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L'importanza della esclusione di Arafat
by kilia Thursday, Aug. 21, 2003 at 5:10 AM mail: kilia@autistici.org 

Anthony Santilli corrispondenza da Tel Aviv

L’IMPORTANZA DELLA ESCLUSIONE DI ARAFAT



TEL AVIV. Da quando Sharon si è fatto portavoce dell’intero Stato d’Israele vincendo le elezioni a scapito della sinistra laburista di Barak e Peres nel 2000, la politica di delegittimazione nei confronti di Yasser Arafat, capo dell’ANP, non è mai cessata.
Con l’avallo dell’intero Establishment statunitense la sua figura è stata continuamente accostata, come causa scatenante, a qualsiasi evento considerato un passo indietro nel cammino verso la pace fra i due popoli, dagli attentati terroristici alle mancate decisioni di allentare la morsa della sicurezza sul popolo palestinese da parte delle esercito israeliano. Questa “politica di esclusione” si è concretizzata inizialmente con la rottura di qualsiasi rapporto diplomatico con la sua persona, continuando a far apparire su qualsiasi mezzo mediatico il suo nome solamente per evidenziare le sue responsabilità negative. Ossequiosamente assecondati da Bush figlio e dall’intero suo entourage, essi non hanno mai incontrato in appuntamenti ufficiali il leader di Al-Fatah come rappresentante della causa palestinese.
Tale politica di delegittimazione dalla fine del 2001 ha assunto toni sempre più decisi.
L’ascesa del “terrorismo internazionale”, la paura crescente instillata nell’opinione pubblica attraverso un assai proficuo bombardamento mediatico, hanno portato per un breve periodo a mettere in secondo piano la questione palestinese e, successivamente, a riprenderla con toni per un certo aspetto differenti. Mai come da allora l’annoso problema di costruire una Stato che convivesse accanto a quello israeliano è stato inserito in una più vasta politica di ridefinizione dell’intero Medio Oriente e di conseguenza, anche lì, il cancro del terrorismo doveva essere estirpato, e con lui il suo principale promotore, Yasser Arafat.
L’ isolamento forzato che gli impedisce oramai da tempo di avere incontri ufficiali costanti soprattutto con i rappresentanti europei, le accuse di corruzione e di “cattiva amministrazione” dei fondi internazionali volti al sostegno del popolo palestinese, la nomina di M. Abbas a capo di un governo palestinese che lo sostituisce interamente nelle sue funzioni hanno fatto il resto.
Ma quale significato reale ha quest’ opera di boicottaggio? Quali sono stati e saranno i risultati di questa sua estromissione dalla scena politica?
Israele è riuscita nel giro di pochi mesi a decidere il suo interlocutore politico( appunto M. Abbas) e ad ammorbidire di molto le richieste nei propri confronti del piano di pace che poi, sotto la firma del quartetto (Stati Uniti, U.E., Russia, O.N.U.), ha cominciato ad avere valore operativo (un esempio è la questione delle colonie da smantellare; sarebbero infatti solo quelle costruite più recentemente, in barba alle varie risoluzioni ONU che gli impongono di tornare ai confini precedenti la guerra del 1967).
Ma il risultato più pesante lo otterrà quando la figura che simboleggia l’unità palestinese di stampo più laico sarà completamente dimenticata.
Già ora paradossalmente che la sua immagine è in crisi le organizzazioni più radicali come Hamas hanno accresciuto a dismisura il loro peso politico. Sono loro a decidere, secondo la maggior parte dei quotidiani israeliani, quando terminerà la hudna , ovvero il cessate il fuoco in vigore da qualche settimana. Sono loro che, secondo un’intervista del Jerusalem Post di venerdì 8 agosto 2003, a Shaul Mofaz, il Ministro della Difesa israeliano, « (durante questa tregua) stanno diventando sempre più forti…noi dovremo dire all’AP- Autorità Palestinese- che o loro faranno qualcosa per questo, o lo faremo noi», sottolineando, se dovesse essere ancora necessario, l’unilateralismo caratterizzante questa “trattativa diplomatica”.
Il suo accantonamento porterà ad una maggiore radicalizzazione del conflitto, a dispetto delle speranze che si stanno vanamente costruendo di fronte alla road map: la fragilità della posizione di M. Abbas nei confronti delle richieste di Stati Uniti e Israele da una parte e dei gruppi estremisti dall’altra, porterà la questione ad un inevitabile scontro tra questi due ultimi soggetti. Il premier Abbas non ha né il carisma né il prestigio di Arafat, e potrà essere facilmente scavalcato da una lotta che, dopo la fine di questa esile tregua, tornerà a mietere sangue da entrambe le parti.

