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note di campo da steetola
by karim eliot Tuesday July 01, 2003 at 05:24 PM mail: flap-flap@libero.it 

note di campo da streetola il controllo

Ai giardini del Frontone, diligentemente socchiusi per l'occasione,punto di partenza ed epicentro della street, ci si interrogava tra le 17.45 e le 18 se, come in ogni mito di fondazione, fosse necessario un bagno rituale e purificatorio e di conseguenza aspettare l'arrivo della pioggia torrenziale, se invocare, prima della partenza un breve temporale, di buon auspicio, tramite l'utilizzo di un operatore magico, il "macho", amcora se accettare lampi e fulmini come effetti speciali e collaterali forniti dalla ditta "meteo" dell'Olimpo o infine se contattare lo sponsor ufficiale di Perugia, la S.P.A "vento e tramontana" e spazzare nubi, nuvole e titubanze.
Si scherzava.
L'acqua, fons et origo, non ha disatteso le nostre aspettative, ha contrastato stress idrici dei giorni precedenti, ed è arrivata, senza preavviso, a ritmo di 180 battute di gocce nanosecondo per abitante.
Ripari sotto gli alberi, dileggi e corse verso giacigli improvvisati, un climax giocoso e teloni di plastica trasparente, ma autoreggente hanno sostenuto l'umore degli astanti e permesso che un interstizio di sole riscaldasse i corpi e asciugasse, nel contempo, le macchine processionali.
Posizionamento dei carri musicali, accordi rispettati tra la street(ola) crew e il responsabile regionale alle relazioni con il pubblico rispetto al tempo pioggia, per una tregua di 18 ore. Si parte, coordinate spazio-temporali Frontone, ore 20.00 circa.
Start o molteplici occasione di porsi degli interrogativi, esordio di un avvenimento che mi è dato osservare: il cielo si rischiara, il sole o un suo clone si impone su possibili capricci metereologici. Nel frattempo blocchi di ex-sistenza intesa come invio, come tensione, come esemplificazione di un cambiamento avanzano, mentre vigilanze inquiete si arrestano. Rischi del quotidiano sono trattati con disinvoltura e faire play.
Irriducibili e inossidabili come soggettivita' desideranti abbiamo attraversato traiettorie in divenire, percorso Viale Roma con un piacere inedito; incontrato una moltitudine translocale e messo in scena un dispositivo festivo nomadico, mobile e sostenibile.
La gente, anche i solerti cittadini che in nome della tolleranza zero hanno inquinato e intasato le linee telefoniche di vigili urbani e questura - secondo alcune soggettività dedite al giornalismo passivo (che attraverso il proprio dis-informare, cerca di trovare un posto al sole in quel sistema integrale e globale di controllo sociale) in preda a stati ansiogeni collettivi - ci aspettava lungo il percorso, si lasciava sorprendere, a tratti compiaciuta, dallo stupore di un situazionismo in azione.
Mamme con carrozzine al seguito, gitanti del turismo verde, coppie di coniugi di mezza eta' a spasso per il salotto buono della citta', timide e impavide giovanilita', anziani combattenti e non, professionisti dell'ordine e della sicurezza hanno seguito, attraversato, accompagnato, sostato lungo il percorso, atteso nei luoghi deputati all'azione e scortato una erranza, un esodo attivo.
Street. Stare insieme in qualche specifico "dove", un fluire di una cultura in atto qui nella pratica desiderante, piuttosto che la' nella colonizzazione delle coscienze, ora piuttosto che poi nel processo di derealizzazione del reale.
Piazza Italia prima meta o sosta, diverse e polisemiche le ragioni per esser-ci, au-dela', qui e la', tra domesticita' e avventura, da entrambi i lati, avanti e indietro, dentro e fuori il cerchio di fuoco che con ironica creativita' sorvegliava, ma non puniva, decostruiva codici connessi all'arroganza monologicia del potere.
Rigenerati dalla sosta e moltiplicati nella capacita' di presenza ci avviamo verso Piazza Partigiani dove ad attenderci c'era uno sbarramento militare style, e pro bona pacis, nel rispetto delle pari opportunita', delle donne-poliziotto video-addestrate secondo l'ormai consunta formula e tecnica marins, o sea, l'altro, è un mio nemico, mordilo, bistrattalo, insultato, uccidilo. Ho messo in azione un microchip che migliora le facolta' uditive e ascoltato frammenti di discorsi di e tra poliziotte che nell'attesa di una nostra ierofania, stanche e spossate dalla fatica del non fare farneticavano su possibili misurazioni dei nostri quozienti intellettivi: l'ennesima sperimentazione concessa alla questura perugina.
