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Il presidio ad oltranza iniziato il 5 Maggio scorso a Viterbo contro i tagli nella sanità della Tuscia,e soprattutto nel settore psichiatrico, è stato sospeso lo scorso martedì 13, dopo che l'assessore regionale Saraceni ha garantito l'accoglimento della gran parte delle richieste dell'Associazione dei Familiari dei malati psichici. Un risultato raggiunto solo grazie all'abnegazione dei manifestanti, che, nonostante i problemi sia personali di età e salute sia sociali, visto il tipo di patologia dei familiari che erano tenuti ad assistere, hanno garantito un'adeguata partecipazione ad un presidio durato per 9 giorni 24 ore su 24, con la solidarietà di molti cittadini, fra cui i compagni del CSOA di Viterbo. Pure questa dura lotta non era finalizzata ad ottenere conquiste estremiste e rivoluzionarie nel campo della sanità, era finalizzata ad ottenere diritti riconosciuti dalle stesse leggi vigenti, LEGGE BASAGLIA. Ma il problema è proprio quello: da molte parti si sta portando un attacco reazionario contro la Legge Basaglia; attacco che ha la punta dell'iceberg nella famigerata legge Burani Procaccini, che introducendo modifiche alla legge Basaglia sia in termini di ingresso dei privati nella gestione delle strutture finalizzate al recupero sociale di malati psichici, ma soprattutto reintroducendo metodi vessatori nel campo del trattamento sanitario obbligatorio (TSO), tendono ad un ulteriore svuotamento della legge Basaglia, e a far rientrare dalla finestra quei manicomi che la Legge Basaglia aveva cacciato dalla porta. Questo svuotamento della legge era cominciato da tempo, addirittura dall'entrata in vigore della legge stessa, quando alla chiusura dei manicomi non si erano accompagnate le aperture delle strutture previste, tipo Comunità terapeutiche, Centri Riabilitativi, e soprattuto le cosiddette case alloggio. Anzi, col passare degli anni, le poche struture introdotte venivano eliminate attraverso i tagli dei fondi necessari. Per cui se prima qualche comunità e qualche casa famiglia c'era e funzionava, man mano queste strutture venivano messe in condizione di non poter funzionare e venivano chiuse, subito "rimpiazzate" da strutture private, che con poche eccezioni erano dei veri e propri lager, dei manicomi, appunto. Le motivazioni addotte, come abbiamo detto, erano di natura economica, il tristemente famoso budget; ma quando poi si vanno a spulciare le spese delle ASL in questo settore molto spesso si scopre che, ricorrendo al privato, la Sanità pubblica spende fior di quattrini, molto di più di quanto si spendeva con le strutture pubbliche, e con un risultato molto più scadente. Veniamo al caso specifico della Tuscia, balzata in questi giorni agli onori della cronaca per il presidio. Intanto nella Tuscia tutti i problemi che abbiamo riscontrato prima sul funzionamento della Legge 180 sono presenti ed anzi amplificati. Non esiste una Comunità Terapeutica per i casi "più gravi", quando, cioè, ci sono acutizzazioni della malattia, per cui i malati in questi casi vengono dislocati in strutture di altre zone, molto spesso lontanissime: vengono insomma sradicati dal territorio oltretutto con forti spese per la sanità pubblica. Naturalmente poi non ci sono case-famiglia, se non qualcuna privata, e naturalmente nessuna casa alloggio. Ma ultimamente peggiora anche la situazione di quelle strutture esistenti. Così, per esempio, sono chiusi i centri riabilitativi diurni di Tarquinia e di Vetralla, il primo perchè manca di locali, il secondo perchè i locali non sono mai stati trovati. Pure il centro riabilitativo di Tarquinia fino a pochi mesi fa funzionava, e funzionava pure abbastanza bene, visto che era riuscito ad iniziare un percorso molto serio di recupero psichico, fino all'inserimento di diversi "malati" nel mondo del lavoro. Adesso questo centro non riesce a trovare locali idonei e quelli che usufruiscono di quel servizio rischiano l'abbandono a se stessi. A Vetralla il Centro Riabilitativo non era mai stato aperto, per la solita mancanza di