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BERLUSCONI PREOCCUPATO
by geppo Friday, Jul. 02, 2004 at 5:41 PM mail:  

Il PresDelCons On. Silvio Berlusconi è apparso visibilmente preoccupato dopo le dichiarazioni di Tremonti relative al famoso buco che a quanto pare si è ancor di più allargato.


L'imbarazzo di Berlusconi per le dichiarazioni di Tremonti

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Vita di Berlusconi - Biografia
by Silvio Pellico Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:05 PM mail:  

1936. Nasce a Milano il 29 settembre, primo di tre figli (due maschi e una femmina) di Luigi Berlusconi, impiegato alla Banca Rasini, e Rosa Bossi, casalinga.

1954. Prende la maturità classica al liceo salesiano Copernico e s'iscrive all'Università Statale, facoltà di Giurisprudenza. A tempo perso, vende spazzole elettriche porta a porta, fa il fotografo ai matrimoni e ai funerali, suona il basso e canta nella band dell'amico d'infanzia Fedele Confalonieri (anche sulle navi da crociera).

1957. Primo impiego saltuario nella Immobiliare costruzioni.

1961. Si laurea in legge con 110 e lode, a Milano: tesi sugli aspetti giuridici del contratto pubblicitario, e vince una borsa di studio di 2 milioni messa in palio dalla concessionaria Manzoni. Evita, non si sa come, il servizio militare. E si dà all'edilizia, acquistando un terreno in via Alciati, grazie alla garanzia fornitagli dal banchiere Carlo Rasini, che gli procura anche un socio, il costruttore Pietro Canali. Nasce la Cantieri Riuniti Milanesi.

1963. Fonda la Edilnord Sas: soci accomandanti Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico (per la misteriosa finanziaria luganese Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag). Nel 1964 apre un cantiere a Brugherio per edificare una città-modello da 4 mila abitanti. Nel 1965 è pronto il primo condominio, di cui però non riesce a vendere nemmeno un appartamento. Poi, non si sa come, riesce a venderlo al Fondo di previdenza dei dirigenti commerciali.

1965. Sposa Carla Elvira Dall'Oglio, genovese, che gli darà due figli: Maria Elvira (1966) e Piersilvio (1969).

1968. Nasce l'Edilnord 2, acquistando terreni nel comune di Segrate, dove sorgerà Milano 2.

1969. Brugherio è completa con 1000 appartamenti venduti.

1973. Fonda la Italcantieri Srl, grazie ad altre due misteriose fiduciarie ticinesi, la Cofigen (legata al finanziere Tito Tettamanti) e la Eti AG Holding (amministrata dal finanziere Ercole Doninelli). Acquista ad Arcore, grazie ai buoni uffici dell'amico Cesare Previti, la villa Casati Stampa con tutti i terreni ad Arcore, a prezzo di superfavore. Previti infatti è pro-tutore dell'unica erede dei Casati Stampa, la contessina dodicenne Annamaria, e contemporaneamente amico di Silvio e in affari con lui.

1974. Grazie a due fiduciarie della Bnl, la Servizio Italia e la Saf, nasce l'Immobiliare San Martino, amministrata da un ex compagno di università, Marcello Dell'Utri, palermitano. In un condominio di Milano 2 nasce una tv via cavo, Telemilano 58, che passerà ben presto all'etere col nome di Canale 5. Berlusconi si trasferisce con la famiglia a villa Casati, affiancato dal boss mafioso Vittorio Mangano, assunto in Sicilia da Dell'Utri come "fattore", cioè come amministratore della casa e dei terreni. Mangano lascerà Arcore soltanto un anno e mezzo - due anni più tardi, in seguito a due arresti e a un'inchiesta a suo carico per il sequestro di un ospite della villa amico di Berlusconi.

1975. Le due fiduciarie danno vita alla Fininvest. Nascono anche la Edilnord e la Milano 2. Ma Berlusconi non compare mai: inabissato e schermato da una miriade di prestanomi dal 1968 al 1975, quando diventa presidente di Italcantieri, e al 1979, quando assumerà la presidenza della Fininvest.

1977. Appena divenuto Cavaliere del Lavoro, acquista una quota dell'editrice de Il Giornale, fondato nel 1974 da Indro Montanelli.

1978-1983. Riceve circa 500 miliardi al valore di oggi, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 (poi salite a 37) Holding Italiana che compongono la Fininvest, di cui si ignora tutt'oggi la provenienza. Sono gli anni della scalata di Bettino Craxi, segretario del Psi dal 1976, al potere e della sua ascesa al governo.

1978. Si affilia alla loggia massonica deviata e occulta "Propaganda 2" (P2) del maestro venerabile Licio Gelli, a cui è stato presentato dal giornalista Roberto Gervaso. Tessera numero 1816. Di lì a poco comincerà a ricevere crediti oltre ogni normalità dal Monte dei Paschi e dalla Bnl (due banche con alcuni uomini-chiave affiliati alla P2). E inizierà a collaborare, con commenti di politica economica, al "Corriere della Sera", controllato dalla P2 tramite Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din. La P2 verrà poi sciolta, in quanto "eversiva", con un provvedimento del governo Spadolini.

1980. Berlusconi fonda, con Marcello Dell'Utri, Publitalia 80, la concessionaria pubblicitarie per le reti tv. Conosce l'attrice Veronica Lario, al secolo Miriam Bartolini, che recita in uno spettacolo al teatro Manzoni di Milano senza veli. Se ne innamora. La nasconde per tre anni in un'ala segreta della sede Fininvest in Via Rovani a Milano. Poi la donna rimane incinta e nel 1984, sempre nel segreto più assoluto, partorisce in Svizzera una bambina, Barbara. Berlusconi la riconosce. Padrino di battesimo, Bettino Craxi.

1981. I giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, indagando sui traffici del bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona, trovano gli elenchi degli affiliati alla loggia P2. Ma Berlusconi non subisce danni dallo scandalo che travolge il governo, l'esercito, i servizi segreti e il mondo del giornalismo.

1982. Berlusconi acquista l'emittente televisiva Italia 1 dall'editore Edilio Rusconi.

1984. Berlusconi acquista l'emittente Rete 4 dalla Mondadori: ormai è titolare di tre network televisivi nazionali, e può entrare in concorrenza diretta con la Rai. Ma tre pretori, di Torino, Pescara e Roma, sequestrano gli impianti che consentono le trasmissioni illegali di programmi in "interconnessione", cioè in contemporanea su tutto il territorio nazionale. Craxi vara un decreto urgente (il primo "decreto Berlusconi") per legalizzare la situazione illegale. Ma il decreto non viene convertito in legge perché incostituzionale. Craxi ne vara un altro (il secondo "decreto Berlusconi"), minacciando i partiti alleati di andare alle elezioni anticipate in caso di nuova bocciatura del decreto. E nel febbraio '85 il decreto sarà approvato, dopo che il governo avrà posto la questione di fiducia.

1985. Berlusconi divorzia da Carla Dell'Oglio e ufficializza il legame con Veronica, che gli darà altri due figli: Eleonora (1986) e Luigi (1988). Le seconde nozze verranno celebrate, con rito civile, nel 1990, officiante il sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, cognato di Craxi. Testimoni degli sposi, Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Gianni Letta.

1986. Berlusconi acquista il Milan Calcio e ne diviene presidente (nel 1988 vincerà il suo primo scudetto). Intanto fallisce l'operazione La Cinq in Francia, che chiuderà definitivamente i battenti nel '90. E' Jacques Chirac a cacciarlo dal suolo francese, definendolo "venditore di minestre".

1988. Il governo De Mita annuncia la legge Mammì sul sistema radiotelevisivo. Che in pratica fotografa il duopolio Rai-Fininvest, senza imporre al Cavaliere alcun autentico tetto antitrust. Berlusconi acquista la Standa. La legge verrà approvata nel 1990.

1989-1991. Lunga battaglia fra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Repubblica e 13 giornali locali), settimanali (Panorama, Espresso, Epoca) e tutto il settore libri. Grazie a una sentenza del giudice Vittorio Metta, che il tribunale di Milano riterrà poi comprata con tangenti dall'avvocato Previti per conto di Berlusconi, il Cavaliere strappa la Mondadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Benedetti almeno di Repubblica, Espresso e giornali locali. Tutto il resto rimarrà a Berlusconi.

1990. Il Parlamento vara la legge Mammì, fra le polemiche: Berlusconi può tenersi televisioni (nel frattempo è entrato anche nel business di Telepiù) e Mondadori, dovendo soltanto "spogliarsi" de Il Giornale (che viene girato nel '90 al fratello Paolo).

1994. Berlusconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo scandalo di Tangentopoli, entra direttamente in politica, fonda il partito di Forza Italia, vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Polo delle Libertà e diventa presidente del Consiglio. Il 21 novembre viene coinvolto nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Lega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e preme per la risoluzione del conflitto d'interessi.

1996. Berlusconi, indagato nel frattempo anche per storie di mafia, falso in bilancio, frode fiscali e soprattutto corruzione giudiziaria insieme a Previti, si ricandida alle elezioni politiche, ma perde. Vince il candidato del centrosinistra (Ulivo), Romano Prodi. Trascorrerà 5 anni all'opposizione, alle prese con una serie di inchieste giudiziarie e di processi, conclusi con diverse condanne in primo grado, poi trasformate in prescrizioni e (raramente) in assoluzioni in appello e in Cassazione.

2001. Il 15 maggio vince le elezioni alla guida della Casa delle Libertà e torna alla presidenza del Consiglio.

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Gli insegnamenti del caso Andreotti e di Ustica
by il tribunale Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:07 PM mail:  

Lo Stato italiano della borghesia imperialista

Gli insegnamenti del caso Andreotti e di Ustica



Il 24 agosto il tribunale di Perugia ha assolto con formula piena Andreotti e i suoi complici che il 20 marzo del ‘79 hanno fatto uccidere il giornalista Mino Pecorelli che li ricattava con il Memoriale Moro in combutta con militari delle Forze Armate italiane (probabilmente il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa anche lui ammazzato nel settembre ‘82 a Palermo). L’assoluzione era scontata, come scontata è la sentenza che emetterà il Tribunale di Palermo per l’accusa di connivenza con la Mafia siciliana. La scia di sangue che accompagna Andreotti negli anni ‘80 (Michele Sindona, Roberto Calvi, Salvo Lima, Ignazio e Nino Salvo per ricordare i personaggi più noti) fa parte della guerra civile strisciante che si sta svolgendo tra i gruppi imperialisti e le rispettive forze politiche in Italia (e che è la versione italiana della crisi politica che colpisce tutti i paesi imperialisti). In questa guerra le incriminazioni sono una forma di lotta, ma non si fanno prigionieri di alto livello: i precedenti indicati insegnano. Andreotti è uomo del Vaticano. Egli ha gestito il tentativo, non è chiaro quanto convinto, del Vaticano di rafforzare il suo dominio in Italia a spese di quello degli imperialisti USA, facendo blocco con la Mafia siciliana e giovandosi dell’appoggio di organizzazioni e di Stati arabi che facevano la fronda nei confronti dell’imperialismo USA (Libia, OLP, Siria e altri), della Jugoslavia e di altri Stati dell’Europa Orientale. La condanna di Andreotti ad opera della magistratura italiana non avrebbe riguardato solo l’individuo, ma il Vaticano.

Il modo ideato in Vaticano e avente al centro il Vaticano in cui dal dopoguerra a oggi la borghesia imperialista ha gestito in Italia i suoi rapporti con le masse popolari non funziona oramai più, a seguito del procedere della crisi generale del capitalismo. Il Vaticano ha dovuto accettare il fatto e questo lo ha costretto a ridimensionare momentaneamente le sue ambizioni.

Tangentopoli e l’incriminazione di Andreotti, come quella di Craxi, erano l’unico modo per rimuovere dalla direzione del paese una combinazione politica (il CAF: Craxi, Andreotti, Forlani) che elettoralmente si era rivelata inamovibile, quando oramai il tipo di politica che il CAF incarnava non era più oltre accettabile per il grosso della borghesia imperialista. Ma il rapporto delle forze non è tale che in Italia il potere del Vaticano possa essere cancellato. Il Vaticano sta giocando il suo ruolo a livello internazionale, nella lotta tra i grandi gruppi imperialisti per l’egemonia mondiale. Le contraddizioni interne accumulate dal Vaticano e dalla Chiesa cattolica durante il lungo e avventuroso regno di Woityla sono enormi ed esse esploderanno sicuramente alla sua morte, ma saranno condizionate dalla generale evoluzione a livello mondiale delle contraddizioni tra gruppi e Stati imperialisti e della contraddizione tra il complesso della borghesia imperialista e la classe operaia. Nonostante l’attuale debolezza del movimento comunista, esso resta infatti il “convitato di pietra” di ogni consesso della borghesia imperialista.

La storia documentale dell’attività di Andreotti potrà essere scritta solo quando la classe operaia italiana prenderà il potere a Roma e renderà pubblici gli archivi dello Stato italiano e del Vaticano. Tuttavia la vicenda giudiziaria di Andreotti è già oggi ricca di insegnamenti per i comunisti e i lavoratori avanzati, insegnamenti confermati anche da un altro episodio riemerso agli onori della cronaca in questo periodo.

Il 31 agosto il giudice Rosario Priore ha rinviato a giudizio quattro generali e sei alti ufficiali delle Forze Armate italiane per aver depistato la ricerca di chi il 27 giugno ‘80 ha abbattuto sopra Ustica l’aereo DC 9 dell’Itavia. Il rinvio a giudizio di fine agosto, la mancanza di provvedimenti precauzionali a carico degli alti ufficiali che restano in servizio lautamente stipendiati dallo Stato italiano, la mancanza di provvedimenti a carico dei magistrati che prima di Priore avevano indagato sulla strage senza prendere a loro volta provvedimenti contro i depistatori e i testi reticenti, la mancanza di provvedimenti, ai tempi del fatto e ancora oggi, nei confronti di chi aveva l’incarico di controllare e difendere lo spazio aereo italiano, la mancanza di provvedimenti verso gli esponenti del governo che non si sono attivati come legalmente di dovere per avere dagli “alleati” le informazioni necessarie sul misfatto, la vaghezza dei riferimenti alle responsabilità degli “alleati” che hanno abbattuto l’aereo sono tutti elementi che concorrono a confermare la particolarità dello Stato italiano costituito dopo la Seconda guerra mondiale e che si spiegano solo alla luce di quella particolarità. Non si tratta infatti di manifestazioni del carattere criminale e della corruzione che sono propri dei gruppi dirigenti di tutti i paesi imperialisti e che sono arrivati all’onore della cronaca giornalistica più o meno largamente, nei vari paesi, a secondo del livello cui è giunta in ognuno di essi la crisi politica e quindi la guerra tra gruppi e forze politiche imperialiste. Si tratta di una peculiarità dello attuale Stato italiano. I comunisti italiani, che devono dirigere la lotta della classe operaia e delle masse popolari per abbattere questo Stato, devono tenerne conto e la possono riconoscere solo studiando attentamente la storia contemporanea del proprio paese.

La particolarità dello Stato ricostituito in Italia a partire dall’otto settembre ‘43 sta nel fatto che esso ha tratto la sua autorità da tre poteri presenti nel paese, che la caduta del vecchio Stato non aveva indebolito ma rafforzato. Tre poteri in larga misura indipendenti l’uno dall’altro seppur legati da collaborazione: il Vaticano, gli USA e la Mafia siciliana. Il nuovo Stato italiano ha continuato negli anni ad essere una sorta di condominio di queste tre potenze a cui se ne sono aggiunte, strada facendo, altre minori.

In ogni paese borghese lo Stato è l’associazione più generale dei capitalisti operanti nel paese. Per loro natura, essi sono divisi da mille contrasti di interessi, ma (a parte i periodi di crisi di regime) arrivano a esprimere un indirizzo politico comune che viene attuato dal loro gruppo dirigente (la classe politica del paese) e dalla Pubblica Amministrazione civile e militare da esso diretta, che costituiscono lo Stato con le sue varie istituzioni. L’esercizio della violenza non appartiene al singolo membro della classe dominante (al singolo capitalista), ma all’associazione dei suoi membri, cioè allo Stato. Ogni capitalista trae vantaggio personale dal monopolio della violenza detenuto dalla sua classe solo nella misura in cui riesce a influenzarne il comune indirizzo politico.

La particolarità della situazione italiana consiste nel fatto che il Vaticano, gli USA e la Mafia costituendo negli anni ‘40 il nuovo Stato italiano non potevano, per ragioni diverse, assumere ognuno di essi il ruolo ufficiale di semplice “azionista” del nuovo Stato assieme agli altri gruppi imperialisti, liquidando i rispettivi apparati di potere e fondendoli nel nuovo Stato. Ognuno di essi ha mantenuto in vita il suo particolare apparato che ha usato quando l’apparato ufficiale dello Stato per un motivo o per l’altro risultava incapace o inadatto a soddisfare gli interessi del rispettivo titolare. D’altra parte ogni padrino ha cercato di diventare il destinatario di ultima istanza della lealtà di determinati settori e funzionari dello Stato. Questa ultima cosa era tanto più necessaria perché la reale spartizione del potere e la reale diversità di peso dei vari detentori del potere non potevano essere ufficialmente riconosciuti e sanzionati dalle istituzioni dello Stato. Ufficialmente le tre potenze non si riconoscevano l’un l’altra né il loro ruolo politico era riconosciuto dagli altri gruppi imperialisti ed anzi ufficialmente era negato.