Le donne-poliziotto, sollecitate a facilitare processi di comunicazione (erano temporaneamente impediti i concessi e concordati spostamenti all'interno della stazione dei bus a causa di un malinteso tra i tecnici della viabilita', i controllori della sicurezza e il possessore della magica chiave "abracadabra" del cancelletto o sbarra che dir si volgia) hanno gonfiato i pettorali, soffiato sui loro muscoli, senza fletterli e adottato, un lessico volgare, poco politesse anzichè accettare il codice frendly "disteso e collaborativo" proposto: la gerarca-vice capo ha quasi urlato "sono cazzi miei", peccato che la risposta fosse inadeguata alla domanda, fuori da ogni contesto-tipo descritto nel manuale delle giovani marmotte, come anche dal bon-ton poliziale e precisamente al capitolo 3 del paragrafo 5. a proposito di come rivolgersi a....Vabbe', storie di ordinaria incomprensione, mi sono detta, forse non ha capito o sentito la domanda, posso ripeterla e ottenere un'altra risposta..il disco era programmato da mezzanotte alle 2 a.m. con l'unica esclamazione possibile "sono cazzi miei"..così
dotata, per l'occasione, di un "quoziente intellettivo" trasfuso via etere, mi allontano senza rimuginare sul mancato incontro, oltremodo convinta che le forze dell'ordine dovrebbero investire di più in corsi di programmazione neurolinguistica e includerli all'interno della loro programmazione di formazione permanente, per lo meno un corsopropedeutico su come facilitare processi di comunicazione con il resto del mondo, loro interfaccia.
Potrebbe essere un buon business.
D'altra parte la vita senza utopia diventa irrespirabile.
Uno striscione "odio il carcere" si innalza nell'alto dei cieli..speakerate a suon di musica techno, una sorta di riflessione partecipata sulle condizioni di vita, di salute e di mal-essere della popolazione carceraria, sulla natura custodialistica delle pratiche proposte dalle linee guide del governo in materia di sostanze stupefacenti y algo mas.
Parole sui "delitti e sulle pene", irriverenza verso una istituzione totale e partenza per un altro "dove".
Mi giro intorno e siamo tanti tantissimi.
Irruenza nel quotidiano. "Reliance". La connessione di e fra differenze interattive produce forme di espressione e in generale impulsi d'azione oltre che repertori dissenzienti, ironici e danzanti. Si da forma e vita a situazioni aperte (...). Le domande poste da street(ola), segno dell'emergere di una comunita come progetto danno origine a uno spazio interrogativo fra l'atto di rappresentare chi? cosa? Dove? e la presenza di una cultura in movimento che designa il luogo in cui il senso sociale trova origine; rivendica un modo di essere e di pensare specifico ed essenziale: libertario, nomadico ed errante, produce uan strategia fondata sulla congiutura delle differenze.
Meta! Simbolizza relazioni in-scritte nello spazio, reintroduci l'audacia del desiderio: attraversiamo Via venti settembre, con un senso collettivo che si interpone alla criminalizzazione degli stili di vita.
Street fonte di fermento sociale, mitografie e/o cosmologie ossimorica del presente, in cui i contrari convivono , radicamenti dinamici e forme altre di espressione collettiva.
Lo s-punto street, dal mio parziale e situato punto di vista , esige che ci si allontani da un mondo concepito in termini binari e da una concezione delle aspirazioni della gente delineata solo come "ordine e sicurezza" in cui si insinua la violenza del potere che si abbatte con ostinazione sui dettagli della vita: "dove puoi o non puoi sederti; come puoi o non puoi vivere; quel che puoi o non puoi fare, dire, reclamare (..). Esige che si smetta di guardare alla politica come esclusiva pratica pedagogica e ideologica e la si intendapiuttosto come una necessita' impellente della vita quotidiana: la politica come performativita', come "esternazione dell'interiore", come posizione enunciativa del soggetto storico e narrativo, come margine dell'esistenza ribelle e interstiziale della cultura.
Nelle vicinanze del parco della pescaia, il mio corpo-testa mi chiede uno stop, un momento di pausa, una sosta, prima del superamento della soglia della fatica, chiacchiere e confidenze con l'autista del camion che in 28 minuti e 45 secondi mi narra le sue peripezie amorose, mentre il ritmo fuori è incandescente e reclama partecipazione. Aspetto la fine del racocnto, psico-dramma per una sola spettatrice e mi contamino alla e con la mischia.
Una processione di macchine, motorini, vespe e scooter di ultima generazione con conducenti zigzaganti al seguito ai bordi inneggia e delinea sprazzi di effervescenza.
Stop, torniamo indietro, gesta di pacifera guerriglia, immerse in una evanescenza visionaria, testimoniano una presenza e l'affermazione di una necessita'.
Sfuggire alla sclerosi mortifera dell'abitudine, all'ineffabile macdonaldizzazione del mondo, al conformismo di vita e di pensiero.
