La nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, oggi (29/01/2003) è entrata nel porto militare di Southampton ed ha bloccato la partenza delle navi da trasporto delle forniture militari britanniche che stavano salpando verso il Golfo per la guerra contro l’Iraq
Rainbow Warrior blocca porto militare * data: 2003-01-29
Greenpeace taglia la catena di forniture militari verso la guerra del Golfo
La nave di Greenpeace, Rainbow Warrior, oggi (29/01/2003) è entrata nel porto militare di Southampton ed ha bloccato la partenza delle navi da trasporto delle forniture militari britanniche che stavano salpando verso il Golfo per la guerra contro l’Iraq La Rainbow Warrior, con una flottiglia di canotti gonfiabili, ha occupato il porto, gettando l’ancora e bloccando l’uscita, mentre gli attivisti di Greenpeace si attaccavano alle catene dell’ancora della loro nave per impedire che la spostassero. Le navi per i rifornimenti sono state caricate giorno e notte con elicotteri, mezzi corazzati, camion ed altre attrezzature militari.
L’azione diretta nonviolenta di Greenpeace fa parte di una campagna globale per impedire un attacco militare all’Iraq che ucciderebbe centinaia di migliaia di civili ed andrebbe ad incrementare l’uso di armi di distruzione di massa.
Parlando dal ponte della Rainbow Warrior, Stephen Tindale, responsabile di Greenpeace della Gran Bretagna, ha affermato: "Siamo determinati ad fermare la corsa ad una guerra che da più valore al petrolio che al sangue. La guerra con l’Iraq non renderà il mondo più sicuro, ma aumenterà il favore verso il terrorismo e potrebbe portare all’uso di armi di distruzione di massa. L’impatto in termini ambientali e umani sarà tremendo, nessuno ne può trarre dei benefici, salvo George Bush e le società petrolifere come la Esso.
Greenpeace si oppone alla guerra in Iraq, con o senza il benestare dell’ONU, perché un attacco avrebbe conseguenze umane ed ambientali devastanti. Secondo gli esperti militari e della sanità, una guerra convenzionale potrebbe uccidere 200.000 personale, in maggioranza civili, ed altre 250.000 potrebbe morire per carestie e malattie (MEDACT). Se ci sarà un escalation della guerra, con armi chimiche o nucleari, i morti potranno essere dell’ordine di milioni di persone.
Bush e Blair hanno citato l’intenzione di Saddam Hussein di acquistare armi di distruzione di massa come giustificazione per un invasione. Tuttavia l’attacco armato a stati in possesso, o sospettati di possedere armi chimiche, biologiche o nucleari non costituisce una base stabile per tenerli sotto controllo. Sarebbero necessari ripetuti interventi armati contro molti paesi. E noto che fra gli stati che hanno armi nucleari ci sono l’India, il Pakistan e Israele. La Corea del Nord sta apertamente cercando di acquisirle. L’amministrazione Bush ha dichiarato che almeno 15 paesi stanno facendo ricerche sulle armi biologiche.
Greenpeace ritiene che la soluzione per le armi di distruzione di massa sia il controllo collettivo internazionale sulle armi ed il disarmo. Ne esistono già le premesse, con il trattato di non-proliferazione delle armi nucleari (NPT), la convenzione sulle armi biologiche e la convenzione sulle armi chimiche. Ma invece di essere rafforzati, questi trattati globali sono minati alla base dagli stati che possiedono armi nucleari.
E’ chiaro che questa guerra è per il petrolio. Le stesse forze che stanno a sostegno a della guerra sono quelle che si sono opposte alla firma del protocollo di Kyoto, che avrebbe rappresentato l’inizio della lotta a cambiamenti climatici. Le stesse società americane che riforniscono di petrolio all’America e si oppongono al protocollo di Kyoto stanno anche sostenendo la guerra contro l’Iraq. Il governo britannico ha recentemente annunciato che una delle cinque priorità per la politica estera è garantire l’accesso alle fonti di energia. E ciononostante Blair continua a negare che l’attacco all’Iraq sia in qualche modo correlato con il petrolio.
Un attacco all’Iraq aumenterebbe la minaccia del terrorismo, perché farebbe montare l’ira dei popoli che si considerano oppressi e spingerebbe un’altra generazione di giovani nelle braccia del terrorismo.
Stephen Tindale ha soggiunto, " Un mondo basato su negoziati internazionali e energie rinnovabili sarebbe un posto più sicuro che non il pianeta surriscaldato e minacciato dal terrore che ha in mente George Bush ”
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