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le NTA sono i Servizi Segreti
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ananke Wednesday, Feb. 11, 2004 at 6:38 PM |
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i tre arrestati dei Nuclei Territoriali Antimperialisti sono stati scarcerati
Vi ricordate le NTA? I nuclei territoriali antimperialisti? Dalla meta' degli anni 90 hanno messo alcune bombette -soprattutto alle auto dei mercenari americani ad aviano - e avevano sollevato un vespaio nel ceto politico parafscista e fascista al grido di "bisogna reagire!". Erano molto piu' prolifici in comunicati che in azioni, pero' sembravano esistere. Anche se nessuno li trovava...
se volete rinfrescarvi la memoria e trovare un po' di notizie dalla stampa borghese cliccate qui: http://news.google.com/news?q=nta&hl=it&lr=&ie=UTF-8&safe=off&edition=it&scoring=d
alla fine di gennaio 2004 vengono arrestati tre "insospettabili trentenni" appartenenti alle NTA. I giornali e i telegiornali se ne occupano. "Sono loro" "si cerca il quarto uomo" "tra i tre arrestati un anarchico" e stronzate varie tipiche del giornalismo italiano servile e ignorante. Ci voleva poco per scoprire che "l'anarchico" era nelle liste elettorali di sos-italia, un partitino nazi locale filo heider...
Ma che racconta Luca Razza al giudice Marini? Che le NTA sono ... solo lui! Scagiona gli altri due (che poi materialmente preparavano le bombe) e dice che era tutta una montatura. Lui metteva le bombe per fare carriera come giornalista. Gli servivano degli scoop.
Ovviamente e' una palla grande come una casa, lo capirebbe anche un bambino. Ma il magistrato...che fa? LO LIBERA SUBITO!
Serve altro? Serve davvero aggiungere che la notizia e' sparita dalla circolazione? Che nessun giornalista ha pensato non dico di fare approfondimenti, ma nemmeno del giornalismo?
Per noi che non siamo nati ieri e che dalle bombe di stato del 1969 in poi ne abbiamo viste di tutti i colori non serve aggiungere altro.
I servizi segreti mettono le bombe, fanno comunicati deliranti pararivoluzionari, poi si fanno beccare con le mani nel sacco... ed ecco che i riflettori si spengono e i giudici compiacenti insabbiano tutto.
compagn*, teniamo sempre gli occhi aperti: la repressione non va in vacanza
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NON LO SO
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dubbioso Wednesday, Feb. 11, 2004 at 6:49 PM |
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IO NON SO NULLA DI TUTTO QUELLO CHE HAI DETTO, NON HO LETTO NULLA IN PROPOSITO.. QUELLO CHE SO E' CHE OGNI VOLTA CI SI LIMITA A DARE SUPPOSIZIONI SU DEDUZIONI MOLTO SUPERFICIALI E IL TUTTO PER ARRIVARE A SEMPLICI E SCHEMATICHE CONCLUSIONI..MAGARI SON UN GRUPPO DI IMBECILLI, MAGARI SONO DEI FINISSIMI RIVOLUZIONARI, MAGARI SONO DEL SISDE, DI CERTO NON SI PUO' FARE UN RAGIONAMENTO SU SCARSI INDIZI E NOTIZIE COEM TU STESSO DICI PRESE DALLA STAMPA BORGHESE... ATTENTI ALLE FACILONERIE COMPAGNI PERCHE' SECONDO LA BORGHESIA E I SUOI MASS MEDIA ANCHE I DISOBBEDIENTI SONO LEGATI ALLE BR E QUINDI AI SERVIZI....QUI SIAMO TUTTI DEI SERVIZI ALLA FINE E NON CI SONO PIU' COMPAGNI ANDIAMOCENE A CASA E SUBIAMO LE CAZZATE DELLA BORGHESIA ALLORA...
