Una rissa tra giovani appartenenti ai centri sociali e militanti di estrema destra degenera in omicidio. La vittima è un ragazzo di 26 anni. Il delitto dà il via a una vera e propria guerriglia urbana.
MILANO – Notte di forte tensione per le strade di Milano: una rissa scoppiata, secondo una prima ricostruzione, tra giovani appartenenti a diverse aree politiche degenera nell’omicidio di un giovane di 26 anni. Il delitto porta la tensione alle stelle: per ore proseguono gli scontri tra gli amici del giovane e le forze dell’ordine, intervenute per riportare la calma, ma coinvolte a più riprese, in una sorta di guerriglia urbana. Alla fine il bilancio è di un morto e di sedici feriti: otto sono agenti di polizia e carabinieri, gli altri sono giovani che apparterrebbero all’area antagonista.
Teatro del delitto è la strada antistante a un locale frequentato dai giovani dei centri sociali, il Tipotà in via Brioschi, nella zona a sud della città. Ieri sera davanti al bar c’era anche Davide Cesare, la vittima. La rissa è scoppiata tra i giovani dei centri sociali e un gruppo di militanti dell’estrema destra, secondo quanto riferiscono i testimoni interrogati in questura in queste ore.
Basta una parola di troppo e compaiono i coltelli: i giovani si affrontano senza esclusione di colpi. Cesare viene colpito (ma la dinamica dell’omicidio resta ancora da accertare) e si accascia a terra.
Alcuni fuggono, altri si trovano di fonte polizia e carabinieri intervenuti per sedare la rissa. Intanto monta la rabbia tra gli amici del giovane ferito gravemente. Accerchiano il corpo e vietano a chiunque di avvicinarsi.
Persino i lettighieri delle ambulanze vengono aggrediti tanto da essere costretti ad allontanarsi in tutta fretta, senza aver avuto la possibilità di suturare sul posto le ferite alla gola e al torace. Tra i feriti ce ne è uno particolarmente grave: Sandro A. è stato colpito da otto coltellate alla schiena. Ora è in sala operatoria.
Un’ambulanza riesce a portare Davide Cesare all’ospedale San Paolo. Al nosocomio si dirigono anche gli amici del ferito. In poco tempo l’astanteria si riempie: feriti, giovani ancora su di giri. Troppo. Tanto che non appena giunge dalla sala operatoria la notizia della morte di Cesare la rabbia monta di nuovo: i ragazzi dei centri sociali vogliono portar via il corpo dell’amico. Alcuni giovani danneggiano l’ospedale, altri fuori si scontrano con polizia e carabinieri.
Gli agenti fronteggiano una cinquantina di manifestanti. Alcune auto rimangono danneggiate, ma ci sono feriti anche tra polizia e carabinieri, almeno otto. Il più grave è un poliziotto che, a quanto si è saputo, avrebbe avuto la mandibola fratturata da un sasso.
Alla fine i manifestanti vengono fermati: di una notte di scontri rimane segno nell’ospedale. Sul pavimento ci sono resti di un vetro andato in frantumi e una larga macchia di sangue, in parte coperta da un foglio di giornale.
Dai centri sociali fioccano anche le accuse contro le forze dell’ordine: “Polizia e carabinieri hanno messo in atto una vera e propria caccia all’uomo sullo stile di Genova, picchiando selvaggiamente e senza motivo”. Secondo la ricostruzione dei giovani implicati negli scontri, gli agenti avrebbero avuto anche mazze da baseball. I militanti rimandano però ogni accusa al mittente: non ci sarebbe stato alcun tentativo, dicono, di fermare le ambulanze.
Il vicequestore Vincenzo Boncoraglio difende l’operato dei suoi: “Gli agenti sono rimasti feriti per riportare la calma tra giovani che sia pur in un momento di dolore hanno occupato il pronto soccorso. Non è nostro costume fare caccia all’uomo, escludo sia possibile”.
Nei centri sociali oggi è giorno di lutto: “Le botte si danno o si prendono, fa parte del gioco. La cosa veramente grave è che hanno ucciso uno di noi, un compagno. Era un ragazzo coraggioso e buono”.
(17 MARZO 2003, ORE 8:30)
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