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BLACKOUT: INFORMAZIONE CORRETTA!
by mazzetta Tuesday September 30, 2003 at 11:16 AM mail:  

al di là del fumo si vede una luce........

La capacità di generazione elettrica italiana è di circa 77.000 megawatt.
Il consumo medio giornaliero si attesta intorno ai 48/50.000 mw.
La sera del blackout, la richiesta di energia era attorno ai 25.000 mw.
La maggior parte delle centrali italiane era spenta, o tenuta al minimo.
Le compagnie elettriche sono tenute a conservare una riserva tecnica in grado di sopperire ad improvvise richieste, o alle mancanze incidentali del resto della rete, per questo è previsto un sovrapprezzo sulle tariffe.

La colpa del blackout, è quindi da far risalire ai gestori degli impianti, che non hanno assicurato la riserva, per la quale vengono pagati, non importa infatti da cosa sia stata provocata la mancanza di energia, importa che, da contratto, la riserva non fosse disponibile, inutile vaneggiare di problemi del paese, almeno in questo caso.

Gestori doppiamente colpevoli: negli orari notturni acquistano energia dall’estero perché è prodotta da centrali nucleari che non si possono spegnere, quindi si spengono gli impianti italiani, si acquista energia sottocosto, che Francia, e Svizzera svendono in quanto altrimenti inutilizzabile, e si realizzano maggiori risparmi e conseguenti guadagni, ovviamente a beneficio esclusivo dei gestori. Un ulteriore risparmio viene realizzato non attivando le centrali in grado di fornire la riserva, qualora servisse.

E’ da notare come in questo caso, i guadagni siano dei gestori, i disagi ed i danni per i cittadini.

E’ necessario che i gestori garantiscano il servizio pubblico, la riserva ed in generale l’efficienza del sistema prima dei loro interessi.

Postilla sul nucleare.
Si e’ immediatamente scatenata la canea dei sostenitori del nucleare.
Senza voler percorrere le argomentazioni ecologiste, vorrei far notare.
Le centrali nucleari hanno tempi di ammortizzamento dell’investimento lunghissimi, prima di entrare in attivo necessitano di investimenti, senza rendita, per anni; la dimensione di questi investimenti è enorme, fuori scala per investitori privati e banche.
Nella situazione di mercato libero nessun gestore progetterà, o costruirà mai alcuna centrale nucleare, vista l’impossibilità di rientrare dall’investimento, se non in decenni. A meno di contributi governativi, peraltro espressamente vietati dalla UE.

Nessuna centrale nucleare al mondo è stata mai costrutita al di fuori di situazione di monopolio del mercato.

Mettere poi la sicurezza delle popolazioni nelle mani della cupidigia del mercato pare follia, se un gestore privato decidesse di risparmiare (successe per esempio con il Vajont) le conseguenze sarebbero catastrofiche.

La Germania stessa, stà abbandonando e dismettendo le proprie centrali divenute obsolete, senza prevedere la costruzione di alcun nuovo impianto.

Come già ricordato, solo evitando la funzione di stand-by degli elettrodomestici (Tv, Pc etc. etc) si recupererebbe la potenza di due centrali di media potenza . Le prime, e velocissimamente disponibili, centrali elettriche sono nelle case di ciascuno di noi, si calcola che lo spreco energetico delle famiglie viaggi intorno al 30% del consumo quotidiano.
L’Italia è il paese con il minor consumo pro-capite di energia elettrica d’Europa, è anche la nazione che impiega maggiormente le fonti rinnovabili, la quota di questa è infatti del 20% sul totale, quando i nostri concittadini europei non vanno oltre il 13% nel migliore dei casi.
Siamo dei virtuosi, non si dia la colpa ai cittadini.

Non lasciamoci ingannare, la luce è saltata per colpa di qualcuno che ora vorrebbe pure lucrare sulle proprie colpe.

L’interesse del governo, lungi dal coincidere con quello dei cittadini, è quello di impegnare le pagine dei giornali, ed i dibattiti in televisione, con un assurdo, quanto infondato dibattito sul nucleare, al fine di distogliere l’attenzione da fatti ben più gravi che minacciano i cittadini.

