayoritariamente en la región sur de la ciudad de Buenos Aires, las villas miseria ocupan 274 hectáreas. Más que Mónaco y el Vatica-no juntos. La política respecto de ellas es urbanizarlas. Así sucedió con la administración porteña de Fernando de la Rúa y así continuó con la actual gestión de Aníbal Ibarra. Resulta, además, la propuesta de los candidatos a jefe de Gobierno mejor ubicados en las encuestas(Mauricio Macri,Daniel Scioli y Gustavo Beliz,por ejemplo).Urbanizarlas significa integrarlas al tejido urbano,abrirles calles,construir viviendas. La última semana, la administración Ibarra entregó 64 departamentos en la Villa 1-11-14, del Bajo Flores (frente a la cancha de San Lorenzo). El objetivo apunta a que allí, donde viven 21.799 personas (es la más poblada de la Ciudad), no quede ni una casilla."Hubo una decisión fuerte de relanzar los planes de construcción de vivienda en las villas. Pero es un tema complejo, porque requiere un trazado urbanístico integrado, que no convierta a los barrios en ghettos , y también necesita espacio, porque para construir y abrir calles es necesario relocalizar a la gente. Este, junto con las carencias presupuestarias, es uno de los mayores problemas que encontramos", explicó Ernesto Selzer, titular de la CMV, entidad que cuenta con 17.365.907 pesos para realizar las obras.Selzer repitió que la falta de espacios libres para la relocalización resulta uno de los motivos que demoran la promesa de convertir a las villas en barrios."La solución excede a un gobierno. A pesar de las urgencias políticas, tenemos que entender que se trata de un proceso demasiado largo", analizó. En dos años, ni una villa El comentario sobre las "urgencias políticas" no resultó casual: sucede que la legislación local le impone al gobierno una fecha tope para que en la Ciudad no quede ni una villa miseria.La ley 148, sancionada el 30 de diciembre de 1998, otorga un plazo de hasta cinco años para urbanizar los asentamientos precarios. Por lo tanto, de aquí a fines del año próximo la CMV debería construir "entre 30.000 y 40.000 viviendas", según calculó Selzer. Dicho de otra manera: en dos años la CMV debería levantar casi la misma cantidad de departamentos que en toda su historia (47.000, desde 1968)."El tiempo, obviamente, no nos favorece. Además, acá existe un problema evidente por la debacle económica. Sin dinero se complica todo. Pero aún con presupuesto, el proceso es más difícil de lo pensado, porque no hay tierras para relocalizar a los habitantes de los asentamientos",contó el titular de la CMV.Selzer aseguró que en 13 de las 15 villas la Ciudad tiene planes de urbanización ya comenzados o en proceso de arranque. "Las únicas en las que no podemos construir son la 31 y la 31 bis, ubicadas en la zona de Retiro, porque se encuentran sobre terrenos que no son de la Ciudad, sino del Organo Nacional de Administración de Bienes (Onabe), que es el que maneja los terrenos del ferrocarril", comentó el funcionario. "Que no crezcan más" Mientras comienzan los procesos de urbanización, uno de los temores es que la cantidad de habitantes de las villas aumente proporcionalmente con la crisis. "Necesitamos que no crezcan más. Lo hablamos con los delegados de los barrios, incluso. Ellos deben ayudar a que no se asiente nadie más que los que ya están censados", reveló Selzer. Al respecto, "en lo que va del año la población de las villas se mantiene estable", aseguró Mónica Desperbasques, coordinadora del Plan Social Integral porteño. La funcionaria de Desarrollo Social explicó que llegó a esa conclusión debido a que "la prestación alimentaria y la demanda en los asentamientos no creció". De cualquier manera, más de 110.000 personas ya es una cantidad considerable. Es como toda la población de Bariloche. O la de Tandil. O la del Municipio de la Costa sumado con Mercedes. O cinco veces y media la de Pinamar. Y los temores resultan lógicos: en 1992 había "sólo" 50.000 personas en las villas.Y no existía la 31 bis, por ejemplo. Desde entonces,el crecimiento jamás se detuvo.El problema de la vivienda es claro. Y se agudiza porque año tras año la cantidad de habitantes aumenta. Ante eso, la salida que encuentra buena parte del espectro político es uniforme: la urbanización parece ser la solución elegida. Por José Ignacio Lladós De la Redacción de LA NACION Exigen $ 500.000 de rescate por la mujer de un empresario Ocurrió en San Juan; ofrecieron $ 50.000 de recompensa SAN JUAN.- Se supo en las últimas horas que anteanoche, desde Buenos Aires, los secuestradores de María del Carmen López Barceló hicieron una llamada en la que le exigían al esposo de la víctima, el empresario Eduardo Barceló, unos 500.000 pesos de rescate. A su vez, el hombre ofreció 50.000 pesos a quien proporcione datos fehacientes de su mujer.A tres días del secuestro de la esposa de Barceló,en un descampado de Caucete,a 30 kilómetros al este de esta ciudad,apareció quemada una camioneta Toyota,con chapa vieja de Córdoba,supuestamente utilizada a las 7.45 del viernes último,cuando la mujer fue secuestrada de su domicilio,situado en la esquina de Mendoza y República del Líbano,en el barrio Escobar,en el departamento Rawson.En aquella ocasión,varios vecinos habrían visto partir raudamente a la señora, en su automóvil VW Gol negro, que apareció dos horas después en un descampado del citado departamento.Una llamada anterior, la primera, también fue efectuada desde la ciudad de Buenos Aires, para informar que la mujer estaba viva y que volverían a llamar.El empresario, dueño de una flota de camiones y dos estaciones de servicio, admitió que hizo negociaciones y hasta habría aceptado pagar 300.000 pesos, pero no le convenció la prueba de vida que pidió, puesto que hicieron hablar a una mujer y cree que no es ella. Es decir que sería una impostora, pues la policía estima que la mujer no salió de la provincia."Puede ser una grabación",dijo.Fuentes oficiales señalan que estas negociaciones son similares a las del secuestro efectuado en Córdoba el 24 de julio último, con el financista cordobés Jorge Gozzo, para liberar a su hijo, Alfredo, de 14 años. Podría tratarse de la misma banda. Otra coincidencia es que los delincuentes no utilizan teléfonos celulares, sino que hablan desde cabinas de teléfonos públicos y van rotando de lugar. Así evitan las intervenciones y localizaciones.El viernes último, poco antes de las 8, los delincuentes llegaron a la casa de Barceló para simular un asalto, pero se llevaron a María del Carmen, de 44 años, madre de dos hijos: Paola, casada, de 22 años, y Federico, de 10. La condujeron en su propio automóvil, un VW Gol, que apareció dos horas después y tenía en su interior una campera y una pulsera de la mujer y siguieron en una camioneta, color bordó, que era buscada intensamente y que ayer apareció calcinada en Caucete.Ya se confeccionaron dos identikits, con los datos aportados por la empleada de los Barceló, Romina, quien en el momento del hecho llegaba a la casa de María del Carmen y recordó a uno de los delincuentes. Queman una comisaría por el crimen de Peralta Los vecinos están indignados con la actuación policial El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último y por quien sus padres pagaron un rescate de 9000 pesos y 2000 dólares, apareció ayer semisumergido en una tosquera situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta, partido de Quilmes. La difusión del hallazgo del cuerpo derivó anoche en el incendio de la comisaría del barrio El Jagüel, partido de Esteban Echeverría,por parte de vecinos de la víctima indignados con la actuación policial en el hecho. El cadáver, que mostraba heridas cortantes en el cuello, fue encontrado por vecinos que advirtieron a los bomberos voluntarios sobre la presencia de “un ahogado”.Con el correr de las horas, la policía comenzó a sospechar que podía tratarse de Peralta. Su padre, Luis, y un tío confirmaron la hipótesis: los hombres identificaron el cuerpo y la ropa que llevaba puesta el joven al ser secuestrado. Apareció muerto el joven secuestrado El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último, apareció ayer al mediodía semisumergido en una tosquera de Ezpeleta, en el partido de Quilmes. Según informaron fuentes policiales de la Jefatura Departamental de ese distrito bonaerense, el cuerpo presentaba cortes en el cuello, aunque no pudieron confirmar si estas heridas habían causado la muerte del muchacho o no.Más precisiones, como la existencia de otras lesiones y el motivo del deceso, surgirán cuando los peritos forenses realicen la autopsia. Al cierre de esta edición, los investigadores todavía no habían establecido si la práctica sería efectuada por profesionales de la morgue de Ezpeleta -adonde trasladaron los restos de Peralta- o del Poder Judicial de la Nación.Así lo explicó a LA NACION el titular de la Departamental de Quilmes, comisario mayor Rodolfo Coronel.El cadáver y la ropa del adolescente fueron reconocidos por su padre, Luis Peralta, y por uno de sus tíos, que abandonaron la morgue de Ezpeleta -instalada dentro del cementerio de esa ciudad- sin efectuar declaración alguna. El mismo hermetismo mantuvo toda la familia, sumida en un profundo dolor tras el hallazgo, que se refugió en su casa de El Jagüel, partido de Esteban Echeverría.Allí se congregaron -desde que cayó la noche- unos 500 vecinos para solidarizarse con los Peralta, reclamar más seguridad para el barrio y criticar la actuación de la policía en el caso. El malestar condujo a la gente a apedrear la comisaría de El Jagüel e incendiar un auto en las inmediaciones de la seccional (ver página 13)."Vamos a pedir justicia por Diego y por su familia. La policía nos abandonó en esta investigación. Ni siquiera nos atendieron como correspondía. Todo el barrio se va a movilizar, porque ninguno de nosotros está libre de que le pase lo mismo", incentivaba Mabel, que prefirió no dar su apellido, en la puerta de la vivienda situada en Cabildo 371, antes de iniciar la marcha rumbo al destacamento policial, situado a diez cuadras. En shock "Están destruidos. El padre reconoció el cuerpo y regresó a darles la noticia a su esposa y su otra hija. Están todos shockeados, muy mal. Se quedaron arriba (por la planta alta de la casa) y no van a hablar", confió un amigo de los Peralta, que había acompañado a la madre del muchacho, Emilse, mientras esperaban el resultado del reconocimiento de los restos.Diego había sido secuestrado a las 7.30 del viernes 5 de julio en la calle El Ceibo, entre Gutiérrez y Uraldi, de El Jagüel. Acababa de dejar su hogar a bordo de un remise Peugeot 504 gris, conducido por Fermín Amarilla. Entonces, tres hombres armados y vestidos de azul le cortaron el paso al vehículo con un Volkswagen Senda rojo, golpearon al remisero y se llevaron al joven. Treinta minutos después, los secuestradores llamaron al padre y le exigieron 200.000 dólares a cambio de la libertad de su hijo.Luego de dos semanas de negociaciones, los delincuentes aceptaron el pago de 9000 pesos y 2000 dólares, concretado el sábado 20 de julio en la localidad de Claypole, partido de Almirante Brown. Los secuestradores acordaron liberar a Diego en las inmediaciones de la cárcel de mujeres de La Plata. Pero nunca lo hicieron.Desde entonces hasta ayer, todo fue misterio. Entre marchas en reclamo de justicia y acusaciones contra la policía por su supuesta participación en el hecho, los Peralta trascurrieron un mes y medio de zozobra. Pero los sostuvo la esperanza de encontrar con vida al muchacho, una esperanza que empezó a sucumbir ayer al mediodía con el hallazgo del cuerpo de un joven en una tosquera de Ezpeleta, situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata."No es mi hermano. Nada que ver. Van a matar a toda la familia con esas versiones", respondió Romina, hermana de Diego, cuando LA NACION la consultó a las 15.45.Dos horas después, según los voceros de la Departamental de Quilmes, su padre y su tío identificaron tanto el cadáver como la ropa que vestía. "Un pantalón azul del colegio y una remera blanca con una franja azul y el número 10 en la espalda", indicaron las fuentes.El cadáver había sido rescatado de la tosquera por los bomberos voluntarios de Quilmes, advertidos de la presencia de un "ahogado" por vecinos del barrio 9 de Julio. Dos de ellos, Juan Carlos Affatato y Gustavo Ríos, relataron a LA NACION que "el cuerpo estaba muy, muy hinchado, semisumergido boca abajo, con las manos al costado del cuerpo y sin zapatillas". En busca de indicios Luego de retirar los restos, buzos tácticos del destacamento de bomberos rastrillaron las aguas "en busca de objetos que pudieran dar indicios" sobre los posibles motivos de la muerte y sobre las circunstancias en que el cadáver había llegado hasta allí, informó el segundo jefe de la comisaría de Ezpeleta, el subcomisario Abel Milano. "Todo será remitido al fiscal del caso, Luis Armella", agregó.Aunque algunas versiones señalaban que a Peralta le faltaban los dientes y las yemas de los dedos, fuentes de la investigación negaron la existencia de heridas semejantes. "A simple vista nada más se observaban cortes en el cuello, pero sólo la autopsia dirá si provocaron la muerte del joven. No sabemos si bajo la ropa aparecerán otras lesiones", dijo un alto jefe policial. El reconocimiento del cuerpo puso así un triste fin a la incógnita de los Peralta respecto del paradero de su hijo. Anoche, pese al hallazgo, permanecían intactos en el portón de la casa familiar los carteles que vecinos y allegados habían colgado para exhortar a los secuestradores a devolver a Diego. Luego, el reclamo quedó transformado en furia durante el ataque a la comisaría de El Jagüel.El ministro de Seguridad bonaerense, Juan Pablo Cafiero, admitió anoche que los incidentes se debieron a "la interpretación de los vecinos" sobre la posible participación de la policía de la provincia en el hecho. Y advirtió: "Estamos abiertos a cualquier hipótesis". Angeles Castro << Comienzo de la notaEl cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último y por quien sus padres pagaron un rescate de 9000 pesos y 2000 dólares, apareció ayer semisumergido en una tosquera situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta, partido