Anthony Santilli

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oltre arafat
by no al muro Thursday, Aug. 21, 2003 at 5:15 AM mail:  

no al muro che segna di fatto i confini

no alle colonie e alla loro espansione

solo così si farà terra bruciata intorno al terrorismo, ogni altra discussione confina confina con la ripetitività ed è inutile.

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la vera ragione
by via dai territori Thursday, Aug. 21, 2003 at 5:39 AM mail:  

Basta con la colonizzazione

L'ideologia dell'occupazione
di Ran HaCohen
12 settembre 2002 da haaretz

"Un giornalista israeliano confuta le argomentazioni a favore dell'occupazione che, da sempre, Israele usa come propaganda.

E' passato un anno da quando scrissi la prima parte di quest'articolo, in cui confutavo una serie di affermazioni fatte dal colono David Moriah, che giustificavano l'occupazione israeliana. Subito dopo giunse l'11 settembre e l'agenda cambio' radicalmente.
Un anno dopo, le lettere dei lettori indicano chiaramente che siamo quasi rimasti al punto in cui eravamo: gli stessi vecchi argomenti vengono ripetuti e ripetuti ancora ed ognuno di coloro che li ripete crede di essere il poeta originale; invece tutte le frasi e le parole giungono dalla macchina propagandistica israeliana e dalle sue controparti estere. Dunque è il momento di confutare il resto delle argomentazioni pro-occupazione.

Dico "quasi", perchè, nel frattempo, il ministro americano della Difesa, Donald Rumsfeld, si è riferito, in un suo discorso ai "cosiddetti territori occupati". L'attuale governo americano sembra deciso a riportarci alle piu' buie epoche barbariche, in cui Guerre Sante, Crociate contro i cattivi, Assi del Male e Bottini di Guerra sono termini politici legittimi. Se la concezione di Rumsfeld è vera ed i territori occupati non sono occupati, allora Israele è una delle piu' razziste dittature dei tempi moderni, in cui milioni di abitanti sono tenuti senza nazionalità e senza diritti politici da generazioni. Se Gaza e la Cisgiordania sono per Israele quello che il Texas è per gli Stati Uniti, immaginate che i texani non abbiano cittadinanza americana e diritto di voto da oltre 35 anni e che le loro terre siano sistematicamente confiscate e date a coloni americani giunti da altri stati. Per quanto strano possa sembrare, il concetto di occupazione è essenziale per l'immagine "democratica" di Israele.

Ecco perchè persino i coloni tentano di giustificare l'occupazione piu' che negarla. Vediamo come. Prima argomentazione: "L'occupante (Israele) ha buone ragioni per ritenere che una significativa parte degli occupati (palestinesi) continuerà le violenze anche se l'occupazione dovesse terminare. Essi non nascondono le loro aspirazioni di distruggere completamente i Sionisti, che percepiscono
come un elemento alieno nella regione. E poi basta guardare una mappa dell'Anp: dimmi, vi è segnato il nome Israele?".

Questo è un argomento molto persistente. E molto dubbio. Immaginate un contadino che va da un giudice e dice: "Il mio vicino di casa mi picchia ogni giorno. Ah, dimenticavo: io occupo il suo campo dal 1967".

Ora io spero che il giudice dica: "Restituiscigli il suo campo, e la smetterà. Nel caso non la smettesse, puoi auto-difenderti, oppure ritorna da me, ma non riprenderti nuovamente il suo campo". Invece, il giudice-tipo in Israele dice: "Bene, tieniti il campo e picchia tu lui, perchè ti picchierebbe ugualmente".
Il fatto che molti palestinesi percepiscano gli israeliani come alieni nella regione è certamente vero, ma siamo noi che perpetuiamo questi sentimenti.
Del resto anche in Giordania ed in Egitto (paesi con cui intratteniamo ottimi rapporti) ci saranno questi sentimenti, a livello popolare. Noi, continuando la feroce occupazione della Palestina, non facciamo altro che attizzare questo sentimento sempre piu'.

Certo, alcuni palestinesi vorrebbero che tutti gli ebrei lasciassero la terra, allo stesso modo in cui alcuni israeliani vorrebbero che tutti i palestinesi fossero cacciati. La differenza è che, mentre i palestinesi non hanno alcuna possibilità di realizzare cio', questo piano satanico è assolutamente a portata di mano dell'establishment israeliano. Cosa ancora piu' importante, mentre nessuna autorità politica israeliana si è mai espressa contro l'occupazione, l'intero centro politico palestinese, l'OLP, ha riconosciuto Israele da oltre un decennio.

L'argomento "mappa" è anch'esso molto interessante. Quando entrai nell'esercito israeliano (oggi non lo avrei mai fatto, ma nel 1984 le cose sembravano differenti) ricevetti, come dono ufficiale, una mappa di Israele.

