Santa Inquisizione alla sbarra. Con prudenza
di David Gabrielli
(Confronti 12 dicembre 1999)
Le ombre (o le luci?) dei tempi in cui la Chiesa cattolica romana usava il rogo per punire chi negava la (sua) verità è stato il tema del Simposio internazionale su "L’Inquisizione" organizzato in Vaticano – 29-31 ottobre – dal Comitato centrale del Grande Giubileo, presieduto dal card. Roger Etchegaray, e dalla Commissione teologico-storica dello stesso organismo, presieduta dal domenicano p. Georges Cottier. All’incontro, svoltosi rigorosamente a porte chiuse (ma saranno pubblicati gli atti), hanno preso parte una sessantina di persone: storici di vari paesi, teologi di università pontificie, curiali, più esperti invitati.
All’inizio fu il papato Secondo la Tertio millennio adveniente (Tma) – la lettera apostolica del 10 novembre ‘94 con cui papa Wojtyla avviava la preparazione del Giubileo – nel 2000 i cristiani dovranno "pentirsi" soprattutto per la "acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e perfino di violenza nel servizio della verità". In questa luce, il Comitato centrale del Giubileo ha organizzato due simposi. Un anno fa, su "Le radici dell’antigiudaismo nell’ambiente cristiano", sviluppatosi poi nel documento vaticano Noi ricordiamo: una riflessione sulla "Shoah" (16 marzo ‘98: vedi Confronti 5/98), criticato da molti ebrei; e, ora, su "L’Inquisizione". Introducendo i lavori, Etchegaray ha detto: "Se per alcuni studiosi l’uso del termine "inquisizione" al plurale rispondeva ad una semplice esigenza di classificazione, non si può ignorare che per altri esso ha rappresentato un argomento di carattere apologetico per addossare al solo potere laico la responsabilità dell’operato dei tribunali iberici. È stato proprio per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco" che si è voluto Inquisizione, al singolare, come tema del Simposio. Infatti, seppure l’Inquisizione ha usato "modelli organizzativi differenziati, dal suo sorgere (sec. XIII) alla sua scomparsa, essa è stata una sola", perché anche i poteri inquisitoriali riconosciuti alla Corona spagnola e portoghese lo furono, "in forma espressa o tacita, dal papato stesso, e perché ecclesiastica fu la giurisdizione esercitata dagli inquisitori nei processi in materia di fede". Cottier ha sottolineato che non si può giudicare la storia con il senno di poi; ma "la considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto (Tma)... Tocchiamo qui un difficilissimo problema teologico, quello della relazione della Chiesa, che è santa, con i peccati dei suoi figli". Agostino Borromeo, presidente dell’Istituto italiano di studi iberici, ha fatto la storia dell’Inquisizione (dal latino inquisitio, ricerca dei "delitti contro la fede"). Mentre nell’alto Medio Evo l’"eretico" veniva colpito con pene materiali (fino all’esilio) e spirituali (scomunica), dopo che si diffondono "ampi movimenti ereticali collettivi, quali quelli dei catari o dei valdesi, la Chiesa è posta dinanzi alla necessità di ricorrere a più efficaci strumenti di lotta contro ogni forma di eterodossia. La creazione dei tribunali dell’Inquisizione rispondeva a questa esigenza. Nel vincolare gli inquisitori all’applicazione della procedura inquisitoria, il papato finì con il recepire anche la relativa normativa laica, in particolare quella che stabiliva l’equiparazione dell’eresia con il più grave delitto previsto dalla legislazione civile, il delitto di lesa maestà, e quella che stabiliva la pena di morte sul rogo per gli eretici. Nel 1252, Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura, procedimento già in uso nei tribunali laici". Con la progressiva scomparsa dei grandi movimenti ereticali – ha aggiunto Borromeo – l’Inquisizione si attenua; poi, però, riacquista vigore: i sovrani spagnoli nel 1478 ottengono da papa Sisto IV l’autorizzazione a designare inquisitori per reprimere i conversos, ebrei solo apparentemente convertiti al cattolicesimo. Poi anche il Portogallo nel 1547 ottiene la "sua" Inquisizione da Paolo III. Lo stesso papa, "cedendo alle pressioni di quanti, nella Curia romana, seguivano con preoccupazione il diffondersi nella penisola delle dottrine protestanti, già nel 1542 aveva istituito una speciale commissione cardinalizia permanente, più tardi conosciuta con il nome di Congregazione dell’Inquisizione o del Sant’Uffizio". Negli stati italiani l’Inquisizione fu abolita durante il ‘700, in Portogallo nel 1821, in Spagna nel 1834. "A partire da quell’anno, del precedente apparato inquisitoriale rimase attiva soltanto la Congregazione romana del Sant’Uffizio. Sulla sua attività e sulle sue procedure durante il secolo XIX e la prima metà del XX siamo poco e male informati". Con Paolo VI, nel 1965, il nome del Dicastero divenne Congregazione per la dottrina della fede.
