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PER SALVARE LA VITA DI UN GIOVANE PALESTINESE
by Dino Frisullo Saturday, Dec. 07, 2002 at 1:26 PM mail: dinofrisullo@libero.it

Appello urgente, specialmente per Genova (Se la rete non serve per questo, a che serve?...)

Per favore, dopo aver letto questo messaggio fate qualcosa. Diffondetelo, attaccatevi ai telefoni, chiamate la stampa (l'Ansa è già informata). Chi ha un qualche potere schiodi le istituzioni, chieda conto al governo, al prefetto e al questore di Genova e di Bologna...

Il riferimento, per ciò che sto per spiegarvi, è l'avvocata Cristina Errede di Bologna, tel. 348.7606502. Questa mattina insieme ad altri avvocati ha fatto ciò che poteva, nella questura di Bologna, per salvare AMIN KHAIRI dall'espulsione e dalla morte.
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LA STORIA

Mi è stata raccontata questa sera per telefono dall'avv. Errede. Da ciò che mi ha detto, e dai pochi riscontri che ho potuto fare, è assai credibile.

Amin Khairi si trova in questo momento, questa notte, ammanettato e detenuto in una cella della questura bolognese. Il suo avvocato, Errede, non ha potuto parlare con lui. Già tutto questo è illegale, perchè non si tratta di un fermo per "accertamento d'identità": l'identità, anzi le identità di Amin, sono ben note alla polizia. Perchè è rimasto in prigione in Italia per tredici anni, prima di finire, appena scarcerato, al nuovissimo Cpt di Bologna e poi in quella cella.

Negli anni '80 Amin perse tutta la sua famiglia in un campo profughi in Libano, probabilmente a Sabra o Chatila. Come molti giovani palestinesi esasperati in quegli anni terribili, si arruolò in quello che sembrava il più radicale dei gruppi palestinesi, la fazione di Abu Nidal. Con quel gruppo andò in Tunisia e in Libia, e nei loro campi si addestravano anche giovani oppositori tunisini. Fu arrestato dalle autorità tunisine, che in questi casi non andavano e non vanno per il sottile. Tanto che, quando non so come riuscì ad evadere e fuggire in Italia, dopo pochi mesi venne a Roma un agente tunisino sotto falsa identità per cercarlo e farlo fuori.
Amin fu più veloce e uccise. Per questo ha pagato: tredici anni di prigione a Rebibbia, poi a L'Aquila.

Quando è uscito dal carcere è stato immediatamente fermato dalla polizia e portato in questura a L'Aquila per notificargli l'espulsione. Non per motivi di sicurezza dello Stato, ma... per ingresso illegale, tredici anni prima!
Questa espulsione era a carico di Amin Khairi, cittadino israeliano. "In itinere", guardacaso, la sua identità è cambiata. L'Interpol ha "scoperto" trattarsi non di un palestinese, ma di un tunisino. E come tale, figurarsi, l'ambasciata tunisina l'ha riconosciuto.

Nel frattempo però un giudice aquilano ha esaminato il suo caso. Ha sentito la psichiatra che in carcere aveva ricomposto i frammenti tragici della sua memoria di profugo senza infanzia. Ha visto le informative dei servizi. Ha ascoltato Amin, che gli ha detto francamente che il suo vero nome palestinese è ancora un altro, ma non può dirlo per non mettere a rischio di vita ciò che resta della sua famiglia.
Il giudice gli ha creduto, ed ha sentenziato che Amin (o come si chiama) è palestinese, che ha pagato per il suo delitto, che comunque, in base al principio del "non-refoulement", non può essere rimpatriato nè in Israele nè in Tunisia, dove per motivi diversi rischierebbe la vita.
Dunque ha annullato l'espulsione.

La questura di Bologna avrebbe dovuto liberarlo, e magari consentirgli, dopo tredici anni, di chiedere asilo in Italia. E' un suo diritto chiederlo, poi sarà eventualmente la commissione a decidere se i suoi trascorsi sono o non sono "ostativi".
Invece la questura di Bologna ha detto che la sentenza del giudice aquilano per loro non ha alcun valore. Per loro Amin è e resta un tunisino, come ha detto l'Interpol (o i servizi?), un criminale comune e non un politico, e dunque, voilà! si fa un altro decreto di espulsione cambiando un poco la motivazione, lo si rende immediatamente esecutivo ai sensi della Bossi-Fini, e già fra qualche ora Amin (o come si chiama) potrebbe essere consegnato alla polizia di Tunisi.

La vicenda è stata seguita fin dall'inizio da Mauro Bulgarelli, deputato dei Verdi. Nel corso della sua visita al Cpt di Bologna l'ha conosciuto anche Katia Zanetti, deputata dei Ds. Il Prc bolognese è intervenuto sulla questura di Bologna, ed anche gli altri due parlamentari. La sua storia, dice l'avvocata Errede, è stata raccolta anche da una casa editrice che sta per pubblicarla.
Tutto inutile, finora. Evidentemente qualcuno, molto in alto, ha deciso la sorte di Amin.
La scorsa notte il suo avvocato, senza parlargli, ha potuto solo consegnare una diffida motivata, accolta con qualche ironia dalla questura. La richiesta di asilo politico, se l'è dovuta riportare indietro.
Se non è arbitrio di polizia questo, cos'è mai?

Qualcuno penserà: un omicida, un terrorista... Perchè mobilitarsi per lui? Pensi un attimo, allora, cosa significa passare una breve vita per metà in un campo profughi e per l'altra metà in una galera. E si chieda se non merita un'altra possibilità.

Tutto qui, almeno quello che so. Ora la vita o la morte di Amin è nelle mani di tutti noi, di te che leggi.

AGGIORNAMENTO A SABATO ORE 16
IL RAGAZZO E' IN VIAGGIO VERSO GENOVA, DA DOVE SARA' IMBARCATO PER LA TUNISIA, A SEGUITO DI NUOVA ESPULSIONE DEL PREFETTO DI BOLOGNA PER "PERICOLOSITA' SOCIALE".
I SUOI AVVOCATI BOLOGNESI, FRA CUI NAZZARENA ZORZELLA DELL'ASGI (TEL 335.5248371), STANNO INVIANDO UN'ISTANZA URGENTE ALLA CORTE DI STRASBURGO PERCHE' FERMI, SUL MOLO D'IMBARCO, LA MANO DEL GOVERNO ITALIANO.
A GENOVA SI PUO' FARE QUALCOSA?



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