per il dossier genovaG8 - capitolo nuove armi e strumenti di repressione di massa - bozza di scheda su un’arma meno letale, il fucile FN 303. Aggiunte, correzioni, informazioni e notizie graditissime: scrivetele nello spazio commenti e qualcun* provvedera’ a inserirle nel testo! Se invece volete partecipare al Dossier GenovaG8, scrivete una mail a: inchiesta-g8@indymedia.org.
Si chiama FN 303 ed è prodotto dalla ditta belga FN Herstal. È un fucile a pallettoni marcanti, un prodotto esplicitamente destinato a reprimere le masse in scenari urbani. “Il mondo sta cambiando. Il mantenimento della pace richiede nuove tattiche e strumenti concepiti per il controllo delle masse” (FN Herstal).
A scanso di equivoci, le pagine dedicate all’FN 303 raggiungibili dalla home (percorso: Less lethal / FN303) sono riccamente illustrate con scene di riot, in particolare scatti dal G8 di Genova. Gli effetti di questa arma "meno letale" sono spiegati così:
“I proiettili sono stati disegnati per rompersi all’impatto, per eliminare il rischio di ferite da penetrazione. Grazie al loro design accurato, hanno una gittata effettiva di 50 metri e un'alta probabilità di colpire il bersaglio. L’effetto principale consiste nell’impatto: lo choc neutralizza immediatamente l’aggressore. Un effetto secondario può essere garantito dalla scelta di agenti chimici specifici, in funzione della missione da compiere”.
I proiettili del fucile FN 303 - sono di plastica (Polystyrene) e bismuto - possono essere riempiti con inchiostro indelebile – per “marchiare” i manifestanti e riconoscerli in seguito - oppure spray al peperoncino o altre sostanze. La distanza di sicurezza sarebbe di 1 metro e la casa produttrice si sente di garantire “basso rischio di lesioni permanenti, perfino se l'arma viene utilizzata a poca distanza”.
Ma come possono andare davvero le cose con un fucile FN 303, lo dimostra una storia avvenuta in Svizzera il 29 marzo 2003. Dopo una manifestazione “contro il WTO e contro la guerra”, alla stazione ferroviaria di Ginevra Cornavin la sindacalista Denise Chervet è stata colpita ad una tempia da un colpo di fucile FN 303.
Denise Chervet, 45 anni, segretaria del sindacato svizzero dei media Comedia, era andata alla manifestazione col figlio sedicenne. Dopo il corteo, che si era svolto senza incidenti, erano andati alla stazione Cornavin per prendere un treno che li riportasse a casa, a Friburgo.
Il suo racconto dei fatti:
“Quando siamo arrivati nei pressi del binario abbiamo sentito dei rumori e abbiamo visto agenti che correvano in tenuta anti-sommossa. In effetti sul binario c’era una quantita’ enorme di poliziotti e un’atmosfera molto violenta. C’era un agente che gridava e c’era in particolare una ragazza tenuta a terra, con un agente che aveva un ginocchio su di lei, che era ammanettata e piangeva”.
da Indymedia Svizzera -- foto 1 -
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“Era una situazione surreale, soprattutto in confronto alla manifestazione, che era stata molto tranquilla. È stato allora che mio figlio si e’ rivolto ad un agente che lo aveva strattonato, per chiedergli il suo nome. Mio figlio ha sedici anni e mezzo, era frustrato per quanto accaduto. Quello non risponde, mio figlio gli getta addosso dell’aranciata, da una bottiglietta di plastica. Ed e’ per questo che mio figlio viene manganellato”.
“Io mi giro, vedo mio figlio che sanguina per terra sulle scale e vado nel panico. Avevo una bottiglia di birra in mano e la getto in direzione della polizia.
Non colpisce nessuno, che sia chiaro, il mio intento non era colpire nessuno, era piu’ la rabbia, l’impotenza che mi spingevano. E poi mi rimetto a correre verso mio figlio, che veniva portato via da altre persone. Correndo mi giro e vedo un poliziotto che mira verso di me, e spara. Lo fa due volte. La seconda volta sento che mi ha colpito ma non mi sono preoccupata perche’ ero convinta che fossero pallottole di gomma, che mi avessero colpito di striscio. Mi accorgo che sto sanguinando, mi pulisco con un fazzoletto.
All’ospedale, quando il medico mi ha curato e ha visto questi materiali, non era in grado di dire cosa fossero”.
“Allora ha telefonato alla polizia, che ha detto che loro non lo sapevano. Hanno insistito nel dire che la polizia di Ginevra non utilizza pallottole di gomma, e che in ogni caso non erano stati loro a sparare”.
In particolare, ecco la memorabile dichiarazione rilasciata da Eric Grandjean, portavoce della polizia di Ginevra: “Verso la fine giornata di sabato ci sono state delle piccole intemperanze alla stazione, per colpa di alcuni giovani che hanno rotto un vetro di un treno. Ma smentiamo assolutamente di avere sparato alcunché. D’altra parte, noi non utilizziamo il genere di proiettile che ha colpito la signora. Mentre ai manifestanti abbiamo sequestrato spranghe di acciaio, sassi e bastoni. A mio parere, la signora è stata colpita da qualcuno che stava dalla sua parte. È stata vittima del fuoco amico.. come succede in Iraq”.
Ma dopo tre giorni di smentite, la polizia di Ginevra ha ammesso di avere usato contro Denise Chervet il fucile FN 303. L’arma si trovava in fase di sperimentazione e nessuno – a quanto pare – ne aveva autorizzato l’uso. Tre inchieste della magistratura sono in corso per stabilire la dinamica della vicenda. Intanto, nel giugno 2003 il comandante della polizia di Ginevra Christian Cudré-Mauroux ha dichiarato alla Televisione Svizzera Italiana: "Sono certo che al mio collaboratore non sia venuto in mente - neanche per un attimo - di mirare al viso della signora. Forse si è sbagliato. Oppure, la signora si è mossa. Ma questo sarà la magistratura a stabilirlo".
Intanto, Denise Chervet…
“Ho consultato uno specialista che mi ha confermato la diagnosi fatta all’ospedale di Ginevra subito dopo l’incidente: e’ troppo pericoloso provare a togliere quello che e’ rimasto della pallottola, perche’ e’ troppo vicino al nervo facciale e rischio di restare paralizzata. I medici hanno anche rilevato una certa quantità di bismuto nel mio sangue. Ma non sono in grado di dire quali potrebbero esserne le conseguenze a lungo termine sul mio organismo”.
articolo da Il manifesto
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