Il GIP di Potenza manda a Fiordalisi "nuove" intercettazioni.
Articolo della Gazzetta del Sud e comunicato di Francesco Cirillo e Lidia Azzarita
GAZZETTA DEL SUD GIOVEDI 8 GENNAIO - CRONACA DI COSENZA INCHIESTA NO GLOBAL - Trasmesse alla procura cittadina dal Gip Lucano per una questione di competenza territoriale NUOVE INTERECETTAZIONI DA POTENZA Riserbo assoluto sul contenuto delle conversazioni di Arcangelo Badolati L'inchiesta "no globai" e il "regalo" di Potenza. La magistratura inquirente lucana per più di un anno ha indagato, con intercettazioni ambientali e telefoniche, su una decina di persone protagoniste di riunioni indette per preparare le manifestazioni poi inscenate nel luglio del 2001 durante il G8 di Genova. A dirigere le operazioni investigative, il pm Vincenzo Montemurro spesso incontratesi, nei mesi scorsi, con il pm cosentino Domenico Fiordalisi, promotore dell'iniziativa giudiziaria che, due anni addietro, sconvolse il mondo della sinistra antagonista calabrese, pugliese e napoletana. Il Gip di Potenza, pronunciandosi su un'istanza firmata dal pm Montemurro, ha deciso di trasmettere tutti gli atti d'indagine finora raccolti dalla polizia giudiziaria in Basilicata alla Procura di Cosenza. La ragione? L'individuazione in seno alla magistratura inquirente bruzia della competenza territoriale a indagare. Perché? Semplice, tra le persone monitorate dal pm Montemurro vi sarebbero anche Francesco Cirillo e Lidia Azzarita, entrambi indagati per cospirazione politica mediante associazione dal pm Fiordalisi. Cirillo e la Azzarita avrebbero partecipato a un incontro promosso dai sostenitori di un gruppo potentino denominato "sassi sul G8". Riserbo assoluto a palazzo di giustizia sulla valenza indiziaria delle in- tercettazioni appena ricevute. A Cosenza tutto iniziò con un volantino. Ventisette pagine firmate dai Nipr (Nuclei d'iniziativa proletaria e nvoluzionarì) inviate nel marzo del 2001 da Roma, ovvero da una buca delle lettere di Borgo San Lorenzo - alla Rsu della Zanussi in via Marconi di Rende. Ventisette pagine servite al Nipr - sigla peraltro riemersa nell'ambito delle recenti indagini sulle nuove Brigate rosse - per rivendicare l'attentato alla sede di Rappresentanza dei rapporti Italia-Usa della Capitale. La procura di Cosenza avviò quindi una serie d'indagini coordinate dal pm Domenico Fiordalisi. Poi vennero gli scontri. I violenti scontri di Napoli e Genova e sotto la sigla dei No globai iniziarono a fiorire sigle e movimenti come quella della "Rete meridionale del Sud ribelle", che finì ben presto nel mirino del magistrato inquirente. Il pm Fiordalisi portò sul tavolo del gip Nadia Plastina un voluminoso faldone col risultato dell'inchiesta. Mancava solo una firma. Il blitz antieversione scattato nel novembre del 2002 venne ordinato sulla base di due corpose informative redatte dagli investigatori della Digos di Cosenza e del Ros di Catanzaro. In manette finirono Francesco Cirillo, 53 anni, di Diamante, giornalista pubblicista; Antonino Campennì, 38, ricercatore all'Università della Calabria, originario di Parghelia; Anna Curcio, trentunenne, ricercatrice Unical e residente a Cosenza; Michele Santagata, 37, di Cosenza; Lidia Azzarita, 30, di Napoli ma domiciliata a Diamante; Francesco Caruso, leader dei "disubbidienti" napoletani, Giancarlo Mattia, 53, nato a Tarsia ma re- sidente a Catanzaro; Claudio Dionesalvi 32 anni, di Cosenza, giornalista, Gianfranco Tallarico, 32 di Cosenza; Giuseppe Fonzino, 29 anni, leader dei no global di Taranto; Antonio Rollo, 50, di San Cesarlo di Lecce; Salvatore Stasi, 49, di Taranto. Ai domiciliari finirono invece: Emiliano Cirillo, 24 anni, di Diamante; Gianluca Fonzino, 27, di Taranto; Giancarlo Petruzzi, 30, di Taranto; Giuseppe Orfeo, 23, di Taranto; Antonio Brunetti, 27, di Manfredonia; Vittoria Oliva, 63, di Montefiascone (Viterbo); Lucia Francioso, 27, di Taranto. Agli incriminati venne contestato d'aver fatto parte di un'associazione sovversiva denominata "Rete meridionale del Sud ribelle", costituita formalmente a Cosenza il 19 maggio del 2001. Al sodalizio avevano aderito - secondo gl'inquirenti - gruppi antagonisti meridionali uniti dall'obiettivo di turbare l'esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare l'ordinamento del mercato del lavoro. Attentando in sostanza agli organi costituzionali, la "Rete meridionale del Sud ribelle" sarebbe dovuta progressivamente diventare una vasta associazione sovversiva destinata - con l'uso della vio- lenza - a raggiungere i propri scopi. I componenti del gruppo tenuti per mesi sotto strettissima scrveglianza da poliziotti e carabinieri, parteciparono alle manifestazioni di Napoli (marzo 2001) e Genova (luglio dello stesso anno) prendendo parte ai violenti scontri con le forze dell'ordine e alle devastazioni. L'impianto accusatorio venne notevolmente ridimensionato dal Tdl di Catanzaro che decise l'annullamento dell'ordinanza e la rimessione in libertà di tutti gl'indagati. Il pm Fiordalisi propose ricorso per Cassazione e la suprema Corte dispose un nuovo esame al Tdl. Che si concise con l'applicazione dell'obbligo di firma a Cirillo, Santaga- ta e Caruso.
