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terremoto: una paese che rischia di scomparire
by macedonio Saturday, Nov. 02, 2002 at 2:52 PM mail:

è in forse la sopravivenze stessa di una comunità, da San Giuliano di Puglia chiedono di non essere dimenticati quando la stampa se ne andrà

"E' precluso il futuro di una piccola comunità".
Queste le parole del vicesindaco del comune di San Giuliano in Puglia, il paese epicentro del terremoto che ha devastato il basso molise.
In una comunità di poco meno di mille persone perdere 26 bambini è una sorta di genocidio. Peggio ancora se tutti coetani fra loro. a perdere la vita è stata una parte di una generazione, una parte della vita del paese, non solo 29 persone.
Se quella scuola dovesse essere ricostruita presto, come auspicano le istituzioni ma anche l'ESF, verrà a mancare una classe, l'anno prossimo ci sarà una prima elementare, una terza elementare ma non una seconda classe elementare.
Questo accadrà, sempre se verrà ricostruita la scuola, in un paese abitato prevalentemente da anziani, di anziani che non vogliono assolutamente lasciare le proprie case, abitazioni che ormai non hanno una parete in piedi. gia pochi genitori erano rimasti ad abitare il paese, buona parte di questi oggi era stesa su una bara bianca a piangere il figlio o figlia scomparso.
A morire è stata una parte del paese, la più vitale, quella che rappresenta il futuro. i corpi di quella piccola generazione oggi erano allineati, tutti in bara bianca, in una palestra, l'ordine di disposizione è quello che gli insegnanti amano chiamare "a ferro di cavallo" , la stessa disposizione che i bambini avevano in classe. Quando ero a scuola la disposizione a “ferro di cavallo” era quella che preferivo, la più orizzontale, tutti potevano guardare in faccia tutti, tutti ugualmente distanti dalla maestra. La morte come una livella mantiene l’equidistanza. Una equidistanza nella morte non elimina il dramma sociale. Anche questo terremoto è una catastrofe sociale. I bambini frequentavano una scuola pubblica nell’entroterra molisano, la scuola: una di quelle istituzioni che ogni anno in questa zona rischia la soppressione per mancanza di fondi a causa di finanziare sempre più risicate. Se il solaio non era a regola d’arte colpa è anche di uno svilimento delle istituzioni pubbliche verso privatizzazioni e speculazioni neoliberiste sui bisogni delle popolazioni. Rina Gagliardi in un editoriale su “liberazione” riporta la diatriba tra Voltaire e Rousseau su come si doveva interpretare il terremoto che devastò Lisbona nel 1755. Il primo sosteneva che la disgrazia era governata da una logica puramente naturale; Rousseau sosteneva invece che il sisma aveva accuratamente selezionato le sue vittime, i ricchi riuscirono a salvarsi mentre i poveri furono tutti flagellati. Ora una scuola pubblica ha il merito di tenere insieme persone socialmente e culturalmente diverse (cosa che quasi mai avviene in un istituto privato), ma a scorrere le foto che i genitori tenevano in mano o che erano poggiate sulle piccole bare bianche si ha ancora una volta che la natura socialmente selettiva del cataclisma (o se volete della sfiga) è ancora vigente. L’immagine più atroce di oggi erano quelle famiglie riverse sulle casse di legno, chi portava il pallone, un super santos, o chi una bambola, le camice scure da prima comunione poggiati sui piccoli corpi coperti, intere famiglie alle quali era stato negatoil proprio seguito.
Le responsabilità se ci sono vanno cercate fuori dal paese; di certo non nelle invenzioni giornalistiche che vogliono il parroco contro il sindaco, oppure la magistratura di Larino contro la giunta rea di aver dato l’agibilità all’edificio. Il sindaco non poteva prevedere tale sciagura, il parroco nemmeno. Ed è proprio il parroco a chiarire che la comunità del paese non va devastata nella sua unità in un momento cosi drammatico. Il sindaco nel crollo della scuola ha perso una figlia, l’altra è in ospedale a Roma per accertamenti.
Piuttosto le responsabilità vanno ricercate in una politica sul territorio da sempre sbagliata, a pochi interessa la sopravivenza dignitosa di queste comunità, a pochi interessa l’assetto idrogeologico delle valli dell’appennino, pare che sia più importante alzare un ponte tra la sicilia e la calabria quando la zolla africana spinge su quella europea che ripopolare di alberi la collina sopra Sarno o rifare mappature dei nuovi fenomeni sismici. I geologi che studiano la “anomalia Molise” non sanno che pesci prendere. Il fenomeno è anomalo e non riescono a decifrarlo. Da questa zona non vi erano scosse significative da circa sette secoli, una piccola scossa la si ebbe nel 1939 ma nulla di grave. Oggi sono smarriti quanto noi, non si esprimono o si esprimono poco, e lasciano presagire che forse si avranno altre scosse.

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