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Sugli scontri dei disobbedienti
by St3iN Wednesday October 08, 2003 at 11:01 AM mail:  

ALcune riflessioni

Ieri notte mi è capitato di rivedere su RAI3 le immagini dei "tafferugli" avvenuti a Roma sabato e mi è capitotato di pensare alle modalità di lotta messe in atto. Il mio ragionamento parte dal fatto che alla fine sono volate manganellate a raffica e chi era lì per spingere il limite della "zona rossa" chiamiamola così, alla fine è scappato (giustamente).Allora mi sono chiesto "ma è il metodo migliore questo?" e "così si può ottenere così?". Allora questo tipo di protesta non rinnega la violenza anche se si utilizza una forma più passiva, meno aggressiva. Però cmq di violenza si tratta. Io non sono anti-violenza ma deve essere utilizzata con giudizio, in maniera proporzionale agli obiettivi che si vogliono e possono ottenere. Sabato semplicemente ho visto pochi ragazzi male equipaggiati, meno organizzati che sfidavano polizziotti e carabinieri molto superiori di numero, ben equipaggiati, ben addestrati e ottimamente organizzati. Quindi se la si mette così sul piano fisico la sconfitta è la logica conseguenza, i ragazzi sono scappati poi hanno tentato di affrontarli ancora come una specie di reflusso ma erano ancora di meno, alcuni davanti cercavano di affrontare i poliziotti incitandoli a farsi avanti, poi sono rientrati. Non ci sono eroi in questa situazione. Il risultato mi è sembrato alquanto sterile per quello che si voleva ottenere, l'obiettivo si è trasformato da degli atti di disobbedienzaverso quello che stava avvenendo politicamente a Roma, a una sfida verso i poliziotti che avevano il compito di difendere e garantire l'incontro dell'europa dei politici e dei finanzieri. Il risultato è visibilità sui media della proptesta, qualcuno si è fatto male veramente, alcuni sono stati fermati (la solita sfortuna di chi viene preso nel mucchio), altri sono scappati e altri ancora saranno identificati. Ma per avere visibilità sui media credo ci siano mille altri modi anche più divertenti e colorati. Se bisogna utilizzare metodi para-violenti conviene organizzarli bene e dirigerli verso obiettivi veramente raggiungibili (dove si voleva arrivare veramente sabato? Qualcuno credeva veramente di sfondare?) anche se piccoli. L'utilizzo dei mezzi definiscono anche gli obiettivi, fine e mezzo sono strettamente collegati tra loro, quando si fa un'azione deve essere efficiente, l'efficenza è il rapporto tra i risultati ottenuti e i mezzi impiegati, quindi più è alto il risultato più è efficiente l'azione e sabato mi è parso il contrario, dove i mezzi impiegati erano decisamente sproporzionati rispetto al risultato ottenuto. Senza considerare la percezione della gente dell'azione svoltasi, certo alcuni dicono "non mi interessa cosa pensa la gente", questo è un altro errore in quanto dall'azione è risultato anche visibilità sui media quindi bisogna anche considerare come pensa la gente e far vedere che non si è come quei tifosi allo stadio che si picchiano con la polizia. MI spiace ma il messaggio che è passato alle persone è questo.

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Mass-media
by Barbun Wednesday October 08, 2003 at 01:27 PM mail:  

Avrebbe prodotto maggior risultato mediatico e non ,spargersi per Roma a gruppi di 20-30 persone e sedersi per le strade.

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magari
by st. pauli fan Wednesday October 08, 2003 at 01:36 PM mail:  

..magari ci fosse stato qualche ultra'...sai quante mazzate prendevano quelle merde di sbirri??

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Sono d'accordo!
by chinotto rebelde Wednesday October 08, 2003 at 02:30 PM mail:  

E' vero sedersi per terra, tutti insieme, sarebbe uno dei tanti modi per dimostrare e per dissentire. Il problema è che quei 100 che vanno contro gli sbirri, paradossalmente hanno proprio bisogno di questi ultimi per esistere. Non pensano in grande ed alla massa, pensano solo al loro protagonismo. In ultima analisi considero sbirri e "dimostranti" su opposte fazioni ideologiche ma dalle personalità molto simili e cioè dei FRUSTRATI privi di dialogo..e credo, senza sbagliarmi di molto, privi di empatia verso il prossimo.