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zzzzzzzz Wednesday, Feb. 11, 2004 at 7:05 PM |
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IL FATTO EVERSIONE, PISTA FRIULANA Arrestati tre giovani udinesi: sono accusati di associazione eversiva finalizzata al terrorismo. Sarebbero gli appartenenti ai Nuclei territoriali antimperialisti. Trentenni insospettabili. È il ritratto dei presunti aderenti ai Nuclei territoriali antimperialisti. Tre giovani friulani che in pochi giorni sono finiti nella bufera, accusati di partecipare all’attività eversiva di questo gruppo. Fino a ora conosciuto solo per la sigla: attentati, rivolti a luoghi o cose, e volantini non hanno mai avuto, nemmeno vagamente, un volto. Oggi gli inquirenti – l’operazione è stata condotta dalla Digos del nordest – sono convinti di aver raggiunto il bersaglio. Sono finiti in carcere a Venezia – la cui Procura coordina le indagini – Luca Razza, 36 anni, di Udine, ma domiciliato a Maniago, giornalista pubblicista, Gian Antonio Pigat, 30 anni, di Colugna, neo laureato in Scienze politiche a Bologna, Gianluca Cosattini, 28 anni, di Campoformido, elettricista. L’accusa per tutti è quella relativa al reato previsto dall’articolo 270 bis: partecipazione ad associazione finalizzata al terrorismo e all’eversione dell’ordinamento democratico.
La figura centrale pare essere quella di Luca Razza, un personaggio singolare che amici e conoscenti ricordano per la sua estrosità, per le sue scelte estreme. Come quando inscenò un finto omicidio sulle scale del liceo classico “Stellini” di Udine. O come quando si candidò con Diego Volpe Pasini nel suo “Sos Italia”, movimento con spiccate connotazioni di destra. Non certo vicino, dunque, a posizioni come quelle che propugna il settimanale nazionale di volontariato ed economia sociale Vita, con il quale Razza, pubblicista dal ’90, aveva collaborato. Ed erano tante le esperienze giornalistiche che l’udinese – nato e vissuto per alcuni anni a Milano – aveva maturato, collaborando anche con le testate maggiori della regione o inventando di sana pianta giornali e periodici, definendosi poeta e contribuendo a fondare circoli culturali. Nessuno avrebbe sospettato nulla del genere. Tanto meno la sua fidanzata, molto conosciuta per la sua attività professionale con i giovani del maniaghese, nella casa della quale Razza è stato arrestato.
Eppure, proprio lui pare essere al centro di alcuni episodi di stampo eversivo, inchiodato ora anche dalla testimonianza di uno degli altri arrestati: Cosattini era amico di Razza, ma non lo vedeva da tempo. In passato il giovane elettricista aveva confezionato per il giornalista una sorta di “caffettiera esplosiva”. Cosattini – che aveva confidato il fatto a un’amica, la stessa che in questi giorni ne ha parlato con gli inquirenti - assicura di non sapere a cosa sarebbe servita. Gli investigatori ritengono che sia l’ordigno, seppure rudimentale, che avrebbe devastato l’auto di un militare americano di stanza alla base di Aviano.
Pigat, invece, aveva già sollevato una volta la perplessità dell’autorità giudiziaria: era, infatti, stato coinvolto nelle indagini sull’omicidio di Marco Biagi e a ottobre era stata fatta una perquisizione nella sua abitazione. Ma al primo interrogatorio Pigat ha negato ogni partecipazione ad associazioni terroristiche, spiegando che con Razza il legame è solo di amicizia e risale a molti anni fa. Ha dato spiegazioni anche dei colloqui, registrati dalla Digos, tra lui e l’amico.
Dal canto suo, il giornalista friulano in una prima fase si è detto pronto a raccontare la storia degli Nta dal ’95 a oggi, dichiarandosi «non estraneo ai fatti contestati», ma aggiungendo anche di non appartenere a quei gruppi e che comunque un’organizzazione terroristica con quel nome non esiste. Il suo avvocato, Lorenzo Fabbro, sostiene che sia un modo per chiarire la situazione, ma intanto è riuscito a ottenere un rinvio del prossimo interrogatorio al 5 febbraio. Razza dovrà spiegare con molta probabilità le strane coincidenze che hanno portato gli inquirenti sulla sua strada: le tessere telefoniche utilizzate da cabine pubbliche prima per far trovare i proclami firmati Nta, poi per chiamare la fidanzata o la madre. Oppure il motivo per cui (così pare, confrontando le tracce lasciate dal cellulare), si trovasse nei luoghi delle rivendicazioni nello stesso momento in cui partivano le telefonate verso agenzie di stampa e redazioni di giornali.