La politica delle grida si è palesata anche in questo momento, alla valutazione oggettiva dei fatti si preferisce il casino dei poco, o per nulla, informati che pascolano nei salotti televisivi.
La questione, in questo caso, è facilmente risolvibile, una bella sanzione ai gestori che non hanno fornito la riserva dovuta, e una modifica alle concessioni che li obblighi al mantenimento del servizio pubblico entro standards predefiniti.
Il resto, come al solito, sono balle.

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...ecco le chiacchiere ntorno al Nulla
by mazzetta Tuesday September 30, 2003 at 11:32 AM mail:  



Politici e scienziati, ecco chi vorrebbe tornare indietro
E anche nell'opposizione ci sono i nostalgici dell'atomo
L'angoscia del blackout
fa rinascere la lobby del nucleare



di GIANCARLO MOLA
ROMA - Ci sono quelli che "nell'87 abbiamo fatto un grave errore". Quelli che "vorrei ma non posso", quelli che invece "siamo ancora in tempo per ripartire". Non sono una lobby, non sono un partito trasversale. Ma forse potrebbero diventarlo. In ogni caso sono tornati. E all'indomani del grande blackout hanno deciso di rialzare la testa, di pronunciare la parola tabù: nucleare.

La paura del buio, la più ancestrale, ha avuto l'effetto immediato di riaprire in Italia un dibattito sepolto per oltre quindici anni sotto decine di milioni di schede: per la prima volta dal referendum del 1987 - quando l'80 per cento degli italiani bocciò le centrali atomiche - la tentazione dell'energia "sporca" è infatti di nuovo alla ribalta. E appassiona, oltre a buona parte della comunità scientifica e industriale, anche il mondo della politica.

"La sensibilità del paese è mutata e sono convinto che di nucleare si possa tornare a parlare con serenità", dice Adolfo Urso, viceministro alle Attività produttive, moderato di Alleanza nazionale. L'idea è quella di un "percorso graduale", che parte dall'emergenza di oggi e arriva in dieci-dodici anni al nuovo scenario. "Già adesso - spiega Urso - stiamo autorizzando le società elettriche italiane a lavorare sul nucleare all'estero. In tempi brevi, con il decreto Marzano, cercheremo di sbloccare anche l'accordo sull'energia atomica fra Enel e i francesi di Edf. Poi, secondo me, occorre varare un piano nazionale ultradecennale che preveda la riconversione di parte degli attuali impianti al carbone "pulito" e la costruzione delle grandi e piccole centrali. In questo quadro, accanto alle fonti alternative e rinnovabili, non vedo perché non possa esserci il nucleare".
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Il progetto è chiaro. D'altronde il consenso, all'interno del governo e della maggioranza, non manca. La lista dei ministri usciti allo scoperto si allunga giorno dopo giorno. "Dobbiamo ripensare a quanto è stato deciso anni fa sul nucleare", diceva domenica Pietro Lunardi, titolare delle Infrastrutture). "Sono a favore anche se ritengo che nel nostro paese oggi manchino le condizioni", spiegava un mese fa a Erice - davanti alla platea degli studiosi riuniti per discutere di emergenze planetarie - il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi.

Della partita, nuclearisti in linea di principio anche se cauti per opportunità politica, sono poi Antonio Marzano (Attività produttive) e Rocco Buttiglione (Politiche comunitarie), che per primo aveva proposto un "approccio razionale o non emotivo". I no decisi di Gianni Alemanno ("Chi ha bocciato il nucleare forse ha salvato il paese"), e Altero Matteoli ("È un capitolo chiuso") rischiano quindi di trovarsi, nel governo, in decisa minoranza.

Il ritorno del nucleare è invocato poi dagli scienziati. "È l'anello fondamentale del sistema", dice il fisico Tullio Regge. Una posizione ampiamente condivisa, anche se con diverse sfumature. E così il premio Nobel Carlo Rubbia chiede più ricerca per rendere sicura l'energia atomica, mentre Antonino Zichichi, sempre da Erice, proclamava: "Il nucleare è l'energia del futuro".

