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Quale futuro? io israeliana dico
by Manuela Dviri. Wednesday, May. 21, 2003 at 4:45 PM mail:

La scelta sionista fatta da ragazza, l’impegno pacifista, gli amici palestinesi, la preoccupazione per il paese che si autodistrugge, la delusione di Barak, l’odio per Israele di certa sinistra, il figlio che non c’è più... Intervista a Manuela Dviri.


UN DESTINO COMUNE

La scelta sionista fatta da ragazza, l’impegno pacifista, gli amici palestinesi, la preoccupazione per il paese che si autodistrugge, la delusione di Barak, l’odio per Israele di certa sinistra, il figlio che non c’è più... Intervista a
Manuela Dviri.

Manuela Dviri, israeliana originaria di Padova, ha scritto L’uovo di cioccolata, pubblicato in Israele, collabora col Corriere della Sera, vive a Tel Aviv.

Perché sono andata in Israele? Perché vengo da una famiglia ebraica sionista. La piccola comunità ebraica padovana, a differenza di quella di Venezia, era molto sionista; da Padova erano partiti parecchi ragazzi dell’età di mio padre, tra cui Renzo Calabresi, i fratelli Rossi, parlo del primo dopoguerra. A mio padre sarebbe molto piaciuto andare, però aveva una madre molto vecchia ed è rimasto qui, ha passato la guerra, ha fatto un po’ il partigiano.
Mio padre ricordava come un affronto terribile la seconda guerra, l’essere perseguitati. Il fatto di essere in mano d’altri, di non avere il proprio destino nelle proprie mani è qualcosa che ha avuto un peso nella nostra famiglia. Delle tre sorelle, la prima a partire sono stata io, nel ‘66, quindi prima della guerra del ‘67; avevo diciassette anni e in nave, proprio venendo la prima volta in Israele ho conosciuto un ragazzo israeliano, un sabra; due anni dopo ci siamo sposati. Di stabilirmi in Israele già ci pensavo, comunque, così, con un marito israeliano, mi è stato anche più facile. Pochi anni dopo, anche mia sorella è arrivata, mentre una terza sorella è rimasta in Italia, a Torino.
Io quindi sono venuta in Israele non per bisogno, come spesso è successo agli ebrei della diaspora, ma proprio per puro desiderio sionista. Devo anche dire che i primi anni sono stati molto belli e molto faticosi, anche perché io non parlavo una parola di ebraico, l’ho imparato da sola, ho fatto l’università a Tel Aviv, mi sono laureata in Letteratura Comparata, in inglese e francese, poi ho insegnato in varie scuole; mi ero inventata un metodo particolare per insegnare l’inglese ai bambini handicappati; infine sono passata all’Istituto Weizman e lì ho lavorato fino al ‘98. Nel frattempo mi erano nati tre figli, il grande nel ‘69, uno nel ‘72, il terzo nel ‘77. Nel ‘98, il 26 febbraio ‘98, è morto mio figlio piccolo, Yoni. E’ morto sul fronte del Libano.

Per alcuni mesi sono tornata al lavoro, poi ho deciso che dovevo fare altro nella vita, che bisognava darsi da fare; se non l’avessi fatto io non l’avrebbe fatto nessun altro…
Fare cosa? Far sentire la mia voce, anche se diversa da quella degli altri, anche se a volte sgradevole, ma farla sentire lo stesso, come se io fossi l’unica al mondo che può cambiare le cose. Certo, lo so che non lo sono, ma se tutti lo pensassero, probabilmente il mondo cambierebbe.
Tutto è iniziato nel ‘98, durante la Shivah, la settimana di lutto per i morti. Mi sono venuti a trovare in casa il presidente della Repubblica, che allora era Weizman, e il ministro della Difesa, Yitzhak Mordechai. Si aspettavano la solita madre affranta, in lacrime e invece si sono trovati davanti una donna infuriata. Io ho chiesto al ministro della Difesa: “Lei mi sa spiegare cosa stanno facendo questi soldati in Libano? E perché siamo ancora lì?”. Lui non ha saputo rispondermi o, forse, non ha voluto e allora mi sono rivolta a tutti i militari, dal Capo di Stato Maggiore ai colonnelli, ai generali, ai soldati semplici. E a tutti ho fatto la stessa domanda: “Cosa stiamo facendo in Libano?”. La risposta è stata: “Siamo nel territorio libanese perché nessuno ha deciso di non esserci”.
Dopo il ritiro dal Libano, per un’idea che era venuta, pare, a Rabin, si era deciso di lasciare una “striscia di sicurezza” che sarebbe stata salvaguardata da truppe maronite, cattoliche e israeliane.
All’inizio funzionò, ma poi nacque il gruppo degli Hezbollah che si mise a combattere contro i ragazzi rimasti nella striscia di sicurezza; in pratica questi giovani, anziché salvaguardare i villaggi ebraici di frontiera divennero dei bersagli, come quegli anatroccoli che si vedono nei Luna Park. All’inizio ne morivano due, tre, anche quattro in un mese. Sembrava fosse una cosa normale. Nel ‘97, in seguito alla collisione nei cieli del Libano di due elicotteri israeliani (in cui morirono 73 militari) quattro madri di soldati residenti in Galilea fondarono il gruppo “Quattro Madri”. Le donne avevano cominciato a far sentire la loro voce. Era il momento giusto, nel 2000 ci sarebbero state le elezioni e Barak aveva capito che l’opinione pubblica stava cambiando: ormai erano in molti a volere il ritiro delle truppe dal Libano, così promise: “Se io sarò eletto usciremo dal Libano” e mantenne l’impegno. Fu l’unica cosa veramente buona che fece durante il periodo del suo governo.
Già, Barak. Il suo governo, fin dall’inizio, fu un po’ bizantino; Barak non si fidava di nessuno, credeva solo in se stesso, quindi aveva formato due gruppi di consiglieri o di aiutanti che si combattevano l’uno con l’altro, aveva proprio una corte che gli girava intorno. Del resto parliamo di un uomo che era appena uscito dall’esercito, che era stato Capo di Stato Maggiore; un uomo nato e vissuto nei kibbutz, che aveva conquistato il Labour così, in volata, quasi senza alcuna fatica, ma anche senza alcuna esperienza politica che lo potesse sostenere in una trattativa così delicata come quella che doveva portare agli accordi coi palestinesi. Non dimentichiamoci che un arabo è un arabo; un arabo ama il suk, il mercato, il cercare di tirare sul prezzo, e allora forse anche il provare a forzare coi negoziati.
Secondo me, se un negoziato non funziona, bisogna andare avanti ugualmente; a Taba si era veramente arrivati vicinissimi un accordo. Per questo si può citare Jossi Beilin, che era a Taba e ha continuato a tenere rapporti coi palestinesi: c’era già un accordo anche per il numero dei palestinesi che sarebbero potuti rientrare in Israele in base alla legge del ritorno palestinese.
Comunque, ora è inutile tornare sull’argomento, semplicemente non c’era tempo. Era già tardi a Camp David, l’incontro non era stato adeguatamente preparato. Soprattutto si era troppo a ridosso della fine del mandato di Clinton, come pure di quello di Barak; stava avvenendo tutto all’ultimo momento. Infatti sono stati compiuti degli errori enormi, sia da parte palestinese, che da parte israeliana; su questo non ho alcun dubbio.
Credo anche che Arafat non si aspettasse un’intifada così lunga, di cui ha perso il controllo; in Medio Oriente, ci sono delle forze, delle emozioni, che sono potenti, e che a un certo punto sfuggono di mano. Neppure Barak pensava che poi sarebbe finita così.