Ma c’è un altro, inquietante motivo che ha indotto il Gip di Venezia Licia Marino a firmare l’ordinanza di custodia cautelare: un sospetto di fuga e la certezza di una prova generale, ovvero il furto di esplosivo in una caserma dell’Esercito a Volpago del Montello, per accreditare i Nuclei territoriali antimperialisti presso le Brigate Rosse-Partito comunista combattente. Da quanto emerso in questi giorni, non è chiaro nemmeno per chi indaga se i tre arrestati siano dei veri bracci operativi del terrorismo nazionale o agiscano indipendentemente. Ma nella stessa operazione che ha portato all’arresto di Razza e Pigat, gli uomini della Polizia hanno eseguito una decina di perquisizioni a Milano, Udine, Maniago, Artegna, Mortegliano, Campoformido, Manzano e Pagnacco. Sono stati trovati documenti, computer, petardi, parrucche, maschere di carnevale, una pistola giocattolo e scritti che portano ai Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo. In tutta la vicenda è poi tornato alla ribalta il nome dell’anarchico triestino Fabio Sgarbul, 26 anni, sospettato di aver redatto e fatto trovare nel novembre 2001 un’altra risoluzione firmata Nta, e perquisito ad ottobre, come nel caso di Pigat, in seguito alle indagini sull’omicidio Biagi. Per lui non è stato, comunque, chiesto nessun provvedimento restrittivo. da "Nuovo Friuli"
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art da "il gazzettino" doc e attentati
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zzzzzzzz Wednesday, Feb. 11, 2004 at 7:08 PM |
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Martedì, 27 Gennaio 2004 I DOCUMENTI Dal volantino del dicembre '95 a Sacile alla "risoluzione strategica" del 2000 Sulla prosa degli antimperialisti del Nordest si sono scervellate, dal '95 ad oggi, sette Procure. Ipotesi. Perchè i dubbi, tra gli investigatori, sono sempre stati molti. A cominciare dalla tempestività delle rivendicazioni. Il primo volantino è del 9 dicembre '95. Viene lasciato in una cabina telefonica di Sacile, reca il simbolo della stella a cinque punte iscritta in un cerchio e la dicitura "Nuovo ordine mondiale, Bosnia, nucleare e Aviano". Viene definito "primo documento". Il 12 dicembre, a Maniago, viene consegnato ai carabinieri un volantino, identico a quello di Sacile, trovato in un cestino per i rifiuti a Vivaro. Il linguaggio è quello della sinistra eversiva, ma al posto dell'operaismo e dei contratti di lavoro collettivo ci sono l'antimperialismo e i missili della Nato. Porta la data del 13 gennaio '96 la prima rivendicazione. È quella della bomba-caffettiera confezionata da Gianluca Cosattini e consegnata, secondo quanto dichiarato ieri dal giovane di Campoformido durante l'interrogatorio, a Luca Razza. Fu usata per far saltare in aria la macchina del sergente Steven Fregland la vigilia della visita di Clinton alla base Usaf. Il 9 marzo '96 la Digos trova un volantino di quattro pagine intestato Nta: contiene l'esplicito riconoscimento dell'esperienza maturata dalle Br-Pcc e la «costruzione di un fronte combattente antimperialista». Il 7 settembre di quell'anno alla redazione di Pordenone del Gazzettino viene recapitato un documento in cui si accusa i servizi segreti di aver organizzato attentati dinamitardi nell'agosto '96 a Lignano.
