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Sconfiggere berlusconi si può!
by www.marxismo.net Sunday June 20, 2004 at 04:20 PM mail:  

Bilancio delle elezioni europee

Il risultato delle elezioni di giugno si può riassumere in una idea centrale: Berlusconi esce sconfitto, ma l’opposizione dell’Ulivo mostra tutti i suoi limiti. Forza Italia e il suo capo sono i veri sconfitti di queste elezioni; rispetto alle elezioni politiche del 2001 Forza Italia perde oltre quattro milioni di voti sui quasi undici milioni che aveva raccolto nel 2001; fallisce il tentativo di Berlusconi di trasformare le elezioni in un plebiscito sulla sua persona. Hanno un bel dire i rappresentanti del governo che la sconfitta di Forza Italia viene ammortizzata dal migliore risultato dei suoi alleati nel governo. La crescita di Udc e Lega e la tenuta di An non costituiscono affatto un fattore di stabilizzazione, ma al contrario porteranno le contraddizioni in seno al governo a un livello ancora superiore. La Lega infatti ha guadagnato consensi smarcandosi dalla Casa delle Libertà e presentandosi da sola in gran parte delle elezioni locali, a partire da quelle per la Provincia di Milano. Il voto di Milano è significativo perché mostra come la Lombardia, uno dei pilastri portanti del governo, dove la destra controlla Regione, Provincia e Comune di Milano, comincia a vacillare. All’altro estremo del paese vediamo una Sicilia lontana anni luce da quella che nel 2001 assegnava tutti i suoi deputati al Polo, che umiliava l’Ulivo con un risultato di 61 a zero. Se la Lega avanza, sull’altro fronte, An e Udc tornano alla carica e rivendicano un maggiore controllo sulla politica economica del governo e, forse, la testa del ministro dell’economia Tremonti.

Il risultato più prevedibile nel prossimo futuro è una paralisi crescente del governo, che su tutti i temi controversi (federalismo, pensioni, tagli alle tasse, ecc.) si troverà profondamente spaccato al suo interno. Per quanto Berlusconi sia "azzoppato" dal risultato elettorale, non esiste tuttavia un’ipotesi credibile di ricambio al vertice interno alla destra. Questa coalizione può governare solo sotto il suo comando, e i tentativi di trovare una via d’uscita "morbida" dalla crisi incipiente sono destinati al fallimento.

Da dove venga la sconfitta del governo è più che mai chiaro: tre anni di continui attacchi sul fronte sociale, le menzogne di guerra, il peggioramento sensibile delle condizioni di vita sotto tutti gli aspetti (salari, pensioni, scuola, tutele sociali) hanno mostrato il re nudo. Ma soprattutto sono state le continue mobilitazioni di massa che a partire dal 2001 sono cresciute in tutto il paese, che hanno risvegliato la partecipazione di milioni di persone alla vita politica, a determinare la sconfitta della destra.

A sconfiggere Berlusconi non sono stati né Prodi, né D’Alema, né Fassino. Sono stati gli operai di Melfi, gli autoferrotranvieri, i siderurgici di Terni e Genova, la popolazione di Scanzano, i milioni e milioni di persone che sono scesi in piazza contro la guerra, per la difesa dell’articolo 18, della scuola pubblica e per tante e tante lotte che hanno segnato gli ultimi anni. È questo il vento che comincia a scuotere il potere della destra.

Qualcuno magari penserà che questa sia un’affermazione retorica, ma i dati elettorali delle opposizioni confermano questa posizione. Innanzitutto c’è il successo delle liste a sinistra dell’Ulivo. Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi avanzano non solo in percentuale, ma anche in cifre assolute rispetto alle stesse elezioni politiche del 2001 (dove l’affluenza era oltretutto più alta). Il voto alla sinistra riflette una parte importante della radicalizzazione emersa nelle lotte di questi anni. L’avanzata del Prc in molte zone del sud, i risultati importanti nei comuni limitrofi a Melfi e in generale in Basilicata testimoniano l’influenza della lotta degli operai Fiat e contro le scorie nucleari a Scanzano.

Il gruppo dirigente dell’Ulivo ha fatto di tutto per spostare a destra il baricentro della propria politica e della campagna elettorale. La creazione del listone è stato il culmine di questa corsa a destra. Ma i risultati dicono che l’elettorato di sinistra ha fatto il possibile per rifiutare questa corsa a destra del proprio gruppo dirigente. Il listone ha avuto un risultato proporzionalmente modesto in percentuale (31,1), in cifre assolute si può stimare che abbia lasciato sul campo circa un milione e 800mila voti rispetto alle politiche del 2001 mentre rimane stabile rispetto alle europee del 1999. Mentre il listone va male, nel voto alle provinciali e comunali i Ds avanzano quasi ovunque, la Margherita cala e in generale i partiti col loro simbolo prendono più voti del listone ulivista. La riconquista a passo di carica di Bologna è un esempio evidente, con Cofferati al 56 per cento, i Ds che risalgono al 36,6 mentre la Margherita crolla, rispetto alle comunali del 1999, dal 13,2 al 6,9 (e il fratello di Romano Prodi raccoglie poche centinaia di preferenze).

La causa del modesto risultato del listone non è solo il luogo comune secondo cui nelle elezioni una lista unita è in genere minore della somma dei partiti che vi confluiscono. La questione è che tanti volevano votare a sinistra (includendo il voto ai Ds):lo hanno fatto quando potevano, e quando trovavano il simbolo del listone in molti casi desistevano dal votarlo.

Un’altra conferma della spinta a sinistra sono i buoni risultati dei candidati del "correntone" Ds (la sinistra interna al partito), che elegge quattro eurodeputati (su dodici eletti dai Ds) fra i quali spiccano le oltre 200mila preferenze di Claudio Fava in Sicilia.

Questi risultati preparano una nuova fase nella lotta di classe. La delegittimazione del governo sarà un forte incoraggiamento per tutti coloro che nel prossimo futuro dovranno mobilitarsi. La lista dei terreni di scontro è molto lunga, dai contratti di lavoro non rinnovati o prossimi alla scadenza (commercio, trasporto pubblico, metalmeccanici), alla scuola superiore, sulla quale in autunno si abbatterà la controriforma Moratti, per non parlare del conflitto in Iraq. La capacità di mobilitazione che in questi anni abbiamo visto crescere impetuosamente trarrà nuova linfa dalla sconfitta elettorale di Berlusconi. D’altra parte, l’indebolimento del governo non significa che non ci saranno nuove provocazioni da parte della destra. Al contrario, per quanto sia indebolito Berlusconi potrebbe tentare di scongiurare la prospettiva di una lenta agonia della sua maggioranza con un nuovo affondo contro i suoi avversari, che lo renda nuovamente arbitro all’interno della maggioranza costringendo i suoi alleati a disciplinarsi.

Ma è proprio la prospettiva di una nuova fase di dure battaglie nel paese che mette a nudo tutte le contraddizioni e l’incapacità dell’Ulivo di fare fronte ai compiti che si pongono. I risultati elettorali confermano da un nuovo punto di vista l’esperienza di questi tre anni: l’alleanza col centro, la politica della collaborazione di classe, la leadership consegnata a Prodi sono stati i principali fattori che hanno indebolito le lotte di massa nel paese e sono stati anche il freno principale che ha impedito una vittoria schiacciante già in queste elezioni.

La litania secondo la quale "la sinistra deve allearsi al centro per vincere" si è dimostrata falsa anche sul piano elettorale. L’alleanza col centro, ossia con settori consistenti della borghesia è stata la gabbia che ha impedito il pieno dispiegarsi delle lotte nel paese: sulla guerra, ha spinto i Ds in un balletto tragicomico durato quasi un anno, al termine del quale il voto "unitario" per il ritiro delle truppe aveva un chiaro sapore strumentale, e non a caso è stato subito smentito e di fatto ripudiato da numerosi esponenti dell’Ulivo, da Amato allo stesso Prodi. Lo stesso dicasi per le lotte operaie, che la borghesia ulivista vede con ostilità anche maggiore di quella che rivolge alla destra.

Ebbene questo ruolo di freno si è manifestato anche sul piano elettorale: la Margherita arretra, il partito di Mastella quasi scompare, e mentre i dirigenti Ds corrono a destra, i voti cercano di andare verso sinistra.

