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In contatto con Baghdad (37)
by robdinz Friday, Mar. 28, 2003 at 7:31 PM mail: robdinz@hotmail.com

Sono stato bene stasera.

La voce che sono riuscito a raggiungere al telefono dopo ore di tentativi, appuntamenti saltati, squilli a vuoto, cadute della linea appena conquistata mi arriva sottlissima e lontana.

In sottofondo si avvertono due uomini che parlano velocissimi, come sincopati, in lingua araba.

La persona con la quale parlo è un uomo, di lontana origine italiana, a Baghdad da 5 settimane, uno dei più “indipendenti” di tutti loro. E’ in città con una telecamera digitale ed un piccolo e sofisticato registratore. La sua idea è quella di girare quanto più materiale possibile, raccogliere quanto più audio possibile e montare poi tutto quanto raccolto in modo davvero originale. Un audio puro di almeno un’ora di rumori, voci, bombe, sirene da non accompagnare con immagini. I rumori della guerra, restiuiti in tutta la sua originale drammaticità. Le immagini, e già molto è il girato, ancora non ha ancora pensato come utilizzarle, ma continua a girare dal primo giorno di guerra.

Mi confessa che fino all’ultimo minuto, fino alla prima sirena antiarea era sicuro che la guerra non sarebbe mai arrivata. E’ impossibile, pensava, che qualcuno possa solo immaginare di bombardare, anche solo una volta, una città come Baghdad, con i suoi 5 milioni di abitanti racchiusi in un’area relativamente grande e quindi con una densità abitativa enorme. Pensare una cosa del genere, mi dice, è come immaginare di sganciare una bomba in uno stadio affollato, o dentro un cinema pieno di gente.
Una carneficina. Impossibile che qualcuno possa solo ipotizzare una cosa del genere.
Sarebbe un crimine contro l’umanità, uno sterminio di massa, un macello.

Ciò che ha visto oggi è stato peggiore di qualsiasi fantasia, di qualsiasi immaginazione.
Da 24 ore su Baghdad piovono bombe e missili in ogni area della città, sfracelli indiscriminati che continuano a provocare centiania di feriti, di amputati, di vittime.

Ormai è impossibile continuare con quella contabilità delle vittime che fino a ieri aveva ancora un senso. Con le visite negli ospedali per rendersi conto dei feriti e del lavoro dei medici, con le conferenze stampa del mattino nelle quali le autorità irachene si rivelavano sorprendentemente prudenti con i macabri numeri della morte,
Ed ai quali non credrva più nessuno.

La persona con la quale parlo vive in una casa irachena, dove il padrone di casa è di origine curda e sposato con una egiziana. Ma non ha mai avuto problemi per la sua etnia. E’ un chimico, e durante i lunghi anni del’embargo imposto dagli americani il laboratorio statale dove lavorava era diventato il “suo” laboratorio. Dove egli clonava (insomma, copiava) i farmaci delle case farmaceutiche straniere che non potevano raggiungere il paese, sempre a causa dell’embargo. E questa sua specializzazione era diventata preziosissima, tanto che non riusciva a stare dietro alla richiesta degli ospedali con la sua “produzione”.

Quella di oggi è stata una giornata apocalittica (ma non esistono più aggettivi per decsrivere e quindi riportare quanto accade): il massacro del mercato di Al-Nasr, nel nord della capitale, è stata quella che si può ben definire una carneficina. Almeno 65 le vittime, non meno di 100 i feriti. Il piccolo quartiere popolare che si allunga per appena 400/500 metri sui due lati del grande viale di Al-Nasr è stato centrato da una bomba gigantesca che ha provocato una voragine profonda di almeno 5/7 metri per un diametro (ad occhio) di un centinaio. Nulla è rimasto in piedi. Tutta la città ha avvertito lo spaventoso boato che ha come prodotto un silenzio irreale di almeno 1 o forse 2 minuti.