Gli Nta si rifanno vivi dopo quasi un anno, assumendosi con due volantini la paternità dell'attentato al concessionario Toyota di via Colugna a Udine. Compare la frase "militanti rivoluzionari per la costruzione del Pcc". Il 12 settembre '97, a Roma, viene fatta ritrovare la "Risoluzione strategica n. 01/B" che contiene un elenco di obiettivi da colpire: ci sono politici, giornalisti, imprenditori, ma non D'Antona o altri componenti del ministero del Lavoro. Dovrà passare un anno prima che gli Nta divulghino altri documenti: in un caso, a Casarsa, assieme al volantino viene trovata anche una pallottola. Nel '99 l'attività è intensa: tre auto di americani incendiate, l'attentato alla sede del Pds di Monteverde a Roma, svariati volantini e poi l'e-mail a Repubblica con il documento intitolato "Comunicato di Br-Pcc e Nta", dove si annuncia «l'incarico strategico di elevare il livello dello scontro nel contesto della guerra di classe di lunga durata».
Il 16 settembre 2000, dopo aver rivendicato all'Ansa, anche a nome delle Br, l'attentato all'Ince, il gruppo fa trovare a Mestre la corposa "Risoluzione strategia n. 02". Successivamente la sigla eversiva comparirà per rivendicare l'intrusione nell'aerobase di Rivolto e l'attentato all'Informest di Gorizia.
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4 uomo ? (gazz)
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zzzzz Wednesday, Feb. 11, 2004 at 7:14 PM |
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Martedì, 27 Gennaio 2004
Lo spessore del gruppo secondo gli inquirenti friulani non appare compatibile con una vicinanza alle Br Nta, ora si cerca il quarto uomo La Digos sulle tracce dell'ultimo componente del "commando" che tentò lintrusione a Rivolto Ci sarebbe un quarto uomo nella lista degli Nta. E il suo nome potrebbe tornare all'appello grazie alla collaborazione dell'udinese Luca Razza (arrestato la settimana scorsa a Maniago dove viveva da tempo), che oggi sarà interrogato nel carcere di Venezia. Quel nome gli investigatori lo metterebbero in relazione con la tentata intrusione dell'8 gennaio 2002 all'aerobase di Rivolto, quando quattro persone, il volto nascosto da passamontagna, furono sorprese dai carabinieri mentre tentavano di varcare un accesso secondario dell'aeroporto militare. L'azione fu rivendicata dai Nuclei territoriali antimperialisti - Partito comunista combattente, che se la presero con il 2. Stormo e le Frecce tricolori, i cui piloti nel documento di rivendicazione furono definiti degli «assassini», «storici contrabbandieri e infami portacolori dell'imperialismo e del militarismo italiano nel mondo».
Oltre ai fatti di Rivolto, ci sono altri episodi che la Digos di Udine dovrà riconsiderare alla luce di quanto sta emergendo dopo gli esiti dell'inchiesta veneziana che finora ha portato in carcere tre persone considerate il nucleo degli Nta.
Saranno rispolverati tutta una serie di fascicoli a carico di ignoti, dal '95 ai oggi, relativi ad attentati incendiari compiuti contro cabine telefoniche o scoppi di petardi contro obiettivi ritenuti sensibili e che potrebbero essere attribuiti agli Nuclei territoriali antimperialisti.
Prove di attentati? Forse. Il livello dei presunti "cervelli" della neoeversione a Nordest, come più volte li ha definiti il procuratore Guido Papalia, non sembra infatti corrispondere a quanto si era immaginato attraverso le due risoluzioni strategiche e i documenti resi pubblici a Nordest.Forse volevano farsi accreditare dalle Brigate rosse, ma alle spalle non avrebbero avuto alcuna organizzazione di tipo militare e lo spessore del gruppo, a conti fatti, appare molto basso. Più di qualcuno ha avuto la sensazione di trovarsi di fronte a dei trentenni che si sono divertiti a giocare agli estremisti e a creare scompiglio tra le Procure per poi godersi lo spettacolo attraverso le pagine dei giornali.