In un paese in cui la classe dominante non ha unità politica, quindi l’esercizio della violenza non è monopolizzato per conto di tutti i suoi membri da un unico centro, ma è ripartito tra vari centri autonomi ognuno con il suo sistema di potere che si serve del potere ufficialmente unico e comune e in parte lo costituisce o sostituisce, non poteva non succedere che vari altri gruppi, che in altre condizioni avrebbero cercato un ruolo fondendosi col complesso della classe dominante, cercassero di costituirsi anch’essi come poteri autonomi, ognuno con il suo seguito particolare di fedeli nello Stato ufficiale e, a parte e di riserva, il suo esercito particolare, di volta in volta in alleanza e in contrasto con i tre maggiori patroni: alcune logge massoniche come la P2, alcuni ordini come i Cavalieri di Malta, la Camorra, ecc.

Questa sostanziale limitazione della sovranità dello Stato italiano sul suo territorio ufficiale ha poi fatto sì che anche altri Stati e organizzazioni che ne avevano per qualche motivo bisogno hanno potuto formarsi le loro clientele nell’apparato statale italiano e creare propri apparati sul territorio italiano. Il caso più noto è quello del Mossad israeliano che in territorio italiano si è permesso licenze che non si è permesso neanche nel suo paese (nel 1982 ad esempio ha abbattuto in Italia un aereo dei Servizi Segreti italiani).

Una situazione del genere espone ogni particolare gruppo economico e politico italiano a una continua guerra segreta, a un gioco di ricatti, di colpi di mano e di complotti da più parti. L’affare di Tangentopoli, che si trascina dal 1992 a oggi, con cui è stato liquidato il vecchio gruppo dirigente democristiano e socialista che non era stato possibile eliminare per via elettorale (aveva infatti vinto le ultime elezioni a cui ha potuto partecipare, quelle all’inizio del 1992), non è frutto di una corruzione più alta nella borghesia italiana di quanto lo sia nella borghesia degli altri paesi imperialisti, ma di questo stato di guerra civile latente con cui vengono regolati i conti tra i gruppi che la compongono. In Italia la guerra tra i gruppi imperialisti è più avanzata che negli altri paesi.

Come ha potuto formarsi e mantenersi la particolarità dello Stato italiano appena descritta?

La particolarità ha la sua origine lontana nel Risorgimento italiano e nella impossibilità in cui si trovò la borghesia italiana di colpire a fondo il clero, il Papato, la nobiltà, in particolare gli agrari del Meridione e della Sicilia. La mancanza di unità politica della borghesia italiana nacque allora: ciò spiega la debolezza politica del Regno d’Italia (che lo distinse dal Reich tedesco che pure era più giovane e con una Costituzione legale più complicata).

Il Vaticano restò fin dall’inizio del Regno una potenza politica che sottraeva energie allo Stato italiano. Abbandonati gradualmente all’inizio di questo secolo i tentativi di ristabilire lo Stato pontificio, il Vaticano si venne trasformando da organismo teocratico di natura feudale-terriera in grande gruppo finanziario sia a livello nazionale italiano sia a livello mondiale, giovandosi della grande e antica scuola diplomatica papale e dell’influenza morale e della struttura organizzativa della Chiesa cattolica capillarmente radicata in molti dei maggiori paesi e in qualche misura in ogni paese.

Il Patto Gentiloni con cui il Vaticano concordò col governo Giolitti nel 1910 l’appoggio elettorale dei suoi seguaci italiani sanzionò in un certo senso questo sviluppo. Esso fu poi portato a compimento nel 1929 dal Fascismo con il Trattato del Laterano. Col Fascismo la borghesia italiana conquistò un temporaneo respiro nella sua lotta contro il proletariato, ma si cacciò in un vicolo cieco. La situazione divenne palese durante la Seconda guerra mondiale. La borghesia italiana si trovò isolata sul pano internazionale ma, soprattutto, aveva favorito il rafforzamento politico della classe operaia e oramai rischiava di perdere definitivamente il potere. In più con la cacciata dei Savoia perse quello che fino allora era stato un importante fattore di unità del suo Stato. In conclusione Valletta, Pirelli, Marinotti, Donegani, Volpi e gli altri pescicani del capitalismo italiano che si erano stretti attorno a Mussolini, salvarono il loro potere mettendolo sotto l’aura di sacralità che circondava il capo della holding vaticana. Il Vaticano aveva saputo restare “al di sopra” del Fascismo, pur sostenendolo e usandolo. Esso approfittò abilmente della situazione, acquisì l’appoggio degli USA e della Mafia e divenne il vero centro attorno al quale fu ricostituito tra il 1945 e il 1948 il nuovo Stato borghese italiano che dura tuttora. Da allora esso è stata l’autorità che ha orientato le scelte fondamentali dello Stato italiano. Le grandi linee delle relazioni internazionali, l’orientamento generale dell’attività dello Stato e il centro di aggregazione e unità della classe dirigente italiana stanno in qualcosa che non ha a che fare con lo Stato e la classe dirigente che si presentano sul proscenio: stanno nel Vaticano.

La Mafia è anch’essa un’eredità del Risorgimento. Nella sua versione attuale di grande criminalità organizzata avente un raggio d’azione internazionale, è però un prodotto della convivenza nello stesso paese di due zone socialmente differenti, il Sud e il Nord e del legame del paese nel suo complesso col resto del mondo. Durante la Seconda guerra mondiale essa prese al balzo l’occasione di stabilire, tramite la Mafia americana, un suo diretto rapporto con gli USA e nel dopoguerra, avendo partecipato come potenza autonoma al patto costitutivo del nuovo Stato (perfino Andreotti lo ha sostanzialmente riconosciuto nell’intervista pubblicata sul Corriere della Sera del 1° ottobre ‘99), da modesta forza repressiva locale degli agrari della Sicilia orientale essa si è trasformata in una organizzazione modello per tutta la borghesia imperialista internazionale. Non è un caso che mafia è, assieme a fascismo, diventato un vocabolo presente in tutte le lingue dei paesi capitalisticamente avanzati.

Quanto alla presenza opprimente e arrogante degli imperialisti USA nell’attività politica e nell’attività della Pubblica Amministrazione del paese, essa oltre agli aspetti che ha negli altri grandi paesi europei e legati al ruolo mondiale dell’imperialismo USA, in Italia ha un carattere specifico. Questo deriva dalla peculiari e storiche caratteristiche dell’Italia.

Nei 50 anni trascorsi dopo la Seconda guerra mondiale il Vaticano ha svolto un autonomo ruolo anticomunista internazionale come lo hanno svolto gli USA e collaborando con essi. Da qui la particolare relazione tra Vaticano e imperialismo USA che è diventata una particolare relazione tra Italia e imperialismo USA.

All’inizio del secolo, prima che gli USA introducessero leggi razziste contro l’immigrazione dei poveri, vi fu, dalla Sicilia come dalle altre regioni del Meridione, una grande migrazione verso gli USA. Con l’emigrazione, si trasferirono dalla Sicilia negli Stati Uniti anche alcune forme sociali, come la Mafia che aveva la sua base originaria nella Sicilia occidentale, dove era la milizia privata degli agrari. D’altra parte gli USA, essendo il paese capitalisticamente più avanzato, presentavano un terreno eccezionalmente favorevole per l’applicazione di metodi criminali alle attività economico-finanziarie. La combinazione di questi due fattori ha dato luogo al rigoglioso sviluppo di una Mafia americana legata a doppio filo a quella siciliana. Il ruolo anticomunista svolto dalla Mafia in Sicilia nel secondo dopoguerra ha creato un secondo forte e particolare legame tra gli USA e l’Italia.

Oggi l’imperialismo USA ha in Italia libertà d’azione più che in qualsiasi altro paese europeo, proprio grazie alla particolare relazione creata dai due canali indicati. Esso, come il Vaticano e, in modo diverso, la Mafia, è al di sopra dello Stato italiano, se ne avvale quanto vuole senza essere responsabile delle sue attività e lasciando anzi ad esso l’ingrato compito di raccogliere i cocci. Quando nel 1985 il governo Craxi si permise di compiere a Sigonella un pubblico sgarbo al governo USA, riuscì ad evitare la crisi solo chiedendo pubbliche scuse e facendo pubblico atto di sottomissione.

Quanto al Vaticano, esso collaborando con la borghesia imperialista USA nella lotta contro il comunismo a livello mondiale, è diventato una grande potenza mondiale che ha una sua rete di interessi finanziari, di relazioni diplomatiche e politiche in gran parte del mondo, in tutto il mondo tesse i suoi intrighi e ha suoi agenti in ogni paese e in molti Stati, governi e istituzioni internazionali. In Italia esso ha la sua sede centrale e qui questa rete è più fitta e potente e condiziona in modo determinante la vita del paese e le sue istituzioni. L’Italia è usata dal Vaticano come retroterra della sua attività internazionale.

Questa formazione del nuovo Stato dopo la Seconda guerra mondiale ha dato alla borghesia italiana un forte strumento a sua protezione contro le masse popolari e il movimento comunista, ma ha ulteriormente indebolito il suo potere statale. Le sue strutture repressive, di informazione e controllo, militari, giudiziarie, diplomatiche sono infiltrate e manovrate dal Vaticano, dalla Mafia e dalle varie agenzie USA ognuna delle quali vi ha creato le proprie clientele. Questo produce una generale deresponsabilizzazione dei pubblici funzionari, crea per ogni funzionario problemi di doppia o triplice lealtà perché la sua carriera dipende dai servigi resi sottobanco al Vaticano, agli USA o alla Mafia o a qualcuno degli altri “poteri autonomi” presenti in Italia e non dal suo risultato nel lavoro di cui è ufficialmente incaricato. Ogni funzionario acquista un potere contrattuale speciale perché sta a lui decidere a quale dei poteri autonomi dare la sua lealtà, ma d’altra parte ciò rende incerta la sua carriera e la sua vita, perché essa dipende dai rapporti di forza tra i poteri autonomi che vengono “giocati” in altra sede. Carriere lampo, cadute repentine e mortali incidenti sono diventati normali nella vita dei funzionari dello Stato italiano, moderati unicamente da una pratica generalmente invalsa di trattare con generosità finanziaria i perdenti, a reciproca garanzia.

Se non si tiene conto della particolarità sopra esposta dello Stato italiano, e in particolare del ruolo del Vaticano, è impossibile spiegare razionalmente alcuni tratti contraddittori del nostro paese: la debolezza per non dire la mancanza di “spirito nazionale”, la continua impressione di precarietà dei suoi ordinamenti, la sua cronica debolezza militare, il funzionamento caotico della Pubblica Amministrazione, il malcontento diffuso e di contro la capacità di corruzione della sua classe dominante, il ruolo tutto sommato importante che l’Italia ha nell’attuale sistema di relazioni internazionali (G7, FAO, ecc.), la coesione del paese e la stabilità dei suoi ordinamenti, le notevoli realizzazioni in alcuni settori economici e culturali. È alla luce di questa particolarità che diventa chiara anche l’origine e la ragione della lunga storia dei “Servizi deviati” cioè dei vari gruppi dei Servizi Segreti italiani che operano al soldo di “poteri autonomi” dallo Stato ufficiale. Da qui però anche il fatto che molte loro operazioni restano in Italia meno a lungo segrete anche se altrettanto oscure di quanto lo restino in altri paesi (difficilmente il segreto dell’aereo israeliano “caduto” il 4 ottobre 1992 ad Amsterdam con un carico di prodotti tossici che ha contaminato la popolazione della zona sarebbe rimasto un segreto fino al 1998 come è rimasto in Olanda). Questo permette di dare il loro giusto valore anche a promesse emesse da pubblici ufficiali che non sono in alcun modo in grado di mantenerle, né loro né i servizi a nome di cui parlano, come la recente promessa del Procuratore Vigna che un caso Balduccio di Maggio non avverrà mai più: come se fosse avvenuto per sua decisione!

È con questa varietà di poteri autonomi che la classe operaia italiana deve fare i conti per instaurare il suo Stato. Conoscerne a fondo la natura e le reciproche relazioni è quindi una premessa indispensabile.

Rosa L.

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Dalla P2 alla P3: Santo Pazienza
by Francesco Pazienza Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:08 PM mail:  

Riproduciamo alcuni brani dal libro del faccendiere Francesco Pazienza (Il disubbidiente, Longanesi). Costui è tornato agli onori delle cronache nel 2003: è uno dei grandi organizzatori della bufala Telekom Serbia. Con la testimonianza (liberi voi di considerarla veritiere, menzognera, oppure metà e metà) di Pazienza, chiudiamo il capitolo P2. Accederemo quindi al post-P2 e all'attualità della P3. [gg]

Era la prima volta che mi ritrovavo a quattr'occhi con «il banchiere di Dio», come lo definiva la stampa anglosassone per le sue strette correlazioni con le finanze del Vaticano. Sarò frivolo, ma mi sembrava che da quel giorno del settembre 1978, in cui l'avevo visto per la prima volta, non si fosse ancora cambiato d'abito. Stesso vestito, quasi nero, stessa camicia di un azzurro chiarissimo, stessa cravatta di Mila Schön blu scura coi classici bordi laterali e le fantasie molto sobrie. Quando cominciai a conoscerlo a fondo, scoprii che aveva un guardaroba fornitissimo ma era completamente privo d'inventiva. Aveva decine di abiti tutti uguali e moltissime paia di scarpe, tutte identiche e tutte di colore nero. Solo d'estate si concedeva qualche correzione sul tema indossando abiti di un grigio meno funereo. La sua carnagione aveva sempre un colore bianco latte. I pochi capelli che gli incorniciavano il cranio erano di un nero innaturale. Merito della tintura che scrupolosamente applicava quasi tutti i giorni.

Benché fosse uno degli uomini più potenti d'Italia, non assumeva mai atteggiamenti superbi, prepotenti, arroganti. Era di una timidezza quasi patologica. Infatti, quando parlava, molto raramente fissava negli occhi il suo interlocutore, e continuava ad accompagnare i suoi ragionamenti tenendo uniti i pollici e gli indici delle sue mani, senza mai rivolgerli verso chi gli stava davanti.

A volte, durante la conversazione, se ne usciva con espressioni di tale naiveté che sembravano false e affettate. Ma in realtà non era così. In quei suoi atteggiamenti era realmente sincero, anche se riuscire a comprenderlo era un autentico rompicapo. Non pronunciava mai un concetto o un'espressione chiara e diretta, mai una frase o una parola che non fosse lontana anni-luce da qualsiasi forma scurrile o anche solo sconveniente. Il tutto sempre con un tono di voce che metteva a dura prova le facoltà uditive dell'interlocutore.

Visto che ero stato io ad aver richiesto l'incontro, affrontai subito il problema che mi stava a cuore.

«Presidente, si ricorda di me?» gli dissi dopo avergli stretto la mano. «Ci siamo conosciuti a Washington, settembre 1978, riunione del Fondo Monetario Internazionale insieme con Scaglione e Rinaldi.»

«Sinceramente non mi sarei rammentato di lei, se non fossero usciti alcuni articoli di giornale nelle scorse settimane che hanno pubblicato il suo nome e la sua fotografia parlando della visita di Flaminio Piccoli negli Stati Uniti. Leggendo queste notizie mi sono ricordato di averla conosciuta», mi rispose con grande schiettezza.

Aggiunse: «Che cosa fa a Roma? Se non sbaglio, ricordo che durante il nostro fugace incontro precedente, mi disse di abitare da lungo tempo a Parigi».

«Presidente», osservai, «da circa un anno sono un consulente dei servizi segreti italiani e mi sono trasferito a Roma. Ora però mi sono stufato e probabilmente tornerò a Parigi, dove ho ancora il mio appartamento.»

La storia dei servizi segreti sembrò interessare moltissimo Calvi. Raffreddai immediatamente la sua fantasia dicendogli che d'interessante non c'era proprio nulla in quel genere di lavoro. Dopo circa mezz'ora di altri preamboli, entrai nel vivo della conversazione spiegando con una certa durezza il motivo del nostro incontro e perché fossi stato io a sollecitarlo: «Voglio informarla che all'interno del Vaticano sono in corso alcune manovre che tendono a mettere in grave difficoltà il suo amico e alleato Paul Marcinkus.»

Cercò di non far trasparire alcuna particolare reazione. Mi chiese: «Come fa a sapere che Marcinkus è un mio amico o, come dice lei, un mio alleato?»

«Presidente», risposi, «questo è un fatto che definirei di pubblica notorietà, per lo meno per quanto riguarda gli ambienti finanziari italiani e internazionali.»

L'incontro durò un paio d'ore. Alla fine Calvi mi chiese se poteva rivedermi a Milano entro pochi giorni. Non c'erano problemi, fissammo per il giorno tredici, alle nove del mattino, nel suo ufficio al Banco Ambrosiano.

La lista degli iscritti alla P2

A partire da quel momento, da quel 13 marzo 1981, avevo poco più di un mese per liquidare definitivamente, e senza rimpianti, la mia collaborazione col SISMI e tutto ciò che vi era connesso. Il problema più urgente e che mi stava maggiormente a cuore, tuttavia, era quello di trovare il canale per conoscere Paul Marcinkus. Tanto più che questa mi era sembrata una vera prova di abilità che Roberto Calvi pretendeva per saggiare le mie capacità. Dovevo, dunque, dimostrare non solo di riuscire a incontrarlo, ma anche di avere il sangue freddo di rivelargli immediatamente ciò che in Vaticano stavano architettando ai suoi danni. Prima di tutto, comunque, avevo deciso di recarmi a Parigi: era evidente che a quel punto non avevo più alcun interesse a mantenere il mio sontuoso appartamento di boulevard Lannes che mi costava una piccola fortuna ogni mese. C'era un'altra ragione che mi spingeva nella capitale francese. Dovevo incontrarmi con Michel Roussin, l'assistente del capo dei servizi segreti francesi, per chiedergli un favore molto urgente per conto del SISMI. Si trattava del nuovo e costosissimo tri-reattore Falcon 50 che la CAI, la società aerea del SISMI, aveva acquistato dalla Dassault, la casa francese che costruisce jet executive. Il motore centrale del Falcon non funzionava alla perfezione e produceva alcune vibrazioni anomale durante il massimo sforzo in fase di decollo. Su quell'aereo, in quel periodo, viaggiavano solamente due illustri passeggeri: il presidente del Consiglio oppure il capo del servizio segreto. C'era bisogno che la società costruttrice fosse coinvolta al massimo livello nella rapida soluzione di quel problema, e fornisse un altro velivolo in sostituzione nel caso i controlli richiedessero un certo tempo.

