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Da qui a sabato
by Carta Tuesday, Feb. 11, 2003 at 9:20 AM mail:

dal sito www.carta.org

10 febbraio 2003
Da qui a sabato
Carta
Comincia la settimana cruciale, quella che spingerà il mondo verso la guerra o, all'opposto, renderà più difficile, a George W. Bush e ai suoi alleati [pochi, e tra essi Berlusconi], attaccare l'Iraq. Il 14, venerdì prossimo, gli ispettori dell'Onu esporranno al Consiglio di sicurezza le loro conclusioni. Nel frattempo, andrà definendosi il piano franco-tedesco. In Italia, il parlamento voterà [speriamo] mercoledì prossimo sulle mozioni di Rifondazione, di Verdi e Comunisti italiani e [forse] dell'Ulivo: in modo che si chiarirà chi vuole la guerra e chi no. Ancora, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, dovrà a sua volta chiarire cosa intende, dicendo che è "all'Onu che spetta decidere una guerra": se vuole, cioè, "legittimare" con una seconda risoluzione, magari reticente e ipocrita, la guerra di Bush, oppure cercare di opporvisi, negando quella legittimazione. E il vice di Saddam, Tareq Aziz, sarà ricevuto in Vaticano…
La partita a scacchi delle diplomazie e dei governi è molto più combattuta che in occasioni passate - la Guerra del Golfo del '91 o il Kosovo, per fare due esempi - e il fatto che la Germania, prima di tutto, ma anche la Franbcia, la Russia, il Belgio ecc. facciano resistenza al punto da minacciare, i paesi che ne fanno parte, un voto contrario alla Nato [che vorrebbe "proteggere" la Turchia, e quindi coinvolgere nella guerra per questa via tutta l'alleanza atlantica], è una conseguenza, abbastanza impressionante se si pensa appunto ai precedenti, della poderosa spinta che i movimenti per la pace, le opinioni pubbliche e i sondaggi d'opinione hanno già esercitato.
Ma la settimana cruciale è questa. Ed è alla fine di questa settimana che avverrà qualcosa di inedito, sulla scena del mondo: che lo stesso giorno, in decine di paesi e centinaia, o forse migliaia di città di tutti i continenti, milioni di persone marceranno per dire no alla guerra. E l'esito di queste manifestazioni andrà valutato proprio così: sommando i manifestanti a scala globale, ciò che darà una cifra ad ora inimmaginabile. Perché qualcosa di profondo è accaduto, nella coscienze.
La nostra sensazione è che il generale sentimento di avversione a una guerra percepita come pericolosa e arbitraria si sia intrecciato con la spinta a contestare il sistema economico globale, detto neoliberista. Ovvero, sempre più gente avverte che la guerra "infinita" e la diseguaglianza alla scala del pianeta dipendono l'una dall'altra. E questo nesso, finalmente rivelato, fa sì che nelle manifestazioni del 15, ad esempio in Italia, ancora più che a Genova, in modo più esplicito che a Firenze o alle marce tra Perugia e Assisi, culture, generazioni, orientamenti politici differenti tra loro si mescoleranno con grande naturalezza.
Questa ondata ha investito la politica e i media. Organizzazioni in altre occasioni distante od ostili, come la Cisl, la Uil, le Acli, ecc., hanno aderito al corteo contro la guerra [la cui piattaforma, sebbene variamente elusa e discussa] dice con molta nettezza quel che anche la Cgil ribadisce nella sua pubblicità per l'evento: "senza se e senza ma". Ma era abbastanza impressionante leggere, domenica scorsa, il direttore del Corriere della Sera, De Bortoli, spiegare dalla colonna più importante, l'editoriale della prima pagina, del giornale più bellicista degli ultimi dieci anni, le ragioni "per dire no" a questa guerra: un segnale che anche l'opinione diffusa attorno al Corriere della Sera, i circoli imprenditoriali che gli fanno da contesto, i "pensatoi" capitalisti che gli procurano un retroterra culturale, in tutti questi ambiti, ormai, prevale, per lo meno, la diffidenza e la preoccupazione, di fronte a una guerra svelata sempre più per quel che ogni guerra è, dietro le bandiere, gli inni, gli appelli al patriottismo e alla difesa della civiltà: un atto di violenza con cui qualcuno uccide qualcun altro.
Viviamo, va annotato senza enfasi, un momento storico. Non solo perché la differenza tra la pace e la guerra è decisiva per il nostro comune futuro. Ma perché l'inedita mobilitazione per la pace è in sé un processo costituente: di altri modi dell'espressione della volontà dei popoli, cioè di una democrazia grande quanto il pianeta.
E' un processo che, nella nostra modestia, noi di Carta abbiamo cercato di favorire, mostrare, in ogni modo possibile. Il nostro lavoro è nato, quasi cinque anni fa, proprio da qui. E in questa settimana decisiva spenderemo ogni energia perché a Roma, sabato, ci sia ancora più gente, più cittadini globali, di quelli, già una quantità enorme, che sono nelle previsioni. Perciò stiamo per mandare in edicola un Almanacco speciale, di cento pagine, più denso di un libro e con una quantità di mappe geografiche e tematiche, con cui cerchiamo di renderci utili alla comprensione di quel che sta avvenendo. Il nostro sito si trasformerà - ancor più di quanto già non è - in una "piazza" dove trovare tutte le informazioni, le riflessioni, gli approfondimenti, i messaggi necessari alla riuscita del corteo di sabato. La nostra Radio Carta, trasmessa ora da 20 radio in tutto il paese, sarà a sua volta in edizione speciale. E nelle strade di Roma troverete molte tracce, qualcuna originale, del nostro lavoro [e anzi chiediamo a chi voglia diffondere Carta di mettersi in contatto:
06- 80692244].
Insomma, faremo tutto quel che è possibile fare, come del resto stanno già facendo molti altri con cui abbiamo condiviso il cammino fin da Seattle e Porto Alegre in poi. Perché la domanda che ci si pone è semplice e terribile: o la pace o la guerra.

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