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Io c'ero e purtroppo ho visto
by Peter Arnett Thursday, Feb. 27, 2003 at 8:06 PM mail:

Bell'articolo. Emiliano

Bagdad 1991: io c'ero e purtroppo ho visto

di PETER ARNETT

Tutto comincio' con la storia della fabbrica di latte in polvere per
bambini. Fino ad allora, l'amministrazione Bush era stata una
sostenitrice entusiasta di come la Cnn stava coprendo i bombardamenti
su Bagdad del '91. I nostri notiziari in diretta dal 9° piano
dell'Hotel al-Rashid facevano pensare che i missili Cruise e le bombe
stessero trovando i bersagli designati, e cioe' centrali di comando,
caserme, palazzi e rifugi di Saddam. Cio' che riportavamo pareva
confermare la valutazione del Pentagono che le uccisioni di civili
fossero nulle. Ma un giorno piovvero quattro bombe su un impianto
industriale alla periferia di Bagdad, e la luna di miele fini'. Venni
portato sul posto dal mio "guardiano" iracheno assieme a una troupe.
Lasciammo l'autostrada appena oltrepassato un grande manifesto
sbiadito di Saddam Hussein intento a consolare un bambino afflitto.

L'ingresso portava un cartello scritto rozzamente, che in arabo e
inglese diceva "baby milk plant" (fabbrica di latte per bambini). I
funzionari iracheni dissero che la fabbrica produceva 20 tonnellate
di
latte in polvere al giorno per i bambini della capitale. Camminavo
immerso fino alle caviglie nella polvere bianca. I documenti che
giacevano attorno descrivevano il prodotto come un miscuglio di
malto,
estratto zuccherino e latte. Io presi una bracciata di confezioni
intatte per distribuirle ai bambini, una volta rientrato in albergo.
Mi sembro' un impianto innocuo.

Quella sera riferii alla Cnn col mio telefono satellitare quello che
mi era stato detto dagli iracheni: che lo stabilimento era l'unica
fonte a Bagdad di alimenti liquidi per l'infanzia, e che non si
trattava di un obiettivo legittimo. Me ne andai a letto. Quando mi
svegliai il mattino dopo, sintonizzai la radio sulla Bbc e scoprii di
avere riportato una delle storie piu' controverse della mia carriera.
Il portavoce della Casa Bianca, Marlin Fitzwater, mi diede del
bugiardo. Lo stesso presidente George Bush aveva visto il servizio,
disse Fitzwater, "e non era stato contento". Lo stabilimento non
produceva latte in polvere, come dichiarato dagli iracheni, ma era
"una struttura per produrre armi biologiche", affermo' Fitzwater.
Quanto al giornalista della Cnn Peter Arnett, era "un canale della
disinformazione irachena".

Comincio' cosi' una guerra di parole. La fabbrica di latte per
bambini
fu solo la prima di una valanga di immagini, provenienti dall'interno
dell'Iraq, che sembravano sbugiardare le ripetute vanterie del
Pentagono sulla loro nuova generazione di armamenti a prova d'errore.
Il giorno 8, a Bagdad vennero distrutte tre case con i loro abitanti.
Il 9, vennero bombardati diversi isolati in una citta' a nord di
Bagdad, con molte dozzine di morti. Il 10, altri bombardamenti sulle
case a Najaf. La Cnn divenne oggetto della collera ufficiale perche'
precedeva regolarmente la concorrenza e attirava con i suoi servizi
moltissimi telespettatori.

Il comandante della coalizione militare, il generale Norman
Schwarzkopf, risolse il proprio dilemma morale spegnendo la Cnn nel
suo bunker. L'amministrazione Bush, ben sapendo che gli spettatori
d'America erano maniaci dei servizi sulla guerra, organizzo' una
complessa campagna per assassinare il personaggio. Io venni
denunciato
davanti al Congresso. Il delegato della Pennsylvania, Laurence
Coughlin, disse: "Arnett e' il Goebbels del regime hitleriano di
Saddam".

Le basi logiche di chi mi criticava erano che le mie osservazioni
fossero menzogne dirette oppure, se erano accompagnate da filmati,
che
gli stessi incidenti fossero stati creati ad arte dai servizi
iracheni. L'insinuazione era che Saddam Hussein stesse radendo al
suolo le proprie citta' per ottenere immagini propagandistiche. Forse
qualcuno avrebbe potuto perfino crederci se glielo si fosse ripetuto
abbastanza, e certo in quelle prime settimane di guerra
l'amministrazione Bush eludeva le critiche serie. Ma poi arrivo' il
13
febbraio, e il gioco del biasimo fini'.

Quel mattino alle 4.50 un jet americano sgancio' due missili a guida
di precisione su di un rifugio antiaereo civile nel quartiere
Amariya,
a Bagdad. Donne, bambini e anziani erano pigiati all'interno; i morti
furono circa 400. Vi discesero i giornalisti, ed entro poche ore le
immagini piu' raccapriccianti della guerra scioccarono gli spettatori
di tutto il mondo. Il Pentagono cerco' di spiegare che il rifugio era
un obiettivo legittimo perche' c'erano antenne della radio, e avrebbe
potuto essere utilizzato a fini militari. Pochi la bevvero. Il
ministro degli Esteri russo, venuto in visita pochi giorni dopo, mi
disse che il presidente Mikhail Gorbaciov l'aveva mandato a Bagdad
"perche' questa carneficina deve finire".

Il dibattito sul bombardamento di Amariya sposto' l'attenzione dalla
mia credibilita' a quella del Pentagono. Le immagini erano state
cosi'
sconvolgenti che la gente comincio' a farsi domande sulla politica.
Molto dopo la guerra appresi che, in fin dei conti, la politica era
stata cambiata dal massacro nel rifugio, e che i cosiddetti
"obiettivi
militari-civili" erano stati radiati dalla lista dei bombardamenti,
almeno per quanto restava della guerra del Golfo. Pero', da allora,
la
tolleranza verso immagini spiacevoli di guerra sembra aver messo a
dura prova la pazienza dei politici americani. L'amministrazione
Clinton approvo' il bombardamento del centro televisivo di Belgrado,
durante la guerra del Kosovo, appena qualche ora dopo che la
maggioranza dei giornalisti televisivi occidentali aveva chiuso i
notiziari serali. L'ufficio di Kabul della controversa Al Jazira , la
cosiddetta " Cnn araba", venne spazzato via durante l'attacco a Kabul
del 2001. Senza dubbio i giornalisti bramosi di notizie si
piazzeranno
di nuovo sui tetti degli alberghi di Bagdad, se dovesse scoppiare
un'altra guerra.

da The Guardian (traduzione di Laura Toschi)

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Titolo Autore Data
assurdo monica Sunday, May. 25, 2003 at 4:43 PM
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