Il 17 marzo, a Parigi; alle dieci di sera, ricevetti la prima telefonata di Roberto Calvi. «Dottor Pazienza, ha saputo che cosa è successo oggi in Italia?» mi disse con una certa apprensione nel tono della voce.

«Presidente, in tutta sincerità, non so nulla. È da stamattina che sono a Parigi e ho avuto una giornata davvero terribile», risposi.

Calvi sembrava piuttosto preoccupato perché proprio quella mattina la magistratura milanese aveva compiuto una perquisizione nella casa di Arezzo di Licio Gelli.

«Presidente», gli chiesi, «lei ha qualche interesse in questa vicenda?»

Ancora non sapevo che il banchiere fosse iscritto alla P2. Ma lui lo sapeva benissimo. Ecco, quindi, da dove derivava la sua preoccupazione. C'era, inoltre, un altro aspetto che lo impensieriva e di cui mi avrebbe messo al corrente soltanto qualche tempo dopo. Calvi non aveva referenti politici diretti: tutti i suoi rapporti col mondo politico erano sempre stati mediati attraverso Gelli e Ortolani. La vicenda P2 lo poneva, perciò, in una condizione di assoluto isolamento, in quanto non poteva più avvalersi delle «cure» di Gelli e Ortolani, costretti a riparare all'estero.

Della Loggia P2 avevo sentito parlare per la prima volta nell'ottobre dell'anno precedente a Caracas dal generale Battelli, Gran Maestro della massoneria italiana, e da Spartaco Mennini, il suo Grande Segretario, che mi avevano fatto la testa come un pallone in proposito.

Chiesi a Roberto Calvi: «Lei appartiene alla P2?»

Per tutta risposta arrivò nella cornetta del telefono una specie di mugugno che non significava né si né no. Ma avevo capito che era un adepto e che ora si sentiva scoperto.

«Presidente, io non so nulla di questa vicenda. Comunque, domani rientrerò a Roma, raccoglierò un po' di notizie e mi farò sentire immediatamente.»

Il mio primo memorandum per Calvi

Appena arrivato a Roma, mi resi subito conto che il mondo politico era in ebollizione dopo che i magistrati milanesi avevano perquisito la villa del Maestro Venerabile. Già cominciavano a girare per la città una serie di liste d'iscritti alla P2, tutte rigorosamente false e tutte spacciate come rigorosamente vere. La «girandola» sarebbe andata avanti per qualche mese fino al momento in cui, a giugno, il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani decise di rendere pubblica la vera lista degli aderenti, quella trovata dalla Guardia di Finanza a Castiglion Fibocchi.

Per quanto mi riguarda, non c'era stato bisogno di aspettare la pubblicazione ufficiale per avere la vera lista della P2. All'inizio di aprile, ne avevo ricevuta una che al 99,9 per cento era genuina ed esatta. E tale si rivelò al momento dell'ufficializzazione degli iscritti.

Nell'elenco c'era una marea di persone che conoscevo o con le quali avevo avuto a che fare, come del resto era accaduto per mezza Italia. C'era il direttore del SISMI, Santovito, il quale continuava a negare l'evidenza. C'era il generale Pietro Musumeci, che un giorno negava e il giorno dopo si lasciava andare a mezze ammissioni. C'era Loris Corbi, il presidente della Società Condotte d'Acqua. C'era Mario Genghini, il costruttore. C'era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. C'era Massimiliano Cencelli, l'autore del celeberrimo manuale che veniva seguito pedissequamente da partiti e correnti su come spartire «equamente» ministeri, sottosegretariati, poltrone e poltroncine di sottogoverno. E, soprattutto, per quel che mi riguardava, c'era Federico Umberto D'Amato, uno dei pochi, se non l'unico, cui la vicenda e l'iscrizione non faceva né caldo né freddo. Tra i vari nomi c'era anche quello di Francesco Gregorio, segretario del presidente della Repubblica Sandro Pertini. Era di Messina, mi era stato presentato da un certo ingegner Orlandi di Genova, amico di lunga data dello stesso Pertini.

Ciò che fin dall'inizio mi era apparso assai curioso e singolare era che gli appartenenti alla Loggia P2, nella maggioranza dei casi, non si conoscessero l'un l'altro. Evidentemente, Gelli aveva trovato molto più conveniente evitare di farli incontrare o, per lo meno, cercare di evitare tale eventualità, in modo da mantenere la sua figura centrale e di rendersi indispensabile in quel crocevia d’interessi, di affari e di potere. Non si sarebbe spiegato altrimenti, tanto per fare un esempio, perché Loris Corbi non conoscesse il generale Santovito, che s'incontrò la prima volta con lui solo in una colazione da me organizzata al Grand Hotel di Roma. Né si conoscevano Federico Umberto D'Amato e Roberto Calvi, e neppure quest'ultimo e Santovito. E così via. Tutti, però, sapevano che a Roma esisteva un certo signor Gelli, a capo di una loggia più o meno massonica, il quale operava in una elegante suite dell'Hotel Excelsior di via Veneto. E quando dico «tutti», mi riferisco anche ai leggendari gatti di piazza Argentina magnificati nel racconto di Goethe durante il suo soggiorno nella Città Eterna!

Ai primi di aprile, ebbi un incontro con Calvi a Milano. Gli annunciai che nel giro di pochi giorni avrei conosciuto Paul Marcinkus. Per tutta risposta lui tornò a parlare del tema che più gli stava a cuore e che sembrava creargli le maggiori preoccupazioni: Licio Gelli e la P2. Il discorso di Calvi fu abbastanza strano: disse che c'era l'esigenza di dare una mano al Maestro Venerabile in quel momento di difficoltà. Col suo contorto e allusivo modo di parlare, quasi mi chiese di aderire alla loggia massonica. Risposi: «Guardi che, ancor prima della visita da parte della Guardia di Finanza, Gelli aveva chiesto d'incontrarmi. A me non interessava per nulla conoscerlo. E, quindi, si figuri se può interessarmi farlo adesso, nel momento in cui i topi scappano».

Misi per iscritto a Calvi queste mie considerazioni in un memorandum di lavoro, il primo che preparavo per lui, nel quale sintetizzavo le linee ispiratrici della mia consulenza, i primi risultati dei miei contatti e delle «operazioni» che mi aveva affidato. In quel documento gli consigliavo di prendere le distanze da Gelli, il più rapidamente possibile, se voleva cercare di evitare l'ondata di fango che si stava profilando all'orizzonte. Prevedevo si trattasse di un vero e proprio tsunami, come dicono i giapponesi, riferendosi all'onda spaventosa provocata da qualche maremoto lontano, onda che si scatena a mare piatto contro le coste marine.

Un milione e mezzo di dollari per mettere al sicuro il dossier

Ritorniamo al problema dei documenti compromettenti su monsignor Marcinkus. Tutto venne superato con un sostanzioso pagamento: trecentomila dollari a D.N., l'uomo che ne era in possesso, più un milione e duecentomila dollari all'avvocato D. di Zurigo, presso il cui studio D.N. aveva depositato il prezioso dossier. Il denaro serviva a ottenere il fascicolo e il silenzio definitivo nei confronti di Calvi e del presidente dello IOR. La somma venne versata al legale attraverso un pagamento interbancario tramite la Realfin e la FinanzCo su un conto segreto svizzero. I fondi furono messi a disposizione da Calvi, e la somma pagata parte in Italia, parte in Svizzera.

Il presidente del Banco Ambrosiano ovviamente aveva posto come condizione che esistesse la certezza che D.N., una volta ricevuto il denaro, non rivendesse una seconda volta il dossier al «nemico», visto e considerato che lui sapeva quante persone erano interessate ad avere quei documenti. D.N., tuttavia, aveva perfettamente compreso che, nel caso in cui avesse fatto troppo il furbo, il gioco sarebbe diventato molto pericoloso. Io ero tranquillo: si sarebbe certamente accontentato, e una sola volta, di quanto da noi ricevuto, per evitare che il gioco da soft si facesse hard.

Devo ammettere che in quell'occasione dissi una bugia a Santovito: riferii che, nel corso delle mie ricerche del dossier, in Svizzera non avevo trovato assolutamente nulla. Se anche gli avessi detto la verità la situazione non sarebbe cambiata: infatti, in quel periodo al SISMI non erano molto concentrati su questo problema, assorti e impauriti com'erano nel cercare di tenere sotto controllo lo scandalo P2. Figurarsi, dunque, se le angustie di monsignor Celata potevano assorbire una sia pur minima quantità del tempo di Santovito.

Finalmente, nella prima settimana di aprile, ero libero di cominciare a occuparmi completamente ed esclusivamente del banchiere milanese. Avrei dovuto compiere un'ultima missione per incontrare in Svizzera gli emissari palestinesi, ma per il resto col SISMI era tutto terminato. O quasi.

Con Roberto Calvi cominciai a incontrarmi frequentemente sia a Roma sia a Milano. Eravamo d'accordo sul fatto che mi sarei occupato soltanto di questioni di carattere internazionale. Una delle prime idee che gli sottoposi fu quella di creare una specie di consiglio composto di consulenti internazionali del Banco Ambrosiano sul modello di quello istituito all'interno della Chase Manhattan Bank. Si trattava di mettere insieme una dozzina di grandi nomi di prestigio finanziario internazionale che si riunissero due o tre volte l'anno nella sede del Banco Ambrosiano. Non avevano altro scopo se non quello di studiare strategie di ampio respiro e di far arrivare un poco della loro luce riflessa sull'istituto, grazie alla loro credibilità e alla loro fama, negli ambienti politici e finanziari di tutto il mondo. Per di più, quelle riunioni annuali in pompa magna avrebbero consentito alla banca di ottenere una massiccia pubblicità sui mass media.

Avevo illustrato il mio progetto a Calvi poiché l'esigenza più importante per l'Ambrosiano, in quel momento, era quella di cercare di sdoganarsi dalla sua immagine di «banca dei preti» cercando di accreditarsi con una dimensione più generalista, soprattutto più «laica ed ecumenica». Al banchiere l'idea era piaciuta, mi disse di lavorarci sopra, di preparare una prima lista di nomi che avrebbero potuto entrare nel Consiglio di consulenza internazionale.

«Sono Ciarrapico... a disposizione!»

La prima settimana di maggio avevo incontrato a lungo Federico Umberto D'Amato. Naturalmente, lui sapeva che avevo cominciato a collaborare con Roberto Calvi e che avevo mollato il SISMI. Come al solito era informatissimo e mi fornì una dettagliata panoramica della situazione in cui versava il banchiere milanese. Non si conoscevano personalmente, ma Umbertino attingeva molte notizie da Angelo Rizzoli junior. Questo rapporto di amicizia e di confidenza nasceva dalla vecchia frequentazione tra Umbertino e il leggendario Angelo Rizzoli, il fondatore della casa editrice, il nonno di «Angelone». Nel lungo incontro con D'Amato, gli illustrai la situazione e gli chiesi un consiglio: «In un primo tempo il banchiere mi ha incaricato di occuparmi dei rapporti internazionali. Ma, dopo lo scoppio dello scandalo P2 e la 'scomparsa' di Gelli e Ortolani, mi ha chiesto di occuparmi anche dei rapporti col mondo politico romano. Non ti nascondo che la sua richiesta da un lato mi ha sorpreso, dall'altro mi sta creando notevoli perplessità e un certo imbarazzo: avendo vissuto quasi esclusivamente all'estero, non ho in Italia quel tipo di rapporti che possono essermi utili per venire incontro alle esigenze di Calvi. Per esempio, com'è messo il banchiere quanto a contatti con Craxi e Andreotti? Tu che cosa mi consigli?»

D'Amato sapeva perfettamente che Calvi era stato ed era completamente nelle mani di Licio Gelli per quanto riguardava i contatti col mondo politico romano. Una volta che «il fetentone» - così aveva ribattezzato Gelli - e Umberto Ortolani si erano dileguati, il banchiere non sapeva più dove sbattere la testa. D'Amato mi precisò che gli unici rapporti politici che Calvi gestiva a mezzadria con Gelli erano quelli con Bettino Craxi. Ma per il resto doveva sempre ed esclusivamente passare attraverso il Maestro Venerabile, a cominciare dal canale che portava a Giulio Andreotti.

D'Amato decise, quindi, che mi avrebbe aiutato presentandomi, tanto per cominciare, un personaggio che avrebbe potuto prendere il posto del capo della P2 in fuga, e che avrebbe consentito a Calvi di aprire una via di comunicazione alternativa con Andreotti. L'uomo di cui Umbertino parlava aveva col leader democristiano rapporti, a suo dire, ancor più stretti e cordiali di Gelli. Una sera, alle sette, D'Amato mi convocò al bar dell'Hotel Excelsior in via Veneto e mi presentò un personaggio dal fisico massiccio, con un accento da borgata romana e una certa idiosincrasia per la consecutio temporum: si trattava di Giuseppe Ciarrapico. Fu molto cordiale e, in mezzo a un fiume di parole, pronunciò questa frase: «Sono a disposizione del presidente del Banco Ambrosiano».

Volevo saperne di più su Ciarrapico, sul suo reale potere, sulle sue entrature, sul suo ruolo accanto ad Andreotti. La mattina successiva, alla solita ora antelucana, mi recai a casa di Flaminio Piccoli, cui raccontai tutto. «Onorevole, cerchi di chiarirmi questa situazione, perché io, in questi garbugli della politica romana, ci capisco ben poco», gli dissi.

Con una certa riluttanza, il segretario della DC mi confermò qual era la funzione di Licio Gelli per conto di Calvi e, in particolare, di Andreotti. Aggiunse che qualche volta il banchiere incontrava l'uomo politico anche grazie a monsignor Angelini, ma che i rapporti veri erano quelli tenuti attraverso Gelli. Ciarrapico? In effetti, secondo Piccoli, da quel momento avrebbe potuto diventare il canale migliore.

Con una buona dose di faccia tosta chiesi: «Onorevole, anche lei intrattiene rapporti con Calvi tramite Gelli?» Il «no» fu netto e pronunciato in un tono che non ammetteva repliche. Piccoli era una persona fondamentalmente sincera. Gli credetti. Anche se, mesi dopo, emerse che i suoi rapporti con Calvi passavano attraverso un certo Giuseppe Battista, iscritto alla P2 e appartenente allo stretto giro di Gelli.

A questo punto, potevo partire per Milano, per il solito «pellegrinaggio» al Banco Ambrosiano. Esposi a Calvi la situazione. Usai un sistema abbastanza brutale, quello di chiamare le cose col loro nome e di dare giudizi netti. Lui detestava questo modo di esprimersi, così rude e pragmatico, così distante dal suo sistema pieno di curve e dossi, senza mai una presa di posizione decisa e concreta. Gli dissi che, non appena fosse sceso a Roma, gli avrei presentato Federico Umberto D'Amato e Giuseppe Ciarrapico. In serata, tornai nella capitale senza immaginare che cosa sarebbe avvenuto la mattina successiva.

«Io sono della stessa città di Al Capone»

In quei giorni dal Vaticano arrivò la conferma: ero riuscito a ottenere l'appuntamento con monsignor Marcinkus. L'incontro era fissato nella sede dello IOR. Ero molto ansioso di conoscerlo e di vedere se e quanto corrispondevano al vero le descrizioni che mi erano state fatte di lui, a proposito dell'imponenza fisica, della brutalità delle maniere, del pragmatismo e del temperamento. Alto come una pertica, con un fisico da giocatore di football americano, e con una voce profonda, mi ricevette in un ufficio molto strano, lunghissimo e curiosamente stretto. Marcinkus non conosceva esattamente il motivo per cui avevo chiesto di vederlo. Mi accolse fumando una sigaretta senza filtro e continuò ad accenderne una dopo l'altra. Compresi al volo che il prelato che avevo di fronte era di tutt'altra pasta rispetto a monsignor Silvestrini. La conferma mi arrivò non appena cominciò a parlarmi in un perfetto italiano. Io gli risposi in inglese-americano. Al che si bloccò e mi chiese brutalmente: «Who are you? Chi sei?».

Come Silvestrini era raffinato nel modo di parlare e di muoversi, e le sue parole erano piene di prudente, di mezzi toni, di sfumature, così Paul Marcinkus era roccioso, immediato, pragmatico, quasi aggressivo. Non poteva d'altra parte che essere così, dato che in quel periodo, oltre che dello IOR, si occupava della sicurezza personale del papa. Era la vera e propria guardia del corpo di Giovanni Paolo II durante i suoi viaggi in giro per il mondo. Insomma, era l'uomo disposto a mettere il proprio corpo davanti alla pallottola o alla lama di coltello che avesse tentato di raggiungere Sua Santità. Un monsignore mi aveva raccontato, ridacchiando, che un giorno, mentre scendeva dall'aereo ufficiale su cui viaggiava il pontefice, mentre lo precedeva sulla scaletta, fuori dal soprabito nero di Paul Marcinkus era scivolata a terra una mini-mitraglietta uzi di fabbricazione israeliana.

Questo era il personaggio. Coraggioso, rude, duro, lontano dallo stereotipo dei frequentatori della Curia romana e proprio per questo inviso a loro.