La convinzione che non ci sia alcun collegamento con le Brigate rosse si è fatta strada tra gli investigatori a mano a mano che l'indagine sugli Nta si sviluppava. È probabile che ci si trovi di fronte a una struttura numericamente limitata: si parla di un quarto uomo, forse un quinto, dopodichè - secondo gli inquirenti - il cerchio potrebbe essere chiuso.
Da quando l'indagine veneziana ha individuato il telefonista in Luca Razza, infatti, la Digos di Udine ha cominciato il lavoro di pedinamenti e intercettazioni che ha portato all'individuazione di Gianantonio Pigat, Gianluca Cosattini e di una decina di persone con cui erano in stretto contatto e che sono state perquisite (nessuno di loro, però, è indagato). Tra i tre giovani finiti in carcere i contatti erano piuttosto "blindati". Cosattini aveva contatti soltanto con Razza. Razza e Pigat si incontravano invece al «solito posto», un bar di via Divisione Julia, tra i più anonimi della città, senza mai porsi in vista. È in quel bar che, dopo la denuncia per propaganda sovversiva del triestino Fabio Sgarbul, concordano di scappare nel caso fossero stati scoperti.
R.U.
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da "libero"
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ananke Wednesday, Feb. 11, 2004 at 7:17 PM |
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notizia del 11/02/2004 19:33 TERRORISMO: LIBERI RAZZA E PIGAT Erano stati arrestati nell'ambito delle indagini sugli Nta (ANSA) - VENEZIA, 11 FEB - Revocata la misura cautelare in carcere nei confronti di Luca Razza e Gianantonio Pigat, arrestati nell'ambito delle indagini sugli Nta. Lo ha reso noto l'avvocato Lucia Gasperini, legale di Pigat. Il tribunale del riesame di Venezia ha emesso l'ordinanza nel pomeriggio, al termine di una lunga camera di consiglio, dopo che in mattinata si era svolta l'udienza, alla presenza del pm Luca Marini. I Nuclei Territoriali Antimperialisti erano operanti tra Veneto e Friuli dal 1995.
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Cosi' fan sempre
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giovi Thursday, Feb. 12, 2004 at 3:34 AM |
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E delle ultime brigate rosse ? quelle sgominate , di cui hanno scoperto covi e documenti, arrestato tutti i componenti, compreso quello con il pass dei servizi ...saputo piu' niente ? Beh, non possono mica dirci anche reparti e numeri di matricola ! E le vecchie BR , post Curcio.. Chi c'e' in carcere del commando che massacro' Moro e la sua scorta ? Non erano dei Servizi ? Di quelli turistici sicuro ! Hanno aperto aziende e ristoranti di successo in Venezuela, Giappone, Tunisia? E la falange armata? E il falangista telefonista arrestato, funzionario del ministero degli interni ? Che fine han fatto ? Che altroc'è..la Uno bianca? L'un per cento al massimo di tutto il terrorismo golpista e stragista dal '50 ad oggi è autentico. E demenziale. Il 99 per cento è Intelligence.
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Un'analisi sul fenomeno Nta pubblicata in un libro uscito nel 2001
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by ocirl Saturday, Feb. 14, 2004 at 11:18 PM |
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... Un'analisi sul fenomeno Nta pubblicata in un libro uscito nel 2001
di Velina della sera in <<AA. VV., `Guerra civile globale´, Odradek editore, Novembre 2001>> Nelle settimane immediatamente precedenti l´appuntamento genovese il paese è stato attraversato da un piccolo sciame di "attentati esplosivi riconducibili all´area anarco-insurrezionalista". La formula tra virgolette è ricorsa assolutamente identica su tutti i media italiani, scritti e stampati, a riprova dell´immensa fantasia e professionalità degli amanuensi redazionali italiani. Non tutti erano rimasti convinti che fatto e colpevole si corrispondessero così platealmente. E abbiamo così chiesto una breve analisi `tecnica´ a un esperto del settore, che naturalmente preferisce restare anonimo.