In questo contesto è decisivo che il Prc torni ad articolare nel modo più chiaro e comprensibile la parola d’ordine della rottura al centro, dell’indipendenza di classe, di un programma realmente alternativo a quello della destra, che rompa su tutti i terreni con le politiche della compatibilità capitalista. Gli assi di un tale programma sono evidenti: ritiro delle truppe dall’Iraq e chiusura delle basi Usa e Nato in Italia, abolizione della legge 30 e del Pacchetto Treu, per la trasformazione dei contratti precari in contratti stabili, difesa di ogni di posto di lavoro minacciato dalle crisi industriali e finanziarie ormai continue con misure quali la riduzione d’orario di lavoro, l’apertura dei libri contabili delle aziende in crisi, il controllo operaio sulle aziende minacciate di smantellamento, fino alla nazionalizzazione senza indennizzo dei grandi gruppi, da Parmalat alla Fiat, che dopo aver fatto miliardi si apprestano ad abbandonare i lavoratori sulla barca che affonda. E ancora: difesa di salari e pensioni attraverso un meccanismo di scala mobile, mettere le mani su quei giganteschi patrimoni creati o alimentati dalla politica fiscale di Berlusconi, che con i tagli alle tasse, i condoni ecc. ha grandemente favorito tutti i settori parassitari della società, dalla rendita finanziaria a quella immobiliare; lotta alle misure razziste della legge Bossi-Fini; difesa della scuola pubblica e cancellazione della riforma Moratti; rinazionalizzazione dei settori industriali strategici (telecomunicazioni, trasporti, acciaio) e dei servizi sociali privatizzati in questi anni.

Oggi queste rivendicazioni possono essere comprese da milioni di persone, un programma del genere sorge spontaneamente da tutte le mobilitazioni che abbiamo visto in questi anni. Dobbiamo calarci con audacia in ogni lotta, in ogni mobilitazione per diffondere e sviluppare queste parole d’ordine le quali, lo ripetiamo, non hanno oggi nulla di astratto o di estremistico, ma vanno incontro con naturalezza alla coscienza di massa che si sta sviluppando fra i lavoratori, in particolare laddove si determinano mobilitazioni radicali.

Al tempo stesso dobbiamo battere con insistenza su un punto: un programma di questo genere non può essere difeso se non rompendo con la borghesia, con il centro, con Prodi, con Amato, con tutti quelli che all’interno degli stessi DS hanno sviluppato negli anni una politica organicamente borghese: insomma con tutti coloro che pensano di poter usare le lotte di massa come una leva per scalzare Berlusconi per poi mettersi al suo posto e fare, alla fine, la stessa politica o quasi.

Un programma che punti chiaramente a tagliare alla radice tutti i nodi che abbiamo di fronte può suscitare energie gigantesche e può parlare anche a milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani che possono aver creduto alle sirene berlusconiane e che oggi sono fortemente delusi dal governo di destra, ma non trovano certo convincente la prospettiva di abbandonare Berlusconi per eleggere a primo ministro un Prodi, presidente della Commissione europea e artefice di tutte le politiche antisociali che da Bruxelles calano in tutta Europa, a partire dall’attacco alle pensioni, dalle privatizzazioni, e via di seguito.

Il risultato scarno del "listone" riapre il dibattito interno ai Ds e alla sinistra tutta. È un fatto positivo, che dobbiamo cogliere con tutte e due le mani. Altro che disinteressarci di chi guiderà l’opposizione, come dichiara Bertinotti! È invece nostro interesse e soprattutto è di vitale importanza per la classe lavoratrice che si apra precisamente una lotta aperta e senza mezze misure per sottrarre la direzione dell’opposizione alle forze borghesi oggi impersonate da Romano Prodi.

Rifondazione comunista ha avuto un voto positivo, che riflette appunto le potenzialità di una nuova radicalizzazione di massa. Si può e si deve puntare molto più in alto, le condizioni esistono. Ma soprattutto si deve investire il risultato positivo e l’autorità che ne deriva per il Prc gettandosi nella mischia, ossia lanciandosi nel dibattito che oggi attraversa tutta la sinistra. Abbiamo un messaggio chiaro da dare a tanti compagni e tanti lavoratori che hanno votato a sinistra, dai Ds al Pdci: Berlusconi si può battere, ma non si può vincere fino a quando sul ponte di comando ci saranno i Prodi, i Rutelli, gli Amato, e soprattutto non si può, con questi elementi, dare la svolta radicale che milioni di persone chiedono anche col voto.

Contro la corsa al "centro", in un’alleanza che subordina sistematicamente i lavoratori a una politica che non li rappresenta, che mortifica le potenzialità dei movimenti, la sinistra può e deve puntare a governare il paese avanzando un programma di trasformazione della società e a dare finalmente risposta alle aspirazioni di una classe operaia che oggi, finalmente, torna ad alzare la testa e a farsi sentire, gettandosi alle spalle tanti anni di arretramenti, di speranze tradite e di sconfitte.

La Redazione di FalceMartello

18/06/2004

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...ma non con voi ! Opportunisti !
by fil Sunday June 20, 2004 at 05:42 PM mail:  

ECCO CHI SONO

gli opportunisti e centristi di Falcemartello..
l'articolo (tratto dalla rivista "Spartaco") è basato su fonti verificabili...
non sono militante della LCI ("Spartaco") ma, tranne alcune "incertezze", l'analisi su questa tendenza "marxista" è giusta..

Falcemartello: socialdemocratici smascherati

Spartaco, n. 61, Dicembre 2002


Il collasso dell'Unione Sovietica nel 1991-92 ha avuto un profondo impatto sulla sinistra italiana. Lo storico partito di massa della classe operaia, il Pci, si è scisso ed una nuova generazione di militanti di sinistra ha cominciato ad interessarsi a tutte le tendenze politiche dall'anarchismo al trotskismo cercando un'alternativa alla provata bancarotta dello stalinismo. Il trotskismo è il marxismo rivoluzionario dei nostri tempi. Trotsky, insieme a Lenin, fu il dirigente della Rivoluzione russa dell'Ottobre 1917 e l'organizzatore dell'Armata rossa del primo stato operaio. Trotsky continuò a lottare per l'internazionalismo rivoluzionario che animò la rivoluzione socialista proletaria in Russia fino a quando finì ucciso da un sicario stalinista. Dedicò la sua vita a costruire il partito mondiale della rivoluzione socialista per difendere ed estendere le conquiste della Rivoluzione d'ottobre del 1917. Così rappresenta una completa degenerazione il fatto che tra le organizzazioni che si autoproclamano trotskiste in Italia oggi, si trovi Falcemartello (Fm), un gruppo i cui soci internazionali sostennero la distruzione finale della Rivoluzione d'Ottobre del 1917, unendosi letteralmente alla feccia presente sulle barricate di Eltsin, e che si dedica internazionalmente a costruire partiti socialdemocratici, o peggio.

Falcemartello è la filiale italiana di una tendenza internazionale, guidata da Ted Grant, per molti anni dirigente della "Tendenza Militant" del Partito laburista britannico. Le organizzazioni legate a Grant sono caratterizzate in primo luogo dal rifiuto della necessità di costruire un partito rivoluzionario e dalla loro liquidazione all'interno di qualsiasi forza socialdemocratica e perfino nazionalista borghese. Inoltre, in opposizione alla comprensione di Marx e Lenin che per realizzare il socialismo è necessaria una rivoluzione proletaria che distrugga lo stato borghese, quindi un partito coeso e programmaticamente omogeneo che la guidi, Ted Grant e i suoi seguaci propagandano l'idea che sia possibile rovesciare il capitalismo per via parlamentare, attraverso l'approvazione di leggi che nazionalizzino i centri del potere economico.

Se nel corso degli anni Falcemartello si è trascinata dal Psi, al Pci, al Pds per poi annidarsi in Rifondazione comunista, la sua casa madre britannica ha passato tutti i cinquant'anni della sua esistenza sepolta nel Partito laburista. Che cosa hanno ottenuto per la classe operaia cinquanta anni di "pressioni dall'interno" al Partito laburista da parte di Ted Grant? Tony Blair e un partito "laburista" che all'estero si arruola orgogliosamente nella guerra di terrore e distruzione contro l'Iraq dell'imperialismo Usa, e simultaneamente, all'interno, minaccia di scatenare l'esercito contro gli operai in sciopero. Fuori dalla Gran Bretagna, la tendenza di Grant vive affossata persino in partiti più dubbi che sostengono tutte le forme di reazione sociale. In Pakistan, ad esempio, questa tendenza si accontenta di aderire al Partito popolare pakistano di Benazir Bhutto, che negli anni Novanta fu il principale sponsor del regime dei talebani in Afghanistan.