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d'accordo
by disobbediente Wednesday October 08, 2003 at 06:31 PM mail:  

sono sostanzialmente d'accordo

credo che la giornata di sabato sia stata una brutta giornata

mi fa solo specie la quantità di critiche piovute addosso ai disobbedienti dall'esterno...

segno che al di là di chi prova a criticare ragionando
ci sono fin troppe critiche strumentali
da parte di chi per i soliti fazionalismi in cui il movimento sta affondando critica non l'azione in sè
ma in ogni caso, sempre e comunque i <nemici disobbedienti>

penso che nonostante i vari parassiti
nostalgici delle fazioni annisettantiste
non sia giusto difendere in ogni caso, contro ogni logica, (sopratutto quella della disobbedienza)
una giornata come quella di sabato

penso invece sia giusta quella riflessione
che magari in modo sommerso
sta attraversando le diverse comunità
che hanno fino ad oggi costruito il cammino della disobbedienza

abbiamo più volte rivendicato
il motto zapatista <camminare domandando>
abbiamo sbagliato, è evidente
e sopratutto sbagliamo se diamo occasione a merde e sbirri
di reprimerci isolarci, se diamo occasione di farci passare per 4 gatti, per facinorosi/sbirri (a sottolineare tutte le preferenze di coloro che vivono in funzione dell'essere nostri nemici)
ma domandandoci questo non smetteremo di camminare!

non siamo dei cretini, usciremo da questa illogica logica
ribadendo questo però
chiudo e aggiungo vaffanculo a tutte le merde, ai veri duri e puri e agli sbirri

solidarietà a tutti i compa/le sorelle e i fratelli in carcere, agli arresti, a casa, in ospedale...

10/100/1000 nunzio!!!
1000/10000/100000 ACTION !!!

abbiamo costruito molto
e abbiamo ancora molto da costruire.

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Impastiamoli!
by luther Thursday October 09, 2003 at 04:54 PM mail:  

Impastiamoli!...
luca_pie.jpgar26qw.jpg, image/jpeg, 200x154

Contro lo sciacallaggio delle individualità!
Scegli la faccia da infilare sotto la torta!!!
Esempio:
http://bioticbakingbrigade.org/bbbgallery2.html

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intervento luca casarini
by (A) Friday October 10, 2003 at 04:14 PM mail:  

>Cari compagni di Alessandria, leggo la vostra

> lettera e rimango stupito.

>> >Pensavo che in questi anni di percorso comune, di

> strada fatta camminando

>> >e domandando, avessimo acquisito insieme anche

> qualche risposta valida per

>> >tutti. E invece siamo ancora al “chi decide che

> cosa”, che se permettete è

>> >la classica domanda, tra le tante che ci facciamo,

> che proprio non solo

>> >non serve a far camminare, ma ti inchioda, anzi ti

> fa tornare indietro.

>> >Che senso ha chiedere “chi decide” in meccanismi

> come i nostri che sono

>> >volutamente diversi dalle burocrazie di partito. Su

> ogni cosa agiamo per

>> >assemblee, per sinergie tra reti, per comunicazioni

> caotiche e rizomatiche

>> >e non per linee politiche decise da congressi. E’

> la nostra salvezza,

>> >questa, di essere movimento e di tendere alla

> sostanza più che alla forma,

>> >alla molteplicità piuttosto che al plenum. Anche i

> ruoli, che di tanto in

>> >tanto ci cadono addosso, sono tutto fuorchè formali

> ed assoluti, o peggio

>> >permanenti. E allora da cosa deriva questa domanda

> non utile a camminare?