Negli anni ´70 esisteva un legame certo tra attentato-rivendicazione-persone fisiche solo nel caso di azioni compiute da gruppi dell´estrema sinistra. In quelli compiuti dai gruppuscoli fascisti - guidati, coperti e assecondati da organi rilevanti dello Stato e dai servizi segreti - la certezza dell´attribuzione derivava invece proprio dall´assenza di qualsiasi rapporto riconoscibile. L´unica, momentanea eccezione furono i Nar (Mambro, Fioravanti, Cavallini), quando `si montarono la testa´ e provarono ad agire in proprio, sciogliendo gli antichi legami con i servizi. Furono scompaginati in pochi mesi e nessuno, a destra, provò più a `far da sé´. Allora, voglio dire, esisteva una specie di `format´ che garantiva in modo pressochè assoluto l´autenticità di un´attribuzione. Prescindiamo qui da qualunque valutazione `di merito´ (come la scelta degli obiettivi o le modalità dell´azione - che quasi sempre, a sinistra, escludeva l´uso di esplosivi). Qualsiasi fosse il gruppo armato di estrema sinistra, infatti, la `procedura´ era praticamente identica: - una prima telefonata di rivendicazione giungeva a agenzia giornalistica entro pochi minuti; ossia prima che i giornali radio o la tv dessero la notizia. Ciò significava - per chiunque - la certezza che quella telefonata poteva esser stata fatta solo da chi effettivamente aveva compiuto l´azione. Anche allora esistevano i mitomani e i depistatori; e dopo che la notizia era diventata di pubblico dominio iniziava una raffica di telefonate più o meno sconclusionate che sia i giornalisti, sia gli inquirenti, non degnavano neppure d´attenzione (quando ne accreditavano qualcuna correvano il rischio o della figuraccia o dell´essere accomunati ai depistatori). Ma quell´unica telefonata fatta a `notizia ignota´ era la garanzia di un legame certo tra autori dell´azione e telefonata. - Il volantino di rivendicazione, in genere fatto arrivare entro le 48 ore successive - confermava sia l´identità della prima telefonata che il `discorso´ politico-teorico in quel momento elaborato dal gruppo autore dell´azione. Per chiunque seguisse l´evoluzione dei principali gruppi armati era abbastanza semplice capire come e quanto quel nuovo volantino segnasse una conferma o un cambiamento di linea rispetto al percorso fin lì seguito. Non mancavano a volte neppure `indicazioni tecniche´ in grado di dirimere ogni incertezza sull´autenticità o meno di un certo messaggio scritto. Per esempio: nel primo comunicato con cui le Brigate Rosse (quelle `vere´, vien da dire) si attribuivano la paternità del sequestro di Aldo Moro era contenuta un´avvertenza allora chiarissima: "I comunicati verranno battuti tutti con la stessa macchina: questa". L´avvertenza mirava a impedire che qualcuno potesse `infilarsi´ nella complessa gestione del sequestro e della eventuale trattativa con messaggi fasulli. Chi avesse provato a mettere in piedi un `comunicato´, essendo obbligato a farlo con una macchina diversa, sarebbe stato immediatamente riconosciuto come un impostore (i servizi segreti ci provarono egualmente, con il falso comunicato dello `della Duchessa´; ma fu subito chiaro a tutti - meno, `stranamente´ i - che qualcuno stava ciurlando nel manico). Altri tempi. C´erano le macchine da scrivere: oggetti meccanici facili all´usura, con difetti che nel tempo ne segnavano l´"identità" in modo inequivocabile. Nessun´altra macchina poteva avere tutte le deformazioni di quella che si stava usando. Era un marchio non facilmente clonabile. - I prigionieri del gruppo in questione `convalidavano´ definitivamente l´attribuzione dell´azione rivendicandola a propria volta. Il cerchio si chiudeva e la certezza era totale; per gli inquirenti, per i partiti, per il movimento, per i giornalisti. Oggi non c´è più un `format´ che garantisca l´autenticità del legame. Le telefonate di rivendicazione giungono dopo ore o giorni, quando la notizia è ormai non solo pubblica, ma `commentata´, con