Visto che continuava a fumare come un turco, gli chiesi il permesso di poterlo fare anch'io. Mi offrì una delle sue sigarette, rifiutai cortesemente, estrassi dalla tasca interna della giacca un portasigari di cuoio e presi un «Montecristo numero uno». Poi, da una catena d'oro che portavo appesa alla cintura, tirai fuori una piccola cesoia d'oro massiccio per troncare la punta del sigaro e me lo accesi.

Mi guardò incuriosito e mi chiese: «Are true cubans?»

«Of course», risposi.

Allora schiacciò in un portacenere la sigaretta che aveva appena acceso e mi chiese: «Ne ha uno per me?». Estrassi nuovamente il portasigari con le iniziali che mi ero fatto fare a Roma da Fincato, il favoloso negozio di tabacchi vicino a piazza Colonna, e lo aprii porgendogli uno dei quattro cubani rimasti. Gli allungai anche la piccola cesoia e lo aiutai ad accenderlo. Dopo aver tirato e gustato la prima boccata esclamò un «Great» pieno di soddisfazione.

Cominciammo a parlare di ciò che mi stava a cuore. Senza tanti elzeviri, raccontai per filo e per segno quello che era accaduto e quello che avevo fatto in merito alla questione. Aggiunsi che da pochi giorni ero diventato consulente personale di Roberto Calvi.

Era molto interessato, mi ascoltava con grande attenzione: «What about the alleged documents? Che ne è dei documenti?»

Mi guardò negli occhi, mutò espressione, mi rispose: «La situazione in Polonia? È quella che conosco leggendo i giornali americani, cui dedico molta più attenzione che a quelli italiani».

Aveva perfettamente compreso che cosa volevo dire col mio accenno, e capì inoltre che dovevo sapere qualcosa su quella delicata materia.

Cambiò discorso. Terminato il nostro incontro, mi mise fraternamente una mano sulla spalla e mi accomiatò con queste parole: «Col tempo penso che potremmo collaborare. Perché lei ha una caratteristica: è uno strange Italian, uno strano italiano». Tra il serio e il faceto aggiunse: «Si comporti bene perché io sono di Cicero, la città di Al Capone...»

«Okay, monsignore. Conosco le regole del gioco», fu la mia risposta a tono dopo la sua ultima battuta.

«Muovi il culo, ragazzo!»

Roberto Calvi venne arrestato nella sua abitazione milanese. L'accusa era di esportazione illecita di capitale. Al presidente della più grande banca privata italiana non fu risparmiata l'onta delle manette. Venne caricato su un cellulare e tradotto al carcere di Lodi. Tre giorni dopo, accadde un altro fatto incredibile. Giovanni Paolo II venne ferito dai colpi di pistola di un attentatore mentre passava in mezzo ai fedeli di piazza San Pietro e stava benedicendo la folla. A sparargli era stato un turco, Mehmet Ali Agca, con la sua calibro 9. L'attentato, per fortuna, era fallito. Il papa era vivo, seppure gravemente ferito all'addome e al dito di una mano.

La notizia mi arrivò un paio d'ore dopo. Fu Paul Marcinkus a comunicarmela per telefono nel mio ufficio romano. Non lo avevo mai sentito così alterato e furibondo. Ci eravamo incontrati due volte nei giorni precedenti e il nostro rapporto era diventato molto saldo. La prima volta mi aveva convocato d'urgenza nel suo studio e io mi ero precipitato all'interno delle mura vaticane senza nemmeno lontanamente immaginare la ragione di tanta fretta. «Ma voi italiani siete dei pazzi furiosi?» mi disse allora Marcinkus, imbufalito e arrabbiatissimo. Mi raccontò che la Procura della Repubblica di Roma stava conducendo un'indagine giudiziaria sui vari ordini religiosi della Santa Sede e aveva ordinato perquisizioni in tutta Italia. Il reato che veniva ipotizzato riguardava presunte violazioni della famigerata legge 159, quella relativa all'esportazione illecita di capitali. L'ipotesi della magistratura era la seguente: suore, frati e preti raccoglievano in Italia denaro per le loro missioni e poi, tramite lo IOR, inviavano le donazioni alle loro sedi sparse in tutto il mondo. Violando la legge italiana. Tra i vari ordini religiosi vi era anche quello delle Missionarie della Carità, quattromila religiose ospitate in cinquecento conventi sparsi in centouno Paesi, fondato nel 1950 da Madre Maria Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace nel 1979, una figura che tutti i giornali del mondo avevano reso celebre per le sue attività a favore dei poveri e dei derelitti dell'India.

Monsignor Marcinkus, con la sua consueta franchezza, mi fece capire che cosa rischiava di accadere: «Guardi che i magistrati di Roma stanno preparando una comunicazione giudiziaria per Madre Teresa. Le indagini le sta facendo la Guardia di Finanza».

Mi guardò per capire qual era la mia reazione e, visto che ero rimasto senza parole, m'intimò: «Move your ass, boy!» Non era molto elegante come espressione, ma sicuramente efficace: «Muovi il culo, ragazzo!» E fai presto. Chiamai subito il generale Santovito. «Che cosa ti serve, visto che non lavori più per me?» mi chiese soddisfatto. «Hai visto che hai ancora bisogno di me, stronzo?»

Spiegai la situazione, e lui convenne che bisognava intervenire immediatamente. Dal suo telefono chiamò qualcuno ai vertici della Finanza. La mattina dopo venne nel mio ufficio un colonnello di cui non ricordo il nome, Guglielmo Farnè, forse, oppure Luigi Lamare. Sta di fatto, comunque, che l'ufficiale era perfettamente a conoscenza dell'indagine sugli ordini religiosi. «Colonnello», gli dissi, «lasciamo perdere se esistono o no gli estremi del reato per cui voi state scartabellando le carte di frati e suore. Si rende conto del ridicolo che coprirebbe l'Italia se dovesse partire una comunicazione giudiziaria contro Madre Teresa di Calcutta?»

L'ufficiale non poté che concordare con le mie valutazioni, mi rassicurò e mi chiese di comunicare in Vaticano che stessero tranquilli. Chiamai immediatamente Marcinkus, il quale tirò un sospiro di sollievo. La seconda volta ci eravamo incontrati di primo mattino per commentare l'arresto di Calvi. Entrambi avevamo appreso la notizia dal giornale radio e, come in preda a un raptus telepatico, ci eravamo immediatamente cercati.

«Flavio Carboni, detto Nano Ghiacciato»

Il 16 agosto 1981, Calvi conobbe colui che io avevo soprannominato «Nano Ghiacciato». In quel periodo, i muri erano tappezzati dei manifesti pubblicitari di un aperitivo che portava questo nome. Io trovavo che si adattasse a pennello a Flavio Carboni, che si era presentato alla porta di Villa Monasterio tenendo sotto braccio un'immensa forma di pecorino sardo. Di statura piuttosto bassa, con una parlantina velocissima ed estremamente estroverso, benché fosse un sardo a denominazione d'origine controllata, Carboni era un uomo indubbiamente intelligente. Col tempo avrebbe, però, mostrato alcuni difetti quasi letali per se stesso e per gli altri. Forse il quadro esatto della situazione è questo: i suoi problemi quotidiani lo privavano di quella serenità e pacatezza necessarie per affrontare con la necessaria freddezza gli affari di grande respiro. Sempre a caccia di denaro, oggi per pagare i debiti di ieri, e domani per ripianare la situazione di oggi, sempre nelle mani della peggiore schiatta di strozzini e usurai, mostrava una simpatia pirotecnica. Le scoppiettanti, e non richieste, affermazioni sulle importanti relazioni che affermava di coltivare non erano millanterie ma realtà: dal grande massone e politico Armandino Corona fino al deputato democristiano, oggi capogruppo alla Camera di Forza Italia, Beppe Pisanu - potentissimo ex componente della cosiddetta «Banda dei quattro», insieme con Bodrato, Salvi e Galloni, che, secondo una tesi allora molto accreditata, esercitava una forte influenza sul segretario della DC Benigno Zaccagnini -, da Ciriaco De Mita al principe Carlo Caracciolo, dal cardinale Palazzini a un giovane imprenditore milanese di belle speranze che si chiamava Silvio Berlusconi. Osservando Flavio Carboni, ascoltando le sue parole, verificando e pesando le sue affermazioni, pensavo: Roberto Calvi ha bisogno di avere nuovi amici che abbiano al loro seguito altrettanti amici, visto che l'analisi che mi aveva fatto Umbertino D'Amato al momento del suo arresto si era mostrata perfetta e pertinente. Sparito di scena Licio Gelli, rifugiatosi all'estero, il banchiere milanese era rimasto quasi «orfano» e isolato. L'astutissimo Maestro Venerabile aveva sempre gestito le sue relazioni in maniera quasi esclusivistica perché così facendo avrebbe potuto trarre il massimo interesse personale, cioè l'unica cosa che, alla fin fine, gli interessava veramente.

Carboni sapeva anche essere molto convincente. Il giorno successivo a quel primo incontro con Roberto Calvi, ci diede appuntamento nella rada colore smeraldo dell'isolotto di Budelli dove avrebbe ancorato la sua barca per fare una nuotata tutti insieme. Quando arrivammo sul posto, il nostro motoscafo sembrava un guscio di noce in confronto al super-yacht su cui Carboni la faceva da padrone insieme ai suoi ospiti di riguardo: uno dei figli di Amintore Fanfani e l'ambasciatore del Venezuela in Italia.

Nelle mani di Gelli e Ortolani

Torniamo ai giorni successivi il primo incontro tra Calvi e Carboni in Sardegna. Le lunghe ore trascorse insieme con il primo mi fecero capire com'era difficile comunicare con lui, dialogare, ricevere risposte chiare a quesiti semplici. Era un continuo gioco all'indovinello per cercare di decifrare ciò che diceva, ciò che non diceva, ciò che voleva dire, ciò cui alludeva.

Con grandissima prudenza, ogni tanto introducevo l’argomento dei suoi rapporti col duo Gelli & Ortolani per capire se si fosse veramente liberato dall'asservimento nei loro confronti. Ma era impossibile comprenderlo, impossibile stanarlo, impossibile farlo uscire dalla sua corazza. Non capivo se taceva su questo punto perché era prudente, reticente o terrorizzato.

Tentai ancora una volta di convincerlo a telefonare al professor Guido Rossi in vacanza in Sardegna. Mi rispose: «Voglio solo riposarmi. Ne riparleremo a settembre». Lo scongiurai di pensare all'eventualità di un ravvicinamento con gli «squali» - e tutti del genere Caracarodon carcarias, il più pericoloso di Mediobanca: faceva finta di non comprendere. Poiché cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, in alternativa gli suggerii d'incontrarsi con Gianni Agnelli. Tra l'altro il caso volle che il giorno in cui lasciò la Sardegna col Lear Jet che noleggiava abitualmente dalla società ginevrina Aeroleasing, l'Avvocato scendesse da un altro jet privato. Calvi biascicò qualcosa al presidente della FIAT dicendogli che avrebbero dovuto vedersi o sentirsi. Mah, almeno quel poco ero riuscito a farglielo fare o dire.

Durante tutto il periodo delle vacanze, Calvi si era assentato solo mezza giornata per un viaggio a Roma. Avevo compreso che la sua meta era il Vaticano per incontrare Paul Marcinkus. «Mi raccomando, parlagli della Vianini», lo esortai accompagnandolo all'aeroporto di Olbia. L'unica risposta che ottenni fu uno stringatissimo: «Va bene». Meglio di niente...

In realtà, si sentiva assediato. Non riusciva a comprendere l'accanimento di alcuni giornali contro di lui e contro la P2. Continuava a ripetere: «Non ho mai fatto niente di male». Molte volte lo assecondavo raccontandogli quali fossero, oltre le pubbliche virtù, i vizi privati di coloro che cianciavano di questione morale e altre amenità del genere, ululando come lupi alla luna. Per esempio, gli parlavo di quel politico grande moralizzatore che aveva come abitudine costante quella di far scivolare la mano tra le cosce del segretario, creando un grande imbarazzo tra gli uomini della scorta. Oppure di quell'altro che sbraitava contro la massoneria facendo finta di dimenticarsi di aver passato ore e ore in anticamera in attesa di essere ricevuto da Lino Salvini, quand'era Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia e il vero artefice delle fortune di Licio Gelli. In quella occasione, Calvi mi ricordò come quello stesso politico moralizzatore, che avevamo battezzato «Mano morta», non tralasciava di battere cassa con l'interlocutore che aveva di fronte. E adesso costui attaccava Calvi dalle pagine dei giornali. Davvero era senza vergogna. Quelle nostre conversazioni riuscivano a rinfrancare Calvi di quel tanto che bastava.

I gioielli del Banco vanno ad Agnelli

Era una storia davvero piena di misteri. Un altro era questo: a poco a poco tutti i pezzi del grande e prezioso mosaico facente capo al Banco Ambrosiano erano stati smantellati e ridistribuiti. Si trattava di autentici gioielli, né pochi né di scarso valore. Per esempio, la Toro Assicurazioni, quarta società nel settore; il Credito Varesino; la Banca Cattolica del Veneto; il Gruppo Rizzoli Corriere della Sera; quel pozzo editoriale di quattrini rappresentato dalla casa editrice di TV Sorrisi & Canzoni; la Ultrafin di Zurigo; una quota del 33 per cento della Interbanca di Milano; il quotidiano di Venezia Il Gazzettino; rilevanti pacchetti azionari detenuti dalla Centrale Finanziaria, insieme a molte altre attività.

Sotto l'attenta e meticolosa regia di Mediobanca e del suo «nume» storico, Enrico Cuccia, tutti questi pezzi pregiati messi insieme da Roberto Calvi erano stati fatti confluire nel Gruppo Agnelli. A prezzi stracciati. La Toro Assicurazioni fu acquisita al costo di una frazione del valore delle sole proprietà immobiliari.

Un patrimonio immenso che comprende, tanto per fare un esempio, gran parte degli edifici che circondano la centralissima piazza San Babila a Milano. A conferma dei giganteschi affari determinati da questa scomposizione, basti pensare che pochi anni dopo l'acquisizione della Toro, il Gruppo Agnelli è riuscito a recuperare quasi il 60 per cento del risibile investimento grazie alla vendita di una sola società assicurativa filiale della Toro Assicurazioni. E siccome piove sempre sul bagnato, come si suol dire, quello era esattamente il momento in cui il gruppo di Torino aveva bisogno di trovare sulla piazza una consistente compagnia assicurativa da incorporare. Infatti, a causa della forte crisi della metà degli anni '70, superata grazie ai miliardi del colonnello Gheddafi, la FIAT aveva dovuto alienare il gruppo assicurativo SAI, finito nelle mani di Salvatore Ligresti. Ovviamente, come sempre, sotto la regia di Mediobanca e di Enrico Cuccia. Ora, per il Gruppo Agnelli, era venuto il momento di tornare al business delle assicurazioni: quale occasione poteva essere più ghiotta di quella che consentiva di mettere le mani sulla Toro Assicurazioni pagando quel gioiello al costo di uno scampolo di tessuto? Un altro affare colossale è quello rappresentato dal Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera: venne liquidato per poche decine di miliardi. L'esborso del Gruppo Agnelli non copriva neppure il valore degli immobili in cui si trovavano redazioni, uffici e rotative.

Un piccolo problema era sorto a causa di Tv Sorrisi & Canzoni, il settimanale più diffuso in Italia, che era controllato separatamente dalla Rizzoli e dal Banco Ambrosiano. Si voleva incorporare quella gallina dalle uova d'oro completamente nella Rizzoli, per farla arrivare senza problemi nelle fauci del gruppo di corso Marconi a Torino. Il fatto è che quella rivista faceva gola anche a Silvio Berlusconi per ragioni di sinergia col suo impero televisivo e, in quei tempi, anche cinematografico. Tutto si risolse a favore del cavaliere di Arcore grazie a un deciso intervento di Bettino Craxi. L'avvocato Agnelli capì che il troppo stroppia. Si accontentò, si fa per dire, e lasciò perdere. Berlusconi venne accontentato dal presidente del Consiglio e concluse l'affare, pagando però la rivista a un prezzo quasi di mercato, senza sconti né agevolazioni.

Insomma, tutto ciò che nel patrimonio del vecchio Banco aveva un grande valore aveva preso la strada di Torino. Per una singolare, fortuita e del tutto casuale circostanza, l'Avvocato aveva messo le mani sui pezzi più pregiati a prezzi irrisori.

Solidarnosc, Reagan e il papa

Il 1982 era il periodo in cui i politici della Prima Repubblica ululavano come lupi alla luna, sarchiaponando sulla questione morale e sulla trasparenza, attribuendo le colpe della degenerazione italiana alla Loggia P2 che, senza dubbio, aveva ampiamente prosperato dietro le quinte del Banco Ambrosiano e delle società da esso controllate.

Il Banco aveva migliaia di piccoli azionisti, ma il controllo effettivo passava attraverso misteriose società panamensi che possedevano tra il 15 e il 20 per cento delle azioni. Nelle assemblee generali, Roberto Calvi aveva il mandato a rappresentare questa quota di controllo dell'istituto.

La stampa italiana indicava, senza prove, che le società panamensi altro non erano che schermi dietro i quali si nascondeva la loggia massonica per controllare di fatto la banca. E, quindi, Calvi altro non era, secondo queste ricostruzioni, che un burattino nelle mani della P2.

Ma allora, se le cose stavano davvero così, bisognava approfittare di quella occasione per fare chiarezza, snidare i veri proprietari di quelle famigerate e anonime società panamensi, andare a scavare nei conti delle filiali estere del Banco, per capire e per svelare quanto di marcio e inconfessabile ci fosse eventualmente da scoprire.

Ora, perché questo non avvenne?

