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Milicos?
by IMC Italy Sunday, Sep. 01, 2002 at 10:11 AM mail:

ritornano i militari? per ora sono voci, supportate da qulache indiscrezione e qualche valida tesi, come quella di Miguel Bonasso. Gran parte dall'articolo pubblicato dal quotidiano argentino Pagina12 da Miguel Bonasso. Il dito dell'imperatore.

La destabilizzazione di Chavez in Venezuela e l'offensiva militare in Colombia mostrano il cambiamento della posizione degli Stati Uniti nei confronti delle democrazie latinoamericane. Come investirà questo cambio la societc Argentina? Appoggeranno gli Usa un "fujimorazo" in Argentina? Alcuni osservatori qualificati della diplomazia europea pensano che se non lo propiziano attivamente almeno non stanno facendo grossi sforzi per evitare un eventuale collasso del sistema democratico. Secondo gli stessi osservatori Washington presta sempre maggiore attenzione ai banchieri e ai guru investitori che richiedono a gran voce di "placare l'anarchia". Fino ad ora è stato supposto che i militari non sarebbero tornati ai primi piani del potere perchè mai e poi mai avrebbero ottenuto l'ok da Washington. Ora le cose sono cambiate dai tempi di Bill Clinton a quelli di George Bush Se non c'è l'appoggio esplicito almeno potranno chiudere un occhio. E in ogni caso la loro scarsa disposizone a concedere prestiti potrebbe risultare agli occhi di eventuali cospiratori come il pollice verso dell'imperatore. Un recente aneddoto lo illustra drammaticamente. Bush e il Presidente del Chile Ricardo Lagos sono diventati buoni amici e spesso chiacchierano al telefono. Queste chiacchiere servono a Bush per tenersi informato e per migliorare il suo castigliano. Da poco Lagos ha partecipato ad una riunione del MERCOSUR a Buenos Aires, durante la quale ha incontrato diversi partners continentali tra cui la stessa Argentina. Al ritorno ha ricevuto una inaspettata chiamata da Bush che nel suo spagnolo-texano gli ha chiesto come fosse andato il problema Argentina. Lagos gli ha risposto che: "Bisogna aiutarli". Per sua sorpresa la risposta immediata di Bush è stata la seguente, secca come uno sparo, "Non lo dire nemmeno. Se la sono cercata loro. Se si vogliono libanizzare che si libanizzino". A chi dubita della veridicità dell'aneddoto (raccolta da questo cronista da una valida fonte diplomatica) basterebbe ricordare una serie di definizioni pubbliche di funzionari nordamericani del Fondo Monetario Internazionale che coincidono a pieno con la lavata di mani del presidente Bush. Il 21 febbraio scorso il segretario del Tesoro Paul O'Neill ha dichiarato dopo essersi incontrato con il ministro dell'economia argentino Lenicov: "Lenicov mi piace davvero, ma gli argentini si sono messi in questa crisi da soli e da soli dovranno uscirne" poi ha aggiunto "quella argentina è una società disorganizzata". Il Wall Street journal lo aveva preceduto parlando dell'Argentina come "repubblica bananera". Pochi giorni fa Alan Greenspan, titolare della Federal Reserv ha aggiunto al tutto un po di sprezzante pragmatismo ricordando che non era il caso di allarmarsi visto che "la crisi argentina non ha provocato un effetto-contagio nei mercati finanziari globali". Tuttavia questa crudele indifferenza non implica che Washington non si interessi, nella peggior maniera possibile, al futuro del disgraziato paese che meno di 50 anni fa controllava il 50% del mercato inernazionale delle carni, produceva 1/3 degli introiti regionali e figurava al sesto posto della classifica mondiale delle nazioni. Il 6 febbraio scorso, in una udienza alla Camera dei Rappresentanti, il direttore della CIA George Tenet, ha acceso tre punti rossi sulla carta dell'emisfero: Venezuela, Colombia e Argentina. Per una strana casualità appena pochi giorni dopo le parole si sono convertite in fatti: sono cominciati dal Venezuela i proclami golpisti di diversi militari contro il governo di Hugo Chavez; in Colombia il presidente Pastrana ha ordinato la fine della negoziazione con la guerrilla e il bombardamento della zona smilitarizzata e in Argentina è tornato il fantasma del golpe militare. Tenet ha detto testualmente: "In Argentina il presidente Duhalde sta provando a mantenere sotto controllo l'ordine pubblico mentre prova a fissare i pilastri di una svolta verso il salvataggio dal collasso economico, ma la sua base d'appoggio è ridotta". Alla stessa riunione ha partecipato John Taylor, sottosegretario al Tesoro degli USA che, in un tale momento e rompendo il principio di neutralità che in materia di cambi bisogna mantenere davanti ad un paese formalmente sovrano, si è permesso di suggerire che "la dollarizzazione sarebbe stata una buona cosa per l'Argentina". Alcuni osservatori francesi, tedeschi e preoccupati dirigenti brasiliani osservano che la dura entrata in gioco nell'area degli USA potrebbe avvalersi di una giocata di sponda come nel biliardo: un presidente civile di centro destra appoggiato dalle baionette potrebbe "disciplinare" la popolazione e "prepararla" a questa dollarizzazione che le autorità monetarie degli Stati Uniti stanno proponendo come ricetta emisferica. La "dollarizzazione", che collocherebbe l'Argentina nella stessa squadra con Ecuador e Panama, sarebbe portata avanti quando il valore del dollaro nel mercato libero raggiunge un valore superiore ai tre pesos. Forse con un cambio 4 a 1. Per questo il reddito pro capite argentino che già è sceso per la svalutazione da 8mila a 4mila dollari si situerebbe tra i duemila e i duemilaecinquecento dollari per testa rapata. Anche il costo della mano d'opera scenderebbe drammaticamente all'allettante livello delle maquladoras del nord mexicano. ... Già nel passato infatti il banchiere Emilio Cardenas , membro dell'esecutivo della banca spagnola HSBC e ambasciatore all'Onu ai tempi di Menem, propose in forma riservata a Duhalde di arrivare ad un cambio con il dollaro di 3 a 1, per poi produrre banconote fresche per imporre la dollarizzazione. Lo stesso Cardenas durante la scorsa settimana è stato segnalato come uno dei banchieri che "segretamente" starebbero intrattenendo conatti con i militari. Insieme a lui Pedro Pou, segnalato da me come parte del gruppo di contatti tra banchieri e impresari e il tenete generale Ricardo Brinzoni, poi smentito ma senza risultati. Comunque una eventuale dollarizzazione porterebbe l'Argentina a livelli bassissimi e farebbe saltare l'íntesa del MERCOSUR, lasciando il Brasile nelle pessime acque in cui naviga, e da solo. Per questo anche il presidente brasiliano Enrique Cardoso ha lanciato in un meeting progressista europeo un grido d'allarme per salvare l'Argentina. Ïl sistema democratico argentino è in crisi". "Di fronte alla paralisi economica e del governo non si può escludere il rischio di una rottura delle istituzioni nel paese". ... Tanti sforzi potrebbero venire meno se il governo accentuasse la sua posizione di sottomissione assoluta nei confronti del FMI e degli Stati Uniti che continuano ad emettere segnali ostili non compiono il gesto di aprire il portafoglio.

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