tanto di attribuzioni già fatte e dotte analisi sul perché e il percome non possa che essere così. Il volantino non sempre c´è, e comunque il computer annulla la possibilità di fissare un marchio. E nessuna sigla usata negli ultimi anni ha prigionieri a rappresentarla. Solo in un caso, in Veneto, si è potuta stabilire con certezza (con tanto di `pentito´) che il legame tra un paio di micro-attentati vagamente anti-americani e un gruppetto di giovani di sinistra. Attribuire un´azione è divenuto così un gioco di pareri letterari. I giornali convocano telefonicamente inquirenti in pensione, ex.guerriglieri in libertà o semidetenzione, "anti-terroristi" passati ad altro incarico. Nessuno che ovviamente possa dire una sola parola che abbia un legame concreto e diretto col fatto di cui si sta parlando. L´attendibilità di questi pareri letterari è in genere meno di zero. L´era del computer permette di costruire qualsiasi testo, qualsiasi stile `codificato´, qualsiasi linguaggio `specialistico e seriale´. E un testo politico - specie se redatto nel lessico comunista standard, come è inevitabile per qualsiasi `documento ufficiale´ d´area - è un testo altamente clonabile. E´ sufficiente una cultura medio-alta, una passabile conoscenza del linguaggio d precare. I servizi segreti italiani dispongono ormai da lungo tempo di tutte queste `professionalità´. Per anni pentiti e dissociati sono stati consultati come `esperti´ e `traduttori´ dei testi prodotti da prigionieri politici o dagli ultimi gruppi certamente riconducibili all´esperienza storica delle Br (fino al 1988, insomma). Ma non occorre neppure avere un livello così sofisticato di conoscenze e professionalità. Modi di dire, ricorrenze, frasi tipiche, categorie, stilemi linguistici, sono ricostruibili da chiunque disponga di un sufficiente numero di testi autentici, magari vecchissimi, da cui trarre la `cassetta degli elementi componibili´ buona per un `nuovo´ testo. Non dico che è certamente così; affermo soltanto che è facile fare una cosa del genere. E che, quindi, un testo - volantino o `risoluzione´ che sia - non certifica nessuna identità politica se non è sovrapponibile a volti, storie inequivocabili, identità personali certe. `Arbitri´ del riconoscimento, oggi, restano i soli inquirenti (giudici, polizia, carabinieri, `esperti´ chissà da chi certificati´); i giornalisti trascrivono senza più nulla chiedersi proprio perché consapevoli empiricamente di non poter verificare nulla, l´opposizione parlamentare cede al `richiamo della foresta antiterrorista´ o, più brutalmente, al ricatto implicito nel verificarsi di un attentato `non attribuibile con certezza´. Si è creato, insomma, un altro `format´, ma a senso unico; dalle questure (e procure, e caserme, e ministeri) alla popolazione. Senza possibilità di verifica, dubbio, controdeduzione. Equivale al chiedere all´oste e il vino è buono. Se questo fosse un paese `normale´, non attraversato costantemente dalla guerra civile, ci sarebbe comunque da preoccuparsi. Ma qui, dove poliziotti, giudici e carabinieri hanno fatto a gara per imbastire - insieme ad alcuni manovali fascisti e l´alto patronato Dc-Usa - le stragi di stato; dove gli anarchici possono essere accusati di tutto e poi magari volare `rei confessi´ da una finestra della questura; dove i se oppiette appartate, naturalmente distruggendo subito dopo ogni rapporto scritto (quale grosso personaggio avranno mai incontrato nel loro peregrinare nella notte della campagna fiorentina?)