>> >Dal fatto che non avete saputo dell’assemblea? E’

> un vero peccato, poiché

>> >( checchè ne dica qualcuno sul manifesto con

> dichiarazioni di cattivo

>> >gusto perché utilizzabili contro di noi, noi tutti

> ) compagni di Milano,

>> >Torino, Genova, Nordest, Firenze, Roma, Jesi,

> Bologna, Napoli, molti dei

>> >quali presenti a nome di intere situazioni

> territoriali e molte realtà di

>> >rete, hanno dato vita ad una assemblea interessante

> e ricca, non solo di

>> >interventi e spunti di ragionamento, ma anche ricca

> di emozioni e di

>> >coinvolgimento, il che non fa mai male. E’ un

> peccato che nessuno vi abbia

>> >avvisato. Forse dipende dal canale di

> comunicazione/passaparola che usate

>> >di solito. I compagni dei giovani comunisti erano

> stati avvisati, ma hanno

>> >fatto sapere che non potevano essere presenti per

> una discussione che

>> >dovevano avere tra loro, vista la situazione post

> manifestazione. Questo è

>> >stato detto all’inizio dell’assemblea,

> comunicandolo a tutti i presenti.

>> >Quale sarebbe quindi il grado di “illegittimità” di

> questa assemblea, come

>> >dice sempre qualcuno? Ognuno ha il diritto di fare

> le assemblee che vuole,

>> >ed infatti come sempre è accaduto, nessuno pensa di

> aver dato linea e

>> >programma. Il comunicato è firmato dal “movimento

> dei disobbedienti

>> >riunito al corto circuito il 5 ottobre”, e

> francamente dovrebbe essere

>> >visto come una risorsa per tutti il fatto che dopo

> la sfacchinata di Roma,

>> >molti si siano posti il problema di trovarsi,

> ragionare, e proporre una

>> >prima lettura dell’iniziativa del 4 ottobre e della

> fase politica attuale.

>> >Ma veniamo alle questioni più importanti, quelle di

> sostanza. Non perché

>> >quella che chiamate “una piccola questione di

> metodo” non possa essere

>> >utilizzata per rinfrescarci la memoria

> collettivamente sulla nostra

>> >ricerca continua sul come si fa ad essere

> organizzati senza essere

>> >un’organizzazione. Si fa anche così, ricavando da

> dinamiche di prassi

>> >naturali come il fatto di trovarsi quando se ne

> sente la necessità,

>> >un’occasione collettiva di contribuire ad un senso

> e ad un interesse

>> >comune, quello di essere, pensarsi, agire da

> Movimento nei movimenti. Di

>> >vivere i disobbedienti come uno spazio politico,

> non come una sommatoria e

>> >nemmeno un fronte, un’alleanza. E quello che è più

> importante, voler bene

>> >a questo spazio politico e quindi non fargli del

> male.

>> >Ma andiamo alle considerazioni sul comunicato.
>> >Non abbiamo usato toni trionfalistici sul

> comunicato. Ci è apparso ben

>> >chiaro come i numeri dell’intero corteo fossero al

> di sotto di quelli di

>> >altri cortei, soprattutto a Roma. Come il 12 aprile

> d'altronde. Su questo

>> >non sfugge a nessuno la necessità di riarticolare

> meccanismi di

>> >aggregazione e di proposta attraente ( nel senso

> che attragga perché

>> >convince ), ma questo va letto sull’intera dinamica

> del movimento dei

>> >movimenti e della rete italiana del Forum Sociale

> europeo. Naturalmente

>> >tutto ciò va letto tenendo conto dell’andamento

> ciclico, carsico ed

>> >emergente, di volta in volta, del movimento. Ma non

> possono sfuggire le

>> >parole di Benzi ( CGIL ) apparse sul manifesto

> martedì :” c’è qualcuno che

>> >ormai pensa solo alle elezioni più che al

> movimento”. Io credo che questo,

>> >in sintesi, sia uno dei grandi problemi che tutti

> abbiamo. Il movimento

>> >non esiste se non si muove, se non continua a

> ricercare al suo interno e

>> >all’esterno forme nuove di partecipazione politica.

> Il movimento non

>> >convince se rimane legato a forme tutte politiche

> di rappresentanza e di

>> >riproduzione burocratica. Se rimane imprigionato

> nella scontatezza della

>> >politica così come la gente la percepisce. Insomma

> se noi siamo bravi

>> >ragazzi no global del grande ulivo, non interessa

> più a nessuno. Perché i

>> >bravi ragazzi vanno a votare, così si esprimono ed

> esprimono la politica.