Io non riesco a trovare risposta a questa domanda senza richiamarmi alla situazione politica internazionale del tempo e al ruolo che giocò il Vaticano. Non dimentichiamo, infatti, che tra i debitori delle banche estere dell'Ambrosiano ce n'erano anche alcuni che non gradivano assolutamente far conoscere i loro movimenti finanziari. Roberto Calvi e il suo Banco Ambrosiano, anzi la holding lussemburghese, avevano sostenuto fino alla primavera del 1982 Lech Walesa, il capo del sindacato polacco Solidarnosc, e futuro presidente della Repubblica polacca. Tutti questi «sostegni» fnanziari erano transitati attraverso le banche estere del Banco. Andare a svelare certi movimenti finanziari non avrebbe di sicuro fatto piacere né agli americani, né al Vaticano, né tanto meno agli inglesi che, sotto la guida di Margaret Thatcher, erano fedeli alleati degli Stati Uniti e di Ronald Reagan nella lotta all'«impero del male», cioè l'Unione Sovietica. È chiaro che nei tabulati dei conti, spulciati con minuzia e professionalità dagli ispettori della Touche Ross, tutti questi movimenti finanziari sarebbero stati svelati invece di restare segreti.

Ecco perché, dunque, l'intera vicenda del Banco Ambrosiano fu gestita nel modo descritto. Che importava la sovranità nazionale, la dignità del Paese, l'immagine del sistema bancario, la tutela di migliaia di cittadini, l'autonomia e il rispetto della magistratura? Visto che, per fortuna delle autorità italiane, Calvi aveva fatto partire dal Lussemburgo tutte le operazioni più delicate e politicamente più scabrose, non c'era niente di meglio che lasciare al Granducato tutta la competenza in tal senso. Se la vedessero loro, insieme agli inglesi cui avevano affidato il compito di fare luce.

Il lettore mi concederà di ritornare a un evento che è stato finora solo accennato nei capitoli relativi alle vicende di Calvi e del Banco Ambrosiano. I cronisti (non oso definirli storici) dei recenti fatti d'Italia lo considerano rilevante, se non fondamentale, per i destini del nostro Paese. Io posso solo dire che è a partire da quell'avvenimento, in cui non ebbi parte alcuna, che ebbero inizio i miei guai.

Dunque, alle nove del mattino del 17 marzo 1981, alcuni uomini della Guardia di Finanza, al comando del colonnello Vincenzo Bianchi, esibendo un mandato di perquisizione firmato dal magistrato milanese Gherardo Colombo, si presentarono ad Arezzo presso l'abitazione del commendator Licio Gelli. Il magistrato milanese aveva dato quell'ordine in seguito a una serie di elementi emersi durante l'indagine sul banchiere Michele Sindona, le cui attività erano andate a rotoli nel 1974. La perquisizione presso la società Gio.Le., un'azienda di Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi, diede ottimi risultati: tra la documentazione sequestrata saltò fuori una lista di 972 nomi, con relative schede personali. Si trattava degli appartenenti alla loggia massonica «Propaganda Due», più nota come P2. A partire da quella lista e da quella data sarebbe cominciata una vera e propria «manfrina» - non riesco a trovare definizione migliore -, che a poco a poco sarebbe lievitata sino ad assumere le forme di un gigantesco soufflé, scatenando uno dei più grandi scandali - si fa per dire, vista l'entità e le proporzioni di altri futuri eventi - della Repubblica italiana. Per investigare e smascherare quella congrega di nomi non sarebbero bastati fiumi, ma oceani d'inchiostro. Una commissione parlamentare d'inchiesta fu istituita a tempo di record, sotto la presidenza dell'onorevole Tina Anselmi della Democrazia cristiana. Tra fantasie e dietrologie più sfrenate, pochi fatti reali e parecchio millantato credito, il commendator Licio Gelli, Maestro Venerabile della P2, e i suoi adepti furono descritti come corruttori, stragisti, eversori dell'ordine democratico, collusi con la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, agenti della CIA, riciclatori di denaro sporco e autori di tanti altri misfatti ancora che è difficile riuscire a ricordarli a memoria.

La commissione parlamentare stabili, inoltre, che l'organizzazione di Gelli era supersegreta e perciò sconosciuta ai cosiddetti «genuini democratici», che ovviamente Gelli aborriva e teneva lontani da sé. In questo modo la classe politica italiana, salvo un gruppetto di sfigati che furono additati al pubblico ludibrio, provvide alla propria assoluzione.

In effetti, la P2 era talmente supersegreta che Gelli si «nascondeva» in un luogo inaccessibile e clandestino come l'Hotel Excelsior di via Veneto a Roma. E la presenza del Maestro Venerabile era talmente occulta e le sue frequentazioni talmente rare che, a volte, occorreva qualche vigile urbano per regolare il traffico della folla che faceva la fila per essere ricevuta da lui.

«Gelli vale 500 milioni di dollari liquidi»

Roberto Calvi, che ben conosceva Gelli, un giorno, in uno dei suoi rarissimi momenti di chiarezza, lasciando da parte il suo consueto linguaggio criptico, mi disse: «Il commendatore vale 500 milioni di dollari liquidi». Più, ovviamente, qualche casetta e qualche piccolo orticello sparsi qua e là per il mondo. Si era nel 1981. Quel denaro di allora oggi avrebbe un valore equivalente ad almeno 1500 miliardi di lire. Com'era riuscito Gelli a mettere da parte un gruzzolo simile, visto che non aveva né industrie né altre attività imprenditoriali di alcun genere? Non vi è altra risposta che questa: Gelli, attraverso la sua loggia, non era altro che il mediatore, il punto di raccordo di un sistema consociativo composto di partiti e uomini politici che sulla carta erano avversari e nemici, ma che in realtà andavano a braccetto, diritti e uniti alla meta. L'oggetto di questo grande embrassons nous era rappresentato da contratti pubblici e privati, appalti, commesse miliardarie in giro per il mondo, commercio estero, contributi pubblici, cooperazioni, sovvenzioni, finanziamenti, insomma tutto ciò che riguardava boiardi di Stato, mediatori, brasseurs d'affaires, portaborse, al centro e alla periferia di quel sottobosco decisionale in cui venivano spartiti il potere e la torta prodotta dallo Stato italiano. Il tutto, naturalmente, accompagnato dal consueto, vorticoso giro di mazzette, tangenti e prebende che viaggiavano su e giù per la penisola.

Gelli, incaricato di regolare e curare questo viavai, tratteneva per sé una giusta mercede. A volte esagerava un po': ma, d'altronde, chi aveva il coraggio o la faccia tosta di protestare e di ribellarsi? Il Maestro Venerabile si occupava di una materia delicata, fastidiosa e «sporca» di cui nessun politico voleva o poteva occuparsi in prima persona. Se il boiardo X non andava d'accordo col politico Y, nuovo arrivato nel ministero Z, non c'era che una soluzione: veniva spedito all'Hotel Excelsior e Gelli gli forniva le spiegazioni del caso, cioè, come si dice a Roma, gli faceva «la spiega». Il tutto col contorno di grembiulini, spade sulle spalle, cazzuole e compassi, architetti dell'universo e riti più o meno esoterici. Insomma, in termini anglosassoni, Gelli era un regulator, un «regolatore».

Scomparso di scena Gelli, ma solo apparentemente, il mondo politico italiano si accorse (Tangentopoli docet) che era molto meno dispendioso mettersi d'accordo direttamente, senza dover ricorrere all'intermediazione costosa e vincolante di un simile regulator.

Le imitazioni di Alighiero Noschese

Per avere un'idea di che cosa fosse in realtà la Loggia P2, si pensi al fatto che tra i suoi adepti c'era anche un personaggio di rilievo dello spettacolo dell'epoca: Alighiero Noschese, in grado d'imitare alla perfezione la voce di qualsiasi politico di quegli anni, da Andreotti a Moro, da Berlinguer a Fanfani. Gelli usava la seguente tattica nelle occasioni in cui voleva abbagliare e stupire il suo interlocutore del momento: lo invitava nel suo studio e gli faceva vedere quale tipo di familiarità e di confidenza lui avesse col potente di turno, oggetto della richiesta o della questua del momento. Il commendatore formava il numero di telefono, pronunciava il nome del politico, dall'altra parte del filo Noschese capiva al volo, preparava la voce e si faceva passare l'ospite del Maestro Venerabile. L'imitatore restava un bel po' ad ascoltare, e alla fine assicurava il suo personale interessamento in virtù dell'amicizia che lo legava a Gelli. Di fronte a una simile esibizione di potere, all'interlocutore non restava altro che mettersi il grembiulino e il cappuccio, compilare il modulo d'iscrizione e versare le centomila lire facendosi rifilare la tessera da massone.



Pubblicato Ottobre 24, 2003 01:42 AM

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Misteri Parmalat = Mistero Calvi?
by di Fabio Tamburini Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:11 PM mail:  

Lussemburgo e ipotesi di riciclaggio, stretti legami con la politica, P2 e Vaticano, Sud America e Nicaragua, back to back e capitali misteriosi, società off-shore di ieri e di oggi: le inchieste sul crollo clamoroso della Parmalat stanno rivelando analogie con il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Semplici coincidenze? Oppure il re del latte, ben conosciuto per la profonda fede cattolica, e il banchiere alla guida di quella che era definita "la banca dei preti" hanno percorso pezzi degli stessi percorsi, sia pure a distanza di una ventina d'anni. Certo la sensazione che il fallimento di Parmalat non sia soltanto un caso di Caporetto industriale e finanziaria è forte e acquista peso ogni giorno che passa perché si stanno delineando circostanze inquietanti. A partire dalla difficoltà di rispondere ad una domanda molto semplice: come è possibile che il gruppo abbia accumulato perdite così gigantesche? Ecco perché, ormai da un paio di settimane, l'attenzione è rivolta a verificare se c'è dell'altro.

E ogni segnale viene vagliato con estrema attenzione sia da chi sta seguendo le vicende Parmalat al massimo livello investigativo sia dalla task force dell'americana Sec, arrivata in Italia il 1 gennaio scorso. In più contribuiscono ad alimentare i sospetti la ricostruzione delle ultime mosse di Calisto Tanzi prima dell'arresto e capitali misteriosi che risultano dalle dichiarazioni rese ai magistrati dallo stesso imprenditore.
Vicende che ricordano alla memoria proprio il crack dell'Ambrosiano. Perchè Tanzi è volato in Svizzera e in Ecuador facendo tappa in Portogallo? E perché ha accreditato con il Sanpaolo Imi e negli interrogatori la possibilità che un imprenditore, Luigi Manieri, rilevasse asset del gruppo per 3,7 miliardi di euro all'inizio del dicembre scorso? Manieri smentisce seccamente i verbali di Tanzi ma, almeno per il momento, il giallo rimane.
Così come, vent'anni dopo, rimangono oscuri i veri motivi che spiegano il viaggio a Londra di Calvi. Il banchiere, dopo l'ultima cena a cui parteciparono Florio Fiorini, ex direttore finanziario dell'Eni nonché fondatore della Sasea, rilevata dal Credito svizzero e dal Vaticano, e Karl Kahane, l'uomo d'affari austriaco con interessi in mille faccende, passò gli ultimi giorni della sua vita nella capitale inglese. Con ogni probabilità, anche se non risultano conferme, cercava capitali di soccorso, stava tentando di organizzare investimenti significativi che sarebbero serviti a scongiurare, sia pure all'ultimo minuto, il crollo del gruppo. Il faccendiere Francesco Pazienza, tramite tra Calvi e l'allora capo del Sismi, Giuseppe Santovito, è arrivato ad evocare interventi dell'Opus Dei ma, in proposito, non esiste alcun riscontro.
Suscita curiosità la partecipazione di Calisto Tanzi al capitale di una finanziaria lanciata da Fiorini all'inizio degli anni Ottanta, la Sidit, Società italo-danubiana d'investimenti e trading, di cui era azionista anche l'austriaco Kahane. Proprio Sidit, come hanno scritto le cronache finanziare dell'anno 1983, doveva essere il veicolo del tentativo di salvataggio dell'Ambrosiano, di cui Fiorini è stato l'artefice. E sempre Tanzi ha rilevato dal patron di Sasea una società decotta, Odeon tv, con il carico di deficit per 90 miliardi di lire che ha rappresentato uno dei primi buchi, coperto ricorrendo a falsificazioni di bilancio.
Erano tempi in cui la triangolazione imprese, affari e politica generava rapporti perversi. Calvi, banchiere cattolico per definizione, finanziava massicciamente Pci e Psi. Tanzi, anche se non risultano prove di tangenti, ha sempre seguito passo dopo passo le campagne elettorali della Democrazia Cristiana e della opposizione. Ben conosciuti sono gli stretti legami con l'allora segretario della Dc, Ciriaco De Mita, che festeggiò nomine al vertice del potere brindando a casa di Tanzi, la cui Parmalat ha costruito una presenza industriale importante proprio nel feudo demitiano di Nusco, in provincia di Avellino.
L'elicottero dell'imprenditore era sempre disponibile per trasportare esponenti di spicco del mondo vaticano, tra cui monsignor Agostino Casaroli, in passato segretario di Stato. E Calvi aveva come partner privilegiato lo Ior, guidato da un altro monsignore influente: Paul Marcinkus, crocevia dei sospetti su una lunga serie di attività dell'Ambrosiano. Lo strumento, fin da allora, erano operazioni back to back, sospettate di coprire finanziamenti allo lor. Back to back che risultano ricorrenti, su altri versanti, tra società Parmalat. Il network di Tanzi spaziava dal Lussemburgo, sede della finanziaria capofila delle partecipazioni estere dell'Ambrosiano, utilizzata da Calvi per controllare il gruppo, al Centro e Sud America.
Nel primo caso il regno di Calvi era il Nicaragua, dove il gruppo controllava una delle maggiori banche del Paese e dove Parmalat stava considerando l'acquisto di due istituti. Per quanto riguarda il Sud America, invece, il ricordo del Banco Andino, in Perù, formidabile generatore di transazioni irregolari per conto di Calvi, è ancora ben presente, mentre Tanzi ha roccaforti in Brasile, Venezuela, Argentina, Ecuador, laboratori di operazioni sospette.
Ultime analogie: i rapporti con Giuseppe Ciarrapico e i revisori della Touche Ross, poi Deloitte Touche. Ciarrapico è stato processato per concorso in bancarotta fraudolenta nel crack dell'Ambrosiano. Tanzi ha accusato il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, di avergli fatto acquistare la società di acque minerali Ciappazzi, controllata da Ciarrapico, ad un prezzo di gran lunga superiore al valore reale. Touche Ross, secondo Pazienza, è la società di revisione che nella sede londinese ha custodito un rapporto rimasto segreto sulle società estere dell'Ambrosiano. Deloitte Touche è una delle due società di revisione della Parmalat.

Pubblicato Gennaio 25, 2004 02:15 AM | TrackBack

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Bilderberg: lista dei partecipanti 2004 a Stresa (Italia)
by marchese sade Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:13 PM mail:  

* Il nostro nuovo Ministro del Tesoro trovasi tra gli invitati sotto la lettera S

STRETTAMENTE CONFIDENZIALE
Honorary Chairman - Davignon, Etienne
Vice-Chairman, Suez-Tractebel
Honorary Secretary General - Taylor, Martin
International Adviser, Goldman Sachs International