locali, mentre a Civita Castellana non funziona per mancanza di psicologi, anche se poi spulciando bene si viene a scoprire che un paio di psicologi ci sono, solo che sono stati assunti come assistenti sociali. Dulcis in fundo si decide, ariecco il famoso budget, di stanziare 800.000 euro per i 20 malati sparpagliati nelle comunità terapeutiche in varie parti d'Italia. Peccato che i soldi necessari per questo scopo sono 1.400.000 euro, gli 800mila coprirebbero a stento la spesa fino al 30 settembre. Il bello è che basterebbe aprire una comunità in zona, e molto probabilmente le spese diminuirebbero, e oltretutto non ci sarebbe lo sradicamento sociale per i malati. Fra l'altro si era individuato anche il posto dove aprire la comunità terapeutica, ed erano stati anche trovati i locali, ma dai responsabili nessuna risposta. Un disastro, come si vede, pure per i familiari dei malati psichici diventava difficile addirittura esporre questi problemi a chi di competenza. Per ben sette mesi il funzionario in questione ha snobbato tutte le richieste di incontro (sei) inoltrate dall'associazione. Almeno fino al presidio. Due giorni dopo il funzionario dava un appuntamento, chiedendo contemporaneamente di chiudere il presidio. Naturalmente visti i precedenti il presidio non veniva tolto, e i fatti hanno dimostrato che si è deciso per il meglio, visto che nell'incontro si è visto solo fumo e protervia da parte del funzionario. Si è dovuti arrivare a minacciare forme di lotta più dure, lo sciopero della fame ad oltranza, per sbloccare la situazione. Viene fissato un incontro con l'assessore regionale Saraceni, e finalmente si ottengono i risultati prefissi. Il centro riabilitativo di Tarquinia potrà riaprire, provvisoriamente in locali di emergenza, in attesa di trovare a medio-breve scadenza i locali definitivi; mentre si programma il passaggio di ruolo dello psicologo di Civita assunto come assistente sociale, e un concorso per trovare un secondo psicologo; anche a Vetralla si è trovato lo stabile, per cui è prevista l'apertura appena sarà nominato il responsabile. Si garantisce anche la copertura finanziaria per i 20 ospitati nelle comunità terapeutiche ed anche l'interessamento per la comunità terapeutica di Orte. Unica divergenza la gestione della comunità di Orte, che l'assessore vuole privata. A giorni ci dovrà essere la riunione della Consulta, che dovrà preparare la delibera con le richieste da portare all'incontro con i funzionari della ASL. Questa la cronaca di una lotta di difesa dei diritti dei malati psichici. Qualcuno magari storcerà la bocca di fronte ad una lotta "riformista" e "legalitaria". Ma si tratta di una lotta contro una nuova spirale di criminalizzazione dei malati psichici in atto in Italia: basti pensare a come è stato affrontato il caso di quei 2 cittadini di Napoli e Milano che hanno causato diversi morti e feriti in questi giorni. Qualcuno avrebbe pensato che si affrontasse il nodo della vendita di armi in Italia, invece no: il nodo è diventato quello dei matti a piede libero; Vespa ci ha fatto pure una puntata di Porta a Porta. E si sa che in Italia soprattutto di questi tempi si montano i casi per "normalizzare" le situazioni. La campagna mediatica per le rapine ai tabaccai portò ad acuire le pene per i reati di microcriminalità, la campagna contro i "matti in libertà" rischia di sponsorizzare la legge Burani Procaccini con la conseguente riapertura dei manicomi. Aver condotto una lotta contro lo smantellamento della legge Basaglia in questa situazione mediatica e aver conseguito una vittoria, sia pure parziale, non è stata solo una battaglia di civiltà contro l'oscurantismo, ma è stato anche l'inizio di uno scontro, che può essere vinto contro la criminalizzazione delle diversità. Cosa che può anche servire da volano per una lotta contro tutte le criminalizzazioni.
huambo e vittoria partecipanti al presidio di Viterbo come aderenti alla associazione familiari dei malati psichici http://www.controappunto.org pag.carcere e repressione
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