Certo il sostegno di Falcemartello a Rifondazione può sembrare più attraente che spacciare per socialista un personaggio come Blair, che si allea con Berlusconi e Bush! Ma la stessa Rifondazione comunista è un'organizzazione socialdemocratica che ha dimostrato pienamente la sua lealtà alla borghesia nel periodo compreso tra la primavera 1996 all'autunno 1998 sostenendo il governo capitalista guidato da Romano Prodi, che ha reintrodotto in Italia il lavoro interinale, le gabbie salariali e i centri di detenzione per gli immigrati, ed è tuttora apertamente disponibile a partecipare di nuovo a coalizioni borghesi per governare il capitalismo.
All'interno di Rifondazione comunista gruppi come Falcemartello e Progetto comunista/Proposta (di cui abbiamo parlato ampiamente in Spartaco n. 50 e altrove), occupano una nicchia da oppositori di sinistra leali alla direzione bertinottiana. Vestendo un rivoluzionarismo verbale, senza però mai rompere con la politica dei fronti popolari (coalizioni tra partiti operai e formazioni borghesi per governare il capitalismo), queste formazioni svolgono il ruolo di riconciliare con il riformismo parlamentare di Rifondazione tutti quei giovani e quei militanti che altrimenti troverebbero più difficile digerire il programma socialdemocratico di Rc.

Una fede commovente nello Stato borghese
Il Militant propaganda l'idea riformista che il socialismo possa essere acquisito attraverso metodi parlamentari: non sorprende quindi che consideri parimenti, lo Stato borghese come uno strumento utilizzabile dalla classe operaia.

Dalla Comune di Parigi in poi la comprensione dello Stato è stata la questione chiave per ogni marxista. Marx nel suo libro "La guerra civile in Francia" spiega che "la classe operaia non può impossessarsi puramente e semplicemente di una macchina statale già pronta e metterla in moto per i suoi propri fini". Lo Stato non è mai un'entità neutrale al di sopra delle classi che esistono nella società, ma è lo strumento di dominio della classe dominante, quindi nel caso di uno Stato borghese uno strumento della borghesia. Nella sua essenza lo Stato si riduce al potere coercitivo, ovvero la polizia, l'esercito, le prigioni, i tribunali che difendono la proprietà privata dei mezzi di produzione. Da ciò derivano due elementi chiave per una strategia rivoluzionaria. Il primo è che la macchina statale borghese esistente non può essere riformata ma dev'essere distrutta. Il secondo che per realizzare quest'obiettivo, bisogna che lo Stato non possa utilizzare efficacemente la sua forza coercitiva contro le classi che cercano di stravolgere la struttura della società. L'esercito borghese non può essere usato per i fini dei lavoratori. Dev'essere fratturato lungo linee di classe e neutralizzato.

Per i seguaci di Grant, al contrario, lo Stato può essere riformato dall'interno e attraverso pressioni esterne di lotta di classe, ma non è necessario che una rivoluzione proletaria distrugga l'apparato di repressione della borghesia da cima a fondo, e lo sostituisca con uno Stato operaio. Il ritornello della tendenza è che "se il partito si dedica ad un programma di trasformazione sociale che risponda alle esigenze della vasta massa della società, si porrebbe all'ordine del giorno la possibilità che un governo a maggioranza laburista realizzi l'abolizione del dominio capitalista" (Militant, 10 ottobre 1986). Su questo si basa l'idea che un partito socialdemocratico come il Partito laburista di Blair, il Partito socialista francese di Jospin o una coalizione tra Rifondazione comunista e i Ds, sottoposti alle pressioni "di sinistra" dei loro militanti e sostenuti dall'appoggio di mobilitazioni operaie, potrebbero, una volta ottenuta la maggioranza parlamentare ed essere arrivati al governo, promulgare una serie di leggi per nazionalizzare i vertici dell'economia cambiando con ciò la natura dello stato capitalista e realizzando il socialismo.
Questa fiducia nello Stato capitalista si esprime in innumerevoli forme. Una delle più eclatanti è la concezione che la polizia borghese, razzista, rompisciopero e infestata di fascisti sia composta di lavoratori in divisa e abbia il diritto di essere organizzata in sindacati. La tendenza Militant, ha una lunga storia di difesa degli "scioperi" e delle proteste della polizia. Un esempio è la difesa entusiasta da parte del Militant delle manifestazioni di polizia in Gran Bretagna contro il governo laburista nel 1977 che, oltre ad aumenti salariali, chiedevano più "indipendenza" delle azioni di polizia dai controlli esterni.

Quando, successivamente, la politica di controllo dei salari del Partito laburista si dissolse, la stessa polizia venne utilizzata per azioni di crumiraggio e per difendere i fascisti dalla rabbia operaia. Nel mezzo del grande sciopero dei minatori del 1984, un esercito di poliziotti venne mandato a spalleggiare i crumiri, ma il Militant (4 ottobre 1984) pubblicò con simpatia le dichiarazioni di poliziotti che dicevano: "Non siamo diversi dagli altri lavoratori. Certo indossiamo abiti buffi e facciamo il lavoro sporco per la società. Ma veniamo dallo stesso ceppo degli altri lavoratori. Abbiamo da vendere solo la nostra forza-lavoro, non capitale".
Data la generale impopolarità della polizia in Italia, Falcemartello in genere evita di dare prominenza alla loro posizione di sindacalizzare la polizia, ma la loro concezione che lo Stato e la polizia in particolare possano difendere gli interessi della classe operaia è stata espressa a commento del colpo di stato di Pinochet in Cile: "In tutti i paesi i partiti operai dovrebbero realizzare un appello alla base dell'esercito e della polizia affinchè difendessero le conquiste socialiste e il governo eletto dalla maggioranza assieme ai lavoratori." (Falcemartello, novembre 1986).

Parlando dei poliziotti come "lavoratori in divisa", Fm oscura deliberatamente l'abisso che esiste tra i soldati di un esercito di leva, usati come carne da cannone nelle guerre della classe dominante, e i poliziotti, che decidono volontariamente di farsi pagare per fare il lavoro sporco per i ricchi e i potenti, spezzare gli scioperi dei lavoratori e rompere la testa agli immigrati. Allo stesso modo dei fascisti, con cui esistono chiare sovrapposizioni, la polizia è necessariamente un concentrato di sessismo, razzismo e anticomunismo. Su questo Trotsky fu categorico: "Il fatto che gli agenti di polizia siano stati reclutati in gran parte tra gli operai socialdemocratici non significa assolutamente nulla [] L'operaio che diviene poliziotto al servizio dello stato capitalista è un poliziotto borghese non un operaio." (E ora?, gennaio 1932).

L'idea che i poliziotti appartengano al movimento operaio riflette le concezioni della burocrazia riformista bianca soddisfatta di sé. Certo le centinaia di militanti che sono state vittime del terrore poliziesco a Genova, o gli immigrati che lo sono ogni giorno, la pensano diversamente.
Un'altro esempio della loro prospettiva socialdemocratica è il grottesco appello del loro dirigente Alan Woods, a Lionel Jospin, ex-primo ministro del governo capitalista francese, di "realizzare il socialismo": "Se Jospin l'avesse voluto [nel 1997, ndr] avrebbe potuto far passare rapidamente una legge in parlamento per nazionalizzare le banche e i monopoli, facendo al contempo appello agli operai, ai piccoli contadini e ai soldati per agire dal basso e prendere il controllo della società, formando dei comitati d'azione per combattere la reazione e difendere il governo" (Alan Woods, "The Lessons of France - A warning to the workers of Europe", sul sito http://www.marxist.com) . Come abbiamo scritto in Spartaco n. 60: "È dura immaginare una revisione più profonda e squallida del marxismo. Il governo Jospin era un governo capitalista che governava in Francia sulla base di un programma di privatizzazioni, attacchi antioperai, terrore razzista e massacri imperialisti! I partiti riformisti sono uno strumento dei capitalisti contro la rivoluzione operaia, e la borghesia non sarà mai espropriata con delle leggi in un parlamento borghese. Il mondo di Falcemartello è una rosea finzione dove i traditori socialdemocratici espropriano le banche e fanno appello agli operai e ai soldati a prendere il potere. Questo ha un unico scopo: quello di illudere gli operai e incatenarli ancor più al dominio capitalista tramite i dirigenti traditori riformisti".