Essa includeva tutti i territori occupati nel 1967 (Gaza, Cisgiordania e Golan); nessuno di essi era segnato come territorio occupato, nè vi erano linee di demarcazione. Basta del resto guardare qualsiasi programma alla televisione israeliana: non esiste la Palestina, non esiste l'autorità palestinese, non esistono i territori occupati, non esiste la linea verde.
E' tutto nostro.
Seconda argomentazione: "E' essenziale controllare quell'area, perchè attorno ad essa sono dislocati "obiettivi sensibili", come areoporti e centri per la sicurezza". Questa è la tipica ideologia della "sicurezza", una volta popolare tra gli israeliani non religiosi, ma che sta perdendo terreno, ultimamente.
L'intifada ci ha dimostrato che i militanti palestinesi sono in grado di colpire qualsiasi obiettivo, anche all'interno di Israele. Dunque, se l'occupazione e la repressione non porta affatto la sicurezza, ed il governo ne è ben consapevole, perchè non proviamo a smetterla? Ed inoltre, come mai gli aeroporti internazionali e i centri per la sicurezza sono stati dislocati proprio a ridosso della linea verde? Se è stato un errore, non si possono spostare? E se è stato fatto di proposito, la malizia di Israele dovrebbe essere ricompensata con i territori palestinesi?
Terza argomentazione: "Lo stato occupante ha innalzato il tenore di vita dei nativi in tutti i campi, molto piu' di cio' che avrebbero potuto raggiungere in un diverso scenario".

No, non è una barzelletta. Si continua a dire anche questo. Naturalmente piu' a bassa voce rispetto agli anni '80.
E' un tipico argomento del colonialismo: "Abbiamo portato prosperità ai nativi" (i quali sono ben felici di coltivare le nostre piantagioni di caffè, in cambio). Molti israeliani sono semplicemente ignari del discorso post-coloniale, quando tali argomentazioni vengono affrontate in maniera chiara e libera. E l'idea che un popolo possa barattare il suo diritto alla libertà con il benessere economico non è mai stata confermata dalla storia.

Senza alcun dubbio, sono i palestinesi che hanno portato ad Israele piu' prosperità (con la loro forza lavoro a basso costo sfruttata per garantire prosperità ad uno stato "anomalo" sotto molti punti di vista) che viceversa. Israele non ha investito un solo dollaro nelle infrastrutture palestinesi, a meno che non si considerino nel computo i milioni di dollari che spende per distruggerle, ed usa ed abusa della terra, dell'acqua e della forza lavoro palestinese.

Chiunque conosca le terribili condizioni di vita prevalenti nei territori occupati si renderà conto che questa argomentazione è troppo ridicola per essere confutata. Ma fate attenzione alla sua ipocrisia inerente. Nel passato, la supposta "prosperità " dei territori occupati veniva usata per giustificare l'occupazione - come se Israele stesse li' per rendere migliore la vita dei palestinesi. Ma ora, con la fame e la disoccupazione che ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza nei territori occupati, nessuno di coloro che usavano quell'argomentazione ha il coraggio di dire che è l'ora di alzare i tacchi ed andarcene."







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siete genieli
by baudaffi pasquele Thursday, Aug. 21, 2003 at 5:41 AM mail:  

gli ebrei che dicono le cose che volete sentirivi dire riuscite sempre a scovarli! siete veramente genieli!

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non è questione di genialità
by informazione Thursday, Aug. 21, 2003 at 6:50 AM mail:  

.......sono molti e forti coloro che chiedono la fine dell'occupazione e sono molti coloro che temono la formazione di uno stato sempre più coloniale e nazionalista. Sempre di più i giovani vanno via. Non è questione di genialità, ma di sopravvivenza. ,,prima che inizi una diaspora spirituale da israele...basta ascoltare

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non c'e risposta
by Anthony Friday, Aug. 22, 2003 at 5:25 AM mail:  

Non so davvero come risponderti, sono italiano non ebreo, vengo qui per capire, faccio una tesi sul trattamento subito dali arabi in Israele e tu mi dici ste cose....ma perche' commenti se non hai nulla di costruttivo da scrivere?

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ecco i risultati
by continua così israele Friday, Aug. 22, 2003 at 5:40 AM mail:  

1 centomila palestinesi al funerale del leader ucciso. così si ricompatta l'estremismo

2

Gli Usa si appellano ad Arafat


3 intanto i Kamikaze continuano a a crescere in tutto il MO: la politica estera americana e israeliana proseguono imperterriti nella loro cecità e nel loro isolamento.Auguri

http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=40362

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