La voce mi giunge sempre più disturbata, lenta, affaticata. E’ tornato subito a casa, non aveva più voglia di stare in giro. Ha cenato con pollo e verdure lesse con i suoi padroni di casa ed ha preferito rimanere lì. Niente videocamera, niente registratore stasera e stanotte. Una partita di domino e qualche bicchiere di succo di mela accompagnato da piccoli sorsi di acquavite distillata in casa.
Ho voglia solo di dormire, mi dice, di non sentire più rumori, di non vedere sangue dappertutto.

Non so dirti se è paura quella che ho provato oggi, forse è molto di più, forse è qualcosa che neppure io sono in grado di capire, di spiegare a me stesso.
Anche a me oggi, mentre camminavo verso il viale di Al-Nasr per andare a vedere cosa fosse accaduto, è capitato quello che ho visto fare agli iracheni in questi ultimi giorni: camminare veloce, con la testa incassata nelle spalle, muovere le mani come gesticolando a vuoto, parlare a voce alta, imprecare, gridare non so neppure io cosa, e sentire di camminare sempre più veloce, sempre più veloce, ancora più veloce. Con il fiato che ti si rompe in gola, il cuore a mille, i muscoli delle gambe duri da far male.
Sono finito di colpo contro un muro di gente che gridava, imprecava, che si strappava letteralmente i capelli dalla testa, che si stracciava i vestiti con le proprie mani, che si gettava a terra ed inizava a rotolare sui sassi, sull’asfalto spaccato, nelle pozzanghere piene di liquami.
Ero arrivato senza neppure accorgemene ad Al-Nasr, a dieci metri dal cratere della bomba. Mi muovevo come loro, mi agitavo con loro, gridavo. Ho tirato così forte il collo della camicia che avevo indosso che ho sentito 3, 4 bottoni saltare.

E’ passata un’ambulanza con una sirena fortissima, assordante, che ha come rotto la trance nella quale mi trovavo. Mi sono seduto sfinito, stremato, Pensavo di sentirmi male. Anzi forse mi sentivo proprio male. Ho visto il fondo del cratere.
Ma non ho alzato lo sguardo, non ho voluto vedere cosa ci fosse intorno.
Ho visto una collega dell’Associated Press che conosco di vista che stava risalendo in macchina, l’ho pregata di darmi un passaggio. E’ stata gentile e mi ha accompagnato fino a due strade dalla casa dove vivo. Lei telefonava con il satellitare ma non ricordo neppure una parola di quello che ha detto.
Sono salito a casa e mi sono messo a letto.
Dopo una mezzora, Samina, la moglie del mio padrone di casa ha bussato alla porta avvisandomi che era pronta la cena.
Sono stato bene con loro stasera. Li guardavo, mentre mangiavamo, e ti sembrerà strano, mi ha detto, ma sentivo di volergli bene. Un bene enorme, irragionevole forse.
Ma gli volevo proprio bene. Così tanto bene, che sono stato benissimo stasera.
Ora ho solo tanto sonno.

A domani.
E che la notte sia leggera
r.

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frammenti
by Nemo Friday, Mar. 28, 2003 at 8:13 PM mail:

Robdinz, è della massima importanza che siano trovati dei frammenti anche piccoli delle bombe e dei missili che colpiscono la città e che mietono vittime tra i civili. Bisogna trovarli prima che arrivino i marines perchè poi faranno sparire tutte le tracce di eventuali bombardamenti su civili.
Se quei missili sono americani o irakeni, solo i frammenti possono provarlo: vanno raccolti, fotografati e tenuti per dopo la guerra, e se sono americani, saranno cazzi per Bush!

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Risposta per Nemo
by robdinz Friday, Mar. 28, 2003 at 8:33 PM mail: robdinz@hotmail.com

Caro Nemo,
è stato già fatto. Attualmente alcuni frammenti sono in possesso dei colleghi. Il problema sarà farli uscire e catalogare tutti senza che si disperdano per mezza Europa.
Ciao
r.

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Grazie
by Nemo Friday, Mar. 28, 2003 at 11:11 PM mail:

Grazie per le tue testimonianze, robdinz. Le sto salvando tutte e le sto spedendo e linkando a tutti i miei amici. E' giusto che tutti sappiano.

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