Falcemartello, il socialpatriottismo e la "Politica militare proletaria"
Recentemente Ted Grant ha pubblicato la sua autobiografia, col titolo vanesio di "Storia del trotskismo britannico". Pur avendo disertato il trotskismo rivoluzionario da decenni, Ted Grant cerca di presentare la sua politica riformista nazionale come vera erede del leninismo. In particolare cerca di utilizzare la politica del Revolutionary Communist Party britannico, durante la Seconda guerra mondiale, per dare una patente "trotskista" alla politica sciovinista adottata per tutta la sua esistenza dalla tendenza Militant. In particolare, in questo libro, Ted Grant cerca di aggrapparsi alla "Politica militare proletaria" (Pmp) per trasformare il disfattismo rivoluzionario propugnato dai bolscevichi e da Trotsky nelle guerre tra gli imperialisti, in una specie di sciovinismo nazionalista camuffato.
La Pmp fu una politica propugnata brevemente da Trotsky all'inizio della Seconda guerra mondiale (poco prima di essere ucciso), ma mai veramente attuata dalla Quarta internazionale. Era un tentativo malriuscito di trasformare il desiderio dei lavoratori americani di combattere il fascismo nella prospettiva rivoluzionaria di rovesciare il "proprio" Stato imperialista. La sostanza della Pmp era l'appello al controllo sindacale dell'addestramento militare obbligatorio istituito dallo Stato. Ma l'esercito è il cuore dell'apparato repressivo dello Stato capitalista e la borghesia non ne cederà mai il controllo. Perciò il "controllo operaio" dello Stato borghese, o è un semplice governo socialdemocratico, o un episodio di una lotta immediatamente rivoluzionaria, di doppio potere. Come abbiamo scritto nel nostro opuscolo "Documents on the Proletarian Military Policy" (Prometheus Research Series n. 2), la Pmp non poteva che essere o un'utopia o una concessione alla propaganda di guerra degli Alleati, un passo verso il socialpatriottismo. La Pmp conteneva un elemento di riformismo poiché implicava che fosse possibile per la classe operaia controllare l'esercito borghese. Inoltre, poiché la Pmp, voleva far leva sul sentimento antifascista diffuso nella classe operaia, era concepibile per essere applicata solo ai paesi capitalisti in lotta contro il nazismo, non alla Germania, all'Italia o ai paesi coloniali. E questo di per sè è indice anche di una forte componente nazionalista racchiusa in essa. Come abbiamo scritto nel nostro bollettino sulla Pmp:

"Non troppo sotto la superficie della Pmp vi era annidato il presupposto che il proletariato del mondo avesse un nemico più grande della propria borghesia: il fascismo tedesco [...] Sì, le armate di Hitler avevano invaso l'Olanda, il Belgio e la Francia, in migliaia erano già morti e in milioni sarebbero morti in questa oscena guerra di conquista imperialista, che rinnovava e intensificava la conflagrazione che aveva lacerato il continente europeo dal 1914 al 1918. Ma sarebbe stato molto meglio se un'intensa lotta di classe proletaria e insurrezioni coloniali avessero paralizzato gli sforzi di guerra americani o britannici, forse conducendo anche a vittorie transitorie per la Germania, che il sostegno implicito da parte del proletariato agli eserciti alleati con la richiesta di soldati meglio equipaggiati e addestrati! Dietro la Pmp, così come fu sviluppata dai trotskisti britannici e americani, vi è l'insistenza che `Hitler deve fermarsi ai nostri confini', cioè, l'assunto che una sconfitta militare, l'occupazione, l'assassinio di massa, il lavoro forzato potessero o dovessero colpire solo il continente europeo e la gente di colore delle colonie."

Ted Grant approfittò delle debolezze e delle ambiguità della malconcepita "Politica militare proletaria" di Trotsky. I trotskisti britannici si opposero alla guerra, ma la loro propaganda fu seriamente viziata dall'aspetto difensista conferitole dalla loro adozione della Pmp. Durante la Prima guerra mondiale, i rivoluzionari erano guidati da rivendicazioni negative che si opponevano alle classi dominanti capitaliste, come "Né un uomo né un soldo per l'esercito imperialista!" Ma durante la Seconda guerra mondiale, Ted Grant parlò ad un meeting pubblico titolato "La produzione di guerra britannica è nel caos!" e salutò le forze imperialiste britanniche chiamandole "la nostra Ottava armata". Questo non era affatto ciò che il dirigente rivoluzionario Trotsky intendeva, ma la Pmp apriva la porta a tutto ciò, ed un opportunista come Ted Grant si affrettò ad attraversarla.

In Inghilterra la Pmp fu accolta in modo estremamente controverso. La sezione ufficiale della Quarta internazionale, la Revolutionary Socialist League (Rsl) inizialmente si oppose a quella che chiamava la "Politica proletaria americana". Successivamente una frazione pro Pmp si sviluppò al suo interno, ma nel 1942 fu espulsa e l'opposizione alla Pmp divenne criterio per l'appartenenza alla Rsl. Al contrario la Workers International League di cui Ted Grant era uno dei dirigenti, che era stata condannata dalla conferenza di fondazione della Quarta internazionale per il suo rifiuto cricchista di aderire alla Rsl, adottò la Pmp, sia pure con conflitti interni.
La politica dei trotskisti nella Seconda guerra mondiale fu il disfattismo rivoluzionario in tutti i paesi imperialisti in guerra, sia che fossero dominati da governi fascisti, che da governi democratico-borghesi. In gioco non c'era infatti il regime politico interno, ma la reciproca rapina di territori e colonie. Disfattismo rivoluzionario significava soprattutto la lotta contro la "propria" classe dominante capitalista, riconoscendo che nell'epoca imperialista il capitalismo minaccia di distruggere la stessa civilizzazione. Perciò i socialisti si batterono per trasformare la guerra imperialista in una guerra civile, in una rivoluzione proletaria.

Il corollario organizzativo essenziale a questa comprensione politica, fu che si doveva costruire una nuova internazionale rivoluzionaria attraverso una scissione radicale con gli opportunisti che sostenevano il dominio capitalista e la guerra imperialista. L'elemento differenziatore, nuovo e cruciale per i trotskisti durante la Seconda guerra mondiale, fu la "questione russa". L'unica parte che il movimento operaio internazionale aveva negli schieramenti della Seconda guerra mondiale era la difesa dell'Unione Sovietica, che continuava ad essere, nonostante la degenerazione burocratica stalinista, uno stato operaio. Come scrisse Trotsky in "La Quarta internazionale e la guerra":

"In quei casi in cui si produca un conflitto tra paesi capitalisti, il proletariato di uno qualsiasi di essi rifiuta categoricamente di sacrificare i propri interessi storici, che in ultima analisi coincidono con gli interessi della nazione e dell'umanità, a vantaggio della vittoria militare della borghesia [...] Karl Liebknecht ci ha fornito una formula insuperabile della politica proletaria in tempo di guerra: `il nemico principale del popolo è nel suo stesso paese'. [...] La trasformazione della guerra imperialista in guerra civile è il compito strategico al quale deve essere subordinato tutto il lavoro di un partito proletario durante la guerra".
I principali dirigenti del partito trotskista americano, il Swp di James P. Cannon, furono incarcerati per la loro opposizione alla guerra degli Stati Uniti. Molti militanti del Swp morirono eroicamente sulla rotta di Murmansk, nel tentativo di dare un concreto appoggio militare all'Unione Sovietica accerchiata e di introdurre la propaganda trotskista nella patria della Rivoluzione d'Ottobre. Trotskisti francesi e tedeschi vennero fucilati dalla Wehrmacht perché conducevano propaganda internazionalista rivoluzionaria tra i soldati tedeschi, pubblicando il giornale Arbeiter und Soldat. I trotskisti britannici furono incarcerati per il loro sostegno alle lotte operaie che ebbero luogo contro la politica del governo di rompere gli scioperi operai in tempo di guerra.