N - Auser, Svein - CEO, DnB NOR ASA
D - Ackermann, Josef - Chairman, Group Executive Committee, Deutsche Bank AG
I - Ambrosetti, Alfredo - Chairman, Abbrosetti Group
TR - Babacan, Ali - Minister of Economic Affairs
P - Balsemao, Francisco Pinto - Chairman and CEO, IMPRESA, SGPS, Former Prime Minister
ISR - Barnavie, Elie - Department of General History, Tel-Aviv University
I - Benedetti, Rodolfo De - CEO, CIR
I - Bernabe, Franco - Vice Chairman, Rothschild Europe
F - Beytout, Nicolas - Editor In Chief, Les Echos
INT - Bolkestein, Frits - Commissioner for the Internal Market, European Commission, former leader of Dutch right wing Liberal Party VVD.
USA - Boot, Max - Neoconservative, Council on foreign Relations, Features Editor, Wall Street Journal
CH - Borel, Daniel - Chairman, Logitech International S.A.
I - Bortoli, Ferrucio de - CEO, RCS Libri
S - Brock, Gunnar - CEO, Atlas Copco AB
GB - Browne, John - Group Chief Executive, BP plc
NL - Burgmans, Antony - Chairman, Unilever NV
F - Camus, Phillipe - CEO, European Aeronautic Defence and Space NV
I - Caracciolo, Lucio - Director, Limes Geopolitical Review
F - Castries, Henri de - Chairman, AXA Insurance
E - Cebrian, Juan Luis - CEO, PRISA (Spanish language media company), former Chairman, International Press Institute
TR - Cemal, Hasan - Senior Columnist, Milliyet Newspaper
GB - Clarke, Kenneth - Member of Parliament (Con.), Deputy Chairman, British American Tobacco
USA - Collins, Timothy C - MD and CEO, Ripplewood Holdings LLC, Yale School of Management, Trilateral Commission
USA - Corzine, Jon S. - Senator (D, New Jersey), Chairman and CEO, Goldman Sachs
CH - Couchepin, Pascal - Former Swiss President, Head of Home affairs Dept.
GR - David, George A. - Chairman, Coca-Cola Hellenic Bottling Company SA
B - Dehaene, Jean-Luc - Former Prime Minister, Mayor of Vilvoorde
TR - Dervis, Kemal - Member of Parliament, former senior World bank official
GR - Diamantopoulou, Anna - Member of Parliament, former European Commissioner for Social Affairs
USA - Donilon, Thomas L - Vice-President, Fannie Mae, Council on Foreign Relations
I - Draghi, Mario - Vice Chairman and Managing Director, Goldman Sachs
USA - Edwards, John - Senator (D. North Carolina), Democratic Presidential Candidate
DK - Eldrup, Anders - Chairman, DONG gas company (becoming privatised) A/S
DK - Federspiel, Ulrik - Ambassador to the USA
USA - Feith, Douglas J. - Undersecretary for Policy, Department of Defense
I - Galateri, Gabriele - Chairman, Mediobanca
USA - Gates, Melinda F. - Co-Founder, Gates Foundation, wife of Bill Gates
USA - Geithner, Timothy F. - President, Federal Reserve Bank of New York
I - Giavazzi, Francesco - Professor of Economics, Bocconi University; adviser, world bank and European Central bank
IRL - Gleeson, Dermot - Chairman Allied Irish Bank Group (currently being investigated for personal and corporate tax evasion)
USA - Graham, Donald E. - Chairman and CEO, Washington Post Company
USA - Haas, Richard N. - President, Council on Foreign Relations, former Director of Policy and Planning staff, State Department
NL - Halberstadt, Victor - Professor of Economics, Leiden University
B - Hansen, Jean-Pierre - Chairman, Suez Tractabel SA
S - Heikensten, Lars - Governor, Swedish Central Bank
USA - Holbrooke, Richard C - Vice Chairman, Perseus, former Director, Council on Foreign Relations, former Assistant Secretary of State
USA - Hubbard, Allen B - President E&A Industries
USA - Issacson, Walter - President and CEO, Aspen Institute
USA - Janow, Merit L. - Professor, International Economic Law and International Affairs, Columbia University, member of apellate body, WTO
USA - Jordan, Vernon E. Senior Managing Director, Lazard Freres & Co LLC
USA - Kagan, Robert - Senior Associate, Carnegie Endowment for International Peace
GB - Kerr, John - Director, Shell, Rio Tinto and Scottish American Investment Trust, former secretary of European Constitution Commission
USA - Kissinger Henry A. - Chairman, Kissinger Associates Inc.
TR - Koc, Mustafa V. - Chairman, Koc Holdings AS
NL - Koenders, Bert (AG) - Member of Parliament, president, Parliamentary Network of the World Bank
USA - Kovner, Bruce - Chairman Caxton Associates LLC, Chairman, American Enterprise Institute
USA - Kravis, Henry R. - Founding Partner, Kohlberg Kravis Roberts & Co., acquisitions financier
USA - Kravis, Marie Josee - Senoir Fellow, Hudson Institute Inc.
FIN - Lehtomaki, Paula - Minister of Foreigh Trade and Development
FIN - Lipponen, Paavo - Speaker of Parliament
CHN - Long, Yongtu - Secretary General, Boao forum for Asia
P - Lopes, Pedro M. Santana - Mayor of Lisbon
USA - Luti, William J. - Deputy Under Secretary of Defense for Near Eastern and South Asian Affairs
CDN - Lynch, Kevin G. - Deputy Minister, Department of Finance
USA - Mathews, Jessica T. - President, Carnegie Endowment for International War Peace
USA - McDonough, William J. - Cahirman and CEO, Public Company Accounting Oversight Board, former president, Federal Reserve Bank of New York
CDN - McKenna, Frank - Counsel, McInnes Cooper, former premier of New Brunswick
I - Merlini, Cesare - Executive Vice Chairman, Council for the United States and Italy, Council on Foreign Relations, former director, Italian Institute for International Affairs
F - Montbrial, Thierry de - President, French Institute of International Relations
INT - Monti, Mario - Competition/Antitrust Commissioner, European Commission
USA - Mundie, Craig J. - Chief Technical Officer, Advanced Strategies and Policies, Microsoft Corporation
N - Myklebust, Egil - Chairman, Scandinavian Airline System (SAS)
D - Naas, Matthias - Deputy Editor, Die Zeit
NL - Netherlands, Beatrix HM Queen of The - Lady Shell, nuff said
GB - Neville-Jones, Pauline - Chairman, QuinetiQ (UK privatised military research/services company), governor of the BBC, Chairman Information Assurance Advisory Council, formar Chairman Joint Intelligence Committee, former Managing Director NatWest Markets
USA - Nooyi, Indra K. - President and CEO, PepsiCo Inc.
PL - Olechowski, Andrzej - Leader, Civic Platform
FIN - Ollila, Jorma - Chairman, Nokia Corporation
INT - Padoa-Schioppa, Tommaso - Director, European Central Bank
CY - Pantelides, Leonidas - Ambassoador to Greece
I - Passera, Corrado - CEO, Banca Intesa SpA
USA - Perle, Richard N. - Resident Fellow, American Enterprise Institute for Public Policy Research, former Likud policy adviser, former chair Defence Policy Board, former co-chairman, Hollinger Digital
B - Phillipe, HRH Prince
USA - Reed, Ralph E. - President, Century Strategies
CDN - Reisman, Heather - President and CEO, Indigo Books and Music Inc.
I - Riotta, Gianni - Editorialist, Corriere della Serra
USA - Rockefeller, David - Member JP Morgan International Council, Chairman, Council of the Americas
E - Riodriguez Inearte, Matias - Vice Chairman, Grupo Santander
USA - Ross, Dennis B - Director, The Washington Institute for Near East Policy
D - Sandschneider, Eberhard - Director, Research Institute, German Society for Foreign Policy
I - Scaroni, Paolo - CEO, Enel SpA
D - Schilly, Otto - Minister of the Interior
USA - Schnabel, Rockwell A. - Ambassador to the EU
A - Scholten, Rudolf - Director, Oesterreichische Kontrollbank AG
D - Schrempp, Jurgen E. - Chairman, DaimlerChrysler AG
E - Serra Rexach, Eduardo - Head, Real Institute Elcano
RUS - Shevtsova, Lilia - Senior Associate. Carnegie Endowment for International Peace
PL - Sikora, Slawomir - President and CEO, Citibank Handlowy
I - Siniscalo, Domenico - Director General Ministry of the Economy
P - Socrates, Jose - Member of Parliament
USA - Strmecki, Marin J. - Smith Richardson Foundation
B - Struye de Swielande, Dominique - Permanant repressentative of Belguim, NATO
IRL - Sutherland, Peter D. - Chairman, Goldman Sachs International, Chairman, BP plc
USA - Thornton, John L. - Chairman, Brookings Institution, Professor, Tsinghua University
I - Tremonti, Giulio - Minister of Economy and Finance
INT - Trichet, Jean-Claude - President, European Central Bank
I - Tronchetti Provera, Marco - Chairman and CEO, Pirelli SpA
N - Underdal, Arild - Rector, University of Oslo
CH - Vasella, Daniel L. - Chairman and CEO, Novartis AG
NL - Veer, Jeroen van der - Chairman, Committee of Managing Directors, Royal Dutch/Shell
GB - Verwaayen, Ben J. M. - CEO, British Telecom; former director, Lucent Technologies
I - Visco, Ignazio - Foriegn Affairs Manager, Banca D'Italia
INT - Vitorino, Antonio M. - Justice and Home Affairs Commissioner, European Union
INT - Vries, Gijs M. de - EU Counter Terrorism Co-ordinator
S - Wallenberg, Jacob - Chairman, SEB investments (including biotech); Chairman, W Capital Management AB
D - Weber, Jurgen - Chairman of the Supervisory Board, Deutche Lufthansa AG
GB/USA - Weinberg, Peter - CEO, Goldman Sachs International
NL - Wijers, Hans - Chairman, AkzoNobel NV
D - Wissmann, Matthias - Member of Parliament
GB - Wolf, Martin H. - Associate Editor/Economic Commentator, The Financial Times
INT/USA - Wolfenson, James D. - President, The World Bank
RUS - Yavlinsky, Grigory A. - Member of Parliament
USA - Yergin, Daniel - Chairman, Cambridge Energy Research Associates
D - Zumwinkel, Klaus - Chairman, Deutche Post Worldnet AG; Chairman, Deutche Telekom Rapporteurs
GB - Rachman, Gideon - Brussels Correspondent, The Economist
GB - Wooldridge, Adrian D. - Foreign Correspondant, The Economist

Sommario per nazione
Austria 1
Belgio 4
Canada 3
Svizzera 3
Cina 1
Cipro 1
Germania 8
Danimarca 2
Spagna 3
Francia 4
Finlandia 3
Gran Bretagna 9
Grecia 2
Italia 16
Internazionale 7
Irlanda 2
Israele 1
Norvegia 3
Olanda 6
Portogallo 3
Polonia 2
Russia 2
Svezia 3
Turchia 4
USA 33
Total 126


Pubblicato Luglio 17, 2004 11:17 PM | TrackBack

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Avvenimenti Italiani - Bibliografia
by ????? Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:15 PM mail:  

Vaticano
Assassinati in Vaticano, 4 maggio 1998. Dalla ragion di Stato alla Giustizia negata, Luc Brossolet, Jacques Vergès


In nome di Dio, David Yallop


Via col vento in Vaticano I Millenari


Agca Ali - La mia verita'


Labo Sebastian - L'attentato al Papa nella luce di Fatima


Sterling Claire - Anatomia di un attentato


Palermo Carlo - Il Papa nel mirino


R. A. Graham, Il Vaticano e lo spionaggio,


G.Nicolini Trentatré giorni: un pontificato


C. Falconi, La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia


D. Settembrini, La Chiesa e la politica interna italiana


Chelini J Il Vaticano al tempo di Giovanni Paolo II, Rizzoli

Silvio Berlusconi
Mi consenta. Come Silvio Berlusconi ha conquistato il consenso degli italiani, MI:Scheiwiller 2002


Claudio Fracassi e Michele Gambino Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi


Pino Corrias-Massimo Gramellini-Curzio Maltese, Colpo grosso


Giuseppe Fiori, Il venditore, MI:Garzanti


Peter Gomez, Il capogruppo e i beni della mafia, quaderno supplemento a Micromega 2001


Mario Guarino, La vita segreta di lady Berlusconi


Mario Guarino, Fratello P2 1816, l'epopea piduista di BS


Paolo Madron Le gesta del Cavaliere


Federico Orlando, Il sabato andavamo ad Arcore,


Giampaolo Pansa, Comprati e venduti


Giovanni Ruggeri, Gli affari del Presidente


Giovanni Ruggeri - Marco Guarino, Inchiesta sul signor Tv


Leo Sisti - Peter Gomez, L'Intoccabile. Berlusconi e Cosa nostra


Elio Veltri - Marco Travaglio, L'odore dei soldi


Giglioli Alessandro I misteri di Forza Italia

Strategia della tensione
Flamini G., Il partito del golpe. La strategía della tensione e del terrore dal primo centrosinistra al sequestro Moro


Lupetti & Manni, Luci sulle stragi, per la comprensione dell'eversione e del terrorismo


Le stragi del SID. I generali sotto accusa di R. Pesenti


Il terrorismo e le sue maschere, Pendragon- 1996


C. Mosca - Catanzaro. Processo al Sid editori Riuniti

Il caso Seveso
Laura Conti dalla Resistenza, all’ambientalismo, al caso ccors”,


Visto da ccors. L’evento straordinario e l’ordinaria amministrazione” Feltrinelli

I morti di Reggio Emila
Luglio 1960, Tambroni e la repressione fallita

La tragedia del Vajont
Ascari O. Una arringa per Longarone, Editore Castaldi


Canestrini F, Vajont: genocidio di poveri, Cultura


De Nardi A. Il bacino del Vajont e la frana del monte Toc, Istituto Geografico Militare


Merlin T. Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe - Il caso del Vajont


Zanfron B, Vajont. 9 ottobre 1963. Cronaca di una catastrofe,

Prima Repubblica
Braun Michael, l’Italia da Andreotti a Berlusconi


De Bernardi.A e Luigi ccorser, Storia d’Italia 1960-1995


Ginsborg Paul, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi


Isnenghi Mario, L’Italia in piazza


Scoppola Pietro, La repubblica dei partiti,


G. Mammarella, L’Italia dopo il fascismo 1948-1968


G. Galli, La sinistra italiana nel dopoguerra


Bocca, Giorgio: Storia della Repubblica Italiana


I poteri occulti della repubblica. Mafia, camorra, P2, stragi impunite, Marsilio


Aurelio Lepre Storia della prima Repubblica- dal 1942 al 1994

Ilaria Alpi
Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici, Barbara Carazzolo, Alberto Chiara, Luciano Scalettari


L’esecuzione. Inchiesta sull’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Giorgio Alpi, Luciana Alpi, Mariangela Gritta Granire, Maurizio Torrealta

Aldo Moro e BR
“Il mio sangue ricadrà su di loro”. Gli scritti di Aldo Moro prigioniero delle Br, Sergio Flamighi


7 aprile, il processo e la storia., Giovanni Palombarini


Agenten, Terror, Staatskomplott: der Mord an Aldo Moro, Rote Brigaden, und CIA, Gerhard Feldbauer


Aldo Moro: il martirio di un uomo, una tragedia che continua: da via Fani al dibattito parlamentare, Eugenio Marcucci, Gustavo Selva


Armi e bagagli. Un diario dalle Brigate Rosse


Br. Imputazione: banda armata, Vincenzo Tessandori


Brigate rosse – Stato: lo scontro spettacolo nella regia della stampa quotidiana, Alessandro Silj


Brigate Rosse. Una storia italiana, Carla Mosca, Rossanda Rossana


Champagne molotov: un racconto, documento di terrorismo, nomi falsi, episodi parziali e date appross, Gianni Cocconi


Convergenze parallele. Le Brigate Rosse, i servizi segreti e il delitto Moro, Sergio Flamighi


Di sconfitta in sconfitta. Considerazioni sull’esperienza brigatista alla luce di una critica del rito del capro espiatorio, Vincenzo Guagliardo


Diario di una giurata popolare al processo delle Brigate rosse, Adelaide Aglietta


Gli intellettuali e il caso Moro, Giampiero Mughini


Ho fatto di tutto per salvare Moro, Vittorio Cervone


I giorni dell’ira. Il caso Moro senza censure, Robert Katz


Il covo di Stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro, Sergio Flamighi


Il delitto infinito. Ultime notizie sul sequestro Moro, Silvio Bonfigli, Jacopo Sce


Il delitto Moro. Strategie di un assassinio politico, Francesco M. Biscione


Il mandarino è marcio: terrorismo e cospirazione nel caso Moro, Maurizio De Luca, Mimmo Scarano


Il martirio di Aldo Moro. Cronaca e commenti sui 55 giorni più difficili della Repubblica., Eugenio Marcucci, Gustavo Selva


Il memoriale di A. Moro rinvenuto in Via Monte Nevoso, Francesco M. Biscione


Il misterioso intermediario. Igor Markevic e il caso Moro, AA.VV.


Il prigioniero, Anna ccorsero, Paola Tavella


Indagine su un brigatista rosso: la storia di Walter Alasia, Giorgio Manzini


Io, un ex brigatista, Gianluca Codrini


L’affaire Moro, Leonardo Sciascia


La condanna di Aldo Moro, Giannino Guiso


La tela del ragno. Il delitto Moro, Sergio Flamighi


Le carte di Moro, perché Tobagi., Roberto Arlati, Renzo Magosso


Mara Cagol: una donna nelle prime Brigate rosse, Piero Agostani


I. Faré. F. Spirito. Mara e le altre, Milano


Mi dichiaro prigioniero politico. Storia delle Brigate Rosse, Giovanni Bianconi


Moro, i giorni del tormento, Adelio Bartolucci, Gian Paolo Cresci, Paolo Pinto


Moro, una tragedia italiana, Giorgio Bocca


Odissea nel caso Moro, Vladimiro Satta


Tornate a essere uomini!: risposte di ex terroristi, Adolfo Bachelet


Una primavera rosso sangue, Nicola Biondo


L. Accorsero, Nel cerchio della prigione


Chiaia , Il proletariato non si è pentito, Ed. Maj, Milano 1984.