I risultati dell’intifada sono stati orribili per ambedue le parti. Nei Territori palestinesi la disoccupazione è altissima, siamo ormai arrivati alla fame, c’è molto spesso il coprifuoco, è una vita impossibile. La popolazione palestinese sopravviveva anche grazie agli impieghi in Israele; oggi da Gaza non entra più nessuno, Betlemme è chiusa, come pure Ramallah, Jenin, Nablus, tutte le città palestinesi sono chiuse. A Gerico, dove c’era il famoso casinò in cui gli israeliani andavano a giocare, è successo il finimondo, è sparito tutto, anche il casinò.
Ma la cosa più incredibile è che si era veramente a un passo dalla normalità. Io ricordo, e parlo di due non di dieci anni fa, quando gli israeliani andavano a comprare i mobili nei Territori; quando andavano nei Territori a giocare al casinò, ad aggiustare la macchina perché il garage costava meno, a curarsi i denti perché il dentista in Israele costa carissimo mentre quelli palestinesi, pur essendo qualificati, costano meno. Insomma, il passaggio dalla quasi normalità alla catastrofe è stato rapidissimo. Dubito che dalla catastrofe si possa tornare alla quasi normalità con la stessa rapidità.

La guerra dei Sei Giorni, la grande vittoria, è stata, in fondo, la nostra rovina. Oggi, da persona normale, mi chiedo: “Quali sono le nostre prospettive?”. Se i Territori diventano parte dello Stato d’Israele cosa ne facciamo dei palestinesi? Se diamo il voto a tre milioni di arabi, avremo un premier arabo entro cinque minuti; se non diamo il voto a tre milioni di arabi, allora è apartheid; se rimaniamo come siamo adesso, che non siamo né qui né lì, come andiamo avanti? Continueremo a colpi di bombe da una parte e di kamikaze dall’altra?
Il problema è la sfiducia, una sfiducia enorme, che proviamo gli uni rispetto agli altri, reciprocamente. I palestinesi sostengono che da Netanyahu in poi gli accordi non sono più stati rispettati; Israele avrebbe dovuto lasciare altri territori, invece anche con Barak… insomma la loro accusa è: “Noi ci abbiamo creduto e voi non avete fatto quello che avreste dovuto fare”. Dall’altra parte l’israeliano dice: “Se voi accettate che i vostri kamikaze ci uccidano nelle nostre città, come possiamo avere fiducia in voi?”. Quindi c’è una sfiducia fortissima da ambedue le parti. E tuttavia c’è anche il desiderio di vivere una vita normale, perché questa è una vita impossibile ormai, per loro e anche per noi.
Il fatto è che siamo intimamente intrecciati l’uno con l’altro, siamo come dei gemelli siamesi: se uno sposta la testa, sposta la testa anche l’altro, se uno sta bene, sta bene anche l’altro, se uno sta male sta male anche l’altro. Allora, sarebbe importante che almeno si sapesse quel che succede dall’altra parte, anche per eliminare l’aspetto di demonizzazione del nemico, che nel nostro caso è una persona che ci vive a pochi metri o a pochi chilometri di distanza.
A volte l’israeliano crede di vivere in Europa, invece no, vive nel Medio Oriente, c’è poco da fare.
Allora, israeliani e palestinesi hanno gli stessi problemi, vivono nello stesso luogo, si conoscono molto bene. Forse i palestinesi ci conoscono meglio di quanto noi conosciamo loro; moltissimi palestinesi parlano l’ebraico perfettamente, io lo sto studiando adesso, l’arabo, lo parlo malissimo; quello che voglio dire è che noi abbiamo un destino comune, mentre l’italiano, tutto sommato, spesso gioca sul problema israelo-palestinese, secondo quello in cui crede politicamente.
Del resto, i palestinesi sono molto più simili a noi di quanto uno possa credere; hanno imparato tutto da noi: noi abbiamo avuto il sionismo loro hanno il desiderio di uno Stato, con un capo di Stato, con un parlamento. Questo desiderio nasce esattamente dal fatto di non avere libertà, di non poter decidere per se stessi. Ebbene, non c’è niente di meglio di un’oppressione per diventare popolo. Noi lo sappiamo bene: quand’è che siamo diventati Stato d’Israele? Quando -in ben altro modo, per carità facciamo le debite distinzioni- come popolo ci siamo sentiti espropriati di tutto quanto un popolo deve avere.
I palestinesi sono gli ebrei del Medio Oriente.

Vado spesso avanti e indietro tra Israele e l’Italia; dovunque vada mi piace osservare l’espressione della gente: in Israele il viso delle persone è molto spesso triste. Quella di Sharon è una politica di vendetta, occhio per occhio, dente per dente, così alla fine rimarremo tutti senza occhi e senza denti. La preoccupazione di una persona che non è della sinistra israeliana, come può essere mio marito, è quella di un paese ormai allo sbando: “Va bene, allora continueremo a uccidere e a farci uccidere e intanto resisteremo… ma fino a quando?”. Tutti si chiedono quale sarà il futuro. Anche chi vuole la vendetta si chiede quale sarà il futuro. Intanto oggi a pagare sono le classi meno abbienti. Tantissimi giovani hanno perso il lavoro; un’amica mi raccontava che ci sono dei ragazzi che girano per il mondo, che casomai stanno sei mesi in India perché -dicono- “In India la vita costa poco, così ci divertiamo e anche se non lavoriamo sopravviviamo lo stesso”.
Il futuro è un grande punto di domanda.
Io credo che Israele rischi non già la distruzione da parte degli arabi, quanto l’autodistruzione; il pericolo è che rimangano quelli che dicono: “Occhio per occhio, dente per dente, vendichiamoci” e che un giorno o l’altro i giovani si rassegnino a pensare: “Che ragione c’è perché io stia qui? Il mondo è grande, io parlo le lingue, so lavorare col computer, ho studiato per fare il medico, posso farlo anche da un’altra parte”. Questo è un pericolo enorme.
Israele è un paese che non ha mai conosciuto simili tassi di disoccupazione; d’altra parte non ha nemmeno mai conosciuto un tale numero di stranieri che fanno lavori fisici. Ora ci sono i filippini che fanno i badanti o le badanti, i rumeni che fanno i muratori, i cinesi e i tailandesi che si occupano di agricoltura, i tailandesi o i filippini che lavorano nei ristoranti, ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le qualità; addirittura le prostitute russe, o anche israeliane che lavorano per tutti questi gruppi di stranieri. Ci sono ormai delle piccole città di stranieri in Israele, per esempio a Tel Aviv nella zona della vecchia stazione degli autobus. E’ un mondo fuori d’Israele dentro Israele.