de Quilmes.La difusión del hallazgo del cuerpo derivó anoche en el incendio de la comisaría del barrio El Jagüel, partido de Esteban Echeverría, por parte de vecinos de la víctima indignados con la actuación policial en el hecho. El cadáver, que mostraba heridas cortantes en el cuello, fue encontrado por vecinos que advirtieron a los bomberos voluntarios sobre la presencia de “un ahogado”.Con el correr de las horas, la policía comenzó a sospechar que podía tratarse de Peralta. Su padre, Luis, y un tío confirmaron la hipótesis: los hombres identificaron el cuerpo y la ropa que llevaba puesta el joven al ser secuestrado. Apareció muerto el joven secuestrado El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último, apareció ayer al mediodía semisumergido en una tosquera de Ezpeleta, en el partido de Quilmes. Según informaron fuentes policiales de la Jefatura Departamental de ese distrito bonaerense, el cuerpo presentaba cortes en el cuello, aunque no pudieron confirmar si estas heridas habían causado la muerte del muchacho o no.Más precisiones, como la existencia de otras lesiones y el motivo del deceso, surgirán cuando los peritos forenses realicen la autopsia. Al cierre de esta edición, los investigadores todavía no habían establecido si la práctica sería efectuada por profesionales de la morgue de Ezpeleta -adonde trasladaron los restos de Peralta- o del Poder Judicial de la Nación.Así lo explicó a LA NACION el titular de la Departamental de Quilmes, comisario mayor Rodolfo Coronel.El cadáver y la ropa del adolescente fueron reconocidos por su padre, Luis Peralta, y por uno de sus tíos, que abandonaron la morgue de Ezpeleta -instalada dentro del cementerio de esa ciudad- sin efectuar declaración alguna. El mismo hermetismo mantuvo toda la familia, sumida en un profundo dolor tras el hallazgo, que se refugió en su casa de El Jagüel, partido de Esteban Echeverría.Allí se congregaron -desde que cayó la noche- unos 500 vecinos para solidarizarse con los Peralta, reclamar más seguridad para el barrio y criticar la actuación de la policía en el caso. El malestar condujo a la gente a apedrear la comisaría de El Jagüel e incendiar un auto en las inmediaciones de la seccional (ver página 13)."Vamos a pedir justicia por Diego y por su familia. La policía nos abandonó en esta investigación. Ni siquiera nos atendieron como correspondía. Todo el barrio se va a movilizar, porque ninguno de nosotros está libre de que le pase lo mismo", incentivaba Mabel, que prefirió no dar su apellido, en la puerta de la vivienda situada en Cabildo 371, antes de iniciar la marcha rumbo al destacamento policial, situado a diez cuadras. En shock "Están destruidos. El padre reconoció el cuerpo y regresó a darles la noticia a su esposa y su otra hija. Están todos shockeados, muy mal. Se quedaron arriba (por la planta alta de la casa) y no van a hablar", confió un amigo de los Peralta, que había acompañado a la madre del muchacho, Emilse, mientras esperaban el resultado del reconocimiento de los restos.Diego había sido secuestrado a las 7.30 del viernes 5 de julio en la calle El Ceibo, entre Gutiérrez y Uraldi, de El Jagüel. Acababa de dejar su hogar a bordo de un remise Peugeot 504 gris, conducido por Fermín Amarilla. Entonces, tres hombres armados y vestidos de azul le cortaron el paso al vehículo con un Volkswagen Senda rojo, golpearon al remisero y se llevaron al joven. Treinta minutos después, los secuestradores llamaron al padre y le exigieron 200.000 dólares a cambio de la libertad de su hijo.Luego de dos semanas de negociaciones, los delincuentes aceptaron el pago de 9000 pesos y 2000 dólares, concretado el sábado 20 de julio en la localidad de Claypole, partido de Almirante Brown. Los secuestradores acordaron liberar a Diego en las inmediaciones de la cárcel de mujeres de La Plata. Pero nunca lo hicieron.Desde entonces hasta ayer, todo fue misterio. Entre marchas en reclamo de justicia y acusaciones contra la policía por su supuesta participación en el hecho, los Peralta trascurrieron un mes y medio de zozobra. Pero los sostuvo la esperanza de encontrar con vida al muchacho, una esperanza que empezó a sucumbir ayer al mediodía con el hallazgo del cuerpo de un joven en una tosquera de Ezpeleta, situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata."No es mi hermano. Nada que ver. Van a matar a toda la familia con esas versiones", respondió Romina, hermana de Diego, cuando LA NACION la consultó a las 15.45.Dos horas después, según los voceros de la Departamental de Quilmes, su padre y su tío identificaron tanto el cadáver como la ropa que vestía. "Un pantalón azul del colegio y una remera blanca con una franja azul y el número 10 en la espalda", indicaron las fuentes.El cadáver había sido rescatado de la tosquera por los bomberos voluntarios de Quilmes, advertidos de la presencia de un "ahogado" por vecinos del barrio 9 de Julio. Dos de ellos, Juan Carlos Affatato y Gustavo Ríos, relataron a LA NACION que "el cuerpo estaba muy, muy hinchado, semisumergido boca abajo, con las manos al costado del cuerpo y sin zapatillas". En busca de indicios Luego de retirar los restos, buzos tácticos del destacamento de bomberos rastrillaron las aguas "en busca de objetos que pudieran dar indicios" sobre los posibles motivos de la muerte y sobre las circunstancias en que el cadáver había llegado hasta allí, informó el segundo jefe de la comisaría de Ezpeleta, el subcomisario Abel Milano. "Todo será remitido al fiscal del caso, Luis Armella", agregó.Aunque algunas versiones señalaban que a Peralta le faltaban los dientes y las yemas de los dedos, fuentes de la investigación negaron la existencia de heridas semejantes. "A simple vista nada más se observaban cortes en el cuello, pero sólo la autopsia dirá si provocaron la muerte del joven. No sabemos si bajo la ropa aparecerán otras lesiones", dijo un alto jefe policial. Hubo otros casos que terminaron con el homicidio de las víctimas.En lo que va del año, seis hechos con desenlaces mortales.En tres crímenes, la policía aún no está segura de que se haya tratado de secuestros En el caso de Juan Manuel Canillas, los padres también habían pagado el rescate pedido En un año en que los secuestros exprés crecieron hasta el punto de convertirse en el delito que más preocupa a las autoridades, la aparición ayer del cuerpo sin vida de Diego Peralta suma una víctima más a la lista de hechos de estas características que terminaron mal.Uno de los casos más impactantes fue el de Juan Manuel Canillas, de 23 años, quien fue asesinado a pesar de que los padres pagaron el rescate que los delincuentes exigían, tal como ocurrió con Peralta.En la noche del 12 de julio último, Juan Manuel volvía de trabajar del comercio que la familia tiene en el barrio porteño de Balvanera, cuando su auto Honda Civic fue interceptado por tres delincuentes que lo obligaron a comunicarse telefónicamente con los padres para pedirles que pagaran un rescate de 1000 pesos.A pesar de que sus padres cumplieron con lo pactado, Juan Manuel fue asesinado de un balazo en la cabeza y su cuerpo abandonado en Vicente López, a 10 cuadras de su casa de Saavedra.Sólo unos pocos días antes, el 7 de julio, había aparecido en las afueras de Montevideo el cadáver carbonizado de Mirham Mamprelian. El empresario -dedicado al comercio de alfombras persas- había viajado al país vecino durante el fin de semana por cuestiones de negocios, cuando fue secuestrado y asesinado. La policía detuvo a un par de sospechosos que luego fueron liberados.El caso más reciente fue el de Carlos Ismael Matilia, de 65 años, quien fue secuestrado en el barrio porteño de Liniers 15 días atrás. Su cuerpo apareció hace 10 días en el fondo del río Matanza, en la localidad de Cañuelas, al sur del conurbano bonaerense.La policía confirmó ayer que el viernes último un hombre de 55 años, identificado como Juan Carlos Girini, fue detenido sospechado de ser uno de los autores del secuestro y posterior asesinato de Matilia. Ahora, los investigadores continúan trabajando con el fin de dar con otros dos hombres sospechados de haber participado del crimen.Casos que despiertan dudas.El abogado Marcelo Horacio Penna, el prestamista Adolfo Rodrigo y el empresario Luis Macchi fueron asesinados entre mayo y julio de este año. Los tres estuvieron desaparecidos durante días u horas. Sin embargo, la policía y los investigadores dudaron al momento de calificar sus muertes como consecuencias de secuestros.El cuerpo de Macchi fue encontrado el 14 de julio último a un costado de la ruta provincial 29, entre Coronel Brandsen y Ranchos, con un tiro en la sien. El abogado Penna estuvo desaparecido durante 48 horas, y finalmente su cadáver fue encontrado el 11 de ese mismo mes esposado a un árbol con un balazo en la espalda en el parque Pereyra Iraola. Meses antes, el 16 de mayo, el cuerpo sin vida de Rodrigo había aparecido dentro de su auto, a la vera de la ruta 4, en el partido de Lomas de Zamora. .<< Comienzo de la notaEn un año en que los secuestros exprés crecieron hasta el punto de convertirse en el delito que más preocupa a las autoridades, la aparición ayer del cuerpo sin vida de Diego Peralta suma una víctima más a la lista de hechos de estas características que terminaron mal.Uno de los casos más impactantes fue el de Juan Manuel Canillas, de 23 años, quien fue asesinado a pesar de que los padres pagaron el rescate que los delincuentes exigían, tal como ocurrió con Peralta.En la noche del 12 de julio último, Juan Manuel volvía de trabajar del comercio que la familia tiene en el barrio porteño de Balvanera, cuando su auto Honda Civic fue interceptado por tres delincuentes que lo obligaron a comunicarse telefónicamente con los padres para pedirles que pagaran un rescate de 1000 pesos.A pesar de que sus padres cumplieron con lo pactado, Juan Manuel fue asesinado de un balazo en la cabeza y su cuerpo abandonado en Vicente López, a 10 cuadras de su casa de Saavedra.Sólo unos pocos días antes, el 7 de julio, había aparecido en las afueras de Montevideo el cadáver carbonizado de Mirham Mamprelian. El empresario -dedicado al comercio de alfombras persas- había viajado al país vecino durante el fin de semana por cuestiones de negocios, cuando fue secuestrado y asesinado. La policía detuvo a un par de sospechosos que luego fueron liberados.El caso más reciente fue el de Carlos Ismael Matilia, de 65 años, quien fue secuestrado en el barrio porteño de Liniers 15 días atrás. Su cuerpo apareció hace 10 días en el fondo del río Matanza, en la localidad de Cañuelas, al sur del conurbano bonaerense. La policía confirmó ayer que el viernes último un hombre de 55 años, identificado como Juan Carlos Girini, fue detenido sospechado de ser uno de los autores del secuestro y posterior asesinato de Matilia. Ahora, los investigadores continúan trabajando con el fin de dar con otros dos hombres sospechados de haber participado del crimen. Casos que despiertan dudas El abogado Marcelo Horacio Penna, el prestamista Adolfo Rodrigo y el empresario Luis Macchi fueron asesinados entre mayo y julio de este año. Los tres estuvieron desaparecidos durante días u horas. Sin embargo, la policía y los investigadores dudaron al momento de calificar sus muertes como consecuencias de secuestros.El cuerpo de Macchi fue encontrado el 14 de julio último a un costado de la ruta provincial 29, entre Coronel Brandsen y Ranchos, con un tiro en la sien. El abogado Penna estuvo desaparecido durante 48 horas, y finalmente su cadáver fue encontrado el 11 de ese mismo mes esposado a un árbol con un balazo en la espalda en el parque Pereyra Iraola. Meses antes, el 16 de mayo, el cuerpo sin vida de Rodrigo había aparecido dentro de su auto, a la vera de la ruta 4, en el partido de Lomas de Zamora. http://www.clarin.com/diario/2002/08/13/s-02703.htm http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71692.php
La polizia Federale incrimina La Polizia della provincia di Buenos Aires e viceversa dei gravi omicidi a sfondo estorsivo/satanico per.Novitá:questo estate riminalitá progetta secuestro turisti Europei Por Raúl Kollmann - ¿Por qué hombres de la Federal dicen que fue la Bonaerense y hombres de la Bonaerense apuntan a la Federal? En la jornada de ayer hubo un cruce de acusaciones que tiene un fundamento: la industria del secuestro siempre tuvo vinculaciones con uniformados, empezando por la llamada Banda de los Comisarios. El diagnóstico tiene lógica: es muy difícil mantener un secuestrado en cautiverio sin complicidad policial y sin que los delincuentes sepan los pasos que dan los investigadores. En la Federal dicen: “El secuestro de Diego Peralta tiene la marca de una banda mixta en la que hay Patas Negras (bonaerenses)”. En la Bonaerense contratacan: “La Federal está herida: ayer descubrimos en el río Matanza el cuerpo de un ciudadano peruano, que fue secuestrado en La Boca, después de vender un locutorio de su propiedad. Entre los secuestradores y asesinos hay dos federales”. - ¿Hay algún indicio contra efectivos de la Bonaerense? La gente del barrio de Diego, El Jagüel, tiene toda la sensación de que participaron policías en el secuestro. Un dato es que los secuestradores actuaron como policías, vestidos de policías: el remisero que llevaba al joven está convencido de que efectivamente eran de la Bonaerense. Pero, además, va en la misma línea la detención de dos integrantes de la Brigada Antisecuestros de la Bonaerense, con sede en Lomas de Zamora. Esos efectivos investigaban también el secuestro de Diego, pero se los descubrió habiendo participado del secuestro de otro joven, también de 17 años, igualmente hijo de un comerciante de Rafael Calzada, o sea de la misma zona que Diego. Pidieron un rescate de 7000 pesos. En el caso de los Peralta, pagaron 9000 pesos y 2000 dólares. Los investigadores sostienen que la banda de policías era más bien débil y que no tenía capacidad para mantener secuestrados al mismo tiempo a dos personas. La banda de policías fue detenida el 20 de julio, para ese entonces Diego llevaba ya 14 días secuestrado y por los primeros indicios forenses la muerte se produjo antes, tal vez el 10 de julio. O sea que podría