A. Franceschini – Samueli, La borsa del presidente


A. Franceschini, Mara Renato ed io: storia dei fondatori delle B.R


Bonfigli, S. – Sce J. Il delitto infinito. Ultime notizie sul sequestro Moro, Kaos


G. Bocca Noi terroristi, dodici anni di lotta armata ricostruiti e discussi con i protagonisti


L. Sciascia, Todo modo


L. D’Eramo, Nucleo zero


V. Morucci, A guerra finita, Ed. Manifesto libri


M. Galleni Rapporto sul terrorismo: le stragi, gli agguati, i sequestri, le sigle (1969_1980)


R. Curcio, A viso aperto: vita e memorie del fondatore delle B.R.,


Le Brigate rosse : da Moretti alla Lioce. Fasella e Franceschini

Il sessantotto
Le lotte universitarie a Bologna, Tassinari AA.VV


Capanna Mario, Movimento Studentesco, crescita politica e azione rivoluzionaria


Contro la scuola di classe, a cura di “Il Potere operaio” di Pisa


La scuola e gli studenti, a cura di Potere Operaio


Libro bianco dell’Università Cattolica di Milano, Ed. Relazioni Sociali


Bellasi P. Rivolta studentesca e campus universitari


Bergmann Uwe, La ribellione degli studenti, Feltrinelli


Bimbi Guido, Secchi Luciano, Viareggio dopo Avola. La grande menzogna


Boato Marco . Contro la Chiesa di classe


Cacciari Massimo Ciclo capitalistico e lotte operaie. Montedison, Pirelli, Fiat


Catalano Franco, I movimenti studenteschi e la scuola in Italia


Cesareo Giorgio, I giorni del dissenso


Chiarante Giuseppe, La rivolta degli studenti, Editori Riuniti


I lavoratori studenti, testimonianze raccolte a Torino, introduzione di Vittorio Foa


Luperini Romano, Il PCI e il movimento studentesco


Oliva Carlo-Rendi Aloisio Il movimento studentesco e le sue lotte


Rossanda Rossana, L’anno degli studenti


Scalzone Oreste Studenti, partiti ed elezioni politiche, Libreria Feltrinelli


Spisani Franco Logica della contestazione


Agosti Aldo Passerini Luisa Tranfaglia Nicola . La cultura e i luoghi del ‘68


ccorsero Nanni, Moroni Primo, L’orda d’oro 1968-77


Berardi Franco (Bifo), La nefasta utopia di Potere operaio


Bertinotti Fausto con Alfonso Gianni, Pensare il 68


Boato Marco, Il Sessantotto è morto, viva il Sessantotto


Capanna Mario, Formidabili quegli anni


Capanna Mario Lettera a mio figlio sul Sessantotto


Morbidelli Mauro, Rosso di lusso. I primi anni della contestazione nel Liceo Mamiani


Libertini Lucio, La generazione del ‘68


M. Brambilla, Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto


Camilla Cederna, Sparare a vista,


L. Bobbio-F. Ciafaloni-P. Ortoleva-R. Rossanda-R. Solmi, Cinque lezioni sul ‘68


F. Ottaviano, La rivoluzione nel labirinto: sinistra e sinistrismo dal 56 agli anni 80


La cultura e i luoghi del ’68, a cura di A. Agosti, L. Passerini e N. Tranfaglia,


Bobbio, L., Storia di Lotta continua, Feltrinelli


A. Ronchey, Accadde in Italia 1968-1977

Piazza Fontana
La strage Piazza Fontana. Verità e memoria, Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese


Piazza Fontana – La verità su una strage, Fabrizio Calvi, Frédéric Laurent


M. Fini, A. Barberi Valpreda, processo al processo


Storie di intrighi e di processi. Dalla strage di Piazza Fontana al caso Sofri., Aldo Giannuli, Nicola Schiavulli

La strage di Brescia
R. Chiarini, P. Corsini, La città ferita: testimonianze, documenti sulla strage di piazza della Loggia, Brescia


P. Corsini, L. Novati, , L’eversione nera: cronache di un decennio, 1974_1984, Atti del Convegno di Brescia,


Marchi V., La morte in piazza. Venti anni dì indagini, processi ed ccorserone sulla strage di Brescia


Chiarini e Corsini Da Salò a piazza della Loggia

Portella della Ginestra
“Fra’ Diavolo” e il governo nero. “Doppio stato” e stragi nella Sicilia del dopoguerra, Giuseppe Casarrubea


La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l’emarginazione delle sinistre, Umberto Santino


Portella della Ginestra. La strage che ha cambiato la storia d’Italia, Angelo La Bella, Rosa Mecarolo


Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, Giuseppe Casarrubea


Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, Giuseppe Casarrubea


Il caso Cassarubea- processo alla storia


1947-1977. Portella della Ginestra: una strage per il centrismo. 1977 Centro.Impastato

Mauro De Mauro
Nell’ingranaggio. La scomparsa di Mauro De Mauro, Massimiliano Griner

Lotte contadine
S. Tarrow, Partito comunista e contadini nel Mezzogiorno


P. Cinanni, Lotte per la terra e comunisti in Calabria


L. Ferrari Bravo e A. Serafini, Stato e sottosviluppo. Il caso del Mezzogiorno italiano

Lotte operaie
Luigi ccorser, Movimento operaio e sindacati in Italia 1945-1 980:


Asor Rosa A. Dieci tesi sulle lotte sociali del 1968 – 1969, in “Economia e lavoro”


Liliana Lanzardo, Personalità operaia e coscienza di classe


Marco Revelli, Lavorare in Fiat, Milano


ccorse R. Lotte operaie nello sviluppo capitalistico


Sclavi M. Lotta di classe e organizzazione operaia. Pirelli Bicocca Milano (68-69),


ccorsero D. Il giorno più lungo. La rivolta di Corso Traiano. Torino 3 luglio 1969


D’Agostini F. La condizione operaia e i consigli di fabbrica


Vittorio Foa, Sindacati e lotte operaie 1943-1973


Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia


ccorsero- Carmignani, I paradossi della disoccupazione, 1986


Bolchini, La Pirelli, operai e padroni,

Adriano Sofri
Adriano Sofri, Memoria


Adriano Sofri, Il futuro anteriore


Adriano Sofri, II passato remoto, Stampa Alternativa


La sentenza del processo Calabresi, A cura di Giorgio Galli


Barberi, A., Sindona. Un destino segnato


Aldo Cazzullo “ Il caso Sofri” dalla condanna alla tregua civile”

Mauro de Mauro
De Mauro e la misteriosa morte di Ezio Calaciura


De Mauro e la mafia . Deposizione di Antonino Calderone alla commissione antimafia | cronologia della mafia (a cura di S. Provvisionato)


Nell'ingranaggio. La scomparsa di Mauro De Mauro, Massimiliano Griner

Strage questura Milano
Storia di un terrorista Gianfranco Bertoli

Walter Tobagi
G. Moncalvo, Oltre la notte di piombo, Walter Tobagi...

Fausto e Iaio
Biacchessi, D Fausto e Iaio Baldini & Castoldi

Il delitto Calabresi
Capra G. Mio marito il commissario Calabresi

Volante rossa
Bermani, C., Storia e mito della Volante rossa, Nuove edizioni internazionali

Bettino Craxi
Misura per misura: ricordo di una tragedia Bettino Craxi

Via dei Georgofili
Silvia Tessitore “Diario della paura”

Il caso Contrada
Il caso Contrada (fra Stato e Cosa Nostra) Felice Cavallaro

Attentato a Togliatti
G. Bocca, Palmiro Togliatti, Laterza

Uno Bianca
Giustizieri sanguinari- Quelli della Uno Bianca- di S.Provvisionato

Tangentopoli
Mani Pulite. La vera storia, Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio


E. Rossi - Borse e borsaioli


Storie di Mani Pulite - Quello che i Media non dicono, Giuseppe Boschetti


G. Bucciante - Il Palazzo: quarant'anni di scandali e corruzione in Italia


La banda delle tangenti. Il testo integrale dell'atto di accusa del giudice Di Pietro


G. Barbacetto e Elio Veltri - Milano degli scandali


A. Carlucci - Tangentomani: storie, affari e tutti i documenti sui barbari che hanno saccheggiato Milano


R. Mongini - Gli impuniti: storie di ordinaria corruzione


A. De Feo - I misfatti della politica italiana


C. Pizzinelli - Gardini


G. Bucciante - Il Palazzo: quarant'anni di scandali e corruzione in Italia


G. Pansa - Il malloppo. Finanzieri, tangentisti, onestuomini, furboni e altre storie di un'Italia ossessionata dal denaro


F. Foresta - L'isola del tesoro: tangenti in Sicilia. le storie di deputati assessori e burocrati avvisati o in galera


La giubba del re. P.Davigo

Libero Grassi
Cazzola F. L’Italia del pizzo, Einaudi


Grasso T. Contro il racket, Laterza

Camorra
La camorra, le camorre, Isaia Sales


Rapporto sulla Camorra, Commissione Parlamentare Antimafia


Storia della camorra, Salvatore Scarpino

Il Caso Mattei
Il caso Mattei. Un giallo italiano, Benito Li Vigni


D. Votaw, Il cane a sei zampe, Mattei e l'ENI. Saggio sul potere


La figura di Enrico Mattei di C.Roscioli


Bazzoli, L., Il miracolo Mattei

I servizi segreti
I servizi segreti in italia, Giuseppe De Lutiis


Sovranità limitata. A. Cipriani - G. Cipriani


Ergastolo per la libertà. Verso la verità sulla strategia della tensione V.Vinciguerra


La strategia del depistaggio, V.Vinciguerra


P. Calderoni,, Servizi segreti Tutte le deviazioni: dal piano "Solo" al golpe Borghese, dalla P2 alla strage di Bologna, dal caso Cirillo al super Sismi,

La loggia P2
I massoni in Italia, Roberto Fagiani


In nome della loggia, Francesco Lombrassa, Gianni Rossi


L'Italia della vergogna, Mario Guarino


L'ombra della piramide, Gianni Flamini


La massoneria nel mondo dalle origini a oggi, Paul Naudou


La massoneria. Storia e iniziazione, Christian Jacq


Trame atlantiche. Storia della Loggia massonica segreta P2, Sergio Flamighi


I mandanti. Il patto strategico tra massoneria, mafia e poteri politici .G.Cipriani


Cecchi Alberto Storia della P2

Neofascismo
Per un’analisi sul neofascismo di AA.VV


Agenda nera-Trent’anni di neofascismo in Italia di Dante Barbieri


Ombre nere- da piazza Fontana alla bomba al “Il Manifesto”- D.Biacchesi


La disintegrazione del sistema- di Franco Freda


Le nuove camicie nere di Mario Giovana


Ritorneremo! Di Pier Giuseppe Murgia


Il nuovo fascismo,da Salò ad Almirante di Rosembaum Petra


Autobiografia di un picchiatore fascista di Giulio Salierno


Fascisteria di Ugo Maria Tassinari

Gladio & Stay Behind
Gladio - La repubblica parallela, Emanuele Bettini


Gladio, stragi, riforme istituzionali, Centro di iniziativa Luca Rossi


Gladio. La verità negata


La Notte dei Gladiatori, Omissioni e silenzi della Repubblica - Calusca Edizioni

La strage di Ustica
Ustica verita' svelata - Paolo Guzzanti Bietti, Milano 1999


A un passo dalla guerra Daria Lucca, Paolo Miggiano, Andrea Purgatori


Il quinto scenario Claudio Gatti, Gail Hammer


Ustica quel maledetto missile Franco Scottoni, Luigi Di Stefano


Ustica:un giallo nel cielo Enzo Catania


La minaccia e la vendetta. Ustica e Bologna: un filo tra due stragi Giuseppe Zamberletti


Ustica: la via dell'ombra Flaminia Cardini


Ai margini di Ustica Enrico Brogneri

Anarchia
Corrado Stajano, Il sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Serantini,


Pinelli: un suicidio di stato, Marsilio, 1971


Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo, Fondazione Einaudi,


Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati


Louis Mercier Vega, La pratica dell'utopia, Antistato,


Gino Cerrito, Dall'insurrezionalismo alla settimana rossa


C. Cederna, Pinelli, una finestra sulla strage


Sofri A., Il malore attivo dell'anarchico Pinelli

Mafia
La mafia. Economia politica società, a cura di E. Morosini e F. Brambilla


Umberto Santino, La mafia interpretata, Soveria Mannelli


Marcelle Padovani e Giovanni Falcone, Cose di cosa nostra,


Gian Carlo Caselli, Antonio Ingroia. L' eredità scomoda. Da Falcone ad Andreotti. Sette anni a Palermo


Enrico Bellavia, Salvo Palazzolo. Falcone e Borsellino. Mistero di Stato


Antonino Caponnetto, I miei giorni a Palermo


Nando Dalla Chiesa, Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali


Nando Dalla Chiesa, Il giudice ragazzino


Corrado Stajano, Un eroe borghese


Marco Bettini, Pentito. Una storia di mafia


Pino Arlacchi, Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonino Calderone,


Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato, una vita contro la mafia


Claudio Fava, Nel nome del padre


Claudio Fava Cinque delitti imperfetti


Enrico Deaglio, Raccolto rosso. La mafia, l'Italia


Renate Siebert, La mafia, la morte il ricordo


Mafia, politica e affari. 1943-91, a cura di Nicola Tranfaglia


Luciano Violante, Non è la piovra


Luciano Violante, Mafie e antimafia. Rapporto '96


Mafia. L'atto d'accusa dei giudici di Palermo, a cura di Corrado Stajano


Andreotti e Riina: Il patto. Vent'anni di mafia e delitti nell'atto d'accusa della Procura di Palermo


Pino Arlacchi, Il processo. Giulio Andreotti sotto accusa a Palermo


Antonio Nicaso, Io e la mafia. Le verità di Giulio Andreotti


Emanuele Macaluso, Giulio Andreotti tra Stato e mafia


Salvatore Lupo, Andreotti, la mafia, la storia d'Italia


Felice Cavallaro, Il caso Contrada (fra Stato e Cosa Nostra),


Salvatore Lupo, Storia della mafia


Pino Arlacchi, La mafia imprenditrice


Luciano Violante, I corleonesi. Mafia e sistema eversivo


Fabrizio Calvi, La vita quotidiana della mafia dal 1950 ad oggi


Gianni Piazza, La città degli affari


Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta


Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo


Leonardo Sciascia, Il mare color del vino


Calvi F. Vita quotidiana della mafia dal 1950 ad oggi


Il signore sia coi boss. Storie di preti fedeli alla mafia e di padrini timorosi di Dio. Enzo Mignosi


Calvi, F., La vita quotidiana della mafia dal 1950 ad oggi


Rossi L. Disarmati. Falcone, Cassarà e gli altri


G.Natoli e G Di Cagno “Cosa Nostra, Ieri, oggi, e domani”

Peppino Impastato
Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, AA.VV.


Quasi un urlo di libertà-Poesie di Peppino Impastato di Salvo Vitale


Ne cuore dei coralli – Una vita contro la mafia di Salvo Vitale


L’Italia viva di Mario Capanna


Cinisi d’altri tempi – di Paolo Chirco e Pino Manzella


I cento passi- diT.M. Giordana-C.Fava- e M.Zappelli


Relazione Sul caso Impastato- Commissione parlamentare Antimafia

La strage di Bologna
La strage : l'atto d'accusa dei giudici di Bologna / a cura di Giuseppe De Lutiis


Per non dimenticare : Bologna, 2 agosto 1980 : riflessioni su un film


La minaccia e la vendetta : Ustica e Bologna : un filo tra due stragi / Giuseppe Zamberletti


Daniele Biacchessi - "10,25: Cronaca di una strage - 2 agosto 1980.La stazione di Bologna"


Giovanni Bianconi - "A mano armata"


Francesca Mambro - "Il bacio sul muro"


Assoc.familiari vittime - "2 agosto 1980-2 agosto 1988. Dalla strage alla sentenza di Bologna"


Piero Corsini - "Storia di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro"


Finzi R.e. Montuoro R.- La strage di Bologna. Requisitoria al processo d'appello del sostituto procuratore della Repubblica Franco Quadrini,


Secci, Torquato, Cento milioni per testa di morto: Bologna, 2 agosto 1980,

Il Settantasette
Bernocchi Piero, Dal ‘77 in poi


Bobbio Luigi, Storia di Lotta Continua,


Calvesi Maurizo, Avanguardia di massa


Castellano Lucio (a cura di), Operai contro la metropoli. La storia e i documenti : da Potere operaio all’Autonomia organizzata,


Catanzaro Raimondo (a cura di), La politica della violenza


Catanzaro Raimondo e Manconi Luigi, Storie di lotta armata


Cocchi.O, Pieralisi.M, 1977-1987 : Dieci anni cento domande


Corvisieri Silverio, Il mio vaggio nella sinistra


D’amico Tano, Gli anni ribelli, 1968-1980


Della Porta Donatella (a cura di), Terrorismi in Italia


Della Porta Donatella, Movimenti collettivi e sistema politico in Italia


Ferraresi.F, Minacce alla democrazia, Feltrinelli, Milano


Froio Felice (a cura di), Il dossier della nuova contestazione


Galli Giorgio, Storia del partito armato 1968-1982


Giachetti Diego, Oltre al sessantotto. Prima, durante e dopo il movimento


Grispigni Marco, Il Settantasette


Macciocchi Maria Antonietta, Dopo Marx aprile


Maffi.M, Le origini della sinistra extraparlamentare


Mordenti Raul, Frammento di un discorso politico. Il ’68, il ’77, l ‘89


Protti Daniele, Cronache di " Nuova sinistra ".

Repressione di Stato
Capitalismo e repressione – V. Accattatis Feltrinelli


I carabinieri da De Lorenzo a Mino- di Boatti Giorgio


Il controllo politico delle F.Armate – Bova Sergio


La repressione partigiana dal 1947 al 1953 – Conti Stefania


Il potere repressivo – A. D’Orsi


Le mani rosse sulle Forze Armate di. Giannettini e Rauti


I segreti del Viminale- di A. Paloscia


La maniera forte- elogio della Polizia- di D. Tarantini


Cronache e documenti sulla repressione di Gianni Viola


Gianni Viola, Polizia 1860-1977. Cronache e documenti della repressione in Italia


Murgia P.G., Il luglio del 1960

Il caso Pecorelli
Le ''notizie riservate'' I veleni di OP di Mino Pecorelli


Scoop mortale . Mino Pecorelli. Storia di un giornalista kamikaze. Di. Giovacchino Rita


La sentenza Andreotti- il processo del secolo- Marco Travaglio


Pecorelli-OP: storia di una agenzia giornalistica.- Vincenzo Iacopino


Corrias Marco.- Duiz Roberto. Mino Pecorelli: un uomo che sapeva troppo


V. Iacopino - "Pecorelli-OP. Storia di un'agenzia giornalistica"


Franca Migliavacca - "Memoriale Pecorelli - dalla Andreotti alla Zeta (2 vol.)"

Carlo Giuliani
A che punto è la notte? Baldoni e Provvisionato


La battaglia di Genova – le nostre verità le loro menzogne Angelo Quattrocchi


Le quattro giornate di Genova 19 - 22 Luglio 2001 Raffaello Bisso, Claudio Marradi


Lamento in morte di Carlo Giuliani di Nichi Vendola


Non lavate questo sangue Concita De Gregorio

Petrolchimico Marghera
Petrolkiller Gianfranco Bettin e Maurizio Dainese . Feltrinelli

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AREA BERLUSCONI
by Ipse Dixit 3 Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:17 PM mail:  

Dmmi cosa dici e ti dirò chi sei...

Ecco un'altra sfila di frasi più o meno famose pronunciate da Silvio Berlusconi...

E' tutto vero, noi non abbiamo aggiunto niente...

