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Sufficienza ed Efficienza
by IMC Italy Thursday, Aug. 22, 2002 at 9:46 AM mail:

Estratto da un articolo apparso sul mensile Mani Tese di Novembre 1997 Per superare la crisi ambientale e di giustizia, il Nord e il Sud del mondo hanno impegni comuni: il primo per un'economia leggera e solidale, il secondo per uno sviluppo equo ed ecologicamente efficiente. Nel frattempo....

Delle due l'una: o noi cambiamo la nostra economia vorace che ha trasformato il pianeta in miniera di materie prime e discarica di rifiuti, oppure ci penserà il limite ecologico planetario a fermarci, impedendo allo stesso tempo al Sud del mondo di godere del diritto allo sviluppo. Bisogna insomma rivedere l'idea stessa di sviluppo, cominciando a riparametrarlo come fa da tempo l'agenzia UNDP delle Nazioni Unite parlando di "sviluppo umano".

Inquinamento

Possiamo riassumere l'ingiustizia sociale ed ecologica che affligge e rovina il pianeta con il calcolo che qualcuno un giorno s'è preso la briga di fare: per un solo volo andata-ritorno sulla tratta Londra-New York-Londra, un aereo di linea consuma energia e inquina quanto una decina di contadini bengalesi o boliviani in tutta la loro vita, ricca solo di fatica sul lavoro e sotto il sole. Senza contare poi l'auto, il motorino, l'aria condizionata, il riscaldamento, gli imballaggi, il cibo prodotto con dispendio di energia, eccetera. C'è di che disperarsi, anche per chi non viaggia in aereo... Il mondo è stretto fra l'incudine della crisi ecologica e il martello della crisi di giustizia, visto che è raddoppiato (da 30 a 61 in 35 anni) il divario fra il 20% più ricco della popolazione mondiale e il 20% più povero (dati UNDP).

Sviluppo sostenibile

Lo sviluppo sostenibile implica una rivoluzione sia nel settore dell'efficienza che in quello della sufficienza. "Efficienza" significa sostanzialmente ridurre l'intensità dello sfruttamento delle risorse per unità prodotta. "Sufficienza" significa moderare le esigenze umane al fine di produrre di meno. L'efficienza è un mezzo del processo produttivo, mentre la sufficienza è un fine con ripercussioni sull'organizzazione della società. L'efficienza è misurabile ad esempio con il consumo di carburante delle auto, mentre la sufficienza è un processo di cambiamento dei valori e delle istituzioni sociali oltre che del comportamento individuale. L'efficienza richiede soluzioni tecniche e supremazia della scienza e della tecnologia, mentre la sufficienza implica un cambiamento di stile di vita per poter vivere coscienziosamente con meno di quanto è economicamente e tecnologicamente possibile. L'efficienza richiede l'utilizzo dei migliori metodi su scala globale, la sufficienza suggerisce nuove pratiche localizzate basate sul principio di consumare soprattutto quello che le risorse locali sono in grado di offrire.

Limiti dell'efficienza

I principi dell'efficienza stanno introducendo l'idea della "crescita qualitativa" al fine dello sviluppo economico: essa valorizza la diminuzione dell'intensità di risorse come indicatore di prima importanza per il progresso tecnologico. Empiricamente il successo è assicurato. Per esempio: fra il 1970 e il 1990 il valore aggiunto delle nazioni dell'OCSE - le più ricche - è aumentato del 70% mentre il consumo energetico ha subìto un incremento pari solamente al 20%. L'approccio collegato alla crescita qualitativa è stato ultimamente incorporato nell'introduzione delle "ecotasse" o nelle idee di "internalizzare i costi esterni", come incentivo alla conservazione delle risorse. Il dilemma consiste nel fatto che la riduzione delle risorse consumate per ogni unità produttiva permette la produzione di ulteriori unità. Con la stessa quantità di energia si può fabbricare un numero maggiore di automobili; con la stessa quantità di combustibile molte più auto potranno viaggiare per un numero maggiore di chilometri. L'approccio qualitativo rimane inserito nella logica economica della "razionalità di crescita". Esso riforma semplicemente le teorie classiche dei costi, incluso lo stress ecologico come fattore di costo, ma rifiuta di ammettere l'esistenza di limiti nel carico di stress ecologico che possiamo imporre alla natura. "Ecologizza" l'approccio classico della crescita quantitativa e lo rilegittimizza persino come scopo centrale dell'attività economica.

Limiti della sufficienza

Anche la sufficienza da sola non basta. Vediamo l'esempio cruciale delle emissioni di gas di serra. Abbiamo ora emissioni globali di anidride carbonica -il maggior responsabile dell'effetto serra- pari a 20 miliardi di tonnellate annuali entro l'anno 2050 per poter raggiungere i criteri di sostenibilità. Cosa significa questo alla luce del principio di giustizia ed equità internazionale? Il miliardo di abitanti delle aree industrializzate produce 165 tonnellate di emissioni pro capite l'anno, mentre i 4 miliardi delle nazioni del Sud producono una tonnellata pro capite l'anno soltanto. Nel 2050 la popolazione "sviluppata" sarà passata da un miliardo a un miliardo e mezzo, mentre la popolazione delle regioni povere passerà da 4 a 8,5 miliardi. Per poter raggiungere l'obiettivo di dimezzare le emissioni globali, le regioni del Sud allora non avrebbero alcun margine per poter aumentare le loro emissioni, che dovrebbero rimanere nell'ordine di una tonnellata pro capite l'anno. La salvezza risiederebbe nel progresso tecnologico (efficienza) che potrebbe rendere così efficiente la produzione pro capite da far sì che le emissioni rimangano al livello di una tonnellata pro capite. Naturalmente occorrerebbe un enorme progresso tecnologico nel senso della sostenibilità. In questo caso il Sud produrrà 8.5 miliardi di tonnellate di emissioni "nonostante" lo sviluppo. Le aree industrializzate al contrario devono abbassare le proprie emissioni fino a 1,5 miliardi di tonnellate affinché il mondo rimanga al tetto globale di 10 miliardi. Insomma dovrebbero scendere da 16 tonnellate a 1 tonnellata pro capite: e questo non si può raggiungere solo grazie a una maggiore efficienza tecnologica, ma solo con una vera e propria "rivoluzione dei consumi" che porti al cambiamento dell'organizzazione delle nostre società.