... beh, in questo paese, affidarsi supinamente a un `arbitrato´ centrale di questo genere, per la sinistra e la popolazione tutta, è decisamente un suicidio. Se lo si fosse accettato, 32 anni fa, avremmo avuto consegnati alla storia Valpreda come autore della strage di Piazza Fontana insieme a Pinelli, suicidatosi `per la vergogna´ (non si sarebbe insomma arrivati neppure a quell´infamia di archiviazione - firmata da D´Ambrosio, successivamente passato alle cronache come `eroe´ di Mani Pulite - dell´inchiesta sulla sua morte, addebitata infine a un caso rimasto unico di `malore attivo´). Nel caso della bomba di Venezia, però, si è avuta una rottura di questo nuovo `format´ giudiziario-poliziesco. I giudici si sono divisi sull´attendibilità del volantino che attribuiva ai Nuclei Territoriali Antimperialisti la paternità della bomba al tribunale. Il giudice Casson prendeva quindi ad indagare sui fascisti e, per ora, non se ne sa più nulla. A prescindere, però, dal prosieguo delle indagini, una cosa si può dire con sufficiente certezza. Gli Nta non esistono. Come faccio a dirlo? Andiamo con ordine. a) Facciamo l´ipotesi che la sigla in questione rappresenti davvero un gruppo di militanti di estrema sinistra e che abbiano davvero collocato la bomba al tribunale. Una volta che il giudice Casson ne abbia pubblicamente messo in dubbio l´autenticità, non avevano davanti molte strade: erano obbligati a `corroborare´ con qualche elemento concreto, non ancora rivelato da nessun giornale, la rivendicazione della bomba. A `farsi vivi´, in un modo per loro sicuro, per dimostrare di essere quel che dicono di essere: un gruppo di sinistra. Solo per un gruppo del genere, infatti, il problema dell´identità politica è decisivo. Dei `compagni´, insomma, non possono tollerare l´accusa di essere una sigla di copertura di `giochi sporchi del nemi La loro credibilità politica sarebbe azzerata. b) Ipotizziamo che gli Nta siano davvero un gruppo di `compagni´, ma che non abbiano messo loro la bomba. L´obbligo di farsi vivi era in questo caso ancora più stringente. Nessuno può infatti accettare di diventare una sigla buona per ogni occasione; specie in questo paese. Le stesse ragioni della prima ipotesi. La conclusione è obbligata. La bomba al tribunale può averla messa chiunque (fascisti, giostrai, servizi, compagni fuori di testa, ecc.) Ma chi ha scritto il volantino firmato Nta? Di certo non qualcuno che abbia costituito un gruppo armato di sinistra con quel nome. Un secondo esempio, decisamente più semplice da decifrare, può essere la busta esplosiva spedita al prefetto di Firenze, Achille Serra, ex parlamentare di Forza Italia (solo in questo paese credo sia possibile che un `garante della neutralità dello Stato´ torni ad occupare il suo posto dopo esser stato un `politico di parte´). Leggiamo che la busta conteneva anche un ritaglio di giornale con l´intervista che il prefetto aveva rilasciato a proposito del Centro Popolare Autogestito situato nell´ex area industriale Longinotti. Che senso ha? E perché nessuno se lo chiede? Facciamo ancora le uniche due ipotesi possibili. a) La bomba doveva esplodere. A che serve aggiungerci un foglio di carta che andrà certamente distrutto nell´esplosione? b) La bomba non doveva esplodere. E allora il ritaglio di giornale ha un senso chiarissimo: indirizzare su quel centro sociale le indagini. Ne risulterebbe che, nel caso a spedirla fossero stati davvero un gruppo di compagni `fuori di testa´, gli autori del fallito attentato desiderano essere arrestati al più presto, al punto da mettere il mittente sulla bomba. Vi sembra una conclusione logica? Nell´Italia di Piazza Fontana e dell´uccisione di Pinelli (quella che ha vinto le ultime elezioni) questa favola del `terrorismo´ passa però senza incontrare, come abbiamo visto, grandi contestazioni puntuali ed argomentate. E può perciò diventare una chiave di volt ico in grado di mettere il governo con le spalle al muro. P.S. C´è da rilevare, comunque, che dall´11 settembre in poi non si è più verificato alcun `attentato´. A suo modo è una prova: fin quando la `guerra civile´ non appariva, qualcuno aveva interesse a far credere che ci fosse. Quando, a un certo punto, è stata addirittura dichiarata ufficialmente dal presidente della mono-potenza, quello stesso qualcuno si è fatto da parte. Tana!
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