Ancora più sorprendente del rifiuto di Enichem di accettare la responsabilità di quanto accaduto a Campiano è l'atteggiamento di noncuranza dell'amministrazione regionale Toscana, non un organo di governo della demonizzata destra, ma i comunisti che hanno governato la Toscana per quasi 50 anni. "E proprio questo è il problema" dice Barocci "sono stati al potere troppo a lungo.
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il lato oscuro della Toscana,
The Independent on Sunday Domenica 13 Giugno 2004
By Peter Popham . (tradotto da Luther Blissett)
Guido tra le colline toscane con Roberto Barocci. Superiamo i vecchi quartieri dei minatori, stuccati e ridipinti di fresco, passiamo il bungalow di una famiglia di stranieri (la macchina ha la targa del Lussemburgo), prendiamo una stradina senza segnalazione ed entriamo in una valle che sembra un angolo di paradiso. Sembra una di quelle scoperte che valgono una vita di ricerca. E' quasi completamente vuota, con una solitaria casetta in pietra sul poggio boscoso. Il posto è meraviglioso nella prima calda settimana di estate, profondamente silenzioso se non per il grido d'organo dell'upupa e il cinguettare dei gruccioni, pieno di faggi, di querce, di robinie e dei brillanti fiori gialli della ginestra dal greve profumo dolce . Ma la valle è rimasta intatta per un ottimo motivo. Roberto Barocci parcheggia l'auto, scendiamo un sentiero tortuoso per un paio di minuti ed è qui che egli mi rivela la caratteristica di questa valle, ciò che fa sì che nessuno sano di mente voglia averci niente a che fare. Egli scansa i cespugli di ginestra mettendo in luce una specie di strana piccola spiaggia di sabbia che si allunga per decine di metri su entrambi i lati del sentiero. Una sabbia crostosa, dolcemente ondulata, bianco-gialliccia sulla quale non cresce niente di niente. Qui in questo improbabile pezzo di accecante sabbia è il lato oscuro della Toscana, la sua storia industriale nascosta e l'eredità di inquinamento che ora porta con sé. Perché queste distese di sabbia sono ciò che rimane del processo di purificazione dei minerali scavati dalle colline vicine che forniscono la materia prima per l'industria regionale dell'acido solforico. La sabbia sembra innocua, ma è gravemente contaminata da metalli pesanti, soprattutto arsenico e rame, ma anche mercurio. Un po' più in basso nella valle vediamo dove va a finire tutto questo inquinamento. Sotto questi strani letti di sabbia c'è una falda acquifera e l'acqua che fuoriesce da una apertura porta con sé uno spesso sedimento color marrone che, secondo Barocci, insegnante e consigliere ambientale per Rifondazione Comunista, contiene una micidiale quantità di arsenico. Guardiamo dentro il ruscello poco profondo e notiamo i residui di rame di colore blu e il suo spesso sedimento marrone. " In questo momento esce solo poca acqua" mi dice, "ma uno o due anni fa ne uscivano 300 litri al secondo e si riversavano nel torrente Bruna. La Toscana con le sue fascinose ville in affitto, le sue meravigliose città del rinascimento come Siena e Firenze, una splendida campagna e cibo e vino meravigliosi è una delle destinazioni più popolari per le vacanze della classe media britannica. Ma non molti visitatori sanno che ampi tratti della Toscana meridionale fino ad arrivare alle propaggini sudorientali di Siena, una delle citta toscane più amate, hanno vissuto in questi ultimi anni una calamità ambientale. Una calamità che sarebbe stata perfettamente evitabile con una gestione responsabile dell'attività mineraria e con un governo regionale coscienzioso. Alcuni villaggi turistici in costruzione sono stati abbandonati a metà dei lavori per l'impossibilità di trovare una fonte d'acqua locale utilizzabile; altre località turistiche sulla costa dovranno affrontare una lunga, calda estate senza una fornitura regolare di acqua. Ma la società che gli ambientalisti locali ritengono responsabile del disastro e gli uomini politici che hanno chiuso un occhio continuano a scansare le loro responsabilità. I turisti e la gente del posto fino a tre anni fa non sapevano nulla di ciò che stava per accadere. Poi nell'aprile 2001 il problema è venuto alla luce quando una miniera abbandonata vicino alla bellissima città di Massa Marittima ha