Per Ted Grant invece la Pmp divenne un'occasione per portare avanti una politica opportunista nei confronti del Labour Party. Nella sua autobiografia ricorda:
"Quando ricevemmo il materiale di Trotsky sulla Politica militare proletaria, ne fummo enormemente entusiasmati. Applicando la politica alle condizioni britanniche, il nostro programma fece appello al Partito laburista affinché rompesse con il governo nazionale di guerra, e per Labour al potere con un programma socialista. In una Gran Bretagna socialista, mentre noi combatteremmo il fascismo militarmente, faremmo anche propaganda di classe e tenderemmo la mano dell'amicizia ai soldati semplici tedeschi, chiamandoli a rovesciare Hitler." (Ted Grant, History of British Trotskism, pag. 75, nostra traduzione).
La "Gran Bretagna socialista", a cui si riferisce Grant, è, in effetti, una Gran Bretagna capitalista governata dal Partito laburista britannico, e non una società nata da una rivoluzione socialista e dall'espropriazione del dominio capitalista. Sostenere che fosse compito degli operai inglesi di "combattere militarmente il fascismo" significava capitolare apertamente alla propaganda di guerra degli imperialisti Alleati. Come scrisse Trotsky: "La menzogna della difesa nazionale viene nascosta, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, dietro alla menzogna complementare della difesa della democrazia" ("La Quarta internazionale e la guerra"). La Seconda guerra mondiale non fu una guerra della "democrazia" contro il "fascismo" ma una guerra tra ladri imperialisti per spartirsi il mondo. Nonostante la retorica imperialista, non furono gli Alleati ma l'Armata rossa sovietica a spezzare le armate di Hitler e Mussolini, e a liberare Auschwitz.

In Inghilterra il Partito laburista era partner minore della coalizione nazionale di governo che guidava la guerra. La menzogna di Grant che il Partito laburista pro imperialista potesse andare al governo sulla base di un programma socialista, trasformando la guerra in una "guerra rivoluzionaria" è pura spazzatura che serve solo a dare un sostegno camuffato agli sforzi bellici dell'imperialismo britannico. Per realizzare una rivoluzione proletaria, era necessaria la rottura della classe operaia britannica dal Partito laburista socialsciovinista e la sua conquista ad una prospettiva disfattista rivoluzionaria e internazionalista.
Se la Pmp della Quarta internazionale rappresentò un errore opportunista, il cui contrappeso fu l'eroico lavoro internazionalista svolto in Europa, negli Usa e in Asia, la politica propugnata da Ted Grant per la Seconda guerra mondiale, è una caricatura che ha i toni dell'euforia militarista socialpatriotica. In un discorso del 1942 giunse ad esclamare:

"Abbiamo un'armata vittoriosa in Nord Africa e in Italia, e io dico, sì, [...] evviva l'Ottava armata, perché è la nostra armata. Uno dei nostri compagni ha parlato con un certo numero di persone che hanno ricevuto lettere da soldati dell'Ottava armata che mostravano il loro completo malcontento. Sappiamo di incidenti avvenuti nell'esercito, nella marina e in altre forze che non sono mai stati riportati, ed è impossibile per noi riportarli. E' la nostra Ottava armata che è stata scolpita, messa alla prova e organizzata allo scopo di cambiare la faccia del mondo. Ciò si applica parimenti alle altre forze" (Ted Grant, History of British Trotskism, pag.99).
Quest'affermazione vergognosa fu pronunciata nel contesto della vittoria dell'Ottava armata contro i tedeschi e i fascisti italiani in Egitto. Ma a differenza di quanto sosteneva Grant, l'Ottava armata non stava affatto combattendo il fascismo, ma difendeva il vecchio Impero britannico dai suoi aggressivi rivali. La "gloriosa" Ottava armata fu poi usata per disarmare i partigiani italiani e massacrare i comunisti greci.

Falcemartello in azione I: la guerra delle Falkland/Malvinas
Uno degli spettacoli più vergognosi di servilismo verso gli imperialisti venne dato dalla tendenza Militant di Ted Grant in occasione della guerra delle Falkland/Malvinas. Nel 1982 l'Argentina dei militari e la Gran Bretagna della Thatcher lanciarono una misera guerra nazionalista per il controllo sulle Isole Falkland, un pugno di scogli antartici abitati all'epoca da 1815 pescatori e 650.000 pecore. Per entrambi la guerra doveva essere un diversivo alle crescenti lotte operaie che accadevano nei rispettivi paesi. All'epoca noi della Lega comunista internazionale ci battemmo per il disfattismo rivoluzionario da entrambi i lati, con lo slogan "Affondare la Thatcher! Affondare la giunta!". Noi dicevamo che "Da ciascuna delle due parti di questa miserabile piccola guerra, la gente sarebbe scossa e infuriata contro il proprio governo se questi dovesse essere sconfitto. La speranza dei rivoluzionari è che entrambi le parti siano sconfitte, e sconfitte pesantemente." (Workers Vanguard n. 306, 28 maggio 1982)
Il Partito laburista britannico, all'epoca all'opposizione, era diviso tra un'ala destra e un centro che appoggiavano la politica della Thatcher che voleva emulare il colonialismo della regina Vittoria. L'ala sinistra del Labour, guidata da Tony Benn, si voleva distinguere come l'unica voce razionale del capitalismo britannico e, cosciente che l'anacronistico tentativo coloniale della Thatcher avrebbe soltanto mandato ulteriormente in malora l'economia e ulteriormente destabilizzato l'ordine costituito, dichiarò che l'arcipelago dimenticato non valeva la vita di uno solo dei "nostri ragazzi".

La tendenza Militant si schierò invece dalla parte dell'imperialismo britannico, dando un aiuto sottobanco alla Thatcher con la richiesta di "sanzioni operaie" contro l'Argentina. Chiedere sanzioni operaie significa considerare legittime le mire degli imperialisti britannici (così come le sanzioni oggi contro l'Iraq legittimano la campagna di guerra contro quello stato). Il Militant si oppose alla richiesta di uno sciopero generale e denunciò come "la più mostruosa delle assurdità" (Militant International Review, giugno 1982) la richiesta del ritiro della Task Force di Sua Maestà britannica, composta dagli assassini d'elite delle SAS e da più di cento navi. Ancora oggi il loro giornale inglese Socialist Appeal rivendica quella politica sciovinista come un'applicazione del "marxismo":
"Chiedevamo nuove elezioni per cacciare i Tories. I capi del Labour avrebbero dovuto abbandonare la loro quasi-coalizione del silenzio sulle azioni nell'Atlantico meridionale e abbracciare la lotta per il socialismo nel proprio paese e all'estero. Che il Labour prenda il potere e faccia una vera politica socialista. Allora sì potremmo fare una guerra rivoluzionaria contro Galtieri". (Phil Mitchinson, "The Falklands War - 20 years later", http://www.marxism.com ).

Bastava fosse il Labour a governare l'imperialismo britannico e l'avventura delle Falkland sarebbe diventata una "guerra rivoluzionaria contro Galtieri"! Noi, al contrario, legavamo la nostra posizione di disfattismo rivoluzionario alla nostra lotta per la costruzione del partito rivoluzionario volta a rompere il proletariato dal laburismo britannico.
Un altro esempio del sostegno della tendenza di Grant all'imperialismo britannico, è la sua opposizione al ritiro delle truppe imperialiste di Sua Maestà dall'Irlanda del Nord. Per un comunista inglese la lotta per il ritiro immediato delle truppe che occupano l'Irlanda del Nord, dove sono il principale baluardo dell'oppressione della minoranza cattolica, dovrebbe essere un punto di partenza elementare. Già nel 1869 Karl Marx scrisse a Friedrich Engels, "La classe operaia inglese non conquisterà mai niente sinché non si libererà dell'Irlanda [] La reazione Inglese in Inghilterra trova le sue radici nel giogo dell'Irlanda [] Che sfortuna rappresenta per una nazione soggiogarne un'altra." Falcemartello invece scrive che "sulla base del capitalismo la richiesta di un `ritiro' britannico, avanzata da alcuni alla `sinistra' del movimento operaio inglese, è totalmente utopica" perché porterebbe ad "una guerra civile sanguinosa" (n.86, novembre 1993).

Concentrando la sua polemica solo contro il "settarismo" e la politica di terrorismo indiscriminato dell'Ira, i nazionalisti cattolici oppressi, Fm aiuta a creare il clima politico adatto alla repressione della minoranza cattolica e al sostegno dell'imperialismo britannico. In due parole questo è sciovinismo nazionalista. I nostri compagni della Spartacist League britannica e del Gruppo spartachista irlandese, al contrario si battono per il ritiro immediato delle truppe britanniche e sono per "Né orangisti né verdi ma classe contro classe: per una federazione socialista delle isole britanniche". Falcemartello, a volte, ripete questo slogan, ma appoggiando l'occupazione imperialista dell'Irlanda del Nord lo trasforma in una maschera socialista per il proprio imperialismo.