Credo che la comunità ebraica italiana, che è quella che io più conosco, sia molto confusa e imbarazzata, e forse anche poco informata. Del resto, la complessità del mondo israeliano è tale che diventa difficile seguire giornalmente quello che succede, malgrado moltissimi ebrei della diaspora, praticamente quasi tutti, abbiano parenti e amici in Israele. Io spesso incontro ebrei della diaspora e li trovo sempre molto preoccupati dell’antisemitismo.
Ecco, l’antisemitismo è la cosa di cui io ho smesso di preoccuparmi dal ‘68, cioè da quando sono andata in Israele. Secondo me, l’antisemitismo è soprattutto razzismo, ossia una brutta malattia, e chi ce l’ha probabilmente la tiene nascosta. Comunque, io penso che nei corsi e ricorsi, la storia non torna mai ad essere identica a quella che è stata in passato. Credo che oggi in Europa, in Italia, sia più facile che facciano del male agli albanesi, ai turchi, o agli afgani o ai russi. L’antisemitismo, come l’abbiamo conosciuto durante la seconda guerra mondiale, non tornerà mai più. Comunque di antisemitismo di sicuro in Italia non si muore, mentre di anti-israelismo oggi si muore. E’ una bella differenza. Di questo si muore in Israele, ma in futuro potrebbe accadere anche all’estero. Anzi forse già accade: quel gruppo di israeliani morti in Kenia sono morti non perché erano ebrei, ma appunto perché erano israeliani. Penso che non sia lontano il giorno in cui in un albergo si potrà sentirsi dire: “Lei ha passaporto israeliano? No, allora preferiamo di no, è troppo pericoloso per noi”. Insomma, io sinceramente non sento l’urgenza di preoccuparmi dell’antisemitismo contro gli ebrei, né in Italia né altrove.

Qualche tempo fa ho ricevuto il messaggio di uno psicologo egiziano che raccontava, con molto disprezzo, di una trasmissione che stanno facendo al Cairo sui Savi di Sion; la riteneva una cosa orribile, assolutamente da condannare e auspicava che, visto che il mondo intero ha capito che sono balle, gli egiziani smettessero di far vedere queste cose, e soprattutto che i politici fossero i primi a dirlo. Ho interloquito con questo signore per internet, non sapevo neanche chi fosse, e l’ho ringraziato; ho detto che avevo trovato delizioso questo suo messaggio e che avremmo potuto cambiare l’espressione “leader egiziani” con “leader israeliani”. Lui ha risposto molto gentilmente dicendo: “Mi fa piacere sapere che dall’altra parte c’è una persona che è d’accordo con me”. Ecco, internet fa sì che si continui a dialogare, israeliani con palestinesi, con egiziani, con giordani. Io ho anche degli amici in Giordania, in Egitto, ho degli amici palestinesi e, grazie a internet e al telefono, si continua a parlare tra di noi, quasi fossimo una piccola coalizione all’interno di questo mondo che fa le guerre preventive, che decide chi ha ragione e chi ha torto nel modo più assoluto, che stabilisce che bisogna fare assolutamente il tifo per l’una o per l’altra squadra, mentre, secondo me, non ce n’è assolutamente bisogno, bisogna fare il tifo per le persone.

E’ vero, a sinistra ci sono anche posizioni ferocemente anti-israeliane. Recentemente, in occasione del giorno della donna, eravamo state invitate in una città vicino a Firenze, io e due mie amiche palestinesi in esilio; proprio mentre eravamo lì che parlavamo c’è stato l’ingresso delle truppe israeliane a Betlemme, era marzo; il padre di una delle amiche palestinesi mi ha contattato, chiedeva aiuto; ho subito telefonato in Israele, ho messo in moto un’amica parlamentare, ho parlato con altre persone, insomma ho cercato di mobilitarmi… Ebbene, quando sono tornata, sono subito stata aggredita da una signora molto di sinistra che mi ha detto: “Lo Stato d’Israele non ha il diritto di esistere perché è aggressore”. Ma come? Mi ero appena fatta in quattro per aiutare la gente di Betlemme attraverso amici israeliani… E’ subito saltata su una delle due palestinesi, dicendo: “Lei non si permetta di dire una cosa del genere a questa persona”. Ecco, a volte mi sembra che in Italia si faccia del tifo per l’uno o per l’altro senza capire che, poi, in realtà, quando siamo fuori dal contesto -o anche dentro- ci capiamo molto di più fra israeliani e palestinesi di quanto possa fare un italiano.

Quando c’è stata la famosa storia della raccolta delle olive, ci sono stati dei gruppi che sono andati fisicamente ad aiutare i palestinesi a raccogliere le olive e a me sembra una cosa importante, perché è così che si crea un futuro comune. Non tutti i palestinesi sono dei kamikaze, non tutti i palestinesi ci vogliono uccidere, ma tutti i palestinesi stanno malissimo, sono ormai arrivati quasi alla fame e quindi vanno aiutati quando vengono aggrediti dai coloni, come è successo nel caso delle raccolta delle olive.
C’è un altro gruppo, che io trovo molto interessante, che è “Medici per i diritti umani”, medici israeliani che vanno nei Territori, una volta ogni quindici giorni, ad aiutare i loro partner palestinesi. Poi ci sono Le donne in nero che, tutti i venerdì, fanno delle manifestazioni; non hanno mai smesso di farlo, mai, neanche per un giorno. Poi c’è un gruppo che pubblica un giornaletto in ebraico e in arabo per bambini e che raccoglie viveri, vestiario, anche pentole, per i palestinesi; c’è infine Ta’ayush che, forse, è il più importante, e che si presenta ai processi, che va ovunque. Certo, sono tutti piccoli gruppi, molto spesso fatti da ragazzi abbastanza giovani, che non hanno alcuna importanza dal punto di vista politico. Eppure…

Forse in quel momento non l’avevo nemmeno capito, ma la mia idea era che, siccome Yoni era un bravissimo ragazzo, un figlio buono, bravo, simpatico, che non aveva mai fatto del male nella vita, ho deciso che neanche la sua morte avrebbe dovuto farmi del male; anzi nella sua morte avrei dovuto trovare una nuova ragione di vivere. L’ho trovata.

http://www.unacitta.it/intervista.asp?id=1110

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testimonianza preziosa
by indica Wednesday, May. 21, 2003 at 6:22 PM mail:

E' vero i destini sono intecciati e c'è chi cerca di superare la barriera. da leggere e diffondere,secondo me.Mi sembra importante

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shalom Manuela
by Giancarlo Thursday, May. 22, 2003 at 9:23 AM mail:

Grazie Manuela per la tua testimonianza di pace. Grazie per il tentativo di far capire a certi vetero comunisti che la pace si cerca con il dialogo. Grazie ancora per aver testimoniato dell'esistenza di un diffuso movimento pacifista in Israele.
Giancarlo

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senza terra vichi e boicotta
by X DAN X ER PUMA X IO X LIBERA X ECC::: Thursday, May. 22, 2003 at 10:47 AM mail:

questo é un discorso decisamente piu umano del vostro
questa é una testimonianza a cui mi posso sentir vicino
anche se non condivido completamente

IMPARATE AD ESSER PIU CIVILI
E ANCHE MENO VOLGARI
E VEDRETE CHE DA QUESTO SITO AVRETE ANCHE SOLIDARIETA

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a x un sacco di gente
by Libera Thursday, May. 22, 2003 at 10:49 AM mail:

grazie del consiglio, ma non mi pare di esprimermi in maniera offensiva e volgare. A meno che tu non ti riferisca a "libera!!!", che è un'altra persona e di tutt'altro stampo, a quel che ho potuto leggere

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che ridere
by dialogare coi vermi? Thursday, May. 22, 2003 at 10:54 AM mail:

E' da sei o sette mesi che ci provo.

