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lettera dalla colombia
by martina Monday, Sep. 23, 2002 at 2:55 PM mail:

reportage sulla situazione quotidiana in Colombia: tra guerriglieri e paramilitari.

tratto dalla MEDIABLITZ newsletter n°01 visibile interamente
su http://www.inventati.org/mediablitz/newsletter01.html


Bucaramanga è una città della Colombia piuttosto grande, situata al nord della regione di Santander, vicino al confine col Venezuela. Quando ci si arriva, colpisce molto come sia piena di contraddizioni: da un lato, la zona dei centri commerciali, delle banche, dove si dice venga custodito il patrimonio delle FARC, che per questo si tengono lontane dalla città; dall’altro,quartieri poveri, violenti, o subquartieri creati dal niente, ad opera dei desplazados, inere famiglie, interi villaggi obbliati a lasciare il loro territorio a causa del conflitto armato. Dimenticati dal governo, braccati dalla guerriglia e dai paramilitari, sopravvivono sotto tetti di plastica e cartone. E’ uno dei fenomeni più preoccupanti che sta vivendo la Colombia degli ultimi decenni.
Passeggiando per la città, la parola che mi sale alla bocca è: capitalismo selvaggio. Ogni due metri c’è un negozio, ogni cinque un centro commerciale. Ogni dieci un mendicante, di un’età che oscilla tra i sei e i novant’anni. E’ di queste persone che mi sto occupando io, attraverso un’O.n.g. laica, Niños de papel, che si occupa del recupero del minore di strada. I ragazzi che contattiamo hanno tutti più o meno le stesse caratteristiche: li si può vedere con una bottiglia di plastica nascosta sotto la maglietta, che aspirano colla, in continuazione ; fumano marijuana, o bazuco, un ricavato degli scarti di coca mischiato con polvere di mattone e altre schifezze, che viene fumato in pipe artigianali; bevono alcohol etilico, perchè costa meno e sballa più di una birra. Ognuno ha il suo coltello nascosto in qualche cucitura, o in uno zaino. Odio per la polizia e i paramilitari, colpevoli della morte di molti loro fratelli. Nonostante ciò, la maggior parte porta tatuata una piccola svastica: se chiedi che significa, non lo sanno, o ti rispondono che è il símbolo del diavolo.
Le storie che si portano dietro questi giovani fanno di loro degli adulti: violenza, maltrattamento, alcuni addirittura relazionati col conflitto: come Henry, 16 anni, che ai 12 entrò nelle FARC perchè voleva dimaostrare ai suoi genitori di essere in grado di fare qualcosa. L’ideologia non centrava niente, per lui è stato come entrare a far parte di una squadra di calcio. A 14 comandava 200 uomini. Ha combattuto, ucciso, ma le cose per lui sono cominciate a cambiare quando i suoi migliori amici sono stati uccisi pubblicamente, perchè avevano cercato di scappare. Anche lui si decise a tentare la fuga, vagando tre giorni e tre notti nella selva,fino a che non incontrò un’appostamento dell’esercito. Il suo destino fu il carcere minorile, dove tentarono di ferirlo e ucciderlo altri ragazzi a cui le FARC avevano ucciso i genitori. Oggi Henry sta bene, studia e tenta di costruirsi un futuro.Chi ci pensa al fatto che ha solo 16 anni?
Le carenze fondamentali che ho trovato riguardano l’educazione e la salute, entrambe fondamentali ed entrambe, ovviamente, private. L’ospedale è una delle cose che più mi è rimasta impressa: gente buttata per terra, moribondi, aspiranti suicidi, tutti mischiati e a malapena guardata in faccia dai quattro dottori presenti. Le medicine, le flebo, i contenitori per le analisi, bisogna comprarseli. Se sei indigente e non hai soldi, o nessuno ti reclama, peggio per te: ti dimettono e fine.
Carlos, 26 anni, lo lasciamo al pronto soccorso, dopo avergli comprato un paio di borse di ghiaccio, e aver insistito perchè gli misurassero la febbre, dato che tremava tanto da far saltare la barella. Medicine specifiche per la sua malattia, neanche a parlarne: un trattamento contro l’Aids dev’essere importato dagli Stati Uniti, e una dose per un paio di settimane costa non meno di 400 dollari.
I ragazzi con cui entriamo in contatto si trovano in gruppi chiamati parches. Ogni Parche ha un nome e le sue caratteristiche: c’è il parche di San Miguel, uno dei pochi dove si trovano anche alcune ragazze; molti adulti, molto alcool, in genere con noi allegri e tranquilli, ma tra loro spesso violenti, violentissimi: non passa giorno senza che arrivino ai coltelli, sono pieni di ferite. Si ritrovano in una zona verde chiamata la Giungla, dove è sconsigliato passare di notte, e di giorno è meglio non entrarci da soli.
C’è il parche dello stadio, dove andiamo in visita di una decina di ragazzi: da quanto ho capito questo parche è il più ricercato da signori con belle macchine e portamento distrinto, che non disdegnano un servizietto una volta ogni tanto, soprattutto se economico. E così l’altro giorno abbiamo portato in ospedale, d’urgenza, Carlos.
Il parche della calle 30 si trova in una zona della città poverissima, dove bisogna stare molto attenti. Ancora non ho avuto molti contatti con questi ragazzi. Per lo più sono sempre in giro a rubare, o a mendicare; dormono in un capannone che funge da immondezzaio cittadino...qui almeno sono protetti dai paramilitari e dalla polizia.
Oltre all’animazione di strada ho inoltre supportato il lavoro di Sandra, altra volontaria, con le ragazzine. Si tratta di fortificare le loro abilità sociali e l’autostima. La casa dove vivono si trova in provincia di Bucaramanga, a Piedecuesta. Qui vengono portate dal Bienestar Familiar, i servizi sociali, e vi rimangono solo se realmente motivate al cambiamento. Se no, sono libere di andarsene. Molte vengono pescate dalla polizia durante retate nei locali di prostituzione; altre scappano da situazioni familiari difficili. In questo momento, due di loro, di 14 e 17 anni, sono incinte, mentre due hanno un bambino, momentáneamente affidato ad un’altra famiglia, in attesa della maggiore età della madre.Il padre spesso non si sa neanche chi è. Le ragazze, le donne, sono, possiamo dire, la parte più emarginata e sfavorita del paese. Non esistono istituzioni che si facciano carico dei loro problemi, o per ragazze madri. La cultura è profondamente maschilista. Molte si lamentano di essere maltrattate o violentate dai loro stessi compagni. Molti ragazzini scappano di casa perchè non ne possono più di vedere la madre pestata a sangue.
Questo è il volto della Colombia con cui fin’ora sono entrata in contatto. Può sembrare duro, crudele, pericoloso...non so, a me da dentro sembra soprattutto stimolante, i ragazzi e le ragazze con cui parlo ogni giorno sono energia pura. A Bogotà, ad esempio, dove mi sono fermata un giorno, dovunque c’erano assembleee, ritrovi, spettacoli...si crea cultura, si cerca di superare una guerriglia che ha deluso, che non ha più ragione di esistere, perchè più lontana dal popolo davvero non potrebbe essere. Forse la cosa più dura è spiegarlo a chi non si è mai mosso da casa sua e continua ossessivamente a gridare “Viva le FARC” paragonandole addirittura all’Ezln. Ê veramente ora di aprire gli occhi.

martina



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