improvvisamente cominciato a sputare acqua pesantemente contaminata. Una zuppa pesante, iridescente, color rosso prugna composta di arsenico, rame, mercurio e altri metalli pesanti. L'acqua avvelenata usciva dalla miniera al ritmo di 16 litri al secondo e fluiva nella Merse, uno dei fiumi più celebrati della regione, che scorre a sud di Siena. E' improbabile che le agenzie di viaggio lo facciano notare, ma la Merse, da allora, è inquinata. Frattanto vicino alla costa una piccola montagna di scorie (detta per la sua forma il panettone) più o meno composta dalle stesse sostanze che stavano avvelenando la Merse stava sprofondando nel terreno sotto il suo stesso colossale peso. Ad un certo punto ha raggiunto la falda acquifera ed è iniziato un secondo episodio di inquinamento. Adesso i pozzi nel raggio di chilometri sono stati sigillati perché l'acqua non è potabile per l'alto contenuto di mercurio e di arsenico che arriva in certi posti a 3000 microgrammi per litro). Il massimo raccomandato dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità per l'acqua potabile è di 10 microgrammi per litro. Se non c'è il rischio di un avvelenamento di massa è solo perché i pozzi vengono rigorosamente controllati dalle autorità e sigillati se l'acqua non è perfettamente potabile. Ma per gli agricoltori della piana costiera non c'è questa certezza: ancora oggi continuano a prelevare l'acqua da falde adulterate dagli inquinanti e corrono costantemente il rischio di averne i loro prodotti contaminati. Sembra il classico disastro da terzo mondo e infatti uno dei paesi in cui l'avvelenamento da arsenico sta avendo effetti devastanti è il Bangladesh. La presenza naturale di arsenico nell'acqua di falda ha reso migliaia di pozzi profondi del Bangladesh un fattore di rischio per la salute umana. Ma questo non è il Bangladesh, bensì la Toscana, uno degli angoli più ricchi, più favoriti, più amati d'Italia. E per quanto anche qui l'arsenico sia presente nelle rocce è stato rilasciato nell'ambiente dall'uomo. L'attività mineraria ha una lunga tradizione da queste parti: la moneta dei Liberi Comuni Toscani era battuta nell'argento scavato da queste miniere da cui si estraevano anche piombo, rame, mercurio e arsenico. Nel 13° secolo, mentre la Toscana stava incubando il Rinascimento, una democrazia tascabile come quella di Massa Marittima, la città al cuore dell'industria mineraria, aveva le idee chiare sulle responsabilità dei proprietari di miniere. "Massa Marittima fu la prima città in Europa a sviluppare una Carta dei minatori, regolando con leggi l'attività mineraria” dice Barocci. "Naturalmente non avevano idee moderne come quella di reclamare le miniere esaurite, ma richiedevano che i proprietari delle miniere chiudessero i fori di ventilazione aperti lungo le gallerie in modo che la gente non ci cadesse dentro." In altre parole si affermava e accettava chiaramente la nozione di responsabilità sociale. Oggi le miniere toscane che hanno concluso la loro vita utile sono trattate in modo molto diverso. Guidando per queste piacevoli stradine, non notereste mai la miniera di Campiano a meno che qualcuno non ve la indicasse. I suoi piccoli fabbricati sono lontani dalla strada in mezzo a boschi intatti e sono la miniera è chiusa ai curiosi da cancelli di ferro. In lontananza l'entrata ad arco per i veicoli si apre direttamente sul fianco della collina. Ma a dispetto del suo modesto aspetto esterno, Campiano, l'ultima miniera Toscana a chiudere, è grande. Per decenni è stata scavata per ricavarne pirite, blocchi di roccia ricchi di minerali, fino a scendere ad 800 metri. Nella miniera ci sono 35 chilometri di strade praticabili ai veicoli e centinaia di chilometri di gallerie più strette. Verso la metà degli anni '90 la miniera si stava avvicinando alla fine della sua vita utile e Enichem SpA, il gigante Italiano del petrolio che ne era il proprietario, decise chiuderla. L'acido solforico, il prodotto commerciale principale derivato dalla pirite, ora si ottiene esclusivamente dal petrolio. Quando viene chiusa una miniera grande come quella di Campiano, la compagnia che la gestisce è obbligata a prevenire il collasso delle gallerie e Enichem ha riempito la miniera con le scorie prodotte dalla fabbrica di acido