La data fatidica: 8 marzo del 2000 Quante le vittime dell’Inquisizione? Alcuni dati forniti da Borromeo: per l’Inquisizione spagnola, "tra il 1540 e il 1700, su un totale di 44.674 casi, il numero degli accusati effettivamente mandati sul rogo corrisponde all’1,8%, al quale va aggiunto l’1,7% di condannati a morte in contumacia... Dei primi mille imputati che comparvero dinanzi all’Inquisizione di Aquileia-Concordia (Veneto) dal 1551 al 1647, non più di 5 furono condannati al rogo. Su 13.255 processi celebrati dall’Inquisizione portoghese tra il 1540 e il 1629, le condanne a morte rappresentano il 5,7%". Insomma, sarebbe una "leggenda nera" attribuire all’Inquisizione molti milioni di vittime. Parlando al consesso, papa Wojtyla ha detto che, prima di pronunciare la "richiesta di perdono", il Magistero ecclesiale deve essere "esattamente informato circa la situazione (del tempo dell’Inquisizione). Esso non può appoggiarsi sulle immagini del passato veicolate dalla pubblica opinione, giacché esse sono spesso sovraccariche di una emotività passionale che impedisce la diagnosi serena ed obiettiva". Parole sorprendenti. Infatti, già Lutero diceva: "È contro la volontà dello Spirito che gli eretici siano bruciati", ma Leone X nel 1520 condannò questa tesi. E, se in passato taluni hanno esagerato il numero delle vittime dell’Inquisizione, e seppure si ammetta che essa fu "meno crudele" dei poteri laici, una cosa è certa: il Tribunale, in nome di Dio e per volontà papale, ha processato, torturato e mandato al rogo migliaia di "eretici". Dov’era, allora, la "difesa della vita"? E dove il carisma – rivendicato dai successori di Pietro, e da nessun altro al mondo – di essere "infallibili", quando parlano ex cathedra, anche in materia di costumi? Ma far appiccare il rogo (fosse puro uno solo), e benedire questa eretica ortoprassi contro l’uomo, non significa bruciare le fondamenta dell’etica e nel contempo, in realtà, anche il rivendicato carisma? Questo è il nodo irrisolto della "richiesta di perdono" preannunciata da papa Wojtyla, e che dovrebbe culminare nel grande "mea culpa" previsto durante il Giubileo, l’8 marzo del 2000, mercoledì delle ceneri. Un nodo teologico, storico ed ecclesiale che divide il Sacro Collegio – scisso tra pochi "colpevolisti" e molti "innocentisti"; tra chi vuole, e chi no, pentirsi per le repressioni oggi in atto nella Chiesa cattolica e per gli errori che oggi essa compie – e dunque incomberà sul prossimo conclave, quale cartina di tornasole che chiarisce come ogni "papabile" intenda il "pentimento": riforma, o abile cosmesi, della Chiesa romana?
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