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CHIAPAS: nuovo accampamento militare
by xxx Wednesday, Sep. 18, 2002 at 12:23 PM mail:

(traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

La Jornada 18 settembre 2002

MEMBRI DI PAZ Y JUSTICIA MINACCIANO DI SGOMBERARE BASI DELL'EZLN

INSTALLATO UN NUOVO ACCAMPAMENTO MILITARE NELLA ZONA NORD DEL CHIAPAS;
MINACCIATE 4 COMUNITA'

Hermann Bellinghausen Inviato


San Cristobal de las Casas, 17 settembre. Un nuovo accampamento militare è
stato installato questo mese nella zona nord dello Stato, all'entrata di
Tumbalá da cui si accede al municipio autonomo La Paz. La mobilitazione
militare è avvenuta poco prima dell'aumento delle truppe (al meno mille
effettivi in più) nel nord della Selva Lacandona e nelle vicinanze dei
Montes Azules, alla fine di agosto.


Contemporaneamente alla denuncia di un possibile sgombero nel municipio
autonomo La Paz, si installa quindi una Base di Operazioni Miste (BOM)
dell'Esercito che si aggiunge a quella che opera nel capoluogo a Tumbalá.
Un gruppo di famiglie di Nuevo Poblado Progreso Agua Azul, basi di appoggio
dell'EZLN, segnalano che dalla fine di agosto stanno ricevendo minacce di
sgombero da parte di membri di Paz y Justicia, che dichiarano di agire con
il sostegno dell'Esercito e della polizia statale.


Secondo la denuncia, da parte sua la Rete dei Difensori Comunitari per i
Diritti Umani, il nuovo accampamento militare a Sasamtic minaccia
direttamente la popolazione Xanil, Xanil seconda sezione, San Juan
Chichnitic e Chaban (municipio ufficiale di Chilón). 40 soldati arrivati al
crocevia di Sasamtic, al comando del dr. Nicolás Rodríguez, occupano una
porzione di territorio senza il consenso degli "ejidatarios".


Le truppe, conferma la Rete, "vengono dalla base di Toniná e sono arrivate
qui solo con il consenso del proprietario della porzione di terreno, il
signor Juan López Morales, con il quale "hanno presumibilmente firmato un
contratto". Per questa ragione, le autorità ejidales si sono rivolte al
proprietario "che non li ha presi in considerazione perché i soldati gli
hanno detto di non avere paura perché è protetto con buone armi e che ai
militari nessuno può fare niente perché sono agli ordini del Presidente
della Repubblica ed arriveranno più di 7mila soldati che si installeranno
in diverse località, come alle cascate di Agua Azul, El Mango e Sacun
Cubwits".


La presenza delle truppe impedisce l'accesso allo specchio d'acqua di
Sasamtic oltre che inquinarlo, e le donne dei villaggi sono state molestate
ed obbligate a lavorare per i soldati. "Stanno anche tagliando alberi per
costruire le loro case senza il permesso delle autorità ejidales né del
proprietario della porzione di terreno". Inoltre, i militari entrano nelle
comunità vicine all'accampamento; gli abitanti indigeni "sono intimiditi e
capiscono di non essere più liberi di svolgere le loro attività quotidiane
e temono che accadrà quello che è già avvenuto in altri accampamenti
militari presenti nella zona: prostituzione, divisioni, rafforzamento dei
gruppi paramilitari che agiscono nella zona, pattugliamenti, vessazioni,
voli radenti di aerei militari".


I convogli di truppe sono arrivati fino al bivio di Alan Sacjun e El Mango
dove hanno interrogato i campesinos. Gli abitanti di queste comunità,
attraverso la Rete dei Difensori, chiedono "la partenza immediata
dell'Esercito dalla zona perché non lascia lavorare in pace e né
liberamente ed i bambini non possono frequentare la scuola perché non sono
abituati a convivere con estranei".


I campesinos dichiarano che "l'Esercito non ha niente da fare in questa
zona perché le comunità sono in grado di badare a se stesse da sole".


Una osservatrice internazionale che ben conosce le problematiche della zona
nord e che ha partecipato alle tre missioni della CCIODH, scrive a La
Jornada esprimendo "perplessità" riguardo all'arresto a Tila di Sabelino
Torres Martínez e di altri componenti di Paz y Justicia.


"Questa operazione dà l'impressione di una non volontà di risolvere il
problema nella zona nord, ma di provocare invece una reazione". Afferma.
Rispetto alla dichiarazione ufficiale secondo cui la polizia resterà nella
zona "per mantenere l'ordine" dopo l'operativo, si domanda: "Il governo,
non sta forse, indirettamente, ammettendo d'aver sollevato un vespaio?".


L'osservatrice ritiene che "non ci si può lamentare di quanto tante volte
reclamato, cioè l'arresto dei paramilitari. Eppure, questo avviene in un
momento delicato, quando l'opinione pubblica internazionale guarda al caso
della Corte Suprema di Giustizia della Nazione (riguardo la legge
indigena)". Quindi, esprime il timore che i recenti avvenimenti "non siano
di buon auspicio", perché la possibile vendetta potrebbe essere grave e
potrebbe fomentare un clima di provocazione che giustificherebbe
"operativi" militari o di polizia "per mantenere l'ordine".


Riferisce che all'inizio di agosto (quando la CCIODH ha consegnato il suo
rapporto sulla zona nord) "ci informarono dei negoziati in corso per il
ritorno dei desplazados di Masojá Shucjá e Tzaquil". In quest'ultimo caso,
gli indigeni hanno parlato di pressioni sulle famiglie affinché accettino
di ritornare o di essere ricollocate in "aree urbane" (la cui costruzione
non è ancora stata definita).


Anche ora sono in corso negoziati con i priisti di Miguel Alemán per il
ritorno dei desplazados. Si è anche pensato di far pagare ai desplazados
che ritornano, le tasse corrispondenti al periodo in cui sono stati
assenti.


"Sembra che i negoziati siano avvenuti tra il PRI ed il PRD (o i convertiti
ai programmi sociali traditi dai rappresentanti locali di questo partito) a
livello locale, escludendo altre organizzazioni. Quindi, l'operativo ha
forse a che vedere con il fallimento dei negoziati o con l'esclusione da
questi (come accaduto, sembra, nel caso di Diego Vázquez il febbraio
scorso)?".


La CCIODH ha saputo che nei negoziati per il ritorno "erano contemplati i
famosi progetti produttivi; in questo caso si trattava dell'installazione
di piantagioni. Notare che originariamente si trattava di terreni per
allevamenti. Ci sarebbero conflitti di interesse tra la lobby degli
allevatori (ed i loro leali paramilitari) ed altre più "moderne" lobby?,
conclude così, con le sue perplessità, l'osservatrice internazionale.




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