>> >C’è già la FGCI, ci sono già le organizzazioni

> giovanili di partito, c’è

>> >già il grande associazionismo di sinistra. C’era

> già tutto. Cos’è che ha

>> >sconvolto i giochi in questi anni? Cosa ha

> rimescolato le carte? Il

>> >mettersi in cammino, e quindi alla ricerca e alla

> scoperta, di teoria e

>> >prassi anche CONTRO le sinistre esistenti, nel

> migliore dei casi per il

>> >loro SUPERAMENTO. Che le hanno costrette per un bel

> pezzo ad interrogarsi

>> >su di noi, oltre che a misurarsi con i loro

> iscritti che scappavano da

>> >loro, nonostante gli ordini di scuderia. Ora se

> vogliamo affrontare il

>> >problema dell’allargamento, della nuova

> aggregazione, non possiamo non

>> >partire da queste considerazioni, dal dna di ciò

> che siamo. Ma esiste un

>> >altro aspetto: ci interessa parlare di

> “massificazione” o di “pratiche

>> >moltitudinarie”? Ci interessa pensare alle forme di

> espressione del

>> >movimento ( e al suo stato di salute ) solo

> fermandoci a vertici e cortei,

>> >o esiste un lavoro di rete e di reti sociali che

> veicolano idee,

>> >indicazioni, esemplarità, esperienze di

> disobbedienza? Il ministro degli

>> >interni punta il dito sull’allargamento, per dirla

> con le parole

>> >dell’inquisizione, dell’area dell’illegalità

> diffusa. Ora io credo che noi

>> >abbiamo proprio questo da fare: allargare e

> diffondere le pratiche della

>> >disobbedienza alle leggi, della riappropriazione

> dei diritti, del

>> >conflitto per soddisfare i bisogni, vecchi e nuovi.

> La pratica illegale è

>> >il baricentro di questo ragionamento, poiché lo

> spazio politico

>> >dell’illegalità diffusa, della disobbedienza,

> allargandosi produce un

>> >restringimento dei meccanismi dell’autonomia del

> politico, che poi è ciò

>> >che produce e riproduce legittimazione del potere

> da un lato, e uso della

>> >rappresentanza come controllo dei movimenti sociali

> dall’altro. A Seattle

>> >una nuova legalità dal basso si è determinata come

> dinamica costituente (

>> >del nostro movimento ad esempio ) solo scontrandosi

> con una legalità

>> >imposta. Anche a Genova. A Firenze è stato un

> passaggio di tipo diverso,

>> >non meno importante SOLO se legato

> indissolubilmente a Seattle e

>> >soprattutto a Genova. Come la grandissima

> mobilitazione del 15 febbraio a

>> >Roma contro la guerra, non avrebbe avuto lo stesso

> senso senza poi il

>> >Trainstopping e le azioni diffuse contro la guerra.

> Su tutto vale il

>> >viceversa, come a dire che nella nostra marcia

> dobbiamo costruire tappe

>> >diverse che assumano il problema del conflitto e

> consenso come un PROCESSO

>> >non come un modellino da applicare ad ogni singolo

> passo. Il conflitto e

>> >consenso è il prodotto progettuale di

> un’articolazione complessa, non il

>> >semplice risultato di un’operazione sull’opinione

> pubblica. Altrimenti, e

>> >questo lo vedremo sempre di più in questa fase

> elettorale, resta solo la

>> >caccia al consenso, che serve a produrre

> un’opinione e ad orientarla al

>> >voto. In questo ultimo schema i movimenti hanno

> solo lo spazio dell’agit

>> >prop, non della potenza costituente, non della

> trasformazione dello stato

>> >di cose presenti, qui ed ora. Perché il problema

> del conflitto è risolto

>> >nella rappresentanza istituzionale, per la politica

> dei partiti. Le lotte

>> >sociali devono rimanere nell’ambito della

> compatibilità, non esprimere

>> >direttamente la propria azione. Ed è così che per

> molti nostri

>> >interlocutori e ri-venuta l’ora di agitare la non

> violenza come

>> >discriminante. Non come pratica ideale e strategia

> legittima per chi la

>> >adotta ( ammesso che in Italia ci sia qualcuno che

> lo fa ) ma come dogma

>> >morale, ideologico che non ha nemmeno bisogno di

> tradursi in pratiche per

>> >chi la sbandiera. Quale sarebbe la non violenza?

