Nei verbali la verità sull'assalto: le molotov
introdotte nella scuola per coprire gli eccessi
G8, i superpoliziotti confessano
Le accuse a Canterini e gli interrogatori dei pm genovesi inventato anche l'accoltellamento di un agente di MASSIMO CALANDRI e MARCO PREVE
GENOVA - "Una leggerezza", ammette il vice-questore Pasquale Troiani. Fu una "leggerezza" portare nella scuola Diaz le due molotov per incastrare i 93 no-global ospiti dell'istituto. Spartaco Mortola, ex capo della Digos genovese, riconosce che quella notte arrestare i manifestanti fu probabilmente "una forzatura giuridica". Francesco Gratteri, capo dello Sco, spiega come il finto accoltellamento dell'agente potrebbe essere servito a giustificare "l'eccesso di violenza" dei Nuclei anti-sommossa. E riflette: "Oggi forse non ripeterei quello che ora forse ritengo un errore, e cioè essermi recato là". Leggerezze, forzature, eccessi, errori.
E' una sconvolgente confessione, quella che emerge dai verbali dei super-poliziotti interrogati dalla Procura di Genova sul famigerato blitz della notte del 21 luglio 2001, una delle pagine più nere della storia della polizia italiana. Un'operazione che doveva permettere di recuperare l'immagine delle nostre forze dell'ordine agli occhi del mondo, dopo che quel pomeriggio la televisione aveva mostrato le devastazioni delle Tute Nere: ma i giornalisti convocati a tempo di record dall'addetto stampa del Viminale finirono per testimoniare quella che un altro funzionario, Michelangelo Fournier, braccio destro di Canterini, ha definito "un'azione da macellai". Arnaldo La Barbera, capo dell'Ucigos scomparso nei mesi scorsi, sosteneva di averlo capito subito: "Mi avvicinai a Canterini, sconsigliandolo di proseguire nell'operazione". I "celerini" non avevano ancora sfondato il cancello della scuola, erano da poco trascorse le 23. I verbali, che Repubblica è in grado di anticipare, fanno parte della richiesta di archiviazione presentata dal procuratore aggiunto Francesco Lalla per i 93 della Diaz, ma sono contenuti anche nel delicatissimo fascicolo che i pm del pool G8 hanno ultimato in questi giorni: le accuse per agenti e superiori vanno dalle lesioni al falso, alla calunnia. Il rinvio a giudizio per gli indagati - un centinaio di persone in tutto - è atteso nelle prossime settimane. "La mia leggerezza". Il vice-questore Pasquale Troiani, responsabile della logistica durante il G8, non avrebbe mai dovuto essere in via Cesare Battisti. Invece si aggrega ai Nuclei anti-sommossa, e prima di lasciare la questura giura di aver saputo che sul furgone guidato dall'assistente Michele Burgio ci sono due molotov, rinvenute nel pomeriggio in un'aiuola di corso Italia. Una volta alla Diaz, confessa, "dissi a Burgio di portarmi le bottiglie". Ricorda di averle consegnate nel cortile della scuola ad un collega, il vice-questore Massimiliano Di Bernardini, alla presenza di Gilberto Caldarozzi, vice di La Barbera. "Quando le ho portate e mi ha chiesto dove fossero state trovate ho detto che erano state trovate nel cortile o nell'immediatezza delle scale d'ingresso. Questa è stata la mia leggerezza, e me ne rendo conto".
Michele Burgio, il poliziotto "pentito" che con la sua confessione ha permesso ai magistrati di scoprire il primo dei clamorosi falsi, nel pomeriggio aveva parlato di quelle molotov al generale Valerio Donnini, responsabile dei Reparti mobili italiani che viaggiava sul furgone da lui guidato. "Quando è arrivato il dottor Donnini gli ho fatto presente che c'erano le bottiglie (chiedendo se non era il caso di portarle in questura, spiega in un altro passaggio) e lui si è rivolto a me in modo alterato, come se avessi fatto una domanda stupida o che comunque non dovevo fare". La sera, davanti alla Diaz, "ho ricevuto una telefonata del dottor Troiani che mi ha detto di portare le cose che avevamo sul mezzo".
Le accuse di Gratteri. Il capo dello Sco "non ricorda" quando nel cortile della Diaz i super-poliziotti - lui compreso - osservano il sacchetto con le molotov, e comunque spiega di essersi subito allontanato. Ma ha le idee chiare sui presunti falsi: "Se dovessi impostare un'indagine su quanto è accaduto alla Diaz, partirei dal dato che a determinare il caos all'interno della scuola potrebbe essere stato qualcuno del reparto mobile o di altri reparti, così come l'episodio dell'accoltellamento simulato possa essere servito a parare l'eccesso di violenza usato nei confronti di alcuni occupanti della Diaz; penso che anche l'episodio delle bottiglie sia stato montato per giustificare quanto accaduto all'interno della Diaz; ritengo che sarebbe importante determinare chi abbia comandato Troiani di venire alla Diaz; può essere che egli si sia mischiato con gli altri e che abbia fatto quello che hanno fatto gli altri del reparto mobile e che abbia pensato di coprire quanto accaduto all'interno; ritengo che comunque molti potrebbero essere i moventi concreti alla base dei fatti che sono stati contestati a una componente della Polizia di Stato che non ritengo rappresentativa della Polizia di Stato".
Le nuove contraddizioni. Spartaco Mortola dà un'altra versione sulle molotov: le vede per la prima volta al piano terra della scuola, gliele mostrano due agenti del reparto mobile ("Guardate cosa abbiamo trovato"). Con lui ci sono due colleghi che non ricorda bene: forse La Barbera, Gratteri. Dice di aver visto dentro la Diaz "circa 50 persone a piano terra, tranquille e apparentemente non ferite", spiega gli errori nell'attribuzione delle prove a carico dei manifestanti sostenendo che "si era creata confusione". E quando gli si chiede del perché dell'arresto dei 93, risponde: "Posso solo dire, a posteriori, che c'è stata qualche forzatura giuridica". Michelangelo Fournier, invece, nella scuola ricorda ragazzi pacifici "con evidenti segni di pestaggio", e di aver gridato agli agenti "Basta, basta!": "era uno sfogo istintivo e rabbioso davanti a quanto avevo visto in quei locali".
(7 gennaio 2003)
http://www.repubblica.it/online/politica/giotto/giotto/giotto.html
|