Non avete ancora capito che sono culo e camicia con sharon e con bush?
Che si fingono democratici?
Che sono falsi e scorretti?

Cercano solo di dirigere indymedia dove vogliono loro, di disinformare e manipolare.

In breve, sono dei vermi. Punto e basta.

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nazista
by Nemo Thursday, May. 22, 2003 at 10:57 AM mail:

Schifo di merda nazista putrescente! Adesso te la prendi anche con un messaggio di pace come quello di Manuela, solo perchè Manuela per te è un verme perchè ebrea? Bastardo! Che tu sia maledetto mille volte!!!!

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Anvedi questi...
by Uno dei vermi Thursday, May. 22, 2003 at 10:58 AM mail:

Mi riportate un solo post in cui noi vermi abbiamo inneggiato a Sharon o all'esercito israeliano? Sono sei o sette mesi - come dice questo qui sopra - che non facciamo altro che dire che ci sarabbe bisogno di uno Stato palestinese, ma che questo non deve comportare la distruzione dello Stato d'Israele. Cosa ci sarebbe di sbagliato in questa affermazione?

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x uno dei vermi
by David Thursday, May. 22, 2003 at 11:08 AM mail:

Qui con questa gente è tutto fiato sprecato!

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X Giancarlo
by indica Thursday, May. 22, 2003 at 11:13 AM mail:

Concordo. E'un'analisi umana non schierata e pone interrogativi che bussano alla porta di molti. Lei non divide il mondo in filo qua e filo là, analizza una situazione che richiede altri strumenti per essere superata. Interessante il discorso del che fare? dell'autodissolversi di entrambe le popolazioni, importante e, profondamente insito nella sapienza ebraica, riconoscere l'umanità dell'altro e quindi l'andare oltre il proprio sguardo. Questo è l'aiuto ,per me, di cui hanno bisogno israele e la Palestina. Non antiche polemiche ormai superate dalla tragedia. Non si può più appoggiare nè l'urlo dei Kamikaze nè il crepitio delle pallottele e il disintegrarsi delle case demolite. una volta gli israeliani andavano nei Territori occupati e i palestinesi a Gerusalemme,ora c'è solo fame e disperazione.
per fortuna anche all'estero faticosamente cominciano ad emergere voci delle due comunità che si cercono
Ciao

PS: consiglio di visitare il sito indicato: c'è molto materiale interessante

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Bellissima intervista
by Lopez/Tsui/Alvy Thursday, May. 22, 2003 at 11:17 AM mail:

La dovrebbero leggere tutti quelli che usano frasi come "Nazisionisti", "Intifada vincerà", "Bastardi israeliani" ecc. Quando capirano che i cittadini d'Israele sono persone che vivono, respirano, soffrono, muiono come tutte le altre, allora forse avranno fatto un passo avanti. Loro credono che a noi faccia piacere sentire dei morti palestinesi. O che ci faccia piacere sentirsi rinfacciare quelle morti solo perché siamo ebrei. E' terribile sentirsi dire "siete diventati da vittime a oppressori" quando all'epoca di quando eravamo vittime mezza Europa si è girata dall'altra parte facendo finta di niente. Dan non fa altro che ripetere "2 popoli 2 nazioni". Io sarei anche d'accordo con "2 popoli, una nazione" se fosse possibile. Ma per quanti sforzi noi possiamo fare, agli occhi di questa gente saremo sempre dei porci nazisionisti. Anche se - come nel mio caso - forse sono anche più a sinistra di loro. Ironico, vero?

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come al solito, cosi rovinate l'immagine d'israele
by solidale con le persone Thursday, May. 22, 2003 at 11:19 AM mail:

"senza terra vichi e boicotta
by X DAN X ER PUMA X IO X LIBERA X ECC::: Thursday May 22, 2003 at 01:47 PM

questo é un discorso decisamente piu umano del vostro
questa é una testimonianza a cui mi posso sentir vicino
anche se non condivido completamente

IMPARATE AD ESSER PIU CIVILI
E ANCHE MENO VOLGARI
E VEDRETE CHE DA QUESTO SITO AVRETE ANCHE SOLIDARIETA"

mi sembra che qui ci sia anche della solidarieta´
oltre che una critica

che alcune persone per offendere usino un nick
e per discutere un'altro lo si capisce
ma non aiuta la causa sionista anzi la boicotta

ma perche invece non dite la vostra oppinione su quella lettera???????????????????????????????????????????????

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x questo qui sopra
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 11:30 AM mail:

La mia opinione già lo espressa mi pare. Non hai letto il post là sopra? E' la medesima della donna in questione. E l'ho ribadito un milione di volte. Ci vuole uno Stato palestinese, ma che non comporti la distruzione d'Israele. Chissà, magari anche tu se la smettessi di equiparare il popolo di una nazione al suo governo potresti entrare nella mentalità giusta...

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errore
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 11:31 AM mail:

Ho scritto "lo" invece che "l'ho"...sorry

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E vi faccio notare
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 11:34 AM mail:

E vi faccio notare che la suddetta Manuela rimane sionista. Ma per sionista non intendo, come di te voi, "colonialista" o "razzista", bensì favorevole alla nascita e all'esistenza di uno Stato che dia asilo agli ebrei di tutto il mondo (sempre che questi abbiano voglia di andarci). E vi hanno già trovato rifugio gli ebrei russi fuggiti dai Gulag, così come gli ebrei etiopici espulsi una decina d'anni fa.

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x lopez
by vichi Thursday, May. 22, 2003 at 11:39 AM mail:

bhe i primi a girarsi furono gli americani e il vaticano
questo si sa!

io comunque credo sia piu possibile lo stato unico
dove vivono tutti insieme in pace e possibilmente disarmato
purche non si chiami stato ebraico d'israele
(che non é accetabile)
ripeto non é contro gli ebrei ma é x il rispetto dei non ebrei che non si puo dare quel nome a uno stato

come vedi se ci si risparmia la volgarita magari si riesce
a scambiarsi le idee

in pace x una giusta pace

1 mondo 1 popolo

questa e la mia risposta al

2 nazioni 2 popoli

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X VICHI
by DAN Thursday, May. 22, 2003 at 11:45 AM mail:

questo discorso pero' non lo fa nessuno per i 23 paesi arabi che non acettano nemmeno l'esistenza sul loro territorio di altra religioni(forse tranne Iraq,Egitto,Libano)....e al contrario di Israele che accetta tutti indipendentemente dalla religione?
PERCHE?

poi Israele non si chiama stato ebraico di Isaele?ma dove l'hai letto?questo e' falso.
Israele e' uno stato laico dove ognuno ha il DIRITTO di professare la propria religione...

