Da Umanità Nova n. 31 del 5 ottobre 2003.
In nome del padre,
Legge sulla procreazione assistita
Tutti hanno visto la violenta bagarre che i "senatori" italiani hanno scatenato contro le deputate che contestavano la legge… Se questo è il rispetto che mostrano in quello che loro stessi ritengono uno dei più sacri luoghi istituzionali e contro quelle donne che, sempre secondo la loro logica, dovrebbero essere le rappresentanti della popolazione femminile italiana, appare subito chiaro quale può essere il rispetto, l'attenzione, il valore che attribuiscono alle altre donne.
La legge che sta per essere approvata (e sembra che ciò avverrà in tempi brevi se le donne non riusciranno in qualche modo ad inceppare questo meccanismo) è una legge perversa che, pur riferendosi ad un problema medico, niente ha a che vedere con la salute.
Rosy Bindi, personaggio non certo dalla nostra parte, fu molto chiara quando la definì "un incontro tra coscienze e convincimenti etici e culturali".
Già il nome che ha la qualifica immediatamente: procreazione è un termine teologico, il termine biologico è riproduzione o fecondazione. L'assunto di base è uno solo: la sacralità dell'embrione e della famiglia. Essa considera l'embrione, più importante della madre. L'embrione diventa persona e va tutelato. Da qui ad attacchi successivi a qualsiasi forma di autodeterminazione delle donne il passo è cortissimo. Primo fra tutti la revisione della legge 194 sull'aborto, perché si afferma che l'embrione acquista diritti più forti della scelta e addirittura della salute della madre.
Il pensiero delle donne che negli ultimi decenni è riuscita ad affermare il diritto a decidere sulle questioni riguardanti il proprio corpo in piena autonomia ed il diritto alla salute e alla felicità, è pienamente calpestato.
I modi ed i tempi della procreazione sono fissati per legge facendo diventare il desiderio della donna e le sue necessità un appendice insignificante del diritto degli embrioni e della santa famiglia.
L'immagine che viene affermata è quella di una donna il cui corpo è altro da sé, la cui unica importanza è data dal numero di figli che riesce a generare, entro i limiti, i divieti e le torture imposte per decreto. Chi ha definito questa legge un passo indietro di trenta anni è stato molto ottimista…
L'impianto della legge è lo stesso dello scorso anno, quando era stata discusso alla Camera, ma vale la pena ricordarlo.
Essenzialmente la legge si riassume in divieti: divieto dell'inseminazione eterologa, della crioconservazione, del controllo delle malattie genetiche.
Nessuno di questi divieti è generato da problemi medici, ma tutti da problemi teologici, dal desiderio di opprimere il corpo della donna. Vediamoli uno per uno:
L'inseminazione eterologa è vietata: la fecondazione può avvenire solo con sperma e ovuli della coppia. Il genitore deve essere solo quello stabilito dalla "legge del padre."
Su questo punto si sono sentite le sciocchezze più assurde, quali la garanzia del futuro benessere del bambino che non sarebbe in grado di vivere con un padre affettivo diverso dal biologico, la paura del disconoscimento della paternità da parte di questi uomini che non sentiranno il bambino come proprio, addirittura la possibile violenza sessuale nei confronti di figlie che figlie non sono perché ottenute con lo sperma di qualcun altro. Probabilmente chi ha detto queste cose conosce se stesso e giudica gli altri in base a ciò che lui farebbe. Per fortuna non tutti gli uomini sono così.
Inoltre questo divieto pone delle profonde diversità tra le patologie della sterilità perché alcune possono essere risolte solo con l'inseminazione eterologa.
È vietato il congelamento degli embrioni: per ottenere una fecondazione in vitro si sottopone il corpo della donna a mesi di analisi, a settimane di iniezioni, prelievi, ecografie ed infine, in un intervento in anestesia generale si prelevano gli ovociti che poi andranno fecondati.
Ora la legge limita a tre il numero massimo di embrioni che possono essere prodotti: ma tre embrioni significa che, con grandi probabilità, l'operazione non avrà successo, perché non sempre gli embrioni riescono a sopravvivere e la donna dovrà ripetere tutto il ciclo ormonale, ma meglio sarebbe chiamarlo calvario ormonale, cui è stata appena sottoposta. Se poi è talmente tanto "fortunata" e tutti e tre gli embrioni sopravviveranno dovrà avere tre figli, perché tutti gli embrioni vanno impiantati.
Il percorso di sofferenza cui saranno sottoposte le donne viene continuamente aumentato. La sterilità diventa una "colpa" della donna, una maledizione divina che la colpisce, contro la quale non può esserci cura, ma solo dolore per espiare.
Divieto di controllo delle malattie genetiche: gli embrioni non possono essere sottoposti a controlli genetici e vanno impiantati in qualsiasi caso. Così se hai preso la rosolia e temi che il figlio voluto possa nascere cieco, se sei portatrice di talassemia mediterranea e temi un caso di malattie genetiche, se ci hai ripensato… sono problemi tuoi… Il figlio viene prima di te.
La legge però ha anche un principio di libertà: medici e personale paramedico potranno fare obiezione di coscienza. Se vi sembra assurdo e vi chiedete che senso ha fare obiezione di coscienza nei confronti di chi vuole diventare genitore vi ricordo che nel 1990 i cattolici chiesero alla Commissione bioetica di permettere l'obiezione di coscienza anche ai tecnici che dovevano analizzare lo sperma ottenuto con la masturbazione: questo si chiama essere veramente coerenti.
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