COMUNICATO STAMPA di Francesco Cirillo e Lidia Azzarita
Continua la persecuzione politica nei nostri confronti.
Apprendiamo oggi 8 gennaio 2004 dai giornali regionali che la magistratura inquirente di Potenza nella persona del Pm Montemurro , dopo essersi incontrato diverse volte con il PM Fiordalisi, ha deciso di inviare tutti gli atti di una “nuova” indagine nei nostri confronti e contro un'altra decina di persone , allo stesso Fiordalisi. Si da in pasto alla stampa non solo le nostre persone , ma anche l’idea che ci siano delle novità riguardanti l’inchiesta del Sud Ribelle. Un inchiesta già morta e ripiegata su se stessa, che cerca di sopravvivere solo grazie a scoop di natura esclusivamente giornalistica. Lo abbiamo visto il giorno prima dell’apertura del processo al Tribunale della Libertà di Catanzaro con il ritrovamento di un falso numero telefonico di un presunto brigatista pisano trovato nell’agendina di Antonino Campennì a seguito di una perquisizione ordinata dallo stesso Fiordalisi, che invece si trattava di uno studente cosentino iscritto all’Università di Pisa . Lo abbiamo visto con il tentativo di spacciare, un semplice pacco dolci ricevuto nella propria abitazione a Belvedere M.mo durante il periodo natalizio, in pacco bomba. Notizia ribalzata sui giornali regionali smentita negli articoli stessi. Ora esce Potenza. Si tratta di una nuova bufala, abilmente orchestrata evidentemente dallo steso PM di Cosenza che cerca da anni di dare credibilità ad un inchiesta fatta solo di prove indiziarie basate su dialoghi politici intercettati dai carabinieri del Ros, e da sempre alla ricerca di nuove prove “incastranti”, quali foto, video, materiali compromettenti. A parole si aggiungono ora altre parole, con una novità : Cirillo e Azzarita erano anche andati in Basilicata a cercare proseliti, e la stessa magistratura lucana aprì un inchiesta, quindi avevo ragione a dire che sono elementi pericolosi. I fatti “criminosi” si riferiscono in effetti al 27 aprile 2002, quando Rifondazione Comunista organizzò a Potenza un’assemblea pubblica sul problema dell’acqua. Vi partecipai insieme ad altri trecento persone e rimasi a Potenza per due giorni per i lavori assembleari. Lo staff organizzativo dell’Assemblea potentina non era del famigerato Sud Ribelle ma fatto da dirigenti nazionali del partito di Bertinotti. Tutto qui. Ma l’inchiesta si vuole presentare come nuova ma non lo è assolutamente. Questa assemblea venne segnalata nel voluminoso dossier di 31 mila pagine, dei Ros che portò all’arresto nostro e di altri 16 no global . Nel mese di maggio dell’anno scorso quando apprendemmo, sempre attraverso la stampa ( perché è uso della magistratura prima di avvertire la stampa e poi i presunti indagati !) dell’interesse da parte della magistratura potentina a questa riunione , ci recammo insieme ai nostri avvocati a Potenza chiedendo di essere interrogati . Prendemmo questa decisione, nonostante la nostra poca fiducia nella giustizia, proprio per fugare ogni dubbio rispetto alla nostra partecipazione a tale assemblea, e per evitare che poi si potesse strumentalizzare a fini politici tale spezzone d’inchiesta. Il Procuratore capo di Potenza disse ai nostri avvocati che l’inchiesta era in corso e che comunque non riteneva al momento interessante un nostro interrogatorio. Come volevasi dimostrare. A distanza di mesi eccoci di nuovo in bocca alla giustizia spettacolo. Riteniamo che si tratti solo ed esclusivamente di una persecuzione politica nei confronti nostri , e nello specifico legata alla intensa attività politica da noi svolta nel territorio calabrese , attività già minata da un assurdo obbligo di firma che non permette di allontanarsi se non per qualche ora dal paese in cui viviamo . Danno fastidio le attività giornalistiche pubblicate su giornali calabresi, danno fastidio l’ impegno nelle battaglie ambientaliste che in Calabria sono sempre presenti contro gli inceneritori, i porti, le cementificazioni selvagge, la mafia infiltrata nelle istituzioni. Se la stampa nazionale, oltre che qualche magistrato democratico (se ne esistono!) leggesse le cose che succedono in Calabria si occuperebbe molto di meno delle riunioni pubbliche e fatte alla luce del sole e molto di più di quelle segrete fatte dalla potente massoneria infiltrata nella mafia e nei partiti politici oltre che nelle istituzioni a tutti i livelli.
Francesco Cirillo, Lidia Azzarita
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