ser perfectamente que los policías secuestraron a Diego, lo mataron por alguna razón inexplicable, y después hicieron lo mismo con el hijo del comerciante de Rafael Calzada. - ¿Muestran profesionalismo los secuestradores y asesinos de Diego? Parcialmente. El secuestro –si fue como lo cuenta el remisero– muestra a una banda bien organizada, pero la forma en que lo matan –con un cuchillo– y el lugar en el que lo tiran –una tosquera donde tarde o temprano se iba a encontrar el cuerpo– evidencian mano de obra poco profesional. “Un policía tiene mejores formas de matar –argumentó un veterano investigador–. En general, lo haría con un calibre 22, el de los profesionales y pegándole un balazo de atrás. Matar con un cuchillo, cortando la garganta, lleva a luchas, sangre y es un estilo más de barrio, más de bandas o mafias de una zona. Tirar el cadáver donde se tiró, tampoco lo haría un policía. Si está en manos de un uniformado hace desaparecer el cuerpo en serio, como ocurrió en el caso Bru.” - ¿A qué otro caso podría parecerse el de Diego? Quienes tienen muchos años en la investigación sugieren que el caso Peralta se parece al caso Cabezas: una banda de delincuentes, una mafia lugareña apadrinada y conducida por policías. El crimen de Diego parece responder a esos parámetros: por eso la mano de obra es rústica, desorganizada, poco profesional, pero se trata de organizaciones que manejan delitos en un barrio o una zona, como el tráfico de drogas, el robo de autos o los propios secuestros. Podrían ser delincuentes de El Jagüel, algo que se verificaría si se comprueba que el único detenido, José Paulo García, que es de ese barrio, tuvo relación con el secuestro. El juez que investiga el caso está convencido de que García tuvo que ver. - ¿Por qué secuestran al hijo de un trabajador? “Siempre vi que secuestraran a hijos de ricos para sacarles dinero, pero nunca vi que se lleven al hijo de un trabajador, al que no se le puede sacar demasiado”, insiste el viejo investigador. Esta pregunta parece estar en el origen del caso Peralta y tal vez en el final. La mafia lugareña, seguramente apadrinada por la Bonaerense, tiene la respuesta. Tal vez Diego reconoció a alguien, tal vez la muerte se produjo por locura, pero el olfato de todo el barrio apunta hacia un solo lado: la comisaría que queda ahí nomás. ¿Es sólo histeria colectiva? Tal vez, pero no hay nadie que conozca mejor a los policías que los habitantes del lugar. EN LA FEDERAL DICEN QUE LA PESQUISA SEGUIRA EN ESA ORBITA “La investigación va a cambiar de mANOS”La investigación del caso Diego Peralta cambia de manos. Apartan a la Bonaerense y nos hacemos cargo nosotros”, confió a Página/12 una alta fuente de la Policía Federal. El apartamiento confirma las hipótesis de que uniformados provinciales están bajo la lupa del juzgado federal de Carlos Ferreira Pella, con la sospecha de encontrarse involucrados en el secuestro y asesinato del chico de 17 años. “No tenemos esa información, pero no la podemos descartar”, respondió a este diario una alta fuente de la Bonaerense. La decisión de apartar a los bonaerenses tuvo como primera señal visible el traslado del cuerpo de Diego, desde la morgue del distrito de Quilmes hasta la Morgue Judicial de la Corte Suprema, en la Capital, durante la tarde de ayer. Los expertos no dejan pasar por alto que dos policías de la DDI de Lomas de Zamora, que investigaban la desaparición de Diego, fueron detenidos por otro secuestro que también investigaban, que un tercero está prófugo y otros cuatro están involucrados en casos de extorsión. La participación de la Federal en el caso no se produjo desde el inicio. Diego Peralta fue secuestrado el 5 de julio pasado. La causa, que recayó en el juzgado federal de Ferreira Pella porque se trató de un delito federal (secuestro extorsivo), recién fue trabajado en conjunto por la Bonaerense y la División de Delitos Complejos de la Federal desde los primeros días de agosto. Unos días antes, el 22 de julio, tres policías de la DDI de Lomas de Zamora (el cabo Aníbal Masgoreet, el sargento Hernán Palomeque) fueron detenidos, y un oficial se encuentra prófugo. En el auto de uno de ellos encontraron al hijo de un empresario de Rafael Calzada, que habían secuestrado y cuya investigación estaba a cargo de ellos. El mismo equipo estaba en funciones en la desaparición de Diego Peralta. Para evitar rispidices entre las dos fuerzas, o con la idea de decidir sobre sospechas más firmes, lo cierto es que el juez Ferreira Pella introdujo de a poco a los federales. “Llegamos cuando el hecho llevaba casi treinta días, las investigaciones estaban empezadas –reveló un investigador de la Federal–. Estábamos a medias, porque nos entregaron la mitad del expediente, no estábamos enterados de todos los pasos que habían dado y solamente aportábamos algunas ideas. Recién ahora se supone que vamos a poder trabajar con todo el sumario a la vista”.Las hipótesis que se barajan en el caso son variadas y dependen de quién las genere. “No parece que sean los mismos policías porque no cierra que se busquen problemas teniendo dos secuestrados al mismo tiempo –evaluó un experto de la Bonaerense–. Usualmente, cuando se cobra el rescate,y en este caso ya lo habían cobrado,tratan de sacárselo de encima,lo liberan. Salvo que haya reconocido a alguno de sus secuestradores.Tampoco cierra demasiado que, si fue algún policía,lo tiraran a una tosca donde lo iban a encontrar enseguida.”Ayer, el informe preliminar de la autopsia sostuvo que Diego fue asesinado al menos hace 25 días, esto significa, alrededor del 18 de julio pasado, trece días después de su secuestro, y un día antes de que fuera secuestrado el hijo del empresario de Rafael Calzada. Este dato reforzaría las hipótesis que intentan demostrar la participación de los mismos uniformados en el secuestro del chico de El Jagüel. “Es posible que hubieran decidido matarlo para no complicarse más.” De todos modos, en la jurisdicción de Lomas de Zamora, no son tres sino siete los policías involucrados en casos de extorsión y secuestro. Del lado de los federales, la tesitura es otra. “No podemos afirmar hasta que no tengamos el expediente –señaló la misma alta fuente de la Federal–. Pero no cabe duda de que si el juez aparta a la Bonaerense es porque tiene sospechas de que alguno de sus integrantes puede estar involucrado.” ANALISIS ¿Una campaña política desestabilizadora?Parece un gobierno en jaque. Felipe Solá está seguro de que un cambio de ministro no resuelve la estampida del delito violento en la provincia, pero intuye la proximidad de cambios antes de terminar arrastrado. El caso Peralta golpea sobre los límites de la resistencia institucional y pone a prueba el sistema frente al asomo de voces y métodos autoritarios. Solá creyó adelantarse a esa confrontación cuando denunció una campaña política desestabilizadora. Su ministro, Juan Pablo Cafiero, ya había mencionado —en un reportaje de Clarín— la presencia de un complot. ¿Puede existir una maquinaria de provocar crímenes tan perfecta? No hay certeza de un movimiento de estas características. Sí se manifiestan focos de corrupción policial. Un dato revelador: el primer oficial que investigó el caso de Diego Peralta está procesado por participar en un episodio de robo y extorsión.Por las flaquezas del Estado parecen ganar espacio las bandas organizadas. Y en una sociedad desestructurada por la caída libre de sus indicadores económicos, también se dispara la violencia callejera. Según una estadística oficial, en la provincia se registra una proyección de 2.500 asesinatos en todo este año.Los porcentajes acercarían a Buenos Aires a San Pablo o Río de Janeiro,dos de los distritos más violentos de Sudamérica. Desde que asumió,Solá intentó evitar el ramalazo de la inseguridad pública.Pero hoy, como Eduardo Duhalde en su momento, percibe que un crimen puede desbordarlo. En 1997 fue José Luis Cabezas.Ahora,la resolución del caso Peralta enciende otra alarma.Aunque previsible,el crimen del joven provocó una tremenda conmoción en el Gobierno bonaerense. Solá permaneció en su despacho del Banco Provincia con informes policiales al minuto.Cuando los peritos confirmaron lo inexorable,suspendió todas las audiencias. Nuevamente ese dolor de pecho—que anticipa el pico del estrés—volvió a castigarlo hasta la noche.A las 23 regresó a su casa.Tenía una certeza: no fue un secuestro al voleo, porque sus ejecutores revelaron cierta logística.¿Entonces qué buscaban los captores?El gobernador tampoco tiene resuelto cómo hará para respaldar, por tercera vez en menos de una semana, a un ministro que apenas lleva 30 días en funciones y observa cómo la realidad es mucho más persistente que sus buenas intenciones. INSEGURIDAD: EN RANELAGH, EN EL SUR DEL CONURBANO Un hijo de Roberto De Vicenzo, víctima de un secuestro exprés.Cuatro delincuentes se lo llevaron junto a su esposa cuando entraba el auto a su casa.Les pidieron $ 3.000.A él lo dejaron libre para que fuera a buscar el dinero.Pagó y los liberaron.Fue un secuestro exprés más.Sólo que esta vez tocó de cerca a una de las figuras más importantes del deporte argentino:uno de los hijos del golfista Roberto De Vicenzo(que lleva el mismo nombre que el padre)y su mujer fueron las víctimas.El pago de 3.000 pesos de rescate puso fin a una incertidumbre de dos horas.El secuestro fue el viernes pasado,pero recién se dio a conocer ayer.Según fuentes del Grupo Antisecuestros de la Policía bonaerense, el hijo de De Vicenzo —de 55 años—y su mujer,Silvia Susana Alvarez,de 45,regresaban a su casa de Ranelagh cuando fueron interceptados por cuatro hombres armados.Eso sucedió a la noche, cuando la pareja circulaba en un Mercedes Benz (modelo 96) por la calle 304 al 1200 de Ranelagh, al sur del conurbano. "Ellos tienen una camioneta 4 x 4 importada, pero la chocaron hace poco —confiaron a Clarín allegados a la familia—. En ese momento "Achi" (como le dicen a Roberto) estaba con el Mercedes del padre".En la esquina de las calles 304 y 363, donde se alza la importante casa de dos plantas con ladrillo a la vista de De Vicenzo hijo, la pareja fue sorprendida cuando intentó entrar el auto en el garaje. Según la versión policial, se bajaron tres hombres y les apuntaron. Se cree que el vehículo que usaban era un Fiat Duna.La rapidez con que actuaron y la sorpresa de lo inesperado, ayudó para que los secuestradores se subieran al Mercedes Benz sin ninguna resistencia. Y aceleraron en dirección a Quilmes.Eran las 21. A esa hora, en ese lugar, a dos cuadras de la estación de trenes, muy cerca del Club de Golf Ranelagh, el barrio es en estos días un lugar peligroso. Los robos y una serie de secuestros —tres en apenas ocho días— dejaron a los habitantes del lugar (muchas familias tradicionales, algunas de ascendencia inglesa, otras, alemana) en estado de gran preocupación (ver Tres hechos...).Al llegar al cementerio israelita de Berazategui, los secuestradores hicieron bajar a la mujer, quien se quedó de rehén con dos de la banda. Los otros siguieron con el hijo del golfista hasta una plaza de Quilmes Oeste, a pocos metros de 12 de Octubre y Calchaquí. En ese lugar le dijeron a De Vicenzo que fuera a buscar plata para rescatar a su mujer. "Le pidieron 3.000 pesos. Y le recomendaron que en una hora debería estar en ese mismo lugar con el dinero", contaron fuentes policiales.Mientras De Vicenzo buscaba la plata, a su mujer la mantuvieron de rehén adentro de un Duna blanco de vidrios polarizados, en las cercanías del cementerio de Berazategui. La Policía cree que ese vehículo fue el mismo que usaron los secuestradores para interceptar a la pareja.De Vicenzo fue a la casa de su padre, un vecino histórico de Ranelagh, quien le habría dado el dinero. El golfista llamó a la comisaría 2da. de Berazategui, quien a su vez dio intervención al Grupo Antisecuestros de la Delegación Departamental de Investigaciones de Quilmes.Un grupo de policías acompañó de lejos a De Vicenzo hijo para hacer la entrega. "Uno de los delincuentes, todos muchachos jóvenes, pasó al lado de uno de nuestros hombres", confió una fuente de investigación. Pero decidieron no actuar hasta no ver a la mujer con vida.No tuvieron que esperar mucho porque la mujer del hijo de De Vicenzo fue liberada a tres cuadras del lugar donde se hizo la entrega del dinero. Los secuestradores desaparecieron con el dinero del rescate y el Mercedes Benz.Los delincuentes no demostraron conocer a su víctima. No hicieron ninguna alusión a su padre. "Les llamó la atención el Mercedes Benz. Fue al voleo", opinaron los policías antisecuestros. http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71689.php La polizia sempre piú coinvolta in tragici secuestri estorsivi:a rischio sopratutto turisti europei El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales: ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta. Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche, los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego. También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición. Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire, como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos, fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri,del destacamento de Ezpeleta,sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión.Esta madrugada se encontraba internado,pero ya fuera de peligro.Más tarde,un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego.Justicia no.Pena de muerte sí".También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche,el ministro de Seguridad bonaerense,Juan Pablo Cafiero,dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar,que avisaron a la Policía.Una dotación de bomberos rescató el cadáver,flotando, boca abajo.Tenía un pantalón gris,un buzo blanco con vivos azules—con la inscripción Egresados 2002—y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello."Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera", estimó la fuente, que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial,en el cementerio de Ezpeleta, un equipo de peritos forenses,por orden del fiscal Luis Armella,realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30,el tío del chico oficializó el espanto:el cadáver era el de Diego. El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado,sin los dientes,con las huellas dactilares quemadas",todas maniobras macabras,dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores.Fuentes policiales calificaron la versión de"apresurada".De todos modos,fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un"corte profundo en el cuello"y"la mandíbula fracturada".Por la tarde,las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta.Algunos,furiosos,clamaban justicia.El llanto y el dolor impedían, en cambio,que otros rompieran su silencio.Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego.Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas,rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego,de 17 años,cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel.Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía.Se decidió entonces que fuera en remís al colegio.A las 7.30 salió de su casa.A unas pocas cuadras de allí,un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís.Bajaron tres hombres vestidos de azul.Gritaron"alto, policía".El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego.Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta.Inmediatamente se comunicaron con la Policía.Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse,la mamá de Diego,confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta,quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros,cada dos días,siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico.Tras varias conversaciones,su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos.El sábado 20 de julio se entregó el dinero.Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione,en Claypole, hasta un sitio junto a las vías del ex Roca,para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón.Pero Diego no apareció.Durante más de un mes,la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades.La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información.Las pesquisas arrojaron sólo un detenido:José Pablo García,un joven vecino de los Peralta,fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. INSEGURIDAD: EL PEOR FINAL PARA UN SECUESTRO DE 39 DIAS Queman una comisaría por el crimen de un chico secuestrado El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales: ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta. Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche,los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego.También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición.Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire,como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos,fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri,del destacamento de Ezpeleta,sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión.Esta madrugada se encontraba internado,pero ya fuera de peligro.Más tarde, un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego. Justicia no. Pena de muerte sí". También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche,el ministro de Seguridad bonaerense,Juan Pablo Cafiero,dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar, que avisaron a la Policía.Una dotación de bomberos rescató el cadáver,flotando,boca abajo. Tenía un pantalón gris,un buzo blanco con vivos azules —con la inscripción Egresados 2002— y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello."Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera",estimó la fuente,que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial, en el cementerio de Ezpeleta,un equipo de peritos forenses,por orden del fiscal Luis Armella,realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30, el tío del chico oficializó el espanto:el cadáver era el de Diego.El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado,sin los dientes, con las huellas dactilares quemadas",todas maniobras macabras,dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores.Fuentes policiales calificaron la versión de "apresurada".De todos modos, fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un "corte profundo en el cuello" y "la mandíbula fracturada".Por la tarde,las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta.Algunos,furiosos,clamaban justicia.El llanto y el dolor impedían,en cambio,que otros rompieran su silencio.Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego.Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas, rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego, de 17 años, cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel. Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía. Se decidió entonces que fuera en remís al colegio. A las 7.30 salió de su casa. A unas pocas cuadras de allí, un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís. Bajaron tres hombres vestidos de azul. Gritaron "alto, policía". El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego. Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta. Inmediatamente se comunicaron con la Policía. Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse, la mamá de Diego,confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta, quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros, cada dos días,siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico.Tras varias conversaciones, su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos.El sábado 20 de julio se entregó el dinero.Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione,en Claypole,hasta un sitio junto a las vías del ex Roca,para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón.Pero Diego no apareció.Durante más de un mes, la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades. La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información. Las pesquisas arrojaron sólo un detenido: José Pablo García, un joven vecino de los Peralta, fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. La pueblada del trágico final de Diego POLICIA BAJO FUEGO.APARECIO MUERTO EL JOVEN SECUESTRADO. LA GENTE INCENDIO LA COMISARIA DE EL JAGÜEL.Al mediodía fue encontrado el cadáver de Diego Peralta, el chico raptado hace más de un mes. Al atardecer, vecinos y amigos, que responsabilizan por el hecho a miembros de la Bonaerense, marcharon con furia hacia el destacamento del barrio. Y lo quemaron, sin encontrar resistencia. Luego, la policía repri
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Simone il Vecchio Tuesday Tuesday, Aug. 20, 2002 at 9:39 PM |
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A rischio di tragici secuestri estorsivi rischierebbero di finirci sopratutto turisti europei !!! La polizia sempre piú coinvolta in gravi omicidi a sfondo estorsivo/satanico
Los vecinos, desconsolados, armaron un altar rudimentario frente a la casa de Diego Peralta, y se juntaron a rezar cuatro veces por día. Los padres, todavía con cierta esperanza en pie, colgaron un bandera en una cancha de fútbol para rogar que les devolvieran a su hijo. Poca confianza en una investigación que desde el comienzo quedó rodeada de inquietantes sospechas. Y con esa carga se desarrolló a lo largo de un mes y una semana.Cuando los familiares de Diego decidieron hacer público el caso, ya habían pasado 23 días desde el secuestro. Y ocho desde el pago del rescate. Agobiados por la incertidumbre, eligieron salir a reclamar a la calle antes de seguir acompañando pasivamente el avance de una investigación que cada vez les resultaba menos convincente. Hubo una marcha que marcó un hito: nunca antes se había organizado una protesta pública para pedir que apareciera alguien por quien se había pagado un rescate.Los familiares y amigos de Diego tenían motivos para la decepción y el enojo. Dos semanas después del secuestro, un jefe policial que apareció los primeros días como uno de los coordinadores de la investigación fue preso por un hecho muy grave. El subcomisario José Alberto Hernández, a cargo de la Subdelegación de Investigaciones de Esteban Echeverría, fue acusado con otros policías de "ocupar" durante varias horas la casa de un comerciante de Monte Chingolo para robarle y extorsionarlo.Eso no fue todo. El peso de la investigación recayó entonces sobre la Dirección de Delitos Complejos y Narcocriminalidad de Lomas de Zamora. Una brigada antisecuestros que pocos días después quedó en el centro de las miradas por una noticia difícil de digerir, cercana al colmo: dos de sus hombres fueron detenidos acusados de secuestrar a un joven, hijo de un comerciante de Rafael Calzada.Todo en medio de una fuerte ola de secuestros —según datos oficiales, hubo más de 120 casos en la Capital y la provincia— que empujó la creación de una brigada de elite de la Policía bonaerense. Fue una idea que arrancó mal: el jefe designado, Daniel Rago, fue separado unas horas después de asumir, cuando al ministro Juan Pablo Cafiero le informaron que el comisario aparecía mencionado en algunas escuchas telefónicas de la investigación por el atentado contra la AMIA.Los amigos y vecinos de Diego trataron de no desmoralizarse y se pusieron en campaña. Organizaron un gran pegatina de afiches con la cara del chico y un teléfono para comunicarse con la familia. También fueron a protestar con ruido hasta la puerta de la casa particular del presidente Eduardo Duhalde, en Lomas.Les sirvió, porque forzaron una respuesta oficial. El mismo día los padres de Diego fueron recibidos en la Casa Rosada y lograron un compromiso de apoyo a la investigación. Mientras, los llamados —hubo decenas— conducían a pistas falsas.La primera novedad concreta llegó el 2 de agosto. Ese día, un joven de 21 años, que vive en el mismo barrio que los Peralta, fue detenido sospechado de participar en las negociaciones por el rescate. La madre de Diego dijo que recordaba su voz en el teléfono. Unas declaraciones que hizo la mujer del joven preso le sumaron calor al caso: contó que su marido le había dicho que los secuestradores "eran policías".El padre de Diego pidió licencia en su trabajo para dedicarse de lleno a la búsqueda. Los vecinos acentuaron sus rezos, y, después de las vacaciones, los chicos de la Escuela Privada El Jagüel volvieron a clases sin su compañero. El 4 de agosto el Gobierno de la provincia confirmó que ofrecía una recompensa de 50.000 pesos para quien acercara datos precisos.Cuatro días después hubo un gigantesco operativo en el barrio Don Orione, un complejo de monobloques donde el padre de Diego había hecho una escala antes de pagar el rescate en un puente de Claypole. El golpe escénico no fue acompañado de resultados. Más de 1.800 policías revisaron 1.400 departamentos. Pero no surgió nada de interés, según reconocieron los propios investigadores.Unas horas antes, un movimiento de piezas en la Policía bonaerense arrastró de sus cargos a los jefes de las brigadas que participaron en la investigación del caso Peralta. Ayer, el cuerpo del chico apareció en una tosquera de Ezpeleta y a la noche, al grito de "asesinos", un grupo de jóvenes atacó e incendió la comisaría de El Jagüel.El secuestro de Diego ahora es un homicidio. Otra carátula para la misma investigación, que cargará con su propia historia detrás.INSEGURIDAD: EL PEOR FINAL PARA UN SECUESTRO DE 39 DIAS Queman una comisaría por el crimen de un chico secuestrado El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales:ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata,en Ezpeleta.Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche, los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego. También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición. Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire, como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos, fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri, del destacamento de Ezpeleta, sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión. Esta madrugada se encontraba internado, pero ya fuera de peligro.Más tarde, un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego. Justicia no. Pena de muerte sí". También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche, el ministro de Seguridad bonaerense, Juan Pablo Cafiero, dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar, que avisaron a la Policía. Una dotación de bomberos rescató el cadáver, flotando, boca abajo. Tenía un pantalón gris, un buzo blanco con vivos azules —con la inscripción Egresados 2002— y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello. "Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera", estimó la fuente, que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial, en el cementerio de Ezpeleta, un equipo de peritos forenses, por orden del fiscal Luis Armella, realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30, el tío del chico oficializó el espanto: el cadáver era el de Diego. El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado, sin los dientes, con las huellas dactilares quemadas", todas maniobras macabras, dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores. Fuentes policiales calificaron la versión de "apresurada".De todos modos, fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un "corte profundo en el cuello" y "la mandíbula fracturada".Por la tarde, las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta. Algunos, furiosos, clamaban justicia. El llanto y el dolor impedían, en cambio, que otros rompieran su silencio. Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego. Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas, rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego, de 17 años, cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel. Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía. Se decidió entonces que fuera en remís al colegio. A las 7.30 salió de su casa. A unas pocas cuadras de allí, un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís. Bajaron tres hombres vestidos de azul. Gritaron "alto, policía". El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego. Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta. Inmediatamente se comunicaron con la Policía. Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse, la mamá de Diego, confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta, quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros, cada dos días, siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico. Tras varias conversaciones, su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos. El sábado 20 de julio se entregó el dinero. Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione, en Claypole, hasta un sitio junto a las vías del ex Roca, para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón. Pero Diego no apareció.Durante más de un mes, la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades. La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información. Las pesquisas arrojaron sólo un detenido: José Pablo García, un joven vecino de los Peralta, fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. En la ciudad de Buenos Aires En las villas vive el doble de gente que hace 10 años En 1992 eran 50.000 Hoy son más de 110. 000 Son tantos como la población de Bariloche Ocupan más espacio que Mónaco y el Vaticano juntos El gobierno porteño comenzó a urbanizarlas Aunque aseguran que desde los desbordes del 20 de diciembre la cantidad no aumentó, la población de las villas porteñas no deja de preocupar. Según la Comisión Municipal de la Vivienda (CMV), en las 15 villas y los tres núcleos habitacionales transitorios (urbanizaciones menos precarias que las villas, pero con carencias similares) de la ciudad hay 110.387 habitantes. Representan casi el 4% de la población porteña. Son más del doble comparado con la situación que se vivía hace 10 años, cuando había 50.000. Y se teme que sigan creciendo. Ubicadas mayoritariamente en la región sur de la ciudad de Buenos Aires, las villas miseria ocupan 274 hectáreas. Más que Mónaco y el Vatica-no juntos. La política respecto de ellas es urbanizarlas. Así sucedió con la administración porteña de Fernando de la Rúa y así continuó con la actual gestión de Aníbal Ibarra. Resulta, además, la propuesta de los candidatos a jefe de Gobierno mejor ubicados en las encuestas(Mauricio Macri,Daniel Scioli y Gustavo Beliz,por ejemplo).Urbanizarlas significa integrarlas al tejido urbano,abrirles calles,construir viviendas. La última semana, la administración Ibarra entregó 64 departamentos en la Villa 1-11-14, del Bajo Flores (frente a la cancha de San Lorenzo). El objetivo apunta a que allí, donde viven 21.799 personas (es la más poblada de la Ciudad), no quede ni una casilla."Hubo una decisión fuerte de relanzar los planes de construcción de vivienda en las villas. Pero es un tema complejo, porque requiere un trazado urbanístico integrado, que no convierta a los barrios en ghettos , y también necesita espacio, porque para construir y abrir calles es necesario relocalizar a la gente. Este, junto con las carencias presupuestarias, es uno de los mayores problemas que encontramos", explicó Ernesto Selzer, titular de la CMV, entidad que cuenta con 17.365.907 pesos para realizar las obras.Selzer repitió que la falta de espacios libres para la relocalización resulta uno de los motivos que demoran la promesa de convertir a las villas en barrios."La solución excede a un gobierno. A pesar de las urgencias políticas, tenemos que entender que se trata de un proceso demasiado largo", analizó. En dos años, ni una villa El comentario sobre las "urgencias políticas" no resultó casual: sucede que la legislación local le impone al gobierno una fecha tope para que en la Ciudad no quede ni una villa miseria.La ley 148, sancionada el 30 de diciembre de 1998, otorga un plazo de hasta cinco años para urbanizar los asentamientos precarios. Por lo tanto, de aquí a fines del año próximo la CMV debería construir "entre 30.000 y 40.000 viviendas", según calculó Selzer. Dicho de otra manera: en dos años la CMV debería levantar casi la misma cantidad de departamentos que en toda su historia (47.000, desde 1968)."El tiempo, obviamente, no nos favorece. Además, acá existe un problema evidente por la debacle económica. Sin dinero se complica todo. Pero aún con presupuesto, el proceso es más difícil de lo pensado, porque no hay tierras para relocalizar a los habitantes de los asentamientos",contó el titular de la CMV.Selzer aseguró que en 13 de las 15 villas la Ciudad tiene planes de urbanización ya comenzados o en proceso de arranque. "Las únicas en las que no podemos construir son la 31 y la 31 bis, ubicadas en la zona de Retiro, porque se encuentran sobre terrenos que no son de la Ciudad, sino del Organo Nacional de Administración de Bienes (Onabe), que es el que maneja los terrenos del ferrocarril", comentó el funcionario. "Que no crezcan más" Mientras comienzan los procesos de urbanización, uno de los temores es que la cantidad de habitantes de las villas aumente proporcionalmente con la crisis. "Necesitamos que no crezcan más. Lo hablamos con los delegados de los barrios, incluso. Ellos deben ayudar a que no se asiente nadie más que los que ya están censados", reveló Selzer. Al respecto, "en lo que va del año la población de las villas se mantiene estable", aseguró Mónica Desperbasques, coordinadora del Plan Social Integral porteño. La funcionaria de Desarrollo Social explicó que llegó a esa conclusión debido a que "la prestación alimentaria y la demanda en los asentamientos no creció". De cualquier manera, más de 110.000 personas ya es una cantidad considerable. Es como toda la población de Bariloche. O la de Tandil. O la del Municipio de la Costa sumado con Mercedes. O cinco veces y media la de Pinamar. Y los temores resultan lógicos: en 1992 había "sólo" 50.000 personas en las villas.Y no existía la 31 bis, por ejemplo. Desde entonces,el crecimiento jamás se detuvo.El problema de la vivienda es claro. Y se agudiza porque año tras año la cantidad de habitantes aumenta. Ante eso, la salida que encuentra buena parte del espectro político es uniforme: la urbanización parece ser la solución elegida. Por José Ignacio Lladós De la Redacción de LA NACION Exigen $ 500.000 de rescate por la mujer de un empresario Ocurrió en San Juan; ofrecieron $ 50.000 de recompensa SAN JUAN.- Se supo en las últimas horas que anteanoche, desde Buenos Aires, los secuestradores de María del Carmen López Barceló hicieron una llamada en la que le exigían al esposo de la víctima, el empresario Eduardo Barceló, unos 500.000 pesos de rescate. A su vez, el hombre ofreció 50.000 pesos a quien proporcione datos fehacientes de su mujer.A tres días del secuestro de la esposa de Barceló,en un descampado de Caucete,a 30 kilómetros al este de esta ciudad,apareció quemada una camioneta Toyota,con chapa vieja de Córdoba,supuestamente utilizada a las 7.45 del viernes último,cuando la mujer fue secuestrada de su domicilio,situado en la esquina de Mendoza y República del Líbano,en el barrio Escobar,en el departamento Rawson.En aquella ocasión,varios vecinos habrían visto partir raudamente a la señora, en su automóvil VW Gol negro, que apareció dos horas después en un descampado del citado departamento.Una llamada anterior, la primera, también fue efectuada desde la ciudad de Buenos Aires, para informar que la mujer estaba viva y que volverían a llamar.El empresario, dueño de una flota de camiones y dos estaciones de servicio, admitió que hizo negociaciones y hasta habría aceptado pagar 300.000 pesos, pero no le convenció la prueba de vida que pidió, puesto que hicieron hablar a una mujer y cree que no es ella. Es decir que sería una impostora, pues la policía estima que la mujer no salió de la provincia."Puede ser una grabación",dijo.Fuentes oficiales señalan que estas negociaciones son similares a las del secuestro efectuado en Córdoba el 24 de julio último, con el financista cordobés Jorge Gozzo, para liberar a su hijo, Alfredo, de 14 años. Podría tratarse de la misma banda. Otra coincidencia es que los delincuentes no utilizan teléfonos celulares, sino que hablan desde cabinas de teléfonos públicos y van rotando de lugar. Así evitan las intervenciones y localizaciones.El viernes último, poco antes de las 8, los delincuentes llegaron a la casa de Barceló para simular un asalto, pero se llevaron a María del Carmen, de 44 años, madre de dos hijos: Paola, casada, de 22 años, y Federico, de 10. La condujeron en su propio automóvil, un VW Gol, que apareció dos horas después y tenía en su interior una campera y una pulsera de la mujer y siguieron en una camioneta, color bordó, que era buscada intensamente y que ayer apareció calcinada en Caucete.Ya se confeccionaron dos identikits, con los datos aportados por la empleada de los Barceló, Romina, quien en el momento del hecho llegaba a la casa de María del Carmen y recordó a uno de los delincuentes. Queman una comisaría por el crimen de Peralta Los vecinos están indignados con la actuación policial El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último y por quien sus padres pagaron un rescate de 9000 pesos y 2000 dólares, apareció ayer semisumergido en una tosquera situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta, partido de Quilmes. La difusión del hallazgo del cuerpo derivó anoche en el incendio de la comisaría del barrio El Jagüel, partido de Esteban Echeverría,por parte de vecinos de la víctima indignados con la actuación policial en el hecho. El cadáver, que mostraba heridas cortantes en el cuello, fue encontrado por vecinos que advirtieron a los bomberos voluntarios sobre la presencia de “un ahogado”.Con el correr de las horas, la policía comenzó a sospechar que podía tratarse de Peralta. Su padre, Luis, y un tío confirmaron la hipótesis: los hombres identificaron el cuerpo y la ropa que llevaba puesta el joven al ser secuestrado. Apareció muerto el joven secuestrado El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último, apareció ayer al mediodía semisumergido en una tosquera de Ezpeleta, en el partido de Quilmes. Según informaron fuentes policiales de la Jefatura Departamental de ese distrito bonaerense, el cuerpo presentaba cortes en el cuello, aunque no pudieron confirmar si estas heridas habían causado la muerte del muchacho o no.Más precisiones, como la existencia de otras lesiones y el motivo del deceso, surgirán cuando los peritos forenses realicen la autopsia. Al cierre de esta edición, los investigadores todavía no habían establecido si la práctica sería efectuada por profesionales de la morgue de Ezpeleta -adonde trasladaron los restos de Peralta- o del Poder Judicial de la Nación.Así lo explicó a LA NACION el titular de la Departamental de Quilmes, comisario mayor Rodolfo Coronel.El cadáver y la ropa del adolescente fueron reconocidos por su padre, Luis Peralta, y por uno de sus tíos, que abandonaron la morgue de Ezpeleta -instalada dentro del cementerio de esa ciudad- sin efectuar declaración alguna. El mismo hermetismo mantuvo toda la familia, sumida en un profundo dolor tras el hallazgo, que se refugió en su casa de El Jagüel, partido de Esteban Echeverría.Allí se congregaron -desde que cayó la noche- unos 500 vecinos para solidarizarse con los Peralta, reclamar más seguridad para el barrio y criticar la actuación de la policía en el caso. El malestar condujo a la gente a apedrear la comisaría de El Jagüel e incendiar un auto en las inmediaciones de la seccional (ver página 13)."Vamos a pedir justicia por Diego y por su familia. La policía nos abandonó en esta investigación. Ni siquiera nos atendieron como correspondía. Todo el barrio se va a movilizar, porque ninguno de nosotros está libre de que le pase lo mismo", incentivaba Mabel, que prefirió no dar su apellido, en la puerta de la vivienda situada en Cabildo 371, antes de iniciar la marcha rumbo al destacamento policial, situado a diez cuadras. En shock "Están destruidos. El padre reconoció el cuerpo y regresó a darles la noticia a su esposa y su otra hija. Están todos shockeados, muy mal. Se quedaron arriba (por la planta alta de la casa) y no van a hablar", confió un amigo de los Peralta, que había acompañado a la madre del muchacho, Emilse, mientras esperaban el resultado del reconocimiento de los restos.Diego había sido secuestrado a las 7.30 del viernes 5 de julio en la calle El Ceibo, entre Gutiérrez y Uraldi, de El Jagüel. Acababa de dejar su hogar a bordo de un remise Peugeot 504 gris, conducido por Fermín Amarilla. Entonces, tres hombres armados y vestidos de azul le cortaron el paso al vehículo con un Volkswagen Senda rojo, golpearon al remisero y se llevaron al joven. Treinta minutos después, los secuestradores llamaron al padre y le exigieron 200.000 dólares a cambio de la libertad de su hijo.Luego de dos semanas de negociaciones, los delincuentes aceptaron el pago de 9000 pesos y 2000 dólares, concretado el sábado 20 de julio en la localidad de Claypole, partido de Almirante Brown. Los secuestradores acordaron liberar a Diego en las inmediaciones de la cárcel de mujeres de La Plata. Pero nunca lo hicieron.Desde entonces hasta ayer, todo fue misterio. Entre marchas en reclamo de justicia y acusaciones contra la policía por su supuesta participación en el hecho, los Peralta trascurrieron un mes y medio de zozobra. Pero los sostuvo la esperanza de encontrar con vida al muchacho, una esperanza que empezó a sucumbir ayer al mediodía con el hallazgo del cuerpo de un joven en una tosquera de Ezpeleta, situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata."No es mi hermano. Nada que ver. Van a matar a toda la familia con esas versiones", respondió Romina, hermana de Diego, cuando LA NACION la consultó a las 15.45.Dos horas después, según los voceros de la Departamental de Quilmes, su padre y su tío identificaron tanto el cadáver como la ropa que vestía. "Un pantalón azul del colegio y una remera blanca con una franja azul y el número 10 en la espalda", indicaron las fuentes.El cadáver había sido rescatado de la tosquera por los bomberos voluntarios de Quilmes, advertidos de la presencia de un "ahogado" por vecinos del barrio 9 de Julio. Dos de ellos, Juan Carlos Affatato y Gustavo Ríos, relataron a LA NACION que "el cuerpo estaba muy, muy hinchado, semisumergido boca abajo, con las manos al costado del cuerpo y sin zapatillas". En busca de indicios Luego de retirar los restos, buzos tácticos del destacamento de bomberos rastrillaron