Falcemartello in azione II: la Guerra del Golfo
Oggi gli imperialisti americani appoggiati dal governo britannico e col sostegno anche del governo italiano, si preparano a seminare terrore e morte sull'Iraq. La nostra opposizione alla guerra si basa sulla lotta negli interessi dei lavoratori e degli oppressi contro un ordine imperialista in cui una manciata di stati ricchi e potenti dominano e sfruttano il mondo. Una guerra di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia ecc. contro l'Iraq, sarebbe reazionaria e predatoria da parte degli imperialisti, ma giusta e difensiva da parte dell'Iraq. Noi siamo per la difesa militare dell'Iraq contro l'attacco imperialista e non diamo una briciola di appoggio politico al sanguinario regime di Saddam Hussein, che da decenni perseguita gli operai iracheni, la minoranza curda e la popolazione sciita.
Mentre ci schieriamo per la vittoria militare dell'esercito iracheno, riconosciamo che il modo principale per difendere l'Iraq e lottare contro la guerra imperialista è con la lotta di classe nei paesi imperialisti. Ciò è particolarmente vero dato lo schiacciante strapotere militare dell'imperialismo statunitense e dei suoi alleati contro lo stato neocoloniale iracheno che è stato affamato e indebolito attraverso un decennio di embargo imposto dalle Nazioni Unite. "La guerra imperialista è la continuazione e l'accentuazione della politica di rapina della borghesia. La lotta del proletariato contro la guerra è la continuazione e l'accentuazione della sua lotta di classe". Queste parole del Programma di Transizione, devono essere la guida degli operai coscienti in questa guerra di rapina contro l'Iraq.
Durante la prima guerra nel Golfo del 1991, mentre sia i Ds che Rifondazione (per bocca di Garavini) appoggiavano le sanzioni dell'Onu come "alternativa" all'attacco terrestre, Falcemartello faceva campagna per mandarli al governo. Nel loro giornale scrivevano: "L'unico modo per lottare contro la guerra è porsi l'obiettivo di far cadere il governo [Andreotti] ed arrivare ad elezioni anticipate". Secondo loro, le elezioni avrebbero dovuto portare ad un governo del Pds che avrebbe potuto realizzare la "nazionalizzazione e riconversione sotto il controllo dei lavoratori delle industrie belliche" ed "espropriato senza indennizzo i principali centri dell'economia" (Falcemartello n.49, febbraio 1991). In realtà una volta al governo i Ds sono stati gli artefici principali della sanguinosa guerra imperialista contro la Serbia, e sostenendo il governo Prodi, Rifondazione condivise appieno le responsabilità dell'occupazione imperialista dell'Albania. Ciononostante Fm ha continuato a fare appello a votare per tutte le successive coalizioni capitaliste cui Rifondazione ha partecipato (i "Progressisti", l'Ulivo ecc.) continuando a mentire affermando che Pds e Rc al governo potessero realizzare il socialismo.

Ora che una seconda guerra imperialista contro l'Iraq è alle porte, Rifondazione ha preso una posizione pacifista "Contro la guerra senza se e senza ma" e ha perfino auspicato uno "sciopero generale europeo contro la guerra". Uno sciopero politico contro la guerra sarebbe un'espressione concreta di opposizione proletaria all'attacco imperialista, ma per Rifondazione queste lotte servono solo a chiedere alle borghesie europee di rendersi più "indipendenti" da Bush. Ciò è dimostrato dall'appello firmato da Rifondazione che chiede ai "capi di stato europei" che "prendano pubblicamente posizione contro questa guerra, che abbia o meno l'appoggio dell'Onu, e chiedano a George Bush di abbandonare i suoi piani di guerra" (Liberazione, 13 settembre). Di fronte a questo crasso sostegno agli imperialismi delle borghesie europee, e in primo luogo a quello italiano, da parte di Bertinotti, Falcemartello sa opporre solo vuoti appelli alla "solidarietà di classe al di sopra di ogni confine, il rifiuto intransigente di lasciarsi arruolare nell'interesse di alcuno dei campi imperialisti in competizione e scontro, quali che siano gli abbellimenti di cui si adorneranno, la solidarietà e l'appoggio ai popoli sfruttati e aggrediti dall'imperialismo, e soprattutto la riaffermazione della prospettiva rivoluzionaria e socialista come unica reale alternativa al declino di questa società" (Falcemartello n. 160, 17 ottobre 2002), ma intanto continua ad essere parte organica di questo partito socialsciovinista.
Come spiegò Lenin l'opposizione alla guerra imperialista senza la rottura con gli opportunisti, non è che una finzione:

"L'unità con gli opportunisti significa oggi in pratica la sottomissione della classe operaia alla `propria' borghesia nazionale, l'unione con essa per assoggettare altre nazioni e per lottare in favore dei privilegi di grande potenza, significa dunque la divisione del proletariato rivoluzionario di tutti i paesi". ("Il socialismo e la guerra", agosto 1915)
In più, Falcemartello rifiuta di mobilitare la classe operaia in difesa dell'Iraq dall'attacco imperialista. Di recente hanno scritto che "ci schiereremo nettamente a fianco delle masse irachene che subiranno l'attacco imperialista". Come? Chiamando gli operai iracheni a rovesciare Hussein e a "sconfiggere l'imperialismo con la rivoluzione socialista in Iraq" (Falcemartello n.161, 21 novembre 2002). Chiaramente Falcemartello rifugge dal dovere marxista elementare di schierarsi a fianco dell'esercito di Saddam Hussein contro gli imperialisti, senza dare sostegno politico al regime di Hussein. Come Trotsky noi sappiamo che "la lotta contro la guerra e la sua sorgente sociale, il capitalismo, presuppone un sostegno attivo, diretto e senza equivoci ai popoli coloniali oppressi nelle loro lotte e nelle loro guerre contro l'imperialismo. Una posizione `neutrale' equivale ad un sostegno all'imperialismo." ("Risoluzione al Congresso contro la guerra del Bureau di Londra", 1936). Quando negli anni Trenta l'imperialismo giapponese invase la Cina semicoloniale, governata dal sanguinario regime del Guomindang, Trotsky scrisse che:
"Partecipando alla lotta militare agli ordini di Chiang Kai shek, perché purtroppo è lui a detenere il potere nella guerra per l'indipendenza, preparare politicamente il rovesciamento di Chiang Kai shek. E' questa la sola politica rivoluzionaria. Gli 'eiffelites' contrappongono la politica di `lotta di classe' a questa politica `nazionalista e socialpatriottica'. Lenin combatté questa posizione sterile e astratta per tutta la vita. Per lui, gli interessi del proletariato mondiale imponevano il dovere di aiutare i popoli oppressi nelle loro lotte nazionali e patriottiche contro l'imperialismo. Quelli che ancora non l'hanno capito, quasi un quarto di secolo dopo la Prima guerra mondiale e vent'anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre, devono essere implacabilmente respinti come i peggiori nemici all'interno dell'avanguardia rivoluzionaria ("Gli ultra-sinistri e la guerra in Cina", 1937)
In Gran Bretagna poi, dove è il loro Labour Party a guidare l'imperialismo britannico all'attacco dell'Iraq, la tendenza di Grant si accontenta di chiedere timidamente ai sindacati di "riprenderlo ai seguaci di Blair. Solo allora avremo un governo laburista che rappresenterà i nostri interessi, in patria e all'estero" e che attuerà una "politica estera socialista" ("No to Bush's war with Iraq", comitato editoriale di Socialist Appeal, http://www.marxism.com). Come tutti i riformisti Falcemartello dipinge l'imperialismo come una "politica" che si può cambiare mettendo al governo degli stati capitalisti i "partiti dei lavoratori". Ma come spiegò Lenin, l'imperialismo è la fase suprema del capitalismo contraddistinta dalla concentrazione e dal dominio del capitale finanziario, dal predominio dell'esportazione di capitale e dalla competizione tra i paesi capitalisti avanzati per il controllo dei mercati e delle sfere di sfruttamento. Per eliminare la guerra imperialista bisogna sradicare il potere statale dalla borghesia ed espropriarla con una rivoluzione socialista.
Per non urtare la sensibilità dell'ambiente socialdemocratico in cui opera il Militant/Falcemartello, prende le distanze anche formalmente dalla politica di disfattismo rivoluzionario di Lenin, accusandolo di estremismo:

