"Sin dal secolo XVI e XVII a seguito della crescita di un vasto strato di poveri esclusi dai processi produttivi si sviluppa in Europa una legislazione repressiva la cui caratteristica fondante è la pena corporale, e che fu la causa principale dello sterminio di settori numericamente consistenti di disoccupati.
Nel 1557, dopo un processo sotterraneo di cambiamento che ribalta il concetto di pena fino ad allora predominante, nasce nel Regno Unito la prima house of correction o workhouse. E così nel palazzo di Bridewell, concessione del sovrano, vengono rinchiusi poveri, orfani ma anche ladri e prostitute. Tutti costoro avevano l'obbligo di riformarsi attraverso il lavoro e la disciplina imposti nell'istituzione.
Sempre nel Paese della corona inglese a partire dal 1601 è considerato atto criminale il rifiuto del lavoro e si obbligava i condannati ad accettare la prima offerta di lavoro, con l'impossibilità di contrattare con il proprio datore di lavoro le condizioni. A ruota, dopo le sperimentazioni inglesi con le case di lavoro, nascono le rasp-huis nei Paesi Bassi e l'hòpital in Francia. Questa situazione dura in Europa fino al 1789 quando con la promulgazione del codice del 1791 si ha come obiettivo la ricerca dell'equilibrio tra delitto e pena con lo sforzo di renderla il meno arbitraria possibile.
Si arriva così ai riformatori inglesi che sull'onda del clima innovatore propongono molte teorie, la più fortunata delle quali è quella di Jeremy Bentham.
Bentham pensa un carcere il cui tratto somatico e quindi pubblico deve avere una doppia funzione: incutere timore, sia all'interno che al di fuori delle mura, e in secondo luogo svolgere un ruolo di totale controllo su coloro che sono internati affinché il carcere stesso possa realizzare il suo compito produttivo e normalizzante..."
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