Uno stato per 2 popoli non e' possibile.....e dire che dividere 2 popoli in 2 nazioni e' razzista mi sembra un'idiozia...solo attraverso la creazione di uno stato palestinese sovrano potremo avere un a piccola speranza di pace!

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x lopez
by vichi Thursday, May. 22, 2003 at 11:46 AM mail:

io la penso diversamente
e non mi sento di riconoscere il sionismo come forma civile
su questo si puo discutere

ma mi mancano le risposte di dan e compagnia bella
che normalmente portano sul tavolo testimonianze
di ben altro livello oltre alla volgarita

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x vichi
by dan Thursday, May. 22, 2003 at 11:52 AM mail:

che risposte?!

quali domande?!

forse ho perso un pezzo.....a domanda io rispondo senza problemi..
ciaao!

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x vichi
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 11:55 AM mail:

Vichi, mi sa che sei cieco. Allora ti riposto le mie risposte.

Bellissima intervista
by Lopez/Tsui/Alvy Thursday May 22, 2003 at 02:17 PM





La dovrebbero leggere tutti quelli che usano frasi come "Nazisionisti", "Intifada vincerà", "Bastardi israeliani" ecc. Quando capirano che i cittadini d'Israele sono persone che vivono, respirano, soffrono, muiono come tutte le altre, allora forse avranno fatto un passo avanti. Loro credono che a noi faccia piacere sentire dei morti palestinesi. O che ci faccia piacere sentirsi rinfacciare quelle morti solo perché siamo ebrei. E' terribile sentirsi dire "siete diventati da vittime a oppressori" quando all'epoca di quando eravamo vittime mezza Europa si è girata dall'altra parte facendo finta di niente. Dan non fa altro che ripetere "2 popoli 2 nazioni". Io sarei anche d'accordo con "2 popoli, una nazione" se fosse possibile. Ma per quanti sforzi noi possiamo fare, agli occhi di questa gente saremo sempre dei porci nazisionisti. Anche se - come nel mio caso - forse sono anche più a sinistra di loro. Ironico, vero?


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x questo qui sopra
by Lopez Thursday May 22, 2003 at 02:30 PM





La mia opinione già l'ho espressa mi pare. Non hai letto il post là sopra? E' la medesima della donna in questione. E l'ho ribadito un milione di volte. Ci vuole uno Stato palestinese, ma che non comporti la distruzione d'Israele. Chissà, magari anche tu se la smettessi di equiparare il popolo di una nazione al suo governo potresti entrare nella mentalità giusta...


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E vi faccio notare
by Lopez Thursday May 22, 2003 at 02:34 PM





E vi faccio notare che la suddetta Manuela rimane sionista. Ma per sionista non intendo, come di te voi, "colonialista" o "razzista", bensì favorevole alla nascita e all'esistenza di uno Stato che dia asilo agli ebrei di tutto il mondo (sempre che questi abbiano voglia di andarci). E vi hanno già trovato rifugio gli ebrei russi fuggiti dai Gulag, così come gli ebrei etiopici espulsi una decina d'anni fa.


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dan ma che dici
by vichi Thursday, May. 22, 2003 at 11:57 AM mail:

ma perche vuoi imbrogliare

e la tunisia
e il marocco
e la giordania
e la libia
cosa sono stati espulsi gli ebrei dalla tunisia????
se l'arabia saudita(grande alleata dell'america)
é un paese di fanatici lo vuol essere anche israele??

poi israele e´nato o no per dar asilo agli ebrei?

allora oggi bisogna fare uno stato per dar asilo ai palestinesi???

e dove li mettiamo? magari in israele? ecco siamo al 48
alla rovescia
di nuovo terrorismo ecc..........

non mi sembri imparziale anche se posso capire il perche
ma non lo sei

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X VICHI
by DAN Thursday, May. 22, 2003 at 12:03 PM mail:

"e la tunisia
e il marocco
e la giordania
e la libia
cosa sono stati espulsi gli ebrei dalla tunisia????
se l'arabia saudita(grande alleata dell'america)
é un paese di fanatici lo vuol essere anche israele?? "

cARO/A vCHI(NON HO ANCORA CAPITO SE SEI UOMO O DONNA)
si,e' proprio cosi' gli ebrei sono stai espulsi da giordania,marocco,tunisia,libia....siamo intorno agli 800.000 ebrei...ti portero' le cifre ufficiali...non c'e' problema(anche i miei nonni sono stai depredati,percossi e umiliati in Egitto,e nota bene che non erano israeliani,ma ebrei italiani che si erano trasferiti per lavoro!)

L'ARABIA SAUDITA' e' il paese fanatico per eccellenza!
anche se poi vogliono farci credere l'incontrario..

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x vichi
by dan Thursday, May. 22, 2003 at 12:05 PM mail:

i palestinesi che vivono in giordania.libano ed egitto non potranno mai tornare in Israele,considera il numero nel 48 ei i lnumero attuale......Israele diventerebbe uno dei 23 stati musulmani del medio oriente e questo non sara' mai accettato ne' dalla destra ne' dlla sinistra....

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A proposito di espulsioni
by x il disinformato Vichi Thursday, May. 22, 2003 at 12:06 PM mail:

http://www.bresciasera.it/dett_rubriche.asp?ITEM_id=442

"Poi ci sono i ricordi legati alla storia recente. Tra il 1945 e il 1974. Cacciati e uccisi da Libia, Tunisia, Marocco, Egitto, Yemen, con beni confiscati, con una sola valigia al seguito. Famiglie intere che da oltre 400 anni avevano vissuto e migliorato l'economia locale, buttate fuori da oggi all'indomani, nel silenzio colpevole del mondo.
Poi ci sono i ricordi degli ebrei che l'ex URSS comunista ha ucciso, maltrattato, violentato nel corpo, nella mente e nelle tradizioni, e deportato per decenni dopo la fine delle II G.M., sino al disgelo di Gorbaciov."

http://www.kh-uia.org.il/Crisisnew/archiev/Italy/ItJan5.htm

IL VALORE DEI BENI DEGLI EBREI CHE VIVEVANO

NEI PAESI ARABI: 30 MILIARDI DI DOLLARI

Di Yair Sheleg
Ha-aretz 3.1.2001


Il valore delle proprietà private e comunitarie degli ebrei che sono stati espulsi o hanno lasciato i paesi arabi negli anni fra il 1922 e il 1952 è stato stimato a 30 miliardi di dollari circa. La dichiarazione è stata fatta ieri, nel corso di una conferenza-stampa tenutasi a Tel Aviv, dall’ex-ministro [Labor] Moshé Shachal, che ricopre la funzione di Presidente dell’Associazione Mondiale degli Ebrei originari dei Paesi Arabi.



Shachal ha aggiunto che si tratta dei beni di 850.000 ebrei che hanno lasciato i paesi arabi nel corso di quegli anni. Di questi, 600.000 persone sono immigrate in Israele.



