La grottesca giustizia italiana.....
Occhio perchè ci fregheranno anche sulla Diaz e Bolzaneto inventandosi chissà quali puttanate galattiche!
Quel giorno a Genova in piazza Alimonda il carabiniere Mario Placanica sparò «verso l'alto». Il proiettile mortale venne deviato da «un fattore sopravvenuto e assolutamente imprevedibile», un sasso volante. E se anche avesse preso la mira, Placanica «legittimamente avrebbe potuto dirigere il colpo d'arma da fuoco» in faccia a Carlo Giuliani, perché si trovava in pericolo. E' un'ordinanza in quarantotto pagine l'ultima lapide di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso a Genova durante il terribile G8 del 20 luglio 2000. Il gip di Genova Elena Daloisio ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dall'accusa, affermando che la morte di Giuliani è in fondo colpa di Giuliani stesso, del fatto che era lì, che c'erano scontri, che gli scontri minacciavano un automezzo dei carabinieri: l'omicidio è stato «una delle fasi di una violenta aggressione al defender posta in essere da numerose persone». Le accuse contro Mario Placanica vanno in archivio, e in archivio finisce pure Filippo Cavataio, il carabiniere alla guida del defender che passò sul corpo di Giuliani ormai a terra. Non si permette alcun dubbio, l'ordinanza di archiviazione, nemmeno l'omicidio colposo o il dolo eventuale. Non ci sarà un pubblico dibattimento. I familiari di Carlo Giuliani hanno annunciato un ricorso in Cassazione: «Non ci hanno mai animato desideri di vendetta ma soltanto l'instancabile ricerca di verità e giustizia, su questa strada continueremo finché avremo fiato». Di «delitto di stato» parlano i Disobbedienti, e di «fatto gravissimo» Rifondazione comunista.
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«Legittimo sparare a Giuliani».
Il gip archivia le accuse contro il carabiniere Placanica, non solo per legittima difesa ma per «uso legittimo delle armi». La colpa è dei no global «aggressori». Accolta la tesi dei periti: colpo deviato dal sasso assassino. Restano i buchi neri dell'inchiesta, dall'autopsia in poi. ALESSANDRO MANTOVANI
Un'ordinanza di archiviazione in quarantotto pagine ci consegna una ricostruzione dell'omicidio di Carlo Giuliani ancor più inquietante di quelle emerse finora. Perché la gip Elena Daloiso, decidendo che non c'è motivo di processare il carabiniere Mario Placanica, non si limita a riconoscere l'esimente della legittima difesa, invocata dai difensori e già accordata dal benevolo pm Silvio Franz. E neppure si accontenta di far propria, a differenza del pm senza riserve, la sconcertante teoria dei consulenti tecnici dell'accusa, convinti che il colpo, sparato da Placanica verso l'alto, sia stato poi deviato sullo zigomo di Giuliani da un sasso lanciato dai manifestanti contro la jeep dei carabinieri. Cuore del provvedimento è il paragrafo sull'uso legittimo delle armi, nel quale si legge che se anche avesse sparato su Carlo il giovane militare non sarebbe punibile, a meno che la vittima non avesse in mano un ostaggio. Scrive la giudice Daloiso, pag. 36: «Partendo dalla ipotesi, ormai accertata, che il colpo sparato da Placanica è stato diretto verso l'alto, la condotta di Placanica è scriminata dall'articolo 53 del codice penale, avendo il militare esploso due colpi di diretti verso l'alto che seguivano le numerose quanto inutili intimazioni volte a fare cessare la violenza, uno dei quali per un fattore sopravvenuto ed assolutamente imprevedibile, ha deviato il proiettile determinando la morte di Carlo Giuliani. Tutti gli elementi della indagine, della cui completezza non si può dubitare, consentono di eslcudere che Placanica abbia deliberatamente rivolto i suoi colpi verso Carlo Giuliani; ma quand'anche ciò si fosse verificato, non vi è dubbio che il carabiniere legittimato all'uso delle armi, con la componente di rischio che comporta, si trovava in presenza di un pericolo attuale per la vita o l'integrità fisica propria e dei compagni, pericolo già concretatosi in atti lesivi della integrità fisica e che e si faceva vieppiù violento; e che dunque legittimamente avrebbe potuto dirigere il colpo d'arma da fuoco contro gli aggressori al fine di porli nella impossibilità di proseguire nell'azione lesiva e pur cercando di limitare il danno in modo ragionato (con colpi diretti ad esempio a non colpire organi vitali)». Perciò si applica l'articolo 53, «uso legittimo delle armi», secondo il quale il pubblico ufficiale può sparare «quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza o di impedifre la consumazione» di delitti gravissimi come strage e omicidio, vuol dire che da oggi carabinieri e poliziotti sanno di poter uccidere impunemente ogni volta che rimangono isolati e vengono aggrediti. E' cosa ben diversa dalla legittima difesa, dove l'azione difensiva dev'essere proporzionata a un'offesa attuale (a Placanica, comunque, è riconosciuta anche quella). L'intera ordinanza, che si basa sulla ricostruzione della giornata del 20 luglio da parte di un «anonimo anarchico» che parlava del black bloc alla prima persona plurale (consegnata dai carabinieri del Ros), è un atto d'accusa contro i manifestanti «aggressori» di ps e cc. Si mette male per Massimiliano Monai, Eurialo Predonzani e Luca Finotti, indagati per tentato omicidio ai danni dei carabinieri di piazza Alimonda oltre che per devastazione e saccheggio. Nemmeno una domanda seria del pm, invece, per ufficiali dei Cc e funzionari di Ps che dovrebbero rispondere, almeno, di manovre spericolate ed inutili.