Responsabilità comuni

Naturalmente questo ragionamento è stato fatto senza tener conto della possibilità di ridurre la crescita demografica. Questo argomento è sempre più usato dalle nazioni del Nord nel contesto della cooperazione internazionale. L'equilibrio dei compiti fra Nord e Sud viene così rappresentato: il Nord scenda nei suoi consumi ed emissioni grazie a una politica di sufficienza, il Sud pratichi una politica di controllo demografico, e Nord e Sud insieme mettano in atto una politica di efficienza.

Egoismi

Sul versante del Nord, gli aspetti sociali e culturali del concetto di sufficienza sono stati a mala pena toccati nel mondo sviluppato. Con una disoccupazione strutturale crescente nelle nazioni dell'OCSE, l'ideologia della crescita economica è più forte che mai e ha anche distrutto quel consenso ecologico fra gli attori sociali che sembrava essere iniziato. C'è un altro fenomeno in atto nei paesi industrializzati: si tende a mantenere alti i livelli di consumo spostando però la produzione materiale, e in particolare la più inquinante, verso paesi a basso reddito. Il colmo dell'ingiustizia sarà raggiunto quando gli abitanti - quelli non disoccupati - di una bella cittadina italiana produrranno solo servizi e alta tecnologia pulita mentre attingeranno i beni materiali necessari ai loro elevati consumi da fabbriche situate in altri continenti, esportando inoltre laggiù i rifiuti creati. Vedremmo così, finché il clima lo permetterà, una bella città piena di verde e ben tenuta, che si scalderà con molto petrolio venuto da lontano, mangerà prosciutto realizzato in inquinanti stalle della val Padana con mangimi di provenienza brasiliana, ecc. Il primo imperativo di un'economia equa ed eco-intelligente, quindi, non consiste nello scaricare sugli altri i risultati dei nostri elevati consumi. Quella città, farebbe meglio piuttosto ad aderire alla "alleanza per il clima": un movimento di 300 enti locali che nel concreto cercano di ridurre emissioni nocive e inquinamento in misura maggiore rispetto agli impegni degli stati.

Ecologia, giustizia

L'orma antiecologica lasciata dal consumismo è pesantissima. I paesi ricchi usano già tutto il possibile, benché i tre quarti dell'umanità siano ancora fuori ad aspettare. Un italiano occupa anche natura all'estero: le materie prime e i manufatti importati, i rifiuti esportati... La grande sfida di giustizia è dunque rendersi più leggeri. E di quanto? Secondo i calcoli del Wupperthal Institute, centro studi tedesco per il clima e l'energia, nei prossimi cinquant'anni il Nord dovrà ridurre l'uso della natura del 90%. Una sfida pesante. Come si fa? Qualcosa si puo' fare. Tutto il progresso tecnologico dei secoli scorsi, ad esempio, ha badato a un unico obiettivo: aumentare la produttività del lavoro, ovvero fare in modo che sempre meno lavoro umano fosse incorporato nelle merci. Un'idea che si basava sull'utopia dell'abbondanza illimitata della natura. L'utopia per il secolo attuale sarà la ricerca di un progresso tecnologico che aumenti la produttività della natura: ovvero, come ricavare più benessere da un litro di petrolio o da un chilo di rame. Ovvero: ottenere case, cibo, abiti, mobilità usando sempre meno natura (miniera, discarica). Puntare sulla produttività e sul risparmio della natura, fra l'altro, renderà meno interessante il risparmio del lavoro. La durevolezza dei prodotti e invenzioni tecnologiche ecointelligenti saranno molto utili in questa direzione. Si tratta anche di "ridurre la velocità" della nostra società, sia nei suoi livelli di crescita insostenibile che nella sua pratica quotidiana.

Sobrietà

Il piacere della semplicità non l'ha inventato un ecologista, è stato descritto da molti pensatori. Uno di loro, Andrew David Sorow, spiegò che "un uomo è ricco in proporzione al numero di cose che può concedersi di abbandonare". Non si tratta solo della soddisfazione che viene dai "fioretti" o dal sentirsi meno lontani dai poveri: è che per acquistare, gestire, proteggere, consumare molti beni, insomma per "massimizzare le soddisfazioni materiali", ci vuole molto tempo; e siccome le ore sono sempre 24, l'avere tanto ruba tempo e quindi benessere. La scarsità di quest'ultimo è la dea vendicatrice della ricchezza: ladra di tempo. E' stato calcolato che gli indiani navaho hanno circa 230 oggetti per la famiglia, tutto compreso; una famiglia italiana ne ha almeno 10.000. A chi tocca correre di più?

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