L’ex-ministro ha aggiunto che l’Associazione presenta in questo momento la richiesta di indennizzo, per controbilanciare la richiesta di indennizzo ai profughi palestinesi, che è stata avanzata durante le trattative condotte con Israele e che nessun accordo politico in Medio Oriente può ignorare anche il diritto di quegli ebrei a ricevere dei risarcimenti.



Shachal è convinto che anche gli ebrei debbano ricevere risarcimenti in conseguenza dell’esilio forzato dai paesi arabi e soprattutto dall’Irak, Siria, Libano, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria ed anche Marocco.



Secondo l’ex-ministro, nessun accordo politico in Medio Oriente può ignorare gli 850.000 ebrei che vivevano in quei paesi e che in grande maggioranza ne sono stati espulsi privi di beni, prima di tutto come conseguenza della fondazione dello Stato di Israele nel 1948, ma anche a causa del rafforzamento del nazionalismo arabo nel Ventesimo Secolo e dalla costituzione di stati arabi indipendenti in Medio Oriente.



Come si è già detto, 600.000 ebrei sono arrivati in Israele dai paesi arabi. Il resto è emigrato in altri paesi. Durante la conferenza-stampa, Shachal ha affermato che la sua organizzazione intende redigere un rapporto sulle proprietà comunitarie ebraiche nei paesi arabi, anche sulla base dei dichiarazioni di persone che a suo tempo furono attive nella vita delle comunità.



Un passo importante per la concretizzazione delle richieste di indennizzo dei profughi ebrei è stata la dichiarazione del presidente americano Bill Clinton, al vertice di Camp David nel luglio del 2000. La dichiarazione ha ricordato la necessità di risolvere il problema di quegli ebrei, che oggi vivono in Israele o altrove e che sono diventati profughi dopo la proclamazione dello Stato d’Israele.

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´x dan
by vichi Thursday, May. 22, 2003 at 12:07 PM mail:

guarda non me lo sono inventato io continui ad imbrogliare le carte

Stato Ebraico
by forse questo può risponderti Thursday May 22, 2003 at 02:36 PM


Dichiarazione di Indipendenza dello Stato di Israele
(15 maggio 1948)

Il 14 maggio 1948 David Ben Gurion dichiara la fondazione dello Stato di Israele, in conformita' con quanto stabilito dalle Nazioni Unite.

In ERETZ ISRAEL è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l'eterno Libro dei Libri.
Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica.

Spinti da questo attaccamento storico e tradizionale, gli ebrei aspirarono in ogni successiva generazione a tornare e stabilirsi nella loro antica patria; e nelle ultime generazioni ritornarono in massa. Pionieri, ma'apilim e difensori fecero fiorire i deserti, rivivere la loro lingua ebraica, costruirono villaggi e città e crearono una comunità in crescita, che controllava la propria economia e la propria cultura, amante della pace e in grado di difendersi, portando i vantaggi del progresso a tutti gli abitanti del paese e aspirando all'indipendenza nazionale.

Nell'anno 5657 (1897), alla chiamata del precursore della concezione d'uno Stato ebraico Theodor Herzl, fu indetto il primo congresso sionista che proclamò il diritto del popolo ebraico alla rinascita nazionale del suo paese.

Questo diritto fu riconosciuto nella dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 e riaffermato col Mandato della Società delle Nazioni che, in particolare, dava sanzione internazionale al legame storico tra il popolo ebraico ed Eretz Israel [Terra d’Israele] e al diritto del popolo ebraico di ricostruire il suo focolare nazionale.

La Shoà [catastrofe] che si è abbattuta recentemente sul popolo ebraico, in cui milioni di ebrei in Europa sono stati massacrati, ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria e di indipendenza, con la rinascita dello Stato ebraico in Eretz Israel che spalancherà le porte della patria a ogni ebreo e conferirà al popolo ebraico la posizione di membro a diritti uguali nella famiglia delle nazioni.

I sopravvissuti all'Olocausto nazista in Europa, così come gli ebrei di altri paesi, non hanno cessato di emigrare in Eretz Israel, nonostante le difficoltà, gli impedimenti e i pericoli e non hanno smesso di rivendicare il loro diritto a una vita di dignità, libertà e onesto lavoro nella patria del loro popolo.

Durante la seconda guerra mondiale, la comunità ebraica di questo paese diede il suo pieno contributo alla lotta dei popoli amanti della libertà e della pace contro le forze della malvagità nazista e, col sangue dei suoi soldati e il suo sforzo bellico, si guadagnò il diritto di essere annoverata fra i popoli che fondarono le Nazioni Unite.

Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che esigeva la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel. L'Assemblea Generale chiedeva che gli abitanti di Eretz Israel compissero loro stessi i passi necessari da parte loro alla messa in atto della risoluzione. Questo riconoscimento delle Nazioni Unite del diritto del popolo ebraico a fondare il proprio Stato è irrevocabile.


Questo diritto è il diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano.

Quindi noi, membri del Consiglio del Popolo, rappresentanti della Comunità Ebraica in Eretz Israele e del Movimento Sionista, siamo qui riuniti nel giorno della fine del Mandato Britannico su Eretz Israel e, in virtù del nostro diritto naturale e storico e della risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiariamo la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel, che avrà il nome di Stato d'Israele.

Decidiamo che, con effetto dal momento della fine del Mandato, stanotte, giorno di sabato 6 di Iyar 5708, 15 maggio 1948, fino a quando saranno regolarmente stabilite le autorità dello Stato elette secondo la Costituzione che sarà adottata dall'Assemblea costituente eletta non più tardi del 1 ottobre 1948, il Consiglio del Popolo opererà come provvisorio Consiglio di Stato, e il suo organo esecutivo, l'Amministrazione del Popolo, sarà il Governo provvisorio dello Stato ebraico che sarà chiamato Israele.

Lo Stato d’Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite.

Lo Stato d’Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l'applicazione della risoluzione dell'Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l'unità economica di tutte le parti di Eretz Israel.

Facciamo appello alle Nazioni Unite affinché assistano il popolo ebraico nella costruzione del suo Stato e accolgano lo Stato ebraico nella famiglia delle nazioni.

Facciamo appello - nel mezzo dell'attacco che ci viene sferrato contro da mesi - ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti.

Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d'Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero.

Facciamo appello al popolo ebraico dovunque nella Diaspora affinché si raccolga intorno alla comunità ebraica di Eretz Israel e la sostenga nello sforzo dell'immigrazione e della costruzione e la assista nella grande impresa per la realizzazione dell'antica aspirazione: la redenzione di Israele.

Confidando nell'Onnipotente, noi firmiamo questa Dichiarazione in questa sessione del Consiglio di Stato provvisorio, sul suolo della patria, nella città' di Tel Aviv, oggi, vigilia di sabato 5 Iyar 5708, 14 maggio 1948.

X lopez
cosa mi vuoi ripetere forse confondi le risposte a te indirizzate
con quelle x dan???????

guarda bene tu! dimmi dove non ti ho capito?