Genova, 20 luglio 2001
Finisce così la vicenda giudiziaria nata quel maledetto 20 luglio 2001, alle 17,27. C'erano state ore di cariche indiscriminate e di scontri dopo l'attacco al corteo delle Tute Bianche, in un tratto autorizzato, in via Tolemaide. Decine di manifestanti che si erano rifugiati in piazza Alimonda hanno subito una nuova aggressione dei carabinieri, li hanno allontanati, e mentre quel plotone «scelto» si ritirava sgangheratamente una delle due jeep che erano al seguito (e che fin lì avevano partecipato alle cariche benché prive di protezioni), è andata a sbattere contro un cassonetto, si è bloccata ed è stata circondata dai dimostranti inferociti. Dal lunotto posteriore una mano ha puntato l'arma, un carabiniere ha gridato «vi ammazzo, vi ammazzo», se ne sono accorti quasi tutti e quasi tutti sono scappati. Non se n'è accorto un ragazzo di 23 anni, uno che nei vicoli e nei centri sociali di Genova lo conoscevano tutti: Carlo stava alzando l'estintore, forse lo stava lanciando contro il Defender e da tre metri di distanza avrebbe fatto fatica a centrare il lunotto, chiuso per metà dalla ruota di scorta. Non ha fatto in tempo perché il colpo, il primo dei due colpi di pistola che tutti hanno sentito, l'ha preso in faccia, sullo zigomo. Poi il maldestro autista, Filippo Cavataio, gli è passato sopra per due volte, sul bacino. Prosciolto anche lui, scrive la gip Daloiso, perché «le consulenze medico legali, sulla correttezza delle cui metodologie non vi è in atti alcun elemento per dubitare, hanno infatti escluso che le lesioni rilevate sul corpo di Carlo Giuliani, nella parte che è stata arrotata dal Defender, abbiano avuto alcuna rilevanza causale nel determinare la morte, trattandosi di lievi lesioni che non hanno determinato apprezzabili lesioni di organi interni come rilevato nel corso dell'autopsia. E' stato infatti accertato che le gravissime lesioni cagionate al capo di Carlo Giuliani dal proiettile sono state di tale gravità da `determinare la morte del soggetto nel lasso di alcuni minuti'».
I buchi neri dell'inchiesta, scontro tra periti
Proprio l'autopsia, eseguita all'ospedale Galliera dai professori Marcello Canale e Marco Salvi, è stato invece il primo buco nero dell'inchiesta, tanto che il pm Franz l'ha definita «superficiale» nella richiesta di archiviazione. Infatti, nella tac del cranio di Giuliani il radiologo vede un «frammento metallico» che potrebbe essere un pezzo del proiettile, ma in sede di autopsia Canale non se ne accorge, benché abbia il referto sul tavolo. Non si può recuperare perché il corpo viene cremato per volontà della famiglia, così rimangono in sospeso anche gli interrogativi sui fori d'entrata (sullo zigomo) e d'uscita (sulla nuca): il secondo è molto più piccolo del primo e così non dovrebbe essere quando una calibro nove ti centra in pieno volto al massimo da tre metri; in genere succede il contrario, il foro d'uscita è più grande. Le dimensioni (e la forma) dei fori non sono l'unica stranezza. Alto fattore di incertezza, le prime due perizie balistiche si contraddicono su quante armi hanno sparato (la prima dice due, non una, comunque i proiettili non sono mai stati trovati) e sulla distanza tra l'arma e la sua vittima, decisiva per stabilire quanto fosse seria l'offesa rappresentata dal ragazzo con l'estintore in mano.
E' entrato perciò in campo un collegio di consulenti di primo piano, nominati dal pm a febbraio del 2002. Sono Paolo Romanini e Pietro Benedetti (balistici), Carlo Torre (medico legale) e Nello Balossino (informatico, esperto di audiovisivi). E' Torre a trovare un frammento di piombo (del peso di 0.0244 grammi) nell'involucro che conteneva il passamontagna di Giuliani, e ritiene che appartenga al nucleo del proiettile, l'interno cioè dell'ogiva blindata. Siccome il frammento è sporco di materiali «in uso nell'edilizia», il collegio ipotizza che il poiettile si sia frantumato perché ha impattato contro «un bersaglio intermedio». Prima se la prendono con l'estintore, ma non funziona. Poi Balossino, analizzando i filmati, dirà che a deviare un colpo è stato un sasso che sembra sbriciolarsi poco prima di giungere sulla jeep, formando una nuvola bianca. A quel punto Placanica, senza che il pm voglia risentirlo, dice in tv di aver sparato «in alto aria» (Terra, Canale 5, 27 maggio 2002) e infine «in aria» (Tg1, 20 luglio, dettaglio che non gli era mai venuto in mente nelle già contraddittorie dichiarazioni al pm. Basta e avanza a Franz e alla gip Daloiso. Ma del tutto diversa è sempre stata la ricostruzione dei consulenti della famiglia Giuliani, difesa dagli avvocati Giuliani Pisapia e Lea Vinci. Il balistico Claudio Gentile e i fisici Giorgio Accardo, Roberto Ciabattoni e Ferdinando Provera affermano che la nuvoletta bianca appare nei video in un istante incompatibile con la morte di Giuliani, segnata dalla macchia rossa che appare sul passamontagna in corrispondenza dello zigomo, mentre la pietra va «regolarmente» ad infrangersi lasciando un segno sul tettino sopra la seconda «i» della parola carabinieri.
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