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Occupata la «casa di plastica»
di Rosario Palazzolo SESTO SAN GIOVANNI – Un breve comunicato inviato ai giornali e alle agenzie di stampa per annunciare: che la "casa di plastica" di via Catania è stata liberata e restituita al popolo, a tante gente che non aveva un tetto sotto il quale trascorrere la notte. Così, nel tardo pomeriggio di giovedì 29 aprile, a Sesto San Giovanni è cominciata un’occupazione che per dimensioni e specificità non ha precedenti in città. Non un’occupazione al fine di realizzare un centro sociale in qualche capannone abbandonato o in un cascinale, come tante volte era accaduto in passato, bensì l’occupazione abusiva di un intero edificio di case popolari, effettuato in blocco da un gruppo che si firma "Action" e che raccoglie una rete di centri sociali, che ha subito messo a disposizione i 24 appartamenti per ospitare 19 famiglie di senzatetto, quasi tutti stranieri. Una sessantina di disperati provenienti da tutta Milano. Quindici famiglie di stranieri, per lo più equadoregni e peruviani, quattro famiglie di italiani, due delle quali di Sesto. Sette bambini, tra i quali due di pochi mesi. Tanta gente che di giorno lavora, e che fino a giovedì era costretta a dormire in auto o all’interno di baracche. Qui, hanno trovato case asciutte, dove paradossalmente nell’abbandono ci sono alloggi con serramenti e sanitari nuovi, mai usati. Il gruppo Action, che già il 25 aprile aveva occupato una palazzina in corso Buenos Aires a Milano, per altro sgomberata in meno di 24 ore, è tornato a colpire, spostando a Sesto San Giovanni il tema caldo dei senzatetto. Giovedì sera hanno rotto le catene che blindavano i cancelli dell’edificio di via Catania 126, hanno demolito alcuni muri realizzati dall’Aler per impedire l’ingresso di intrusi, e si sono introdotti negli appartamenti, tutti completamente vuoti dopo che la cosiddetta "casa di plastica" era stata sgomberata alcuni anni fa. Un edificio assolutamente abbandonato a se stesso. Ventiquattro alloggi che non sarebbero mai più stati assegnati dall’Aler in attesa di capire se abbattere quella curiosa palazzina di plastica oppure recuperarla per altri fini. Forse proprio questo ha spinto gli attivisti di Action a puntare su Sesto San Giovanni. «Non siamo qui per aprire un centro sociale – spiega Bruno, mentre in tutta fretta si reca sul suo posto di lavoro dopo una notte trascorsa a occupare insieme alle 1 9 famiglie - Ma per dare un senso a queste case che da troppi anni sono vuote, proprio mentre centinaia di persone dormono nelle auto e nelle baracche». Stranieri regolari e gente che ogni mattina si alza per andare a lavorare, gli fa eco Riccardo, un altro attivista che di mestiere fa l’infermiere e che nel tempo libero si dedica al collettivo di Action: «Crediamo che l’amministrazione di Sesto sia diversa da quella di Milano che ragiona soltanto con gli sgomberi, per questo siamo venuti fin qui – dice - L’altra sera, subito dopo l‘occupazione, alcune donne del quartiere ci hanno portato il caffè, e anche il vice sindaco Morabito è venuto a parlare con noi». Riccardo confida nella possibilità di aprire un tavolo con l’amministrazione comunale, la Caritas e le parti sociali per dare una casa a queste 19 famiglie. Sulle loro intenzioni, rimane sospesa la spada di damocle dello sgombero. La polizia fino ad oggi ha soltanto verificato che non si creassero situazioni di pericolo. Tuttavia, quella di Action è un’azione di occupazione abusiva e illegale che rischia di rappresentare un precedente imitabile da qualsiasi senzatetto o centro sociale.