Quasi alla stazione di fontivegge sento i morsi della fame, ma mi distraggo e la potenza della musica mi inebria.
Cambiamento di direzione, cambiamento di discorso, cambiamento di riferimenti, cambiamento di azione d/nella memoria.
Aver percorso quella specie di sottopasso insieme, aver aperto fenditure e possibilita' di connessione con l'al di qua e l'al di la' della citta', ha consentito che ci siamo incontrati in un "adesso" e abbiamo trasformato il presente in un luogo espanso ed ex-centrico dell'esperienza.
Si arriva, ci si ferma, si fa un interminabile turno alla mescita liquidi e si fa giorno; ci si guarda, ci si riconosce, si monta la chill out, zona di decmpressione, si stendono i teloni su un pratino ancora umido e, si costruisce e trasmette al proprio territorio il senso dell'ospitalita' e dell'accolgienza. Accolgienza intesa come capacita' di fare spazio all'altro dentro di sè, come sollecitazione ad interagire con l'altrove, coem capacita' di memoria, come costruzione di una appartenenza ad un noi interlocutore e interpretante.
Si cerca la cisterna e la pompa dell'acqua, che secondo gli accordi, l'amministrazione comunale avrebbe dovuto mettere a disposizione come segno-segnale di una capacita' di mettere a proprio agio l'altro che arriva, l'acqua come strumento mediatore per costruire appaesamento, per riscoprire una domesticita' dell'ambiente, delle cose, dei rapporti.
Si cerca, ma non si trova.
Si cominciano a razionalizzare le riserve idriche, si fa la spola fino alla fontanella, si riempiono i bidoncini e si distribuisce l'acqua..ci si disseta.
Si srotolano modalita' di autotutela e di mutuo-aiuto, si instaurano relazioni significative con le persone che siincontrano, si promuovono stili di vita consapevoli e capaci di autodeterminazione, si sperimentano capacita' gruppali di autoprotezione e si informa su uso-abuso delle sostanze psicoattive.
Si esplicano condotte a rischio che disturbano la quiete pubblica e il cerume della classe dirigente di una citta' addormentata, in uno spazio e in un tempo liberato dall'illecito. Nel frattempo, i gestori del mondo strutturato dello svago, convocano, secondo fonti dei servizi segreti, una assemblea straordinaria tra le 2 e le 3 di notte, subito dopo la chiusura della festa di sant'orfeto (che pare, sempre da fonti sicure, tenuto le popolazioni rurali di monte malbe e san marco sveglie a suon di musica) perche' tutto torni come prima, si affidano alle loro "lacce" politiche e si autoproclamano gli unici e possibili referenti del tempo lecito, gli esclusivi promotori del loisir notturno consentito dal calendario e dalle regole vigenti in materia di tempo libero. Non è ancora il tempo, della heineke fest, altrimenti detta Umbria jazz. Non si puo' ancora far rumore, stare per strada e divertirsi, ogni cosa a sua tempo e previo acquisto di un ticket che legalizzi tutto.
Il monodo dell'intrattenimento strutturato e controllato, in cui le condotte dell'eccesso, se consumate all'interno di spazi di legittimazione dell'ordine sociale non rappresentano un pericolo di abuso e di conflitto sociale, ma una forma di economia fra le piu gradite ai commercianti dell'urbe, si scatena e inizia a protestare, come si è potuta autorizzare una festa auto-organizzata? Come si è potuto consentire uno spazio di protagonismo non normalizzato ed omologato, non modellato sui territori delle offerte-lusinghe delle merci, di cui si possiedono i diritti?
Riavvia: astuzie dell'immaginario, finita l'esperienza in comune il gruppo si sciolgie e si ricompone in un nuovo gruppo.
Il parco, il percorso verde inizia a popolarsi di altre erranze, salutisti della domenica, amanti dello jogging, famigliole in bicicletta, anziani in cerca di fresco, di cani tolettati con al guinzaglio i loro padroni.
Ci si guarda, ci si osserva, ci si sorride con i piu'..ci si mette in ascolto attivo con le lamentazioni, sorta di laudari umbri del XXI secolo, circa l'evento e si inizia a pulire l'area intorno ai carri prima e, tutta la zono circostante dopo.
Si lavora in silenzio, si differenziano i rifiuti, lattine e plastica da un aparte, carta dall'altra. Si scambiano commenti e ci si saluta, con un gran sorriso, con il 118, la misericordia di magione, con la quale abbiamo condiviso attivamente il percorso e la festa.
Ci si stende sul prato delal pinetina e ci si riposa un attimo, il sole comincia a scaldare, si attende solo che l'autista, andato a casa a riposare, arrivi per poi tornare a casa.

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Titolo Autore Data
bella pati Tuesday July 08, 2003 at 07:10 PM
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