las aguas "en busca de objetos que pudieran dar indicios" sobre los posibles motivos de la muerte y sobre las circunstancias en que el cadáver había llegado hasta allí, informó el segundo jefe de la comisaría de Ezpeleta, el subcomisario Abel Milano. "Todo será remitido al fiscal del caso, Luis Armella", agregó.Aunque algunas versiones señalaban que a Peralta le faltaban los dientes y las yemas de los dedos, fuentes de la investigación negaron la existencia de heridas semejantes. "A simple vista nada más se observaban cortes en el cuello, pero sólo la autopsia dirá si provocaron la muerte del joven. No sabemos si bajo la ropa aparecerán otras lesiones", dijo un alto jefe policial. El reconocimiento del cuerpo puso así un triste fin a la incógnita de los Peralta respecto del paradero de su hijo. Anoche, pese al hallazgo, permanecían intactos en el portón de la casa familiar los carteles que vecinos y allegados habían colgado para exhortar a los secuestradores a devolver a Diego. Luego, el reclamo quedó transformado en furia durante el ataque a la comisaría de El Jagüel.El ministro de Seguridad bonaerense, Juan Pablo Cafiero, admitió anoche que los incidentes se debieron a "la interpretación de los vecinos" sobre la posible participación de la policía de la provincia en el hecho. Y advirtió: "Estamos abiertos a cualquier hipótesis". Angeles Castro << Comienzo de la notaEl cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último y por quien sus padres pagaron un rescate de 9000 pesos y 2000 dólares, apareció ayer semisumergido en una tosquera situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta, partido de Quilmes.La difusión del hallazgo del cuerpo derivó anoche en el incendio de la comisaría del barrio El Jagüel, partido de Esteban Echeverría, por parte de vecinos de la víctima indignados con la actuación policial en el hecho. El cadáver, que mostraba heridas cortantes en el cuello, fue encontrado por vecinos que advirtieron a los bomberos voluntarios sobre la presencia de “un ahogado”.Con el correr de las horas, la policía comenzó a sospechar que podía tratarse de Peralta. Su padre, Luis, y un tío confirmaron la hipótesis: los hombres identificaron el cuerpo y la ropa que llevaba puesta el joven al ser secuestrado. Apareció muerto el joven secuestrado El cadáver de Diego Peralta, el joven de 17 años secuestrado el 5 de julio último, apareció ayer al mediodía semisumergido en una tosquera de Ezpeleta, en el partido de Quilmes. Según informaron fuentes policiales de la Jefatura Departamental de ese distrito bonaerense, el cuerpo presentaba cortes en el cuello, aunque no pudieron confirmar si estas heridas habían causado la muerte del muchacho o no.Más precisiones, como la existencia de otras lesiones y el motivo del deceso, surgirán cuando los peritos forenses realicen la autopsia. Al cierre de esta edición, los investigadores todavía no habían establecido si la práctica sería efectuada por profesionales de la morgue de Ezpeleta -adonde trasladaron los restos de Peralta- o del Poder Judicial de la Nación.Así lo explicó a LA NACION el titular de la Departamental de Quilmes, comisario mayor Rodolfo Coronel.El cadáver y la ropa del adolescente fueron reconocidos por su padre, Luis Peralta, y por uno de sus tíos, que abandonaron la morgue de Ezpeleta -instalada dentro del cementerio de esa ciudad- sin efectuar declaración alguna. El mismo hermetismo mantuvo toda la familia, sumida en un profundo dolor tras el hallazgo, que se refugió en su casa de El Jagüel, partido de Esteban Echeverría.Allí se congregaron -desde que cayó la noche- unos 500 vecinos para solidarizarse con los Peralta, reclamar más seguridad para el barrio y criticar la actuación de la policía en el caso. El malestar condujo a la gente a apedrear la comisaría de El Jagüel e incendiar un auto en las inmediaciones de la seccional (ver página 13)."Vamos a pedir justicia por Diego y por su familia. La policía nos abandonó en esta investigación. Ni siquiera nos atendieron como correspondía. Todo el barrio se va a movilizar, porque ninguno de nosotros está libre de que le pase lo mismo", incentivaba Mabel, que prefirió no dar su apellido, en la puerta de la vivienda situada en Cabildo 371, antes de iniciar la marcha rumbo al destacamento policial, situado a diez cuadras. En shock "Están destruidos. El padre reconoció el cuerpo y regresó a darles la noticia a su esposa y su otra hija. Están todos shockeados, muy mal. Se quedaron arriba (por la planta alta de la casa) y no van a hablar", confió un amigo de los Peralta, que había acompañado a la madre del muchacho, Emilse, mientras esperaban el resultado del reconocimiento de los restos.Diego había sido secuestrado a las 7.30 del viernes 5 de julio en la calle El Ceibo, entre Gutiérrez y Uraldi, de El Jagüel. Acababa de dejar su hogar a bordo de un remise Peugeot 504 gris, conducido por Fermín Amarilla. Entonces, tres hombres armados y vestidos de azul le cortaron el paso al vehículo con un Volkswagen Senda rojo, golpearon al remisero y se llevaron al joven. Treinta minutos después, los secuestradores llamaron al padre y le exigieron 200.000 dólares a cambio de la libertad de su hijo.Luego de dos semanas de negociaciones, los delincuentes aceptaron el pago de 9000 pesos y 2000 dólares, concretado el sábado 20 de julio en la localidad de Claypole, partido de Almirante Brown. Los secuestradores acordaron liberar a Diego en las inmediaciones de la cárcel de mujeres de La Plata. Pero nunca lo hicieron.Desde entonces hasta ayer, todo fue misterio. Entre marchas en reclamo de justicia y acusaciones contra la policía por su supuesta participación en el hecho, los Peralta trascurrieron un mes y medio de zozobra. Pero los sostuvo la esperanza de encontrar con vida al muchacho, una esperanza que empezó a sucumbir ayer al mediodía con el hallazgo del cuerpo de un joven en una tosquera de Ezpeleta, situada junto a la autopista Buenos Aires-La Plata."No es mi hermano. Nada que ver. Van a matar a toda la familia con esas versiones", respondió Romina, hermana de Diego, cuando LA NACION la consultó a las 15.45.Dos horas después, según los voceros de la Departamental de Quilmes, su padre y su tío identificaron tanto el cadáver como la ropa que vestía. "Un pantalón azul del colegio y una remera blanca con una franja azul y el número 10 en la espalda", indicaron las fuentes.El cadáver había sido rescatado de la tosquera por los bomberos voluntarios de Quilmes, advertidos de la presencia de un "ahogado" por vecinos del barrio 9 de Julio. Dos de ellos, Juan Carlos Affatato y Gustavo Ríos, relataron a LA NACION que "el cuerpo estaba muy, muy hinchado, semisumergido boca abajo, con las manos al costado del cuerpo y sin zapatillas". En busca de indicios Luego de retirar los restos, buzos tácticos del destacamento de bomberos rastrillaron las aguas "en busca de objetos que pudieran dar indicios" sobre los posibles motivos de la muerte y sobre las circunstancias en que el cadáver había llegado hasta allí, informó el segundo jefe de la comisaría de Ezpeleta, el subcomisario Abel Milano. "Todo será remitido al fiscal del caso, Luis Armella", agregó.Aunque algunas versiones señalaban que a Peralta le faltaban los dientes y las yemas de los dedos, fuentes de la investigación negaron la existencia de heridas semejantes. "A simple vista nada más se observaban cortes en el cuello, pero sólo la autopsia dirá si provocaron la muerte del joven. No sabemos si bajo la ropa aparecerán otras lesiones", dijo un alto jefe policial. Hubo otros casos que terminaron con el homicidio de las víctimas.En lo que va del año, seis hechos con desenlaces mortales.En tres crímenes, la policía aún no está segura de que se haya tratado de secuestros En el caso de Juan Manuel Canillas, los padres también habían pagado el rescate pedido En un año en que los secuestros exprés crecieron hasta el punto de convertirse en el delito que más preocupa a las autoridades, la aparición ayer del cuerpo sin vida de Diego Peralta suma una víctima más a la lista de hechos de estas características que terminaron mal.Uno de los casos más impactantes fue el de Juan Manuel Canillas, de 23 años, quien fue asesinado a pesar de que los padres pagaron el rescate que los delincuentes exigían, tal como ocurrió con Peralta.En la noche del 12 de julio último, Juan Manuel volvía de trabajar del comercio que la familia tiene en el barrio porteño de Balvanera, cuando su auto Honda Civic fue interceptado por tres delincuentes que lo obligaron a comunicarse telefónicamente con los padres para pedirles que pagaran un rescate de 1000 pesos.A pesar de que sus padres cumplieron con lo pactado, Juan Manuel fue asesinado de un balazo en la cabeza y su cuerpo abandonado en Vicente López, a 10 cuadras de su casa de Saavedra.Sólo unos pocos días antes, el 7 de julio, había aparecido en las afueras de Montevideo el cadáver carbonizado de Mirham Mamprelian. El empresario -dedicado al comercio de alfombras persas- había viajado al país vecino durante el fin de semana por cuestiones de negocios, cuando fue secuestrado y asesinado. La policía detuvo a un par de sospechosos que luego fueron liberados.El caso más reciente fue el de Carlos Ismael Matilia, de 65 años, quien fue secuestrado en el barrio porteño de Liniers 15 días atrás. Su cuerpo apareció hace 10 días en el fondo del río Matanza, en la localidad de Cañuelas, al sur del conurbano bonaerense.La policía confirmó ayer que el viernes último un hombre de 55 años, identificado como Juan Carlos Girini, fue detenido sospechado de ser uno de los autores del secuestro y posterior asesinato de Matilia. Ahora, los investigadores continúan trabajando con el fin de dar con otros dos hombres sospechados de haber participado del crimen.Casos que despiertan dudas.El abogado Marcelo Horacio Penna, el prestamista Adolfo Rodrigo y el empresario Luis Macchi fueron asesinados entre mayo y julio de este año. Los tres estuvieron desaparecidos durante días u horas. Sin embargo, la policía y los investigadores dudaron al momento de calificar sus muertes como consecuencias de secuestros.El cuerpo de Macchi fue encontrado el 14 de julio último a un costado de la ruta provincial 29, entre Coronel Brandsen y Ranchos, con un tiro en la sien. El abogado Penna estuvo desaparecido durante 48 horas, y finalmente su cadáver fue encontrado el 11 de ese mismo mes esposado a un árbol con un balazo en la espalda en el parque Pereyra Iraola. Meses antes, el 16 de mayo, el cuerpo sin vida de Rodrigo había aparecido dentro de su auto, a la vera de la ruta 4, en el partido de Lomas de Zamora. .<< Comienzo de la notaEn un año en que los secuestros exprés crecieron hasta el punto de convertirse en el delito que más preocupa a las autoridades, la aparición ayer del cuerpo sin vida de Diego Peralta suma una víctima más a la lista de hechos de estas características que terminaron mal.Uno de los casos más impactantes fue el de Juan Manuel Canillas, de 23 años, quien fue asesinado a pesar de que los padres pagaron el rescate que los delincuentes exigían, tal como ocurrió con Peralta.En la noche del 12 de julio último, Juan Manuel volvía de trabajar del comercio que la familia tiene en el barrio porteño de Balvanera, cuando su auto Honda Civic fue interceptado por tres delincuentes que lo obligaron a comunicarse telefónicamente con los padres para pedirles que pagaran un rescate de 1000 pesos.A pesar de que sus padres cumplieron con lo pactado, Juan Manuel fue asesinado de un balazo en la cabeza y su cuerpo abandonado en Vicente López, a 10 cuadras de su casa de Saavedra.Sólo unos pocos días antes, el 7 de julio, había aparecido en las afueras de Montevideo el cadáver carbonizado de Mirham Mamprelian. El empresario -dedicado al comercio de alfombras persas- había viajado al país vecino durante el fin de semana por cuestiones de negocios, cuando fue secuestrado y asesinado. La policía detuvo a un par de sospechosos que luego fueron liberados.El caso más reciente fue el de Carlos Ismael Matilia, de 65 años, quien fue secuestrado en el barrio porteño de Liniers 15 días atrás. Su cuerpo apareció hace 10 días en el fondo del río Matanza, en la localidad de Cañuelas, al sur del conurbano bonaerense. La policía confirmó ayer que el viernes último un hombre de 55 años, identificado como Juan Carlos Girini, fue detenido sospechado de ser uno de los autores del secuestro y posterior asesinato de Matilia. Ahora, los investigadores continúan trabajando con el fin de dar con otros dos hombres sospechados de haber participado del crimen. Casos que despiertan dudas El abogado Marcelo Horacio Penna, el prestamista Adolfo Rodrigo y el empresario Luis Macchi fueron asesinados entre mayo y julio de este año. Los tres estuvieron desaparecidos durante días u horas. Sin embargo, la policía y los investigadores dudaron al momento de calificar sus muertes como consecuencias de secuestros.El cuerpo de Macchi fue encontrado el 14 de julio último a un costado de la ruta provincial 29, entre Coronel Brandsen y Ranchos, con un tiro en la sien. El abogado Penna estuvo desaparecido durante 48 horas, y finalmente su cadáver fue encontrado el 11 de ese mismo mes esposado a un árbol con un balazo en la espalda en el parque Pereyra Iraola. Meses antes, el 16 de mayo, el cuerpo sin vida de Rodrigo había aparecido dentro de su auto, a la vera de la ruta 4, en el partido de Lomas de Zamora. http://www.clarin.com/diario/2002/08/13/s-02703.htm http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71692.php