"Trotsky sottolineò che Lenin, nel corso della Prima guerra mondiale, aveva tracciato l'atteggiamento marxista nei confronti della guerra. Comunque, per dire la verità, siccome il movimento rivoluzionario era stato preso di sorpresa dal tradimento dell'agosto 1914, Lenin e gli altri dirigenti internazionalisti ebbero la tendenza a mettere le cose in un modo piuttosto ultra sinistro. Gli internazionalisti difesero le idee dell'internazionalismo, della solidarietà di classe e sollevarono la questione del disfattismo rivoluzionario. Portarono avanti l'idea che in guerra la sconfitta della propria classe dominante è il male minore. Messa in termini crudi e non qualificati, proprio ciò che hanno fatto i settari durante gli scorsi 80 anni, questa politica può essere interpretata come sostegno alla borghesia straniera"(Ted Grant, History of British Trotskism).
Ted Grant qui interpreta la politica di Lenin come lo fecero i reazionari cento-neri russi, che nel 1917 tentarono di far linciare Lenin, accusandolo di essere un "agente dello Stato maggiore tedesco" a causa della sua propaganda disfattista rivoluzionaria. Lenin spiega così il disfattismo rivoluzionario:
"I sostenitori della vittoria del proprio governo nella guerra attuale, nonché i sostenitori della parola d'ordine `né vittoria né sconfitta', hanno un punto di vista egualmente socialsciovinista. La classe rivoluzionaria, nella guerra reazionaria, non può non desiderare la disfatta del proprio governo, non può non vedere il legame esistente fra gli insuccessi militari del governo e la maggior facilità di abbatterlo. Soltanto il borghese, il quale crede e desidera che la guerra iniziatasi tra i governi termini assolutamente come una guerra tra governi, trova `ridicola' od `assurda' l'idea che i socialisti di tutti i paesi belligeranti manifestino e augurino la sconfitta a tutti i `propri' governi." ("Il socialismo e la guerra", agosto 1915).
La posizione di Lenin fu accompagnata dal suo totale rigetto della Seconda internazionale come social patrioti buoni a nulla, e dall'appello ad una nuova internazionale comunista. Per Ted Grant l'abbraccio al social patriottismo è l'altra faccia della sua idea che il Partito laburista sia uno strumento valido da usare per la causa del marxismo. Lenin comprese che la precondizione per il proletariato per lottare per la rivoluzione socialista era una scissione decisiva da tutte le correnti opportuniste del movimento operaio: la socialdemocrazia esprimeva gli interessi politici e storici non della classe operaia, ma di un sottile strato superiore del proletariato dei paesi imperialisti, corrotto dalle briciole dei super profitti imperialisti. Se questi partiti non sono sconfitti politicamente e sostituiti da una direzione rivoluzionaria, rendono l'intera classe operaia indifesa di fronte agli attacchi capitalisti.
Il significato della rottura con gli opportunisti diventò assolutamente chiara nella Rivoluzione russa. Bolscevismo significava eliminare gli ostacoli sulla strada della rivoluzione. Menscevismo significava "insegnare" agli operai che l'unica soluzione "realistica" era di rendere più umano il capitalismo attuando la democrazia borghese.

I "trotskisti" della controrivoluzione
La Guerra del Golfo del 1991, scatenata proprio mentre la burocrazia stalinista sovietica attraversava la sua degenerazione finale, fu etichettata come la "prima guerra del dopo Guerra fredda". Poco tempo dopo l'Unione Sovietica, uno Stato operaio burocraticamente degenerato, fu distrutta dalla controrivoluzione capitalista. Questa fu una sconfitta senza precedenti per il proletariato internazionale. Ha reintrodotto una disoccupazione spaventosa, devastato l'assistenza sanitaria e sociale, distrutto intere economie, e ha rigettato le popolazioni dell'Urss e dell'Europa orientale in mezzo alla miseria e alle guerre nazionaliste. Ha anche creato un mondo molto più pericoloso, dove la superpotenza Usa si sente libera di calpestare i popoli semicoloniali. La nostra tendenza internazionale si è battuta fino all'ultimo per la difesa militare incondizionata dell'Urss contro l'imperialismo e la controrivoluzione interna e ha fatto appello al proletariato sovietico a spazzare via la burocrazia stalinista, la cui malgestione burocratica e gli inutili tentativi di rabbonire gli imperialisti hanno spianato la strada alla controrivoluzione.

Falcemartello e la tendenza Militant a parole considerano l'Urss uno stato operaio degenerato, ma dal punto di vista programmatico le loro posizioni non si sono mai distinte da coloro che affermavano che l'Urss era capitalista di stato, come i seguaci di Tony Cliff o Lutte Ouvrière. Durante la campagna anti comunista della seconda guerra fredda degli anni Ottanta, il Militant appoggiò tutte le forze controrivoluzionarie alimentate dagli imperialisti e sostenute dai partiti socialdemocratici.
Nel 1979 noi trotskisti abbiamo salutato l'intervento dell'Armata rossa in Afghanistan e abbiamo fatto appello ad estendere le conquiste della Rivoluzione d'Ottobre del 1917 a tutti i popoli dell'Afghanistan. L'Unione Sovietica intervenne in Afghanistan su richiesta del governo borghese nazionalista di sinistra guidato dal Pdpa, e per le proprie ragioni di difesa dell'Urss contro le macchinazioni imperialiste ai propri confini.

Abbiamo salutato l'intervento dell'Armata rossa, poiché era un atto oggettivamente di difesa dell'Urss e portava con sé progresso sociale e una speranza di emancipazione per le donne introducendo l'abolizione di pratiche barbare come la compravendita delle spose, l'imposizione del burkha o il divieto di studiare. Noi abbiamo denunciato il ritiro dell'Armata rossa, voluta da Gorbaciov, come un modo criminale per pacificare l'imperialismo e come l'inizio della fine dell'Unione Sovietica e degli stati operai deformati in Europa dell'Est. Al contrario la tendenza Militant farneticava, prima opponendosi all'intervento dell'Armata rossa e poi opponendosi al suo ritiro. A posteriori hanno risolto la loro contraddizione schierandosi fermamente a favore della crociata reazionaria socialdemocratica anti Sovietica. Nel 1989 Falcemartello sostenne che "Era giusto nel 1979 opporsi all'invasione, nonostante i cambiamenti sociali progressisti portati dall'abolizione del capitalismo e del latifondismo" (Falcemartello n.27, marzo 1989) pur essendo ben coscienti che "i mujaheddin [...] sono assolutamente reazionari" (Falcemartello n.20, giugno 1988).
Naturalmente il gruppo di Ted Grant è stato anche uno dei più ferventi sostenitori di Solidarnosc in Polonia, il "sindacato" padronale della Cia, delle banche e del Papa. Per fornire una copertura di sinistra al programma socialdemocratico di restaurazione capitalista in Urss e negli stati operai deformati dell'Europa dell'Est, per anni i seguaci di Grant hanno abbellito Solidarnosc, descrivendolo come un vero sindacato operaio che si batteva contro la burocrazia stalinista. Persino dopo l'ascesa al potere di Solidarnosc in Polonia Falcemartello titolava "Polonia: non tornerà il capitalismo" (Falcemartello n.31, settembre 1989). Cosa ne pensano oggi i militanti di Falcemartello, dopo che le devastazioni portate dalla controrivoluzione capitalista sono evidenti a chiunque?

Negli anni Ottanta Falcemartello tesseva le lodi di Boris Eltsin definendolo un "canale di espressione per la rabbia delle masse", un "personaggio scomodo e pericoloso" per la burocrazia, che "non si limitava a lottare contro la corruzione; attaccava le radici stesse della burocrazia" (Falcemartello n.28, aprile 1989).

