Il fronte islamico e Al Qaeda dicono di averun attacco agli ambienti della massoneria mondiale. Leggi l'articolo del Messaggero
In Turchia ancora due bersagli in simultanea, dopo l’orrore di sabato davanti ai templi ebraici
Kamikaze contro i simboli britannici: 27 morti Distrutta la rappresentanza diplomatica, ucciso il console, colpito il colosso bancario Hsbc dal nostro inviato
VALERIO PELLIZZARI
ISTANBUL Ancora l’eco di due esplosioni in questa città, ancora due attacchi terroristici: sempre di mattina, sempre in perfetta coincidenza di tempi tra un bersaglio e l’altro, cinque giorni dopo le bombe sincronizzate contro le due sinagoghe. Le prime immagini da sole e poi presto le cifre annunciavano un attacco ancora più sanguinoso di quello compiuto sabato scorso: ieri sera si contavano già 27 morti e 450 feriti. Ma adesso il bersaglio è cambiato. Non sono più i luoghi di culto della comunità ebraica, devastati nel giorno della preghiera e del riposo, ma sono i simboli del potere britannico: il consolato di sua maestà e gli uffici della Hsbc, la banca di Hong Kong e Shanghai, eredità dei tempi coloniali, oggi strumento finanziario dell’economia globale. Erano ben sincronizzati gli orologi dei terroristi nel cuore di Istanbul, vicino a piazza Taksim, dove sorge il consolato, e nel quartiere commerciale e periferico di Levent, dove c’è la sede principale della banca, con le loro autobomba. Ma ancora più allarmante è la sincronizzazione politica, la coincidenza di tempi tra l’esplosione e la visita del presidente americano Bush a Londra, al quale i terroristi hanno cinicamente rubato la scena, relegandolo in posizione secondaria. Questa sincronizzazione non può essere stata pensata e meno ancora preparata in pochi giorni. Nel labirinto di piccole strade che scendono verso il liceo di Galata, verso la chiesa francescana di Sant’Antonio, lì si addensa la maggior parte dei consolati. Tra cui appunto quello inglese, vicino a quello francese, a quello russo, a quello americano. Questa è un’isola pedonale sempre affollatissima attraversata solo da un piccolo tram rosso. Ieri allineate sulle rotaie scendevano le ambulanze, una dietro l’altra, in un convoglio premuroso ma per molte persone già inutile. Anche una parte della sede consolare è crollata, trascinando con sé il console Roger Short. La gente scavava con impeto in mezzo a quelle macerie, con generosità, a mani nude, prima che arrivassero i pompieri e i militari. Nel quartiere di Levent invece lo scenario era diverso. Qui c’è la città nuova, l’appendice ricca e moderna, piena di palazzi con vetro e metallo, qui arriva la metropolitana ancora brevissima di Istanbul. I terroristi qui hanno scelto un obiettivo spettacolare, ben visibile, isolato, appunto la grande sede alla Hsbc con i suoi quindici piani. Dove la bomba non ha trovato ostacoli che riuscissero a contenerla, a soffocarla, come nel labirinto di edifici nel vecchio quartiere. Dalla banca sventrata continuava ad uscire un getto d’acqua impazzito, le pareti esterne non più coperte dai vetri azzurri avevano cambiato colore, e in basso c’era un cimitero di auto frantumate, come nelle immagini dei peggiori attentati in questi anni. La Mezzaluna rossa intanto, la Croce rossa locale, annunciava: gli ospedali sono invasi dai feriti. Mentre i ministri del governo turco ripetevano frasi di circostanza: si tratta di terrorismo organizzato, è troppo presto per risalire ai responsabili, probabilmente sono state delle auto kamikaze. E’ arrivata anche la rivendicazione del gruppo Ibda-C, il Fronte islamico dei combattenti del Grande Oriente, che si era fatto vivo anche sabato scorso dopo essere rimasto inattivo negli ultimi cinque anni. Da quando il leader del gruppo era stato condannato all’ergastolo e chiuso in carcere. Quella rivendicazione era stata accolta con perplessità allora e anche questa volta l’annuncio non è considerato decisivo. Dice il Fronte islamico che l’attacco è stato attuato assieme ad Al Qaeda per colpire gli ambienti della massoneria internazionale. La Hsbc sarebbe una della banche straniere incaricate di intervenire in Iraq e contribuire alla ricostruzione del Paese. Già lo scorso aprile il consolato britannico aveva ricevuto un avvertimento, era stato attaccato con un ordigno di limitata potenza che però non aveva fatto danni. Ieri il consolato americano, molto vicino alla zona delle macerie, ha chiuso i suoi uffici. E questo effetto a catena di chiudersi in trincea è rimbalzato anche nelle ambasciate di Ankara. Tra qualche giorno, esattamente lunedì 24, finisce il ramadan. Nemmeno questa coincidenza di tempi ha tenuto lontano Istanbul e la Turchia dalla violenza dei terroristi che almeno in apparenza si richiamano alla causa islamica. Anzi proprio il fatto che in pochi giorni abbiano ripetuto un attacco sanguinoso e spettacolare contro lo stesso Paese, contro la stessa città, mostra una organizzazione ramificata e organizzata meglio che in passato. Gli studiosi di terrorismo fino ad oggi dicevano che dopo un attentato in un Paese quel Paese otteneva una specie di immunità per qualche tempo. Nemmeno questa regola approssimativa funziona più. Il governo turco riunito in un vertice di emergenza ieri sera si preparava ad approvare misure straordinarie. Per garantire la stabilità del Paese. Il primo ministro Erdogan dice che è ancora presto per dare un nome ai responsabili. Invita i suoi concittadini a mantenere la calma, a reagire con dignità davanti a questa violenza ostinata. Negli anni passati la Turchia, con la sua instabilità parlamentare, era considerata il ventre molle della Nato. Il terrorismo si incarica di risvegliare quella instabilità dimenticata.
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