> Fare il corteo dove non

>> >deve accadere mai nulla? Fare i convegni? Quante

> migliaia di non violenti

>> >avete visto fare lo sciopero della fame ad oltranza

> contro la guerra?

>> >Quante marce dentro le basi, alla Luther King hanno

> fatto? Quante marce

>> >del sale ci sono state? La Perugia-Assisi forse,

> ormai divenuta la vera

>> >alternativa ai movimenti di lotta globale di questi

> anni, sempre stretta

>> >tra la rappresentanza degli enti locali come entità

> politiche e

>> >compatibilità trasversali per penetrare, motivare e

> rappresentare le

>> >enormi forze del volontariato cattolico? No non

> pigliamoci per il culo. Il

>> >problema dello scontro con il potere, non per la

> presa del potere, ma per

>> >la difesa e l’allargamento degli spazi di libertà e

> di trasformazione

>> >contro il neoliberismo, è un affare serio, pieno in

> termini generali di

>> >violenza ( pensiamo alla guerra globale ) e pieno

> nello specifico delle

>> >nostre situazioni di uso della forza contro i

> movimenti. Il problema anche

>> >simbolico ( nella società del simbolico ci viviamo

> ) di forzare i confini

>> >delle zone rosse, si pone eccome. Se si vuole

> parliamo di strategie e di

>> >efficacia, ma alla luce di una condizione umana

> prima che politica che ci

>> >pone il problema dello scontro, durissimo, con i

> meccanismi del controllo

>> >e del dominio. Mi colpisce che parliate di

> “disobbedienza civile”. Non so

>> >se la vostra sperimentazione abbia come unico punto

> di riferimento

>> >“storico” le teorie ghandiane o del movimento dei

> diritti civili dei neri

>> >d’America. Personalmente quando parlo di

> disobbedienza io penso anche alle

>> >Black Panther, a Marcos, a Che Guevara. Penso anche

> agli anni 70 in

>> >Italia, alle esperienze dell’Autonomia, penso agli

> indiani del Karnatak e

>> >a Jose Bovè. Penso a tante cose ed è per questo che

> il nostro agire non si

>> >può definire “disobbedienza civile”. A volte, per

> dirla con mio fratello

>> >Caruso, io credo che serva disobbedienza incivile

> anche. Per sintetizzare

>> >anche nel logo tutto questo abbiamo parlato di

> “disobbedienza sociale”,

>> >per cercare di tradurre l’originale interpretazione

> di tante tradizioni

>> >diverse che abbiamo prodotto in questi anni.

> Attenzione, le due cose (

>> >civile/sociale) non devono per forza annullarsi a

> vicenda, o l’una o

>> >l’altra, ma non devono negare lo spazio reciproco.

> Io ad esempio sono uno

>> >di quelli che crede nella articolazione dello

> scontro e dell’azione, nella

>> >sfera della disobbedienza, e considero molto civile

> anche la distruzione

>> >di un lager, o l’autodifesa con strumenti dalla

> violenza della polizia.

>> >Come quel giorno in via Tolemaide, considero molto

> civile aver dato fuoco

>> >ad un blindato che rischiava di ammazzare qualcuno.