Siamo alla svolta? No, non ancora. Nessuno è così ingenuo da pensare che gli italiani abbiano radicalmente cambiato idea, che siano pronti ad accettare le centrali nucleari alle porte di casa. Il nuclearismo del terzo millennio è per il momento una suggestione. Culturale prima ancora per politica. Serve consenso, non si può procedere a colpi di maggioranza.

"La possibilità di riaprire i giochi - aggiunge ancora Adolfo Urso - è condizionata ad un ampio accordo bipartizan. Non possiamo correre il rischio di ripartire e poi fermarci di nuovo. I costi economici e politici sarebbero elevatissimi. L'ipotesi di un'intesa globale sull'energia che comprenda anche il nucleare non può che coinvolgere anche l'opposizione. Ho la convinzione che con uomini che hanno avuto esperienze di governo come Romano Prodi, Enrico Letta e Pierluigi Bersani una discussione seria sia possibile".

Il governo ha dunque deciso di gettare un sasso nello stagno. Ma per il momento niente si muove. "Resto convinto che nell'87 è stato commesso un grave errore", dice Letta, responsabile economico della Margherita. "Mi va anche bene che si dia alle società elettriche italiane la possibilità di entrare nella produzione di energia atomica all'estero. Ma ricominciare l'avventura nucleare mi pare assolutamente irrealistico: per vedere i primi risultati dovremmo aspettare almeno un decennio. L'emergenza però è adesso".

Non è solo una questione di tempi, dicono poi da centrosinistra. Mancano anche i soldi. Il diessino Bersani, che coordina il settore economico del partito e che ai tempi del referendum era un nuclearista persuaso, la mette così: "I costi di una centrale nucleare sono altissimi, la soluzione è impraticabile. Se il governo vuole un patto sull'energia punti sulla diversificazione delle fonti, sul carbone pulito, sull'idrogeno, sul risparmio di elettricità. Il resto sono chiacchiere".

Il nucleare rimane quindi la strana bestia con un grande futuro dietro le spalle. Un rimpianto per alcuni. Un incubo scacciato dal sonno per altri. Per Ermete Realacci, per esempio. Al solo sentire la parola, il presidente di Legambiente e deputato della Margherita ha uno scatto: "È assurdo, vogliono vincere le sfide del domani risvegliando i dinosauri".


(30 settembre 2003)


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...ecco le chiacchiere intorno al Nulla
by mazzetta Tuesday September 30, 2003 at 11:35 AM mail:  

Politici e scienziati, ecco chi vorrebbe tornare indietro
E anche nell'opposizione ci sono i nostalgici dell'atomo
L'angoscia del blackout
fa rinascere la lobby del nucleare



di GIANCARLO MOLA
ROMA - Ci sono quelli che "nell'87 abbiamo fatto un grave errore". Quelli che "vorrei ma non posso", quelli che invece "siamo ancora in tempo per ripartire". Non sono una lobby, non sono un partito trasversale. Ma forse potrebbero diventarlo. In ogni caso sono tornati. E all'indomani del grande blackout hanno deciso di rialzare la testa, di pronunciare la parola tabù: nucleare.

La paura del buio, la più ancestrale, ha avuto l'effetto immediato di riaprire in Italia un dibattito sepolto per oltre quindici anni sotto decine di milioni di schede: per la prima volta dal referendum del 1987 - quando l'80 per cento degli italiani bocciò le centrali atomiche - la tentazione dell'energia "sporca" è infatti di nuovo alla ribalta. E appassiona, oltre a buona parte della comunità scientifica e industriale, anche il mondo della politica.

