Gli attacchi andati a segno mostrano crepe nel sistema di sicurezza. Prevenzione sempre più difficile, cambiano le regole della difesa. Il Viminale apre un'inchiesta sulla protezione di Prodi.
ROMA - Due attentati in una settimana contro il presidente della Commissione europea. Due attacchi, entrambi andati a segno, che mostrano crepe evidenti nel sistema di sicurezza. La decisione di potenziare la scorta di Romano Prodi non è stata sufficiente per fermare l’azione degli anarchici. E questo basta a riaprire le ferite di una città come Bologna, già tragicamente segnata dall’omicidio di Marco Biagi. Ma anche a riaccendere le polemiche in un momento di massima tensione per gli allarmi sul terrorismo internazionale e l’eversione interna. Gli ultimi sondaggi consegnati ai responsabili della prevenzione dicono che «nonostante il calo dei reati commessi, nei cittadini aumenta la paura».
Al Viminale sanno che episodi gravi come quello di ieri accrescono il senso di sfiducia nelle istituzioni e rischiano di provocare drammatiche conseguenze. Per questo si è deciso di verificare immediatamente le eventuali smagliature nel sistema di protezione. Un’inchiesta interna che si affianca a quella già avviata dalla magistratura. Da qualche giorno la scorta del presidente della commissione Ue è stata potenziata. All’auto di staffetta è stata aggiunta un’autovettura blindata.
Sotto casa è stato disposto un servizio di vigilanza fisso, anche nei periodi in cui Prodi non è presente. «Abbiamo promosso - spiega il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu - iniziative opportune per tutelare il presidente Prodi non solo in Italia, ma anche all’estero e, allo stesso tempo, abbiamo intensificato le attività di prevenzione e contrasto nei confronti del terrorismo interno e, in particolare, di taluni gruppi ai quali sembra ragionevole attribuire questi ultimi attentati». Un mese fa era stato lo stesso ministro, durante un’informativa urgente al Parlamento, a paventare la possibilità di «un’intensificazione degli attentati firmati dagli anarcoinsurrezionalisti». «Non possiamo escludere - aveva detto - che nella crisi attuale delle Brigate rosse, queste formazioni mirino ad assumere l’egemonia del terrorismo italiano». E’ accaduto. Dopo le bombe nei cassonetti, non si è riusciti a evitare che fosse recapitato un ordigno direttamente a casa del presidente della Commissione europea.
I dispositivi di protezione per le personalità e le cariche istituzionali non prevedono il controllo della posta privata, a meno che non sia l’interessato a chiederlo. E, adesso, ci si interroga su che cosa sia accaduto e su quello che bisogna fare per aumentare non soltanto la sicurezza delle istituzioni, ma anche quella dei cittadini. «Questo caso - spiega un investigatore - costituisce certamente una novità preoccupante. Dimostra che la tecnica si è raffinata e che gruppi, fino a qualche tempo fa considerati minori, hanno un potenziale offensivo altissimo. Per fortuna, il plico è scoppiato senza provocare danni, ma ciò non basta a tranquillizzarci. Anzi».
L’ultimo dato fornito dal Viminale dice che sono 702 le personalità scortate con 2.600 uomini. Un impegno enorme per le forze dell’ordine, tanto che dopo gli arresti effettuati nell’ambito dell’inchiesta sulle nuove Brigate rosse si era discussa l’eventualità di rivedere l’elenco, effettuando alcuni tagli. L’ipotesi è stata subito accantonata, ma resta il problema di fronteggiare un fenomeno eversivo sempre più insidioso e difficile da prevenire. Il piano messo a punto contro Prodi lo dimostra. L’ordigno era celato in un libro perfettamente incartato e indirizzato alla moglie del presidente. «Di fronte a episodi simili - chiarisce un esperto - è davvero difficile mettere a punto una controffensiva adeguata».
Gli apparati di prevenzione stanno, comunque, già studiando possibili misure. E non è escluso che nelle prossime ore si decida di diramare nuove regole per invitare tutti gli addetti alla sicurezza a una maggiore vigilanza anche in ambiti estremamente privati. La minaccia che arriva dai gruppi anarchici ha mostrato già da tempo la sua pericolosità. Le spedizioni di pacchi bomba si sono ripetute in momenti diversi e hanno sempre colpito bersagli simbolo. Accadde prima del vertice G8 del 2001, accadde durante le festività natalizie dello scorso anno. Fu una sigla anarchica a rivendicare l’esplosione di un motorino sotto il Viminale e la bomba sistemata nel giardino della questura di Genova.
Ancora loro spedirono un plico esplosivo a una stazione dei carabinieri di Roma e ferirono gravemente un maresciallo. Da mesi in Sardegna vengono compiuti attentati firmati sempre dagli stessi gruppi, probabilmente dalle stesse persone. «Sono un centinaio - spiegano all’Antiterrorismo - ma riuscire a incastrarli è difficile perché si muovono spesso da soli e senza lasciare tracce. Ottengono il massimo risultato con il minimo sforzo». Una microstrategia della tensione che sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. E che, come aveva preannunciato Pisanu, si sta sostituendo a quella delle Brigate rosse. «Queste persone non ammazzano - sottolinea un investigatore - ma provocano danni non meno gravi. Hanno una vasta gamma di obiettivi.
E sono capaci di colpire anche i cittadini. Basti pensare alla campagna che scatenarono lo scorso anno contro la compagnia aerea spagnola Iberia. Gli effetti furono devastanti. Oltre al danno economico provocato dalle disdette dei voli, fu ingenerata la paura nella gente, aumentato il senso di insicurezza». Lo stesso risultato, assicurano gli esperti, lo ottengono prendendo di mira le forze dell’ordine. Il messaggio è chiaro: «Possiamo entrare in una questura o in una stazione dei carabinieri. Possiamo arrivare ovunque». Lo hanno dimostrato anche ieri. E adesso si teme che colpiscano ancora per continuare a sfidare lo Stato.
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