Occupato un palazzo Guerra Comune-Aler
SESTO SAN GIOVANNI — Doveva essere il prototipo di nuovi edifici all'avanguardia: interamente realizzati con materiali sperimentali, come le vetroresine, più economici e veloci da costruire. Negli anni '70, in pieno boom demografico e con l'arrivo di migliaia di famiglie di lavoratori dal meridione, rappresentava la soluzione ideale per realizzare a poco costo centinaia di alloggi popolari. Ma la "casa di plastica", come poi è stata ribattezzata la palazzina di via Catania 126, è rimasta unica in Italia. In tutta Europa, sembra che ne esistano solamente tre esemplari, tutti progettati da un architetto tedesco. Perché, a conti fatti, l'esperimento si è rivelato un fallimento. Sin dall'inizio, i materiali utilizzati avevano mostrato i loro limiti: infissi e pareti prefabbricate lasciavano infiltrare acqua, vento e freddo; bastava appendere un quadro a una parete per creare una voragine; e le stanze erano gelide d'inverno e bollenti d'estate. Tanto che, ben presto, la casa fu dichiarata inagibile. Ma una volta vuota, iniziarono le occupazioni abusive. Allora come oggi, l'emergenza abitativa aveva spinto alcune famiglie a traslocare in quei 24 appartamenti, pur disastrati. La situazione si risolse solamente quando l'amministrazione comunale costruì un nuovo edificio popolare e, all'inizio degli anni '90, fece traslocare tutti gli inquilini. Pochi anni dopo l'Aler stanziò oltre un milione di euro per la ristrutturazione. La scelta fu quella di rendere l'edificio abitabile, mantenendone però le caratteristiche sperimentali, a partire dai materiali utilizzati. Ma nonostante gli interventi effettuati, la palazzina è tuttora inagibile. Nei mesi scorsi, l'Unione inquilini ha chiesto di completare la ristrutturazione, per assegnare gli alloggi vuoti ormai da troppo tempo. Ma l'amministrazione comunale ha invece proposto ad Aler di abbattere l'edificio per ricostruirne uno "vero", con un numero di abitazioni superiore all'attuale. Pat. Lon.
Il sindaco Oldrini: «Il problema è di Milano»
di Patrizia Longo SESTO SAN GIOVANNI — Tutti contro tutti. E' il giorno delle polemiche sulla "casa di plastica". Il Comune attacca l'Aler, che da troppo tempo trascina il problema di quei 24 alloggi vuoti e inutilizzabili, per assegnazioni regolari. E chiede un intervento immediato: «Il problema è di Milano, noi non siamo disposti a farcene carico: gli occupanti sono un gruppo politico e famiglie che provengono dal capoluogo, non tocca a noi discutere le loro necessità», ha polemizzato il sindaco Giorgio Oldrini. Aler, dal canto suo, ribatte che ha già preso provvedimenti, con la presentazione della querela, e che l'edificio sarà abbattuto: «Ho già parlato con il vice-qustore di Sesto - ha detto Luciano Niero, presidente Aler - Stiamo predisponendo la denuncia, chiediamo lo sgombero per demolizione». L’Unione inquilini, che qualche settimana fa aveva occupato simbolicamente l'edificio, accusa entrambi di non fare abbastanza per risolvere l'emergenza abitativa. L'incontro di lunedì, già programmato da tempo, tra amministrazione sestese e istituto delle case popolari, proprio sul futuro della casa di plastica, si preannuncia infuocato. «E' da mesi che chiediamo all'Aler di presentare alla Regione un progetto per la demolizione dell'edificio, noi siamo pronti anche ad aumentare le volumetrie per ricavare più alloggi - ha detto il vicesindaco e assessore alla Casa, Demetrio Morabito - A Sesto abbiamo fatto un patto di ferro con le parti sociali, praticamente le occupazioni abusive degli alloggi comunali sono inesistenti, solo un paio, ma in una sola sera Aler ha 24 appartamenti occupati: non è giustificabile». Eppure, secondo Aler, il progetto e i finanziamenti ci sono eccome: «Grazie ai fondi regionali, stiamo provvedendo al programma di abbattimento e alla realizzazione di un nuovo edificio - ha ribattuto Niero - Quella palazzina deve ess ere demolita, perché gli appartamenti non sono agibili. Abbiamo chiesto proprio per questo lo sgombero». Procedure complesse, dicono. Ci vorrà del tempo. Proprio il tempo che, secondo l'Unione inquilini, non hanno più le famiglie in attesa di un tetto: «Era inevitabile quello che è successo - ha detto Marco De Guio, portavoce del sindacato - Ed è giusto recuperare a un utilizzo pubblico la casa di plastica. Quell'edificio, vuoto da anni, rappresenta uno spreco: è l'Aler che vuole la guerra e il Comune non ha la forza di prendere decisioni coraggiose, come l'esproprio degli alloggi popolari lasciati vuoti». Tra tante polemiche, su un punto sembrano concordare Aler e Comune: nessuna regolarizzazione: «Non possiamo tollerare e non tollereremo occupazioni abusive - ha detto il sindaco Oldrini - Dobbiamo evitare che si scateni una guerra tra poveri per l'abitazione, perché la nostra tradizione di solidarietà ce lo vieta, ma questo si può fare solo se si rispettano le regole, le graduatorie di assegnazione e le leggi, altrimenti chi ha la forza di occupare passa davanti a chi rispetta le norme e questo non deve accadere e non accadrà».
il Giorno
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