"La sensibilità del paese è mutata e sono convinto che di nucleare si possa tornare a parlare con serenità", dice Adolfo Urso, viceministro alle Attività produttive, moderato di Alleanza nazionale. L'idea è quella di un "percorso graduale", che parte dall'emergenza di oggi e arriva in dieci-dodici anni al nuovo scenario. "Già adesso - spiega Urso - stiamo autorizzando le società elettriche italiane a lavorare sul nucleare all'estero. In tempi brevi, con il decreto Marzano, cercheremo di sbloccare anche l'accordo sull'energia atomica fra Enel e i francesi di Edf. Poi, secondo me, occorre varare un piano nazionale ultradecennale che preveda la riconversione di parte degli attuali impianti al carbone "pulito" e la costruzione delle grandi e piccole centrali. In questo quadro, accanto alle fonti alternative e rinnovabili, non vedo perché non possa esserci il nucleare".
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Il progetto è chiaro. D'altronde il consenso, all'interno del governo e della maggioranza, non manca. La lista dei ministri usciti allo scoperto si allunga giorno dopo giorno. "Dobbiamo ripensare a quanto è stato deciso anni fa sul nucleare", diceva domenica Pietro Lunardi, titolare delle Infrastrutture). "Sono a favore anche se ritengo che nel nostro paese oggi manchino le condizioni", spiegava un mese fa a Erice - davanti alla platea degli studiosi riuniti per discutere di emergenze planetarie - il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi.

Della partita, nuclearisti in linea di principio anche se cauti per opportunità politica, sono poi Antonio Marzano (Attività produttive) e Rocco Buttiglione (Politiche comunitarie), che per primo aveva proposto un "approccio razionale o non emotivo". I no decisi di Gianni Alemanno ("Chi ha bocciato il nucleare forse ha salvato il paese"), e Altero Matteoli ("È un capitolo chiuso") rischiano quindi di trovarsi, nel governo, in decisa minoranza.

Il ritorno del nucleare è invocato poi dagli scienziati. "È l'anello fondamentale del sistema", dice il fisico Tullio Regge. Una posizione ampiamente condivisa, anche se con diverse sfumature. E così il premio Nobel Carlo Rubbia chiede più ricerca per rendere sicura l'energia atomica, mentre Antonino Zichichi, sempre da Erice, proclamava: "Il nucleare è l'energia del futuro".

Siamo alla svolta? No, non ancora. Nessuno è così ingenuo da pensare che gli italiani abbiano radicalmente cambiato idea, che siano pronti ad accettare le centrali nucleari alle porte di casa. Il nuclearismo del terzo millennio è per il momento una suggestione. Culturale prima ancora per politica. Serve consenso, non si può procedere a colpi di maggioranza.

"La possibilità di riaprire i giochi - aggiunge ancora Adolfo Urso - è condizionata ad un ampio accordo bipartizan. Non possiamo correre il rischio di ripartire e poi fermarci di nuovo. I costi economici e politici sarebbero elevatissimi. L'ipotesi di un'intesa globale sull'energia che comprenda anche il nucleare non può che coinvolgere anche l'opposizione. Ho la convinzione che con uomini che hanno avuto esperienze di governo come Romano Prodi, Enrico Letta e Pierluigi Bersani una discussione seria sia possibile".

Il governo ha dunque deciso di gettare un sasso nello stagno. Ma per il momento niente si muove. "Resto convinto che nell'87 è stato commesso un grave errore", dice Letta, responsabile economico della Margherita. "Mi va anche bene che si dia alle società elettriche italiane la possibilità di entrare nella produzione di energia atomica all'estero. Ma ricominciare l'avventura nucleare mi pare assolutamente irrealistico: per vedere i primi risultati dovremmo aspettare almeno un decennio. L'emergenza però è adesso".

Non è solo una questione di tempi, dicono poi da centrosinistra. Mancano anche i soldi. Il diessino Bersani, che coordina il settore economico del partito e che ai tempi del referendum era un nuclearista persuaso, la mette così: "I costi di una centrale nucleare sono altissimi, la soluzione è impraticabile. Se il governo vuole un patto sull'energia punti sulla diversificazione delle fonti, sul carbone pulito, sull'idrogeno, sul risparmio di elettricità. Il resto sono chiacchiere".

Il nucleare rimane quindi la strana bestia con un grande futuro dietro le spalle. Un rimpianto per alcuni. Un incubo scacciato dal sonno per altri. Per Ermete Realacci, per esempio. Al solo sentire la parola, il presidente di Legambiente e deputato della Margherita ha uno scatto: "È assurdo, vogliono vincere le sfide del domani risvegliando i dinosauri".


(30 settembre 2003)

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