> Il problema semmai è

>> >l’efficacia delle azioni e dell’uso degli

> strumenti. Ma su questo sfido

>> >chiunque ad ergersi a maestro o critico. Critica o

> insegna chi ci prova,

>> >chi non lo fa, su efficacia, tecnica e metodologia,

> è meglio che non dia

>> >giudizi. L’efficacia “politica” va ragionata alla

> luce delle

>> >considerazioni di prima, è una lettura complessa e

> certamente a Roma sono

>> >state prodotte più azioni, una diversa dall’altra,

> grazie anche e

>> >soprattutto all’intelligenza e alla generosità dei

> fratelli e sorelle

>> >della capitale. Se quel corteo all’EUR avesse

> concluso la sua marcia

>> >funebre senza che accadesse nulla, sarebbe stata

> efficace la nostra

>> >presenza ( tralaltro massiccia rispetto agli altri

> spezzoni) ? Solo il

>> >gruppo più militante ha operato l’azione? Bene,

> cerchiamo di partecipare

>> >in di più. Non assolutizziamo però. E’ anche ovvio

> che ci sono azioni con

>> >più alto grado di partecipazione e con dinamiche

> diverse. Ma al mattino,

>> >quando siamo andati sotto Palazzo Chigi, in

> cinquanta si è avuto a che

>> >fare con i manganelli degli sbirri, il corteo con

> cui ce ne siamo andati

>> >era composto da più di mille compagni. La merda

> tirata alla casa del

>> >Berlusca è un’azione fatta in cento. Credo

> condivisa e idealmente

>> >parteciapata da svariati milioni. L’azione delle

> donne, seppur letta

>> >“male”, voleva riprodurre l’indicazione di Cancun,

> dove i campesinos e i

>> >compagni, con tanto di bastoni, sfondavano la zona

> rossa. Insomma le cose

>> >sono articolate e per nulla fatte a casaccio,

> chiaramente vanno viste come

>> >sperimentazioni per raggiungere un obiettivo.

> Quale?

>> >Veniamo così a ciò che dite sul sindacato, sulle

> burocrazie sindacali,

>> >cercando quindi di rispondere a questo quesito.

> Secondo voi Pezzotta,

>> >Angeletti ed Epifani sono la stessa cosa dei

> milioni che sono iscritti ai

>> >loro sindacati? Credo di no, ed infatti nel

> comunicato si parla e si

>> >attaccano le “burocrazie sindacali”, che come tra

> partiti, oggi

>> >ripropongono la triplice (santa) alleanza. Ma come

> mai non si è fatto un

>> >unico corteo? Perché siamo cose talmente diverse,

> dagli obiettivi

>> >adirittura in molti casi contrapposti, che sarebbe

> stato un corteo di

>> >botte tra servizi d’ordine per poter passare.

> Questo non significa che non

>> >ci poniamo il problema dell’attraversamento, come

> sempre. Perché ho citato

>> >Benzi, che è uno della segreteria nazionale della

> CGIL. Perché fa parte di

>> >quel pezzo con cui discutiamo dentro il FSE. E dice

> a volte cose

>> >intelligenti, quando non è occupato a pensare a

> come neutralizzarci perché

>> >crede “nella legalità” ( vi ricordate il

> trainstopping, lui era contrario

>> >). La Fiom ci ha, dopo Roma, chiesto un incontro,

> per parlare dello

>> >sciopero del 7 novembre. Non siamo degli scemi, e

> nemmeno sprovveduti. Ma

>> >sono proprio le delimitazioni della nostra

> autonomia sociale teorica e

>> >pratica, a produrre attenzione. Solo se realmente

> siamo ciò che siamo, e

>> >quindi anche per nulla disposti a salvare la pace

> sociale come vorrebbereo

>> >i tre porcellini, in cambio di qualche trattativa

> sulle pensioni.

>> >L’autunno caldo, io spero che sia infuocato. Non

> tiepido. Spero nella

>> >radicalizzazione delle lotte, come a Termini e ad

> Avignone, spero che

>> >questo paese esploda di ribellione, perché è dentro

> ciò che si muove che

>> >anche noi possiamo muoverci. Le forme si vedranno,

> con intelligenza ma

>> >anche con un pò di determinazione e di voglia di

> provarci. Ognuno poi è

>> >libero di essere come è, ma se siamo disobbedienti

> non ne avremo timore. E

>> >non confondete quello che io chiamo ribellione con

> le cazzate. Abbiamo

>> >ampiamente dimostrato anche questo. Ribellarsi è

> una cosa seria, viene

>> >dalla testa. Ma non farebbe male ogni tanto

> ascoltare anche la pancia e il

>> >cuore, e pensare che dare una bastonata a chi

> bastona è anche un atto di

>> >libertà. Semplicemente.
>> >
>> >un abbraccio
>> >
>> >Luca Casarini

>

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