Perciò nell'agosto del 1991 i sostenitori russi di Falcemartello, il gruppo Rabochaya Demokratiya, fu fisicamente a fianco di Eltsin a Mosca per difendere la "Casa bianca" dal farsesco golpe degli ex luogotenenti di Gorbaciov, in compagnia di altri splendidi "democratici" tra cui preti ortodossi, speculatori mafiosi, fascisti e agenti della Cia. Soddisfatti scrissero che la vittoria di Eltsin rappresentava l'inizio di "un processo rivoluzionario antiburocratico" e negarono che "la liquidazione dell'Urss abbia indebolito la posizione del socialismo nel mondo" (Rabochaya Demokratia, luglio/agosto 1992). I nostri compagni della Lega comunista internazionale si sono battuti, utilizzando ogni risorsa a disposizione, contro la controrivoluzione capitalista e per aprire la strada ad una rivoluzione politica proletaria contro la burocrazia. Mentre il Militant stava sulle barricate di Eltsin insieme ai nazionalisti russi, gli strozzini del mercato nero, gli yuppies, i preti e i fascisti, i nostri compagni hanno distribuito oltre 100.000 copie di un volantino in lingua russa titolato "Operai sovietici: Sconfiggere la controrivoluzione di Eltsin e Bush!", ai cancelli delle fabbriche e nei quartieri, contro la controrivoluzione capitalista di Eltsin-Bush in Russia.

Oggi lo Stato operaio deformato cinese è seriamente minacciato dalla controrivoluzione capitalista. Una controrivoluzione in Cina sarebbe una disfatta sanguinosa per le masse lavoratrici di quel paese e per le masse sfruttate e oppresse del mondo intero. La Lci si batte per difendere la Cina dalla controrivoluzione e dall'imperialismo e per una rivoluzione politica operaia che scacci la burocrazia stalinista. Falcemartello non ha mai esitato a schierarsi dalla parte degli imperialisti, come nel 1989, durante gli eventi in Piazza Tienanmen, quando invitarono gli operai italiani a "organizzare lotte perché i padroni delle industrie portino avanti il boicottaggio economico nei confronti della burocrazia cinese" (Falcemartello n. 30, luglio-agosto 1989). Questo è un appello apertamente reazionario per sanzioni economiche da parte degli imperialisti contro lo Stato operaio deformato cinese.

Falcemartello: oppositori del trotskismo rivoluzionario
Ai fini della rivoluzione socialista, la prospettiva strategica della tendenza Militant si è rivelata un fallimento totale. Il tratto distintivo della politica di Ted Grant è stato l'idea che il Partito laburista si sarebbe evoluto a sinistra, preparando il terreno su cui la sua "ala marxista" avrebbe preso la direzione del partito, instaurando il "socialismo". Da cinquant'anni la tendenza di Ted Grant lavora per realizzare questa prospettiva ma il risultato è il "New Labour", un partito che si oppone alla sua base di classe operaia ed è determinato a trasformare se stesso in un partito capitalista sulle linee del Partito democratico americano. Oggi Blair prende in prestito l'esperienza di Margaret Thatcher nel minacciare di usare l'esercito contro i pompieri in sciopero.

In effetti un'occasione per dimostrare la realtà del proprio programma da posizioni di potere il Militant l'ha avuta. Nel 1985 il Militant dominava la giunta comunale di Liverpool. Uno degli atti di quella giunta fu di notificare 31.000 lettere di licenziamento ai dipendenti comunali. Il Militant del 4 ottobre spiegava che licenziare tutti i lavoratori era l'unico modo di tenerli insieme. Nel 1986 la stessa giunta fu oggetto di una "Lettera aperta alla Tendenza Militant" scritta dal Comitato nazionale della sezione nera del Partito laburista che condannava il fatto che Liverpool non avesse neanche un consigliere comunale nero e meno dell'uno percento dei dipendenti comunali fossero neri mentre la popolazione non bianca della città raggiungeva l'otto percento.

Falcemartello rappresenta la "sinistra del possibile", entristi profondi incapaci di vivere al di fuori dei partiti riformisti. Fm recluta giovani che iniziano a far politica e che magari si oppongono alla collaborazione di classe e alle schifezze dei partiti riformisti, per riportarli a sostenere Rifondazione. Lo hanno fatto anche quando Rc era impegnata in coalizioni schifose con dirigenti borghesi come Mino Martinazzoli, Romano Prodi, Rosa Russo Iervolino, Enzo Bianco ecc. Quando Rc sosteneva regimi capitalisti come il governo Prodi che istituzionalizzava il lavoro precario, ampliava le differenze tra Nord e Sud, costruiva i Centri di permanenza temporanea per rinchiudere gli immigrati quando non riusciva ad affondarli in mare. Da quando Berlusconi è al governo Falcemartello pubblica spesso articoli con lo slogan "Sciopero generale fino alla caduta del governo" o simili, lasciando aperta la questione di che governo salirà al potere dopo. Ciò è solo una riedizione dei classici argomenti di "lottare contro la destra" utilizzati da socialdemocratici incalliti, che continuamente sviano una classe operaia giustamente furiosa nella trappola del riformismo parlamentare e del supporto del "male minore". Possiamo garantire i seguaci di Falcemartello che contrariamente ai sogni spacciati dai loro dirigenti, un altro governo di Fronte popolare in Italia non farà una rivoluzione socialista espropriando le banche e le industrie chiave italiane.
La classe operaia va strappata a questi partiti. Per farlo bisogna raggruppare gli operai più coscienti e la gioventù rivoluzionaria in un partito leninista d'avanguardia, armato di un programma per mobilitare il potere sociale dei lavoratori, alla testa di tutti gli oppressi, nel rovesciamento del sistema capitalista. E' per questo che ci battiamo noi della Lega trotskista d'Italia.

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FUORI ANCHE L'ITALIA DALLA NATO E LA NATO DALL'ITALIA!
by MICHAEL MOORE Monday June 21, 2004 at 12:32 AM mail:  

votiamo contro
questo centrodestra codardamente stragista
e dalla parte del piu' forte
che ha ripetuto lo stesso gesto
dei fascisti di ieri che si schierarono dalla parte di
Hitler e poi le presero
votiamo contro la lega che approva la
ufficializzazione delle torture
e la loro leggitimazione
per gli interrogatori in caserma
(cosa sarebbe stato il g-8 ragazzi?) http://italy.indymedia.org/news/2004/06/573362.php

La vera sconfitta per la destra fascia
ci sara' eccome,
anche se NON sara' mera metaforica.

Sara' la Caporeto di questa
classe politica
vecchia e decrepita,
falsamente morale,
falsamente pia e religiosa,
neo inquisitorialista e demagogica,
che approva la tortura come la Lega Nord
e che la vorrebbe 'limitatamente' integrare
negli interrogatori in gendarmeria o caserma:
non solo OGGI gia' si va' in GALERA per uno spinello con tutto quello che ne deriva, subire stupri, drogarsi
con ero ecc. ma un domani chi nella sua vita si sara' fatto appena uno spinellinuccio ... magari a lui gli sara'
aplicata la tortura retroattivamente;
o che con Fini vuole la
PENA DI MORTE !

Di questa classe politica che ieri si precipito',
quando palesemente FASCISTA dalla parte del piu' forte e vincente cioe' HITLER e che oggi con lo stesso coraggio si e' alleata con il piu' forte e vincente(?) Bu$h !
Si vergognino, vili e codardi!

Zapatero ha fatto bene:
FUORI ANCHE L'ITALIA DALLA NATO E LA NATO DALL'ITALIA!

bU$H STA' PERDENDO:

A. UNA GUERRA INUTILMENTE INIZIATA ED INGIUSTIFICATA

B. LA FIDUCIA DEL CONGRESSO, DEI MILITARI, DEI SENATORI E DEPUTATI ANCHE, DICO ANCHE DEI FALCHI REPUBLICANI ...

C. LA FIDUCIA DI MICHAEL MOORE

D. LA FIDUCIA DI TUTTO IL MONDO !!!!!!!!!


PER QUESTE RAGIONI ED ALTRE ANCORA CHE NON HO LO SPAZIO QUI DI STARVI A SPIEGARE SEGUIAMO L'ESEMPIO DI TUTTI GLI EUROPEI, ZAPATERISTI COMPRESI, VOTIAMO CONTRO LA GUERRA, VOTIAMO CONTRO IL CENTRODESTRA


VOTIAMO AI BALLOTTAGGI CENTRO SINISTRA


Alexander Eduard Crowley
http://italy.indymedia.org/news/2004/06/573933_comment.php#573936

http://italy.indymedia.org/news/2004/06/572558_comment.php#573935
http://italy.indymedia.org/news/2004/06/573903_comment.php#573923

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