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Brukman: testimonianze
by trad. alaxsa Tuesday April 22, 2003 at 05:10 PM mail:  

[it] e [sp] da: http://www.pagina12.com.ar/

[it]
Sembrava la stazione di Avellaneda quando hanno assassinato Dario Santillàn.
Stavamo alla stazione di servizio YPF che da sulle strade Jujuy e independencia, per

ripararci dai lacrimogeni. Gli effettivi della polizia federale, comandati da un fascista

coi capelli colorati che ha detto di chiamarsi subcommissario Sampedro, senza fornire altri

dati di identificazione,entrarono come fossero marines ed iniziarono a sparare pallottole di

gomma e di piombo contro duecento, trecento persone terrorizzate - donne, minori, bambini-

che tentavano di rifugiarsi dal benzinaio.
Mentre camminavamo tranquilli verso la Brukman, sgomberata dallo stato argentino in

beneficio del patron Jacobo Brukman,
recuperavamo il fiato, ci bagnavamo la faccia per alleviare l'insopportabile aggressione dei gas sparati a bruciapelle.
La carica dei federali fu inaspettata e brutale, come in molte altre occasioni; come nel

massacro del 20 dicembre che è impunito grazie ai servizi del giudice Maria Romilda Servini.
Lo assicuro da questa colonna, e sono pronto a ripeterlo lettera per lettera davanti alla

giustizia, che spero attui d'ufficio di fronte ai gravi delitti che sono stati commessi, o

davanti alla denuncia che farò se queste attese non saranno soddisfatte da quei magistarti

decenti che pure ci sono. Erano appena passate le 5.30 della sera e avanzavamo

tranquillamente per la Jujuy verso la Brukman, strappata alle lavoratrici che la hanno

rimessa in produzione dopo la diserzione dei padroni che ora la vogliono recuperare.
Strappata nella notte del giovedì santo per ordine del giudice "menemista" Jorge Rimondi.
Non sappiamo se l'hanno strappata per rimetterla in produzione o se per affermare ancora una

volta che in questo paese ingiusto i lavoratori non hanno diritto di lavorare.
Ne è nata una corrida terribile, come non vedevo da molto tempo e siamo riamsti avvolti in

un gas irrespirabile, velenoso. Rifugiati in una porta con alcuni compagni, come il Toba,

reduce del 20 dicembre,tentavamo di coprire con i nostri corpi la mi acompagna Ana che ha

una lesione alla colonna. temevamo, come effettivamente è successo, che dopo i gas sarebbero

arrivati i pali e poi le pallottole che non abbiamo tardato a sentire.
Con altri duecento manifestatnti ci siamo rifugiati nella stazione di servizio per

rifugiarci dall'attacco quando siamo stati circondati dagli agenti della Guardia di

Infanteria, con i classici caschi color tortuga.
Sono entrati sparando con incoscienza selvaggia, bastava che uno solo dei proiettili

colpisse le cisterne e saremmo saltati tutti per aria insieme alle case vicine.
Davanti a tanta bestialità mi sono qualificato come giornalista di "pagina 12" ricevendo

l'ordine di tirarmi da parte dal nano fascista e da un altro uomo che si è qualificato come

ispettor Berna.




[sp]

Parecía la estación de Avellaneda cuando asesinaron a Darío Santillán. Estábamos ahí, en la

estación de servicio YPF que se levanta en la esquina de Jujuy e Independencia,

refugiándonos de una andana de gases. Los efectivos de la Policía Federal, encabezados por

un petiso fascista de pelo colorado que dijo llamarse subcomisario Sampedro (sin aportar más

datos de identidad), ingresó como si fuera un marine suburbano y varios de sus hombres

dispararon con cartuchos de balas de goma y de plomo contra unas doscientas o trescientas

personas aterrorizadas –mujeres, menores, niños– que habían entrado a refugiarse en la

gasolinera.

A recuperar el aliento, como este cronista, a mojarse la cara para aliviar la insoportable

agresión de los gases disparados a quemarropa, mientras caminábamos en absoluta tranquilidad

por Jujuy, en dirección a la fábrica Brukman, desalojada por el Estado argentino en

beneficio de un patrón vaciador, el señor Jacobo Brukman.

La carga de los federales fue inesperada y brutal, como en tantas otras oportunidades; como

en esa masacre del 20 de diciembre que está impune gracias a los servicios de la jueza María

Romilda Servini que Cubría. Lo aseguro en esta columna y lo pienso repetir, letra por letra,

ante la Justicia que espero actúe de oficio ante los graves delitos que allí se cometieron o

ante la denuncia que interpondré si tal temperamento no fuera adoptado por algunos

magistrados y fiscales decentes, que también los hay.

Eran poco más de las cinco y media de la tarde y avanzábamos tranquilamente por la avenida

Jujuy hacia la fábrica Brukman, arrebatada a los trabajadores que la hicieron producir tras

la deserción de la patronal que ahora sí quiere recuperarla. Arrebatada el jueves santo por

la noche, con nocturnidad y alevosía por una orden del juez menemista Jorge Rimondi. No

sabemos si para hacerla producir o para dejar sentado una vez más que en este país injusto

los trabajadores no tienen derecho a trabajar.

Se produjo una corrida terrible, como no veía desde hace mucho tiempo, y quedamos envueltos

en un gas venenoso, irrespirable, que me colocó al borde del ahogo total mientras,

apretujados en un portal con algunos compañeros, como el Toba, sobreviviente del 20 de

diciembre, tratábamos de cubrir con nuestros cuerpos a mi compañera Ana, que tiene una

lesión en la columna. Temíamos, como efectivamente ocurriría, que tras los gases vinieran

los palos y tras los palos, los disparos de balas de goma y de las otras que no tardamos en

escuchar.

Con unos doscientos manifestantes nos metimos en la estación de servicio para refugiarnos de

un ataque tan alevoso como sorpresivo, cuando fuimos rodeados por decenas de policías de la

Guardia de Infantería con los clásicos cascos tortuga. Entraron disparando, con

inconsciencia salvaje, porque si uno sólo de esos proyectiles impactaba contra un surtidor

volábamos todos por el aire. Y seguramente las casas vecinas. Ante tanta bestialidad me

identifiqué a los gritos como periodista de Página/12, recibiendo órdenes de tirarme al

piso, que no acaté, por parte del enano fascista y de otro sujeto uniformado que se

identificó como inspector Berna

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