care forze dell'ordine...
«Ammanettati e colpiti con le mazze» Scenari «genovesi» nella furia dei Cc contro i ragazzi dei centri sociali all'ospedale L. F. MILANO Cosa siete andati a fare all'ospedale? Orlando, del centro sociale Orso, capisce dove vuole arrivare la domanda. «Siamo corsi al bar e quando ci siamo resi conto che Davide era in ospedale ci siamo andati. Sapevano che era morto, abbiamo chiesto di fare tre passi indietro per rispetto e invece loro hanno fatto tre passi avanti, e ci hanno massacrato». Al suo fianco c'è una ragazza con la faccia spaccata. «Quando sono arrivata all'ospedale - ricorda - ho sentito urla di disperazione e c'erano diverse auto della polizia, i poliziotti avevano un atteggiamento irridente. Non volevano farci entrare e sono partite delle cariche, fin dentro le corsie dell'ospedale. Sono caduta, avevo tre uomini addosso che mi manganellavano sulla testa, un altro in piedi gridava di lasciarmi stare perché sono una donna, ma loro continuavano. Perché questa rabbia?, stavamo solo piangendo il nostro compagno, non volevamo danneggiare l'ospedale».
Le testimonianze sono numerose ma tutte concordano su quel che è successo al pronto soccorso del San Paolo domenica notte. La voce dell'assassinio di Davide ha fatto il giro della città e all'ospedale sono corsi in tanti, non solo gli amici e i militanti dell'Orso. C'è un altro particolare sconcertante - smentito dalla questura - che ricorre nei racconti di chi ha vissuto un'ora di autentica paura: «Alcuni carabinieri avevano in mano mazze da baseball in alluminio, non oggetti che assomigliavano a mazze da baseball, mazze vere». Il questore ha già detto che non è vero - «il pestaggio non è un modo di fare che ci appartiene» - e però fa male a non approfondire l'ipotesi che qualche suo uomo, oppure qualche carabiniere, non sia stato all'altezza di una situzione che richiedeva più buon senso che fermezza, non fosse altro perché era morto un ragazzo. E se aggiungiamo la voglia di fare male - «gli errori e le intemperanze dei singoli sono sempre possibili», lo sa anche il questore... - ci accorgiamo che lo scenario raccontato dai testimoni è verosimile.
Walter Settembrini, portavoce del Movimento per l'opposizione sociale, era lì. Lui ha chiamato il dottor Valentino della questura e la Digos. E solo quando si è presentato il funzionario - «uno bravo» - il pestaggio è terminato. «Quando sono arrivato - ricorda - fuori sembrava il far west e non facevano entrare nessuno, nemmeno le ambulanze. Prendevano a cazzotti la gente e la chiudevano in macchina. Con le automobili i carabinieri facevano dei caroselli, le pistole spianate, sgommando davanti alle persone rischiando di investirle. Dentro ho visto inseguire gente con le mazze da baseball fino nei reparti, compagni ammanettati alle barelle, cercavo di intervenire almeno per farli medicare. Quando siamo riusciti a uscire ho chiamato la Digos, loro hanno fatto scendere i compagni dalle auto per farli medicare al pronto soccorso».
C. D. l'altra notte ha fatto il giro degli ospedali per cercare un ragazzo che aveva visto nei corridoi del San Paolo: «I carabinieri lo tenevano ammanettato faccia a terra e lo prendevano a calci, ha perso quattro denti. L'ho trovato all'ospedale San Carlo, era spaventato, in una stanza, piantonato da due agenti con la mitraglietta». La direzione del San Paolo ha emesso un freddo comunicato per elogiare il personale «che con prontezza e sollecitudine ha prestato le cure necessarie a tutti i pazienti». L'Unione sindacale italiana sanità (Usis) invece ha confermato le testimonianze dei ragazzi picchiati.
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