solforico situata sulla costa, dove il panettone di inquinanti stava lentamente sprofondando. Cosa poteva esserci di più semplice che ritrasportare le scorie là da dove provenivano e scaricarle nella miniera? Un unico problema: si sapeva che gli scarti contenevano quantità letali di arsenico. Il problema è stato risolto con un gioco di prestigio nei controlli fatti dalla Regione Toscana che sono giunti alla felice conclusione che gli scarti non erano tossici, ma "inerti". Sulla base di tale dato Enichem ha ottenuto il permesso di riempire la miniera con le scorie a condizione che queste rimanessero sempre asciutte. La compagnia ha accettato prontamente la condizione e all'epoca, nel 1993, ciò avveniva davvero poiché le pompe idrovore lavoravano notte e giorno per mantenere la miniera operativa. Alla fine 67000 tonnellate di scoriei "inerti" provenienti dalla fabbrica di acido solforico sono state depositate nella miniera. Tre anni dopo, nel 1996 la miniera è stata chiusa. E le pompe si sono fermate. La pioggia è entrata nelle gallerie della miniera ormai abbandonata. Lentamente, molto lentamente la miniera ha cominciato a riempirsi di acqua. Nel 1997, il pubblico ministero di Grosseto, una città vicina, ha presentato un rapporto dettagliato sulla gravità della situazione che si stava sviluppando nella miniera, prevedendo che la crisi avrebbe potuto arrivare fin dal 1998. "Sulla base di questi dati" scriveva "si rende perciò necessario adottare delle misure per prevenire che acqua incontaminata di superficie o di falda venga contaminata dall'acqua inquinata contenuta nella miniera." Nessuna autorità vi ha fatto minimamente caso. L'unica cosa che il pubblico ministero ha leggermente sbagliato è il tempo dell'evento. Infatti la Regione Toscana avrebbe avuto addirittura tre anni in più per sistemare le cose. Ma nulla è stato fatto. Infine, nell'aprile 2001, la miniera è traboccata. "Da aprile a ottobre 2001, un fango rosso brillante usciva dalla miniera al ritmo di circa 16 litri al secondo" dice Barocci, "riversandosi nella Merse, uno dei fiumi più belli e, fino ad allora, più puliti d'Italia." Gli ex proprietari della miniera, immensamente ricchi e potenti, si erano lavati le mani di ogni responsabilità e a tutt'oggi questa è la loro posizione. Per pura coincidenza appena un mese dopo che la marea rossa si era placata la società madre di Enichem, Montedison, ha accettato di pagare 135 milioni di sterline per ripulire la contaminazione chimica di un impianto di Marghera (nell'Italia del nordest) che aveva portato alla morte per cancro di 157 lavoratori e inquinato la laguna di Venezia. Ancora più sorprendente del rifiuto di Enichem di accettare la responsabilità di quanto accaduto a Campiano è l'atteggiamento di noncuranza dell'amministrazione regionale Toscana, non un organo di governo della demonizzata destra, ma i comunisti che hanno governato la Toscana per quasi 50 anni. "E proprio questo è il problema" dice Barocci "sono stati al potere troppo a lungo." Come succede in Italia per i casi di interesse pubblico, la storia si è complicata enormemente, ma fuori, nella realtà l'incubo dell'inquinamento continua e andrà peggiorando. I bulldozer stanno lentamente affrontando il panettone di scorie dell'impianto sulla costa, ma il peso delle scorie continua a spingere veleni nella falda acquifera, costringendo a chiudere i pozzi, mettendo in pericolo l'agricoltura, minacciando il turismo. Anche il fiume Merse è ancora minacciato. Sotto le pressioni esercitate da Barocci e dai suoi sostenitori, la regione ha installato nella miniera un impianto temporaneo di filtraggio e ha iniziato il trasporto dei fanghi tossici ad altro luogo perché siano smaltiti correttamente. Ma il sistema di filtraggio è solo temporaneo e non funziona correttamente. Le acque provenienti dalla miniera portano ancora con sé una spessa fanghiglia di sedimento marrone. Un esperto stima in 264 milioni di sterline la spesa per chiudere i conti col problema dell'arsenico in Toscana. Un'altra ottima ragione per i politici per tenere l'argomento il più lontano possibile dall'agenda popolare.
arsENIco http://www.barocci.it/roberto/
news.independent.co.uk/europe/story.jsp?story=530687
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