La polizia Federale incrimina La Polizia della provincia di Buenos Aires e viceversa dei gravi omicidi a sfondo estorsivo/satanico per.Novitá:questo estate riminalitá progetta secuestro turisti Europei Por Raúl Kollmann - ¿Por qué hombres de la Federal dicen que fue la Bonaerense y hombres de la Bonaerense apuntan a la Federal? En la jornada de ayer hubo un cruce de acusaciones que tiene un fundamento: la industria del secuestro siempre tuvo vinculaciones con uniformados, empezando por la llamada Banda de los Comisarios. El diagnóstico tiene lógica: es muy difícil mantener un secuestrado en cautiverio sin complicidad policial y sin que los delincuentes sepan los pasos que dan los investigadores. En la Federal dicen: “El secuestro de Diego Peralta tiene la marca de una banda mixta en la que hay Patas Negras (bonaerenses)”. En la Bonaerense contratacan: “La Federal está herida: ayer descubrimos en el río Matanza el cuerpo de un ciudadano peruano, que fue secuestrado en La Boca, después de vender un locutorio de su propiedad. Entre los secuestradores y asesinos hay dos federales”. - ¿Hay algún indicio contra efectivos de la Bonaerense? La gente del barrio de Diego, El Jagüel, tiene toda la sensación de que participaron policías en el secuestro. Un dato es que los secuestradores actuaron como policías, vestidos de policías: el remisero que llevaba al joven está convencido de que efectivamente eran de la Bonaerense. Pero, además, va en la misma línea la detención de dos integrantes de la Brigada Antisecuestros de la Bonaerense, con sede en Lomas de Zamora. Esos efectivos investigaban también el secuestro de Diego, pero se los descubrió habiendo participado del secuestro de otro joven, también de 17 años, igualmente hijo de un comerciante de Rafael Calzada, o sea de la misma zona que Diego. Pidieron un rescate de 7000 pesos. En el caso de los Peralta, pagaron 9000 pesos y 2000 dólares. Los investigadores sostienen que la banda de policías era más bien débil y que no tenía capacidad para mantener secuestrados al mismo tiempo a dos personas. La banda de policías fue detenida el 20 de julio, para ese entonces Diego llevaba ya 14 días secuestrado y por los primeros indicios forenses la muerte se produjo antes, tal vez el 10 de julio. O sea que podría ser perfectamente que los policías secuestraron a Diego, lo mataron por alguna razón inexplicable, y después hicieron lo mismo con el hijo del comerciante de Rafael Calzada. - ¿Muestran profesionalismo los secuestradores y asesinos de Diego? Parcialmente. El secuestro –si fue como lo cuenta el remisero– muestra a una banda bien organizada, pero la forma en que lo matan –con un cuchillo– y el lugar en el que lo tiran –una tosquera donde tarde o temprano se iba a encontrar el cuerpo– evidencian mano de obra poco profesional. “Un policía tiene mejores formas de matar –argumentó un veterano investigador–. En general, lo haría con un calibre 22, el de los profesionales y pegándole un balazo de atrás. Matar con un cuchillo, cortando la garganta, lleva a luchas, sangre y es un estilo más de barrio, más de bandas o mafias de una zona. Tirar el cadáver donde se tiró, tampoco lo haría un policía. Si está en manos de un uniformado hace desaparecer el cuerpo en serio, como ocurrió en el caso Bru.” - ¿A qué otro caso podría parecerse el de Diego? Quienes tienen muchos años en la investigación sugieren que el caso Peralta se parece al caso Cabezas: una banda de delincuentes, una mafia lugareña apadrinada y conducida por policías. El crimen de Diego parece responder a esos parámetros: por eso la mano de obra es rústica, desorganizada, poco profesional, pero se trata de organizaciones que manejan delitos en un barrio o una zona, como el tráfico de drogas, el robo de autos o los propios secuestros. Podrían ser delincuentes de El Jagüel, algo que se verificaría si se comprueba que el único detenido, José Paulo García, que es de ese barrio, tuvo relación con el secuestro. El juez que investiga el caso está convencido de que García tuvo que ver. - ¿Por qué secuestran al hijo de un trabajador? “Siempre vi que secuestraran a hijos de ricos para sacarles dinero, pero nunca vi que se lleven al hijo de un trabajador, al que no se le puede sacar demasiado”, insiste el viejo investigador. Esta pregunta parece estar en el origen del caso Peralta y tal vez en el final. La mafia lugareña, seguramente apadrinada por la Bonaerense, tiene la respuesta. Tal vez Diego reconoció a alguien, tal vez la muerte se produjo por locura, pero el olfato de todo el barrio apunta hacia un solo lado: la comisaría que queda ahí nomás. ¿Es sólo histeria colectiva? Tal vez, pero no hay nadie que conozca mejor a los policías que los habitantes del lugar. EN LA FEDERAL DICEN QUE LA PESQUISA SEGUIRA EN ESA ORBITA “La investigación va a cambiar de mANOS”La investigación del caso Diego Peralta cambia de manos. Apartan a la Bonaerense y nos hacemos cargo nosotros”, confió a Página/12 una alta fuente de la Policía Federal. El apartamiento confirma las hipótesis de que uniformados provinciales están bajo la lupa del juzgado federal de Carlos Ferreira Pella, con la sospecha de encontrarse involucrados en el secuestro y asesinato del chico de 17 años. “No tenemos esa información, pero no la podemos descartar”, respondió a este diario una alta fuente de la Bonaerense. La decisión de apartar a los bonaerenses tuvo como primera señal visible el traslado del cuerpo de Diego, desde la morgue del distrito de Quilmes hasta la Morgue Judicial de la Corte Suprema, en la Capital, durante la tarde de ayer. Los expertos no dejan pasar por alto que dos policías de la DDI de Lomas de Zamora, que investigaban la desaparición de Diego, fueron detenidos por otro secuestro que también investigaban, que un tercero está prófugo y otros cuatro están involucrados en casos de extorsión. La participación de la Federal en el caso no se produjo desde el inicio. Diego Peralta fue secuestrado el 5 de julio pasado. La causa, que recayó en el juzgado federal de Ferreira Pella porque se trató de un delito federal (secuestro extorsivo), recién fue trabajado en conjunto por la Bonaerense y la División de Delitos Complejos de la Federal desde los primeros días de agosto. Unos días antes, el 22 de julio, tres policías de la DDI de Lomas de Zamora (el cabo Aníbal Masgoreet, el sargento Hernán Palomeque) fueron detenidos, y un oficial se encuentra prófugo. En el auto de uno de ellos encontraron al hijo de un empresario de Rafael Calzada, que habían secuestrado y cuya investigación estaba a cargo de ellos. El mismo equipo estaba en funciones en la desaparición de Diego Peralta. Para evitar rispidices entre las dos fuerzas, o con la idea de decidir sobre sospechas más firmes, lo cierto es que el juez Ferreira Pella introdujo de a poco a los federales. “Llegamos cuando el hecho llevaba casi treinta días, las investigaciones estaban empezadas –reveló un investigador de la Federal–. Estábamos a medias, porque nos entregaron la mitad del expediente, no estábamos enterados de todos los pasos que habían dado y solamente aportábamos algunas ideas. Recién ahora se supone que vamos a poder trabajar con todo el sumario a la vista”.Las hipótesis que se barajan en el caso son variadas y dependen de quién las genere. “No parece que sean los mismos policías porque no cierra que se busquen problemas teniendo dos secuestrados al mismo tiempo –evaluó un experto de la Bonaerense–. Usualmente, cuando se cobra el rescate,y en este caso ya lo habían cobrado,tratan de sacárselo de encima,lo liberan. Salvo que haya reconocido a alguno de sus secuestradores.Tampoco cierra demasiado que, si fue algún policía,lo tiraran a una tosca donde lo iban a encontrar enseguida.”Ayer, el informe preliminar de la autopsia sostuvo que Diego fue asesinado al menos hace 25 días, esto significa, alrededor del 18 de julio pasado, trece días después de su secuestro, y un día antes de que fuera secuestrado el hijo del empresario de Rafael Calzada. Este dato reforzaría las hipótesis que intentan demostrar la participación de los mismos uniformados en el secuestro del chico de El Jagüel. “Es posible que hubieran decidido matarlo para no complicarse más.” De todos modos, en la jurisdicción de Lomas de Zamora, no son tres sino siete los policías involucrados en casos de extorsión y secuestro. Del lado de los federales, la tesitura es otra. “No podemos afirmar hasta que no tengamos el expediente –señaló la misma alta fuente de la Federal–. Pero no cabe duda de que si el juez aparta a la Bonaerense es porque tiene sospechas de que alguno de sus integrantes puede estar involucrado.” ANALISIS ¿Una campaña política desestabilizadora?Parece un gobierno en jaque. Felipe Solá está seguro de que un cambio de ministro no resuelve la estampida del delito violento en la provincia, pero intuye la proximidad de cambios antes de terminar arrastrado. El caso Peralta golpea sobre los límites de la resistencia institucional y pone a prueba el sistema frente al asomo de voces y métodos autoritarios. Solá creyó adelantarse a esa confrontación cuando denunció una campaña política desestabilizadora. Su ministro, Juan Pablo Cafiero, ya había mencionado —en un reportaje de Clarín— la presencia de un complot. ¿Puede existir una maquinaria de provocar crímenes tan perfecta? No hay certeza de un movimiento de estas características. Sí se manifiestan focos de corrupción policial. Un dato revelador: el primer oficial que investigó el caso de Diego Peralta está procesado por participar en un episodio de robo y extorsión.Por las flaquezas del Estado parecen ganar espacio las bandas organizadas. Y en una sociedad desestructurada por la caída libre de sus indicadores económicos, también se dispara la violencia callejera. Según una estadística oficial, en la provincia se registra una proyección de 2.500 asesinatos en todo este año.Los porcentajes acercarían a Buenos Aires a San Pablo o Río de Janeiro,dos de los distritos más violentos de Sudamérica. Desde que asumió,Solá intentó evitar el ramalazo de la inseguridad pública.Pero hoy, como Eduardo Duhalde en su momento, percibe que un crimen puede desbordarlo. En 1997 fue José Luis Cabezas.Ahora,la resolución del caso Peralta enciende otra alarma.Aunque previsible,el crimen del joven provocó una tremenda conmoción en el Gobierno bonaerense. Solá permaneció en su despacho del Banco Provincia con informes policiales al minuto.Cuando los peritos confirmaron lo inexorable,suspendió todas las audiencias. Nuevamente ese dolor de pecho—que anticipa el pico del estrés—volvió a castigarlo hasta la noche.A las 23 regresó a su casa.Tenía una certeza: no fue un secuestro al voleo, porque sus ejecutores revelaron cierta logística.¿Entonces qué buscaban los captores?El gobernador tampoco tiene resuelto cómo hará para respaldar, por tercera vez en menos de una semana, a un ministro que apenas lleva 30 días en funciones y observa cómo la realidad es mucho más persistente que sus buenas intenciones. INSEGURIDAD: EN RANELAGH, EN EL SUR DEL CONURBANO Un hijo de Roberto De Vicenzo, víctima de un secuestro exprés.Cuatro delincuentes se lo llevaron junto a su esposa cuando entraba el auto a su casa.Les pidieron $ 3.000.A él lo dejaron libre para que fuera a buscar el dinero.Pagó y los liberaron.Fue un secuestro exprés más.Sólo que esta vez tocó de cerca a una de las figuras más importantes del deporte argentino:uno de los hijos del golfista Roberto De Vicenzo(que lleva el mismo nombre que el padre)y su mujer fueron las víctimas.El pago de 3.000 pesos de rescate puso fin a una incertidumbre de dos horas.El secuestro fue el viernes pasado,pero recién se dio a conocer ayer.Según fuentes del Grupo Antisecuestros de la Policía bonaerense, el hijo de De Vicenzo —de 55 años—y su mujer,Silvia Susana Alvarez,de 45,regresaban a su casa de Ranelagh cuando fueron interceptados por cuatro hombres armados.Eso sucedió a la noche, cuando la pareja circulaba en un Mercedes Benz (modelo 96) por la calle 304 al 1200 de Ranelagh, al sur del conurbano. "Ellos tienen una camioneta 4 x 4 importada, pero la chocaron hace poco —confiaron a Clarín allegados a la familia—. En ese momento "Achi" (como le dicen a Roberto) estaba con el Mercedes del padre".En la esquina de las calles 304 y 363, donde se alza la importante casa de dos plantas con ladrillo a la vista de De Vicenzo hijo, la pareja fue sorprendida cuando intentó entrar el auto en el garaje. Según la versión policial, se bajaron tres hombres y les apuntaron. Se cree que el vehículo que usaban era un Fiat Duna.La rapidez con que actuaron y la sorpresa de lo inesperado, ayudó para que los secuestradores se subieran al Mercedes Benz sin ninguna resistencia. Y aceleraron en dirección a Quilmes.Eran las 21. A esa hora, en ese lugar, a dos cuadras de la estación de trenes, muy cerca del Club de Golf Ranelagh, el barrio es en estos días un lugar peligroso. Los robos y una serie de secuestros —tres en apenas ocho días— dejaron a los habitantes del lugar (muchas familias tradicionales, algunas de ascendencia inglesa, otras, alemana) en estado de gran preocupación (ver Tres hechos...).Al llegar al cementerio israelita de Berazategui, los secuestradores hicieron bajar a la mujer, quien se quedó de rehén con dos de la banda. Los otros siguieron con el hijo del golfista hasta una plaza de Quilmes Oeste, a pocos metros de 12 de Octubre y Calchaquí. En ese lugar le dijeron a De Vicenzo que fuera a buscar plata para rescatar a su mujer. "Le pidieron 3.000 pesos. Y le recomendaron que en una hora debería estar en ese mismo lugar con el dinero", contaron fuentes policiales.Mientras De Vicenzo buscaba la plata, a su mujer la mantuvieron de rehén adentro de un Duna blanco de vidrios polarizados, en las cercanías del cementerio de Berazategui. La Policía cree que ese vehículo fue el mismo que usaron los secuestradores para interceptar a la pareja.De Vicenzo fue a la casa de su padre, un vecino histórico de Ranelagh, quien le habría dado el dinero. El golfista llamó a la comisaría 2da. de Berazategui, quien a su vez dio intervención al Grupo Antisecuestros de la Delegación Departamental de Investigaciones de Quilmes.Un grupo de policías acompañó de lejos a De Vicenzo hijo para hacer la entrega. "Uno de los delincuentes, todos muchachos jóvenes, pasó al lado de uno de nuestros hombres", confió una fuente de investigación. Pero decidieron no actuar hasta no ver a la mujer con vida.No tuvieron que esperar mucho porque la mujer del hijo de De Vicenzo fue liberada a tres cuadras del lugar donde se hizo la entrega del dinero. Los secuestradores desaparecieron con el dinero del rescate y el Mercedes Benz.Los delincuentes no demostraron conocer a su víctima. No hicieron ninguna alusión a su padre. "Les llamó la atención el Mercedes Benz. Fue al voleo", opinaron los policías antisecuestros. http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71689.php La polizia sempre piú coinvolta in tragici secuestri estorsivi:a rischio sopratutto turisti europei El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales: ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta. Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche, los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego. También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición. Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire, como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos, fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri,del destacamento de Ezpeleta,sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión.Esta madrugada se encontraba internado,pero ya fuera de peligro.Más tarde,un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego.Justicia no.Pena de muerte sí".También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche,el ministro de Seguridad bonaerense,Juan Pablo Cafiero,dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar,que avisaron a la Policía.Una dotación de bomberos rescató el cadáver,flotando, boca abajo.Tenía un pantalón gris,un buzo blanco con vivos azules—con la inscripción Egresados 2002—y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello."Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera", estimó la fuente, que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial,en el cementerio de Ezpeleta, un equipo de peritos forenses,por orden del fiscal Luis Armella,realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30,el tío del chico oficializó el espanto:el cadáver era el de Diego. El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado,sin los dientes,con las huellas dactilares quemadas",todas maniobras macabras,dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores.Fuentes policiales calificaron la versión de"apresurada".De todos modos,fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un"corte profundo en el cuello"y"la mandíbula fracturada".Por la tarde,las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta.Algunos,furiosos,clamaban justicia.El llanto y el dolor impedían, en cambio,que otros rompieran su silencio.Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego.Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas,rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego,de 17 años,cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel.Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía.Se decidió entonces que fuera en remís al colegio.A las 7.30 salió de su casa.A unas pocas cuadras de allí,un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís.Bajaron tres hombres vestidos de azul.Gritaron"alto, policía".El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego.Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta.Inmediatamente se comunicaron con la Policía.Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse,la mamá de Diego,confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta,quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros,cada dos días,siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico.Tras varias conversaciones,su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos.El sábado 20 de julio se entregó el dinero.Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione,en Claypole, hasta un sitio junto a las vías del ex Roca,para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón.Pero Diego no apareció.Durante más de un mes,la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades.La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información.Las pesquisas arrojaron sólo un detenido:José Pablo García,un joven vecino de los Peralta,fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. INSEGURIDAD: EL PEOR FINAL PARA UN SECUESTRO DE 39 DIAS Queman una comisaría por el crimen de un chico secuestrado El cadáver de Diego Peralta fue hallado ayer al mediodía en una tosquera de Ezpeleta. La causa de la muerte habría sido un corte en el cuello. A la noche un grupo de jóvenes apedreó y quemó la comisaría de El Jagüel, el barrio donde vivía el chico.Los 38 días de búsqueda del joven Diego Peralta tuvieron el peor de los finales: ayer fue encontrado su cadáver en una tosquera ubicada a unos 50 metros de una bajada de la autopista Buenos Aires-La Plata, en Ezpeleta. Apenas pasadas las 17.30, el padre y un tío de Diego reconocieron el cuerpo en la morgue judicial de Quilmes.Anoche,los vecinos se juntaron frente a la casa de la familia Peralta en El Jagüel. Poco antes de las nueve, un grupo de unos cien jóvenes incendió la comisaría del barrio. "Justicia, justicia", gritaban. Según se supo luego, allí estaban detenidos unos 25 policías y miembros de otras fuerzas de seguridad. Los más enfurecidos dieron vuelta un auto justo frente a la sede policial y lo prendieron fuego.También sacaron una computadora y la destrozaron.Al principio los jóvenes actuaron sin oposición.Recién unos 20 minutos después desde alguna de las ventanas dispararon balas de goma al aire,como para dispersarlos.Cuando llegaron los bomberos,fueron recibidos a piedrazos y se generalizaron los enfrentamientos en la calle.Más tarde el comisario Claudio Smith dijo que él había dado la orden de no reprimir.Fuentes del Ministerio de Seguridad bonaerense le confirmaron anoche a Clarín que el subcomisario Juan Carlos Intrieri,del destacamento de Ezpeleta,sufrió un paro cardíaco como resultado de la tensión.Esta madrugada se encontraba internado,pero ya fuera de peligro.Más tarde, un grupo apareció con un pasacalle con la leyenda: "Por Diego. Justicia no. Pena de muerte sí". También hubo un saqueo en un negocio de artículos deportivos frente a la estación.Cerca de la medianoche,el ministro de Seguridad bonaerense,Juan Pablo Cafiero,dijo no tener elementos para asociar la reacción de estos grupos con alguna interna policial.El hallazgo del cuerpo fue realizado al mediodía por vecinos del lugar, que avisaron a la Policía.Una dotación de bomberos rescató el cadáver,flotando,boca abajo. Tenía un pantalón gris,un buzo blanco con vivos azules —con la inscripción Egresados 2002— y medias blancas.Fuentes judiciales dijeron a Clarín que el cadáver presentaba un corte en el cuello."Los forenses creen que el cuerpo llevaba 6 días en la tosquera",estimó la fuente,que estuvo junto al padre de Diego en el momento en que reconoció el cadáver.Una vez que los bomberos llevaron el cuerpo a la morgue judicial, en el cementerio de Ezpeleta,un equipo de peritos forenses,por orden del fiscal Luis Armella,realizó la autopsia del cuerpo. Alrededor de las 17.30, el tío del chico oficializó el espanto:el cadáver era el de Diego.El padre del chico también lo identificó.De inmediato se escuchó en la morgue la versión de que el cadáver estaba "degollado,sin los dientes, con las huellas dactilares quemadas",todas maniobras macabras,dirigidas presumiblemente a despistar a los investigadores.Fuentes policiales calificaron la versión de "apresurada".De todos modos, fuentes allegadas al caso indicaron que el cadáver presentaba un "corte profundo en el cuello" y "la mandíbula fracturada".Por la tarde,las noticias convocaron a muchos vecinos frente a la casa de los Peralta.Algunos,furiosos,clamaban justicia.El llanto y el dolor impedían,en cambio,que otros rompieran su silencio.Afuera de la casa podía verse el santuario levantado días después de la desaparición de Diego.Atrás habían quedado las vanas plegarias hechas, rogando por otro final.El momento más duro se vivió cuando el padre de Diego Peralta llegó a su casa para confirmarle la noticia a su esposa.Diego, de 17 años, cursaba el tercer año del polimodal en la Escuela Privada El Jagüel. Casi todos los días iba al colegio en bicicleta. El viernes 5 de julio llovía. Se decidió entonces que fuera en remís al colegio. A las 7.30 salió de su casa. A unas pocas cuadras de allí, un Volkswagen Senda rojo se le cruzó al remís. Bajaron tres hombres vestidos de azul. Gritaron "alto, policía". El remisero fue golpeado en la cabeza y le preguntaron al chico si era Diego. Así fue como se lo llevaron.Esto les contó después el remisero a los Peralta. Inmediatamente se comunicaron con la Policía. Ese mismo día se produjo el primer llamado de los secuestradores: Emilse, la mamá de Diego,confirmó luego que les pidieron 200.000 dólares.La suma era un imposible para los Peralta, quienes viven de los ingresos de una pequeña distribuidora de gaseosas y cerveza y del salario del padre por su tarea en una planta procesadora de pollos.A ese llamado le siguieron otros, cada dos días,siempre de noche y sin dar ninguna señal de vida del chico.Tras varias conversaciones, su padre logró que los secuestradores aceptaran 9.000 pesos y 2.000 dólares reunidos entre familiares y amigos.El sábado 20 de julio se entregó el dinero.Los secuestradores pasearon al padre de Diego por una rotonda de Burzaco y el barrio Don Orione,en Claypole,hasta un sitio junto a las vías del ex Roca,para ordenarle que arrojara el dinero contra un paredón.Pero Diego no apareció.Durante más de un mes, la investigación del caso se desarrolló sin mayores novedades. La expectativa despertada por la desaparición de Diego hizo que el caso llegara hasta la Presidencia de la Nación y la Gobernación bonaerense, que ofreció $ 50.000 de recompensa para quien brindara información. Las pesquisas arrojaron sólo un detenido: José Pablo García, un joven vecino de los Peralta, fue acusado de haber realizado varias de las llamadas telefónicas pidiendo el dinero del rescate. La pueblada del trágico final de Diego POLICIA BAJO FUEGO.APARECIO MUERTO EL JOVEN SECUESTRADO. LA GENTE INCENDIO LA COMISARIA DE EL JAGÜEL.Al mediodía fue encontrado el cadáver de Diego Peralta, el chico raptado hace más de un mes. Al atardecer, vecinos y amigos, que responsabilizan por el hecho a miembros de la Bonaerense, marcharon con furia hacia el destacamento del barrio. Y lo quemaron, sin encontrar resistencia. Luego, la policía repri
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Argentina:pais en plena Revolución Anarquica
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¿Los Matamos? Saturday, Aug. 24, 2002 at 12:16 PM |
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Barbaro asesinato La situación es vista en toda Europa como muy "BRAVA",ojo La cosa é molto grave.VER TAMBIEN: EN:http://uruguay.indymedia.org/news/2002/08/5506.php A rischio le commissarie(ogni giorno ne danno fuoco ad una nuova)e per questo estate si annuncia anche l'incendio degli hoteles di tutto il suolo argentino e la loro DINAMITAzione:turisti europei ed asiatici(YANKEE ed ANGLOSASSONI manco a parlarne in scherzo)in guardia:poi se sgozzano qualcuno del tour,magari il vostro pupetto,bhé io ve l'avavo giá detto,no?NON VOGLIO ASSUMERMI NESSUNA RESPONSABILITÁ POI,capito?É MEGLIO CHE LA CRISI SI RISOLVA A PORTE CHIUSE CHE CON OSTAGGI E SE CI DEVESSERE guerra civile(che si prevede sará anche MOLTO incivile;bé meglio farla senza VITTIME non necessariamente innocenti ma che senza alcuna ombra di dubbio non c'entrano proprio un CAZZO con tutto questo casino di MERDA)ci sia peró attenti a rimanere poi in questo BEL PAESE intrappolati dalla crisi senza poter prendere né aereoplano ne nave per poter rimpatriare dovendovi vivere ANCHE VOI la RIVOLUZIONE al modico prezzo:di rischiare voi e i vostri accompagnanti amici e parenti e familiari che siano la vostra vita.Meditate gente,meditate a NON VENIRE in isto terribilus locus;perché poi potreste non poter piú tornarvene a casa turisti europei,potreste pentirvene di MOLTO:VEDERE PER CREDERE: http://italy.indymedia.org/news/2002/08/72888.php http://old.clarin.com/ultimo_momento/notas/2002/08/12/2002-08-12comisaria.asx http://italy.indymedia.org/news/2002/08/73504.php italy.indymedia.org/news/2002/08/73169.php Leggete questi link poi direte con me,pure voi:andare a fare vacanze in Argentina sarebbe come andarle a fare in Afganistan:fossi scemo !!!! http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71752.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71723.php http://argentina.indymedia.org/news/2002/08/43799_comment.php#43800 http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71006.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71684.php http://argentina.indymedia.org/news/2002/08/43767.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71689.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71692.php http://uruguay.indymedia.org/news/2002/08/4849.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/70560.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/72082.php http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02504.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02402.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02403.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02601.htm http://www.clarin.com/diario/2002/08/15/s-02401.htm http://www.po.org.ar/po/po742/duhalde.htm http://italy.indymedia.org/news/2002/08/72858_comment.php#72859 http://italy.indymedia.org/news/2002/08/73406.php http://argentina.indymedia.org/news/2002/08/44989_comment.php#45025 http://uruguay.indymedia.org/news/2002/08/5454.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/73750.php italy.indymedia.org/news/2002/08/71752.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/73750_comment.php#73850 http://uruguay.indymedia.org/news/2002/08/4849.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/70560.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71692.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71689.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71006.php http://www.clarin.com/diario/2002/08/08/s-04102.htm uruguay.indymedia.org/news/2002/08/4849.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/72120.php http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71752.php http://argentina.indymedia.org/news/2002/08/43799_comment.php#43800 http://italy.indymedia.org/news/2002/08/71723.php italy.indymedia.org/news/2002/08/74097.php http://uruguay.indymedia.org/news/2002/08/5506.php
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