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E ancora
by x vichi il disinformato Thursday, May. 22, 2003 at 12:10 PM mail:

http://www.opinione.it/4.attualita/archivio_attualita/2002/08-04_14-04/13-04-02_capone2.htm

La fuga disperata della famiglia Hassan
di Ruggiero Capone

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Tripoli 1967, la famiglia di Roger Hassan è messa alle strette, deve abbandonare la Libia: lasciano il Paese perché il governo libico ha sequestrato i loro beni come risarcimento per la “guerra dei sei giorni”. La famiglia Hassan è di religione ebraica e propende per ripararsi a Roma, dove insiste la più antica comunità ebraica europea. Qualche anno dopo, nel ’70, toccherà anche agli italiani di Libia: rei di non essere graditi al regime di Mohammar Gheddafi. “Abbiamo lasciato la Libia e con lei tutti i nostri beni – spiega Roger Hassan – noi siamo di religione ebraica ma anche molti italiani di religione cattolica subirono la nostra stessa sorte”. “Siamo originari di Sfax, in Tunisia – spiega Felice Hassan (padre di Roger) -. Io ho 54 anni e faccio l’agente assicurativo. In Libia la mia famiglia s’occupava import-export. Invece mio fratello lavorava nel settore automobilistico, presso la filiale libica dell’inglese Amber Ilman.

Ricordo che quando venimmo in Italia fummo ricevuti veramente bene dal Governo – continua Felice - che inserì lavorativamente i profughi in ministeri ed enti. In Libia, con la salita al potere di Gheddafi, iniziò una campagna d’odio, propaganda musulmana contro le altre religione. Vi furono numerosi morti. I primi a lasciare la Libia furono gli ebrei, seguirono comunità d’altre religioni. Abbandonammo Tripoli con scarse venti sterline in tasca – spiega Felice - non certo bastevoli a ricominciare altrove una vita. Ma l’odio ormai era nell’aria, i militari entravano nelle case e rendevano la vita difficile alla nostra comunità come ad altre. Prima della salita al potere di Gheddafi vivevamo tranquilli, si lavorava e si socializzava con tutti. Musulmani, cristiani ed ebrei erano amici, soci in affari, e quant’altro ci faceva sentire innanzitutto libici. Oggi tutte queste nazioni che dal nord-Africa si spingono fino al Medioriente condividono una profonda parentesi integralistica, un Islam lontano dal Corano e profondamente appiattito sull’idea d’una guerra santa.

E’ scontato che i legami tra terroristi palestinesi ed integralisti sono forti. In questi giorni – conclude Felice - ci stanno tornando alla mente immagini già viste in Libia. Comunque, anche le autorità di polizia italiane hanno dimostrato che nei centri di cultura islamica si sta coltivando l’odio: fungono da basi per i terroristi, e temo si possano stabilire preoccupanti legami eversivi”. Attualmente l’Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia riunisce i 20 mila italiani che furono espulsi dal Paese in cui risiedevano fino al luglio 1970 da Gheddafi, appena salito al potere. Ma il trattato del 1956 prevedeva un accordo di collaborazione economica e regolava in via definitiva tutte le questioni fra i due Stati derivanti dalla Risoluzione dell’O.N.U.: fra l’altro l’Italia trasferiva allo Stato libico tutti i beni demaniali e - a saldo di qualunque pretesa - corrispondeva la somma di 5 milioni di sterline. Il cambiamento di regime avvenuto in seguito al colpo di Stato dell' 1 settembre 1969, e l’ascesa di Gheddafi al potere portarono in pochi mesi all’adozione di misure via via più restrittive nei confronti sia della collettività italiana che ebraica, fino al decreto di confisca del 21/7/1970 emanato per “restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori”.

Gli Italiani privati di ogni loro bene, compresi i contributi assistenziali versati all’INPS e da questo trasferiti in base all’accordo all’istituto libico corrispondente, furono sottoposti ad inutili vessazioni e costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del ‘70. Tutte queste vicende si consumarono in clamorosa violazione del diritto internazionale e, specificatamente, del trattato italo-libico del 12 ottobre 1956, nonché delle risoluzioni dell’Assemblea generale dell’ONU relative alla proclamazione d’indipendenza che garantivano diritti ed interessi delle minoranze residenti in Libia. Il regime di Gheddafi requisì anche i beni degli ebrei, presi “in custodia” dopo la guerra dei 6 giorni del 1967. In quell’occasione, probabilmente per ragioni di opportunità politica ed economica, il Governo italiano ritenne di dover accettare il fatto compiuto senza denunciare la violazione dell’accordo o chiedere l’arbitrato espressamente previsto dall’art.17.

A fronte delle pretese avanzate dagli aventi diritto, attraverso i propri organismi rappresentativi, il Parlamento italiano approvò una prima legge per un acconto sugli indennizzi per i beni perduti con coefficienti scalari nella misura media del 15% (legge 1066/71) “in attesa di accordi internazionali”. Successivamente i rimpatriati dalla Libia hanno beneficiato di leggi d’indennizzo, parziali e senza rivalutazione monetaria, a favore di tutti i proprietari di beni perduti all’estero (legge n°16/80, n°135/85 e n°98/94) che con estrema lentezza sono ancora in via di applicazione; non hanno tuttavia ottenuto nessun provvedimento specifico che, tenendo conto del loro preciso diritto e delle obiettive difficoltà di ottenere da parte libica una documentazione probatoria, risolvesse in modo equo e definitivo il contenzioso in essere. Su un piano concreto gli indennizzi corrisposti negli anni ai vari profughi ammontano complessivamente a 288 miliardi.

Infatti, con la prima legge d’acconto (1066/71) erano stati erogati 32 miliardi e 282 milioni; con le altre leggi, che erano a beneficio di tutti i profughi, i rimpatriati dalla Libia hanno ricevuto complessivamente 255 miliardi e 165 milioni. Come è evidente, nonostante il coefficiente di rivalutazione previsto dalla legge 135/85 per recuperare in parte il tasso d’inflazione, la cifra globale corrisposta ad oggi, a circa trent’anni dalla confisca, non raggiunge nemmeno quella del valore delle perdite al 1970 (400 miliardi). L’accordo italo-libico siglato nel luglio 1998 dal Ministro Dini e dal suo collega libico Muntasser ha affrontato ogni contenzioso tra i due Paesi, senza minimamente porre sul tappeto la questione del risarcimento per i beni confiscati. E con il Dini-Muntasser il governo italiano ha definitivamente rinunciato a pretendere da parte libica il rispetto del trattato violato ed esercitare la clausola arbitrale, ritenendo che lo sviluppo dei rapporti bilaterali ed i grandi interessi economici collegati agli investimenti nel settore energetico e delle comunicazioni potessero valere questo sacrificio.

“Ma uno Stato non può rinunciare alla tutela di precisi diritti garantiti ai suoi cittadini senza farsene altrimenti carico – dice l’associazione dei profughi -. Ecco perché deve essere affrontato il problema con un provvedimento che chiuda definitivamente la partita”. E chi è fuggito dalla Libia ha ancora negli occhi le atrocità dell’integralismo islamico, quello che oggi regala attentati in Usa, Israele ed Europa. E se mille anni fa toccò all’Europa difendere Gerusalemme oggi è compito dell’Occidente portare la pace in Medioriente. Occidente che vede in Israele un importante avamposto di civiltà nel cuore del mondo arabo.


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x vichi
by dan Thursday, May. 22, 2003 at 12:14 PM mail:

per stato ebraico si intende uno stato a maggioranza religiosa ebraica,questo non impedisce ad altri di professare le proprie religioni....e te lo dimostra il fatto che In Israele ci siano 3 artiti arabi in parlamento,ci sono 1000000 di arabi israeliani che studiano,lavorano,scopano come tutti gli altri..in cosa avrei imbrogliato?!

mi sa che ti stai confondendo con le risposte di qualcun'altro..io scrivo sempre e solo come dan!

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Tripoli
by x vichi Thursday, May. 22, 2003 at 12:16 PM mail:

Herbert Pagani, il cantante, venne espulso da Tripoli.

http://www.mytripoli.com/lettera_al_colonnello.htm
http://www.mytripoli.com/

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X lopez
by indica Thursday, May. 22, 2003 at 12:18 PM mail:

......breve appunto: lei parla di Statopalestinese, definisce addirittura i palestinesi i nuovi ebrei, sta imparando l'arabo, non considera se l'ombelico del mondo, ma parla della sofferenza di questa terra e del popolo palestinese, accumunando entrambi ad un medesimo destino. . E' chiaramente schierata con i pacifisti. Mi sembra un'erosione dell'umanità espressa da questa persona, non a caso una donna, usarla nel solito modo e secondo gli stessi schemi. Ciao

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leggiti bene il proclama
by vichi Thursday, May. 22, 2003 at 12:26 PM mail:

ío trovo che sia una limitazione razzista
la maggioranza ebraica

stato ebraico d'israele lo puoi ben leggere o forse
questa dichiarazione non é originale?

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Cara Manuela
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 12:51 PM mail:

Cara Manuela,
eccoti la risposta degli utenti di Indymedia:
http://italy.indymedia.org/news/2003/05/290386_comment.php#290414

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Cara Manuela
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 12:51 PM mail:

Cara Manuela,
eccoti la risposta degli utenti di Indymedia:
http://italy.indymedia.org/news/2003/05/290386_comment.php#290414

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x lopez
by non a quel livello Thursday, May. 22, 2003 at 1:07 PM mail:

guarda caro lopez
che qui tutti possono scrivere quello che vogliono

e io ti posso assicurare che una certa libera
sostenitrice dello stato d'israele un giorno
ha postato una cosa cosi razzista che neanche i nazzisti
di oggi farebbero
del tipo"boicottiamo i negozi degli ebrei a roma"

quindi non stare dietro ai provocatori
idioti o nazisti che siano
altrimenti sei tu che abassi il livello della comunicazione

e dire che quello é un post degli utendi di indimedia
e fare di tutta l'erba un fascio cosa tipicamente fascista

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OK
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 1:14 PM mail:

OK, forse hai ragione. Almeno spero.

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OK
by Lopez Thursday, May. 22, 2003 at 1:14 PM mail:

OK, forse hai ragione. Almeno spero.

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...
by più tardi Thursday, May. 22, 2003 at 1:40 PM mail:

Beh, da quel ch'io vedo quel proclama tende a confondere il sacro col profano, l'attuale con l'inattuale, cosa questa che non fa presagire nulla di buono. Che ci azzecca l'onnipotente con la Shoah? O una camarilla di stati colonialisti e imperialisti come la Società delle Nazioni con l'Onu? E' chiaramente un proclama dal sapore fortemente propagandistico in cui si fondono dichiarazioni da Costituente con la mitologia, con qualche accenno di buone intenzioni. L'impianto mi ricorda un po' quei movimenti nazionalisti di stampo romantico (come precedentemente il neoclassicismo imperiale) che hanno movimentato l'ottocento pieni di dei, eroi, Re Artù, cicli mitologici che però raramente hanno sconfinato dal loro ambito letterario e artistico. E quando l'hanno fatto il risultato è stato spesso disastroso. E' vero, vi sono alcune dichiarazioni di principio che cercano di "metterci una toppa". Ma date le premesse (e le pretese) possono essere interpretate più come una minaccia che un segnale di distensione. Io penso che i miti vadano lasciati al loro tempo, ma noto che la maggior parte di quelli quivi contenuti (Balfour=Onu, focolaio=stato, diaspora palestinese=allontanamento volontario), per i frequentatori di queste dotte discussioni sono praticamente vangelo.

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x vichy
by indica Thursday, May. 22, 2003 at 3:00 PM mail:

E' stato postato il cosiddetto modello svedese sempre da un antropologo israeliano. L'hai letto? Tra l'altro riprende gli stessi concetti espressi nel3d iniziale

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E vai Dviri
by informazione Tuesday, May. 27, 2003 at 3:32 PM mail:

Consiglio di leggere la critica riportata in questo sito, dove si attacca Dviri e il suo libro. La colpa? cercare il dialogo. Per questo è importante, secondo me, sostenere chi,dall'una e dall'altra parte, si muove per cercare di allacciare un ponte tra le due culture. Non deve essere facile scegliere il coraggio della terza via, Cerchiamo di aver ben presente questo e il contributo dell'Altra Israele

http://www.informazionecorretta.com/showPage.php?template=rassegna&id=1233

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anti semitismo
by gibril Tuesday, Jun. 10, 2003 at 2:41 PM mail:

secondo me non si puo' rimuovere il problema del anti-semitismo dicendo che non e' la stessa cosa del razzismo anti-israeliano. e' vero che fin dalla seconda guerra mondiale gli ebrei hanno potuto vivere sempre tranquilli nel mondo occidentale ma d'altra parte un certa antipatia nei loro confronti non e' mai scomparsa e adesso sta tornando a galla per via della guerra israelo- palestinese. diciamoci la verita': difficilmente gli italiani o gli inglesi andranno a perseguitare gli ebrei, ma alcuni immigrati arabi forse si', e tanti giovani europei sarebbero pronti a giustificare e a minimizzare. come si spiega senno' la costante, offensiva e ridicola equiparazione di israele ai nazisti? la condanna in israele di violazioni dei diritti umani che poi quando succedono altrove vengono ignorati? la credenza diffusa che gli ebrei americani controllano l'america e magari il mondo. e' una cosa che unisce l'estrema destra, temo certe parti dell'estrema sinistra, alcuni parti retrive del mondo cattolico, ovviamente gli immigrati islamici, e magari anche tanta gente comune. bisogna stroncare il razzismo sul nascere, sempre e comunque

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Israele
by Gabriele Tuesday, Jun. 10, 2003 at 5:15 PM mail:

Israele è uno stato ebraico.
Lo stato della NAZIONE(non religione, ma POPOLO) ebraica,
così come la Francia lo è della nazione francese, la Germania di quella tedesca, etc...
Essendo stati democratici anche le minoranze godono di diritti civili e politici.

Non vi piacciono gli stati-nazione?
Liberi di pensarlo, ma allora per il mondo intero: se gli ebrei non ne hanno diritto, perchè ne dovrebbero avere diritto francesi,russi,etc...?

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