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Le nuove scoperte a vent'anni dalla strage
by Brigitte rockefellere (BR) Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:20 PM mail:  

L'Affare Moro: un caso divenuto storico

(gewollt erfolglos)

Le nuove scoperte a vent'anni dalla strage

Pellegrino (29 maggio 1999): «Siamo vicini ad una svolta, so cose che non posso

dire e che non direi neppure in seduta segreta alla commissione stragi»“.[1]



Indice (pross.mente cliccabile e seperato in un singolo frame)
Le radici di Gladio – Un esempio di trasformismo _2
Il perché del rapimento della persona di Moro. Un confronto tra le Br e il figlio dello statista Giovanni Moro _4
La SIP e la SIP parallela _5
Il "commando d'ombra", il "doppio stato", la P2 e i suoi infiltrati _6
Le spie, gli infiltristi nelle Brigate rosse e la Moto Honda _9
Markevitch, i partigiani, i partigiani finti infiltrati e il ruolo di Dalla Chiesa _11
Il ruolo di Igor Markevitch fa riscrivere un capitolo? _12
I possibili mandanti dell'assassinio di Moro, le "menti misteriose" _13
1. Le foto scattate dall?operaio Gerardo Lucci _13
2. In quanti erano in via Fani? _13
3. La richiesta delle foto _13
5. Le due parti separate delle Brigate rosse. _14
10. "Più in alto" – La domanda ai santi _20
11. L'aiuto negato _20
12. Il rapimento anticipato _21
13. I probabili mandanti – le forze oscure _21
14. Guido Passalacqua, giornalista de La Repubblica sulla pista della falsa scuola di lingua per le Br _22
Il ruolo della Chiesa cattolica _22
Sulle tracce della nuova prigione nel ghetto - Mino Pecorelli ne parlò allusivamente su ?OP? _22
Il partito della trattativa e il partito della fermezza; gli autogol visti da Pellegrino e Cipriani _25
Gli Autogol secondo Cipriani _26
Gli appartamenti di via Gradoli ed il ruolo del Sisde _27
Il ruolo del Magistrato Luciano Infelisi _27
Mino Pecorelli, l'OP, Dalla Chiesa e il ruolo del divo e Belzebú Giulio Andreotti _27
Le "carte di Moro" e il delitto Pecorelli. Le dichiarazioni di Antonio Mancini _31
Il ruolo del superpentito Buscetta _32
Il processo Pecorelli a Perugia _33
Il presidente della commissione Stragi Pellegrino e le sue tesi _34
L'affermazione del giudice istruttore Ferdinando Imposimato, nei primi due processi Moro del 20 marzo 1999 _35
20 marzo 1999 Il Tirreno pubblica un articolo sull'audizione di Flaminio Piccoli del 30 ottobre 1991, desecretata pochi giorni prima. _35
Attualità - L'Anfitrione di Firenze, il 'Grande Vecchio' e il fumetto Metropoli _37
L'Espresso del 10 giungo Br e Prima Repubblica / una testimonianza - Grande vecchio, I presume riscavando nella storia contemporanea, fa emergere il nome _37
Conclusione _39
Bibliografia _

home [paginaitaliana]



Quelle vicende di quasi ventuno anni fa sono scolpite nella memoria
collettiva e chi li visse non potrà più dimenticare i fatti inquietanti
che segnarono i cinquantacinque giorni dalla strage di via Fani al
ritrovamento del cadavere dello statista democristiano, un corpo
rannicchiato dentro una Renault R 4 rossa, parcheggiata
simbolicamente a metà strada tra via delle Botteghe Oscure
e Piazza del Gesù, tra la sede della DC e
quella del PCI, in via Caetani.






Il presente lavoro cerca di ricostruirne le dinamiche utilizzando la grande ricchezza di fonti d’informazioni, nomi, luoghi, intrecci e fatti storico-politici. Le possibilità offerte dall’ipertesto fa del presente elaborato un lavoro che è continuamente possibile aggiornare, attraverso la rete si arriva, tramite links, direttamente su altri lavori dello stesso genere e si può offrire così un servizio gratuito a tutti gli utenti ovunque nel mondo. Si è cercato qui di integrare le fonti multimediali per rendere alcune sfumature ed immagini più facilmente recepibili.

Il rapimento dell’on. Aldo Moro ebbe tempi d´incubazione molto lunghi, Laura Braghetti ne parlò a fine novembre nel processo Moro quarter. Nel 1977 ella ricevette l’ordine dai suoi capi nelle Brigate rosse di acquistare un appartamento. Le istruzioni descrivevano precisamente le caratteristiche dell’appartamento che le Br avevano in mente. Le fu detto che sarebbe servito “ad un'azione delle Brigate rosse molto importante”. (Drake, p. 262).

Anche tra forze diverse dalle Br come il "partito occulto" P2 presumibilmente si compivano allo stesso modo i preparativi.

Poco prima del rapimento Moro erano stati sciolti apparati antiterrorismo come l’ispettorato antiterrorismo del questore Santillo ed il nucleo antiterrorismo del generale Dalla Chiesa, lasciando scoperta un’attività di intelligence assai importante. “Di chi fu l’iniziativa?” si chiede Paolo Bolognesi, vice presidente Associazione familiari vittime strage Bologna del 2 Agosto 1980.[2]






[Il documento e' stato terminato alla fine di giugno 1999
e messo in rete il 31 gennaio 2000. Pross.mente lavorerò
per una migliore userbility del documento ipertestuale.
Nel frattempo abbiate un po' di pazienza!] inizio



Le radici di Gladio – Un esempio di trasformismo

La parola Gladio deriva da un’antica spada corta usata dagli antichi romani. Nel 1942 il servizio segreto americano offrì al prigioniero super-mafioso Charles "Lucky" Luciano (detto Teflon-Lucky) la libertà, in cambio egli dovette riprendere i contatti con le vecchie amicizie in Sicilia. Grazie a queste ritrovate amicizie si preparò in Sicilia, l’anno seguente, lo sbarco degli alleati americani. Gli USA e i mafiosi siciliani diedero così inizio ad una lunga collaborazione. L’"Office of Strategic Services" (OSS), dopo CIA, si mise in contatto con i Cavalieri di Malta, che erano legati strettamente alla Chiesa cattolica. Cavaliere era, tra l’altro, il capo del OSS, William "Wild Bill" Donovan come anche il capo della CIA, William Casey. Figura chiave tra i cavalieri era lo stesso Licio Gelli, fondatore della Propaganda Due. Solo la fuga nelle mani dell’US-Army lo salvò dalla giustizia dei partigiani, egli aveva collaborato con i fascisti tedeschi, era diventato sottotenente delle SS naziste e spiava i partigiani e li denunciava ai tedeschi. Comunicava ai nazisti i nascondigli della Resistenza e poi avvertiva gli stessi partigiani consentendo loro di mettersi in salvo. Quindi un ufficiale di collegamento che presto si specializzò nel doppiogioco come scrive Coglitore.

Prima reclutato dalla "Counter Intelligence Corps" (CIC), poi nel 1950 dalla SIFAR Gelli diventò la figura chiave nei rapporti tra la CIA ed il primo capo del servizio segreto italiano, generale Giovanni De Lorenzo.[3] Subito dopo la seconda guerra mondiale, i servizi segreti italiani si sciolsero. Gli agenti del’OSS, di cui uno divenne capo della CIA, crearono una rete segreta che avrebbe costituito la base sulla quale sarebbe nata GLADIO. Miliardi di dollari cominciarono ad arrivare in Italia fin dall’inizio degli anni cinquanta. Nel 1949 l’Italia faceva parte della NATO, nacquero quindi il "Servizio Informazioni Forze Armata" (SIFAR), ad opera della CIA e del coordinamento della NATO. Nel 1956 il generale De Lorenzo diventa capo del SIFAR e grazie all’appoggio degli americani GLADIO nasce in quest’anno sotto il suo commando con “l’ufficio R" (come "Ricerche"). Nello stesso 1956 egli passò direttamente alle dipendenze dei servizi segreti italiani.[4]

Il nuovo servizio segreto nasce con gli ex-fascisti. Un primo piano di Strage di stato ("Piano Solo") sotto il generale De Lorenzo richiese una totale riorganizzazione.[5] Nasce il "Servizio Informazioni Difesa" (SID). Ad opera della SID furono compiute negli anni settanta innumerevoli stragi. Proprio nel 1977 si trasforma essa in SISDE ("Servizio Informazioni Sicurezza Democratica”) servizio che fece parte del Ministero dell'Interno e SISMI ("Servizio Informazioni Sicurezza Militare"). I nodi di collegamento rimangono gli stessi. Il capo della SISMI, Santoviti, e loggista della P2 come il suo sostituto Pietro Musumeci, vennero, come anche Gelli condannati per la strage della stazione di Bologna nel 1980.


31 Maggio 1972: vicino Trieste morirono tre Carabinieri a causa di un’autobomba. Grazie al magistrato Felice Casson, che riprese il processo nel 1990 fu scoperto lo scandalo di GLADIO.[6]

Ma tutto cominciò con una trasmissione del tg1 del luglio 1990, durante la quale il giornalista Ennio Remondino (oggi inviato Rai all'estero e allora in ricordo per le interviste, piene di retoriche domande a Curcio, Moretti e Faranda) intervista un agente della CIA, ben disposto a fare una serie di rivelazioni sconcertanti sui rapporti tra CIA, la destra italiana e la massoneria. Seppure una piccola parte della complessa struttura delle istituzionali italiane crolla, anche se con molto rumore. L'allora Presidente della Repubblica, Cossiga, si rivolge direttamente al direttore generale della Rai e chiede la testa del giornalista e del direttore del tg1.

Nuccio Fava, effettivamente rimosso dall'incarico a favore del più andreottiano Bruno Vespa.[7]

Vengono accusati il capo della SISMI, il loggista della P2 Santoviti. Alcuni membri di "Ordine Nuovo" furono condannati perché ritenuti responsabili. Il materiale della bomba si scoprì proveniente dai depositi di GLADIO. L’esperto Marco Morin, anche lui membro di "Ordine Nuovo", mise - con una falsa perizia – sulle tracce delle Br.

GLADIO riuscì a presentare alla giustizia, in veste di perito di armi, uno dei suoi, Marco Morin per ben due processi, cioè quello di Aldo Moro e quello del caso Dalla Chiesa. Un pentito mafioso Cessina preciserà in seguito in tribunale di aver sempre sentito dire, all’interno di Cosa Nostra, che uno dei canali per arrivare ad Andreotti era la Massoneria. Un altro cerchio si sta per chiudere.

Al processo di Perugia si cerca, ancora oggi, di capire quale fu il ruolo di Giulio Andreotti nel caso Aldo Moro e nel delitto Pecorelli.

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Il perché del rapimento della persona di Moro. Un confronto tra le Br e
il figlio dello statista Giovanni Moro

Per i brigatisti, come hanno più volte raccontato, la figura di Moro rappresentava il simbolo di quello Stato Democratico tanto aborrito. La macchina del sequestro, dell’interrogatorio fu messa in moto dai brigatisti non per ostacolare la formazione del governo di solidarietà nazionale, premessa del compromesso storico di cui Moro era fra gli ideatori, progettato per quel 16 marzo 1978 e che comunque andò in porto, ma perché le BR consideravano la DC facente parte del SIM, “Stato imperialista delle multinazionali” ed il così detto “compromesso storico” con il partito comunista al governo, strumento per manovrare la macchina di questo superpotere capitalista.

Con il fatto che alla base dei motivi del rapimento di Aldo Moro ci fosse il riconoscimento nella sua persona del simbolo dello Stato della DC non è d’accordo il figlio dello statista, Giovanni Moro, il quale dichiara:

“C’è una verità storica e riguarda il perché Moro: Abbiamo detto che si volle sventare un progetto politico [...] Molti dicono che Moro era un simbolo. No, era il catalizzatore, per non dire il demiurgo di un’operazione politica. E l’hanno fermato per questo, altro che simbolo... Poi c’è una verità politica. Che riguarda il comportamento dei partiti. In particolare della Dc e del Pci, d’accordo nella decisione di darlo morto fin dal primo giorno”.[8]

A salvare la vita di Moro sarebbe bastato, come afferma la Faranda, il riconoscimento delle Br come interlocutori politici. Un altro brigatista, Franceschini ricorda che loro, in altre parole le Br della prima ora, avrebbero offerto allo stato “mille soluzioni” come la liberazione di un prigionero in Uruguay, la liberazione di un prigioniero ammalato, ecc. Ma il sistema politico italiano non voleva trovare e far trovare una soluzione come sostiene pure il capo-mafia Cutolo in un’intervista. Tuttavia c’è chi, come Sabbatucci, sostiene che è molto improbabile che lo Stato potesse avere gli estremi per trattare, che la classe dirigente potesse compromettersi agli occhi dell’opinione pubblica e intavolare le trattative coi brigatisti.[9] Apparentemente più fondata appare la posizione di coloro che sostennero la linea della trattativa, i così detti trattativisti, che sarebbero state sufficienti poche concessioni, anche di facciata, a salvare la vita dello statista.[10] Ma un successo delle Br, anche simbolico, avrebbe prolungato la vita del fenomeno terroristico e avrebbe bloccato la valanga di pentimenti che di lì a poco si sarebbe scatenata.

E ancora Giorgio Bocca afferma:
“se non si vuol credere, come ha detto Moretti, che alcuni giovani di poca cultura e di pochi mezzi abbiano messo in fibrillazione lo Stato, se si vuol continuare a mettere assieme romanzi polizieschi sulla vicenda lo si faccia, si continui pure all'infinito.”[11]

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La SIP e la SIP parallela

È utile cominciare con quello che avvenne il 15 marzo 1978, giorno precedente il rapimento di Moro: la SIP, o meglio quella che verrà in seguito ipotizzata come la SIP parallela, una struttura segreta esistente all’interno dell’azienda, venne messa in allarme. Verso le ore nove e qualche minuto del mattino del giorno seguente in via Fani è black-out dei telefoni. Una squadra della SIP viene immediatamente mandata sul luogo, i tecnici confermano, ma l’azienda assurdamente smentisce il fatto. È inutile precisare che l’interruzione delle linee telefoniche era di vitale importanza per l’esito del rapimento, nessuno anche tra gli abitanti della strada avrebbe così potuto telefonare alla polizia e avvertire dell’accaduto raccontando circostanze e particolari. A partire da questo episodio si susseguono, durante i 55 giorni di prigionia dell’on. Moro, strane quanto improbabili coincidenze legate all’azienda dei telefoni: il 14 aprile, alla redazione del Messaggero, è attesa una telefonata dei rapitori, vengono così raccordate in un locale della polizia, per poter stabilire la derivazione, le sei linee della redazione del giornale, ma al momento della chiamata la DIGOS accerta l’interruzione di tutte e sei le linee di derivazione e non può risalire al telefonista. L’allora capo della DIGOS parla, nelle sue dichiarazioni agli inquirenti, di totale non collaborazione della SIP. Nessuna volta fu individuata l’origine delle chiamate dei rapitori, eppure furono fatte due segnalazioni. Quest’assoluta non collaborazione, quando non si è trattato di vero e proprio sabotaggio, se si pensa alla straordinaria efficienza dimostrata dall’azienda in altre circostanze, ha compromesso in modo definitivo l’esito delle indagini. La Sip doveva essere denunciata.[12]

L’allora direttore generale della SIP era un iscritto alla P2, Michele Principe, si capisce come il non funzionamento della stessa fu reso con tanta efficienza. La SIP può essere annoverata insieme ad altri apparati che hanno di proposito dimostrato inefficienza anche se in grado di operare efficacemente.

A condurre l’operazione al centralino della SIP fu il commissario Antonio Esposito, iscritto alla P2 dunque presunto incaricato di Gelli, il suo numero di telefono venne trovato nell’abitazione del capo della colonna romana, Valerio Morucci durante il suo arresto, Morucci sarà proprio il brigatista che annuncerà, dalla stazione Roma Termini, la morte di Moro. I giudici non fecero mai particolari domande in merito a questo numero.

Il 28 marzo 1978 arrivò alla redazione de Il Messaggero una telefonata delle Br, la telefonata fu interrotta (dal commando d’ombra? vedi prossimo capitolo), di conseguenza fu impossibile scoprirne l’origine.

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Il "commando d'ombra", il "doppio stato", la P2 e i suoi infiltrati


La Commissione strage ha presentato, durante la X legislatura un’ampia relazione stesa grazie all’approfondimento di elementi forniti dai processi Moro-ter e Moro-quater, dal ritrovamento di documenti in Via Monte Nevoso, dai contenuti di alcuni memoriali dei brigatisti. Grazie a questi apporti la Commissione ha potuto dichiarare ancora aperti problemi inerenti alla dinamica dell’agguato di Via Fani, alla scomparsa di documentazione fotografica dei luoghi della strage, al black-out dei telefoni, al numero degli attentatori e poi dei carcerieri, alla precisa identità del famoso ingegner Altobelli, al non autentico comunicato n. 7, conosciuto anche come “lago della Duchessa”. La relazione si chiude concludendo che queste ultime indagini, oltre ad aver individuato una realtà tutt’altro che definita, hanno aperto la strada all’ipotesi che alla base del rapimento Moro ci fosse un oscuro complotto in cui erano interessati i settori istituzionali, la criminalità organizzata siciliana, calabrese e romana. [13]

Il capo-mafia Bontate promosse personalmente un’iniziativa a favore di Moro all’interno dell’organizzazione. In una riunione di capi mafia, egli però la causa di Moro, ma fallì. “Uno dei boss che sulla questione si schierò contro di lui, Pippo Calò osservò: Stefano, ma ancora non l’hai capito, uomini politici di primo piano del suo partito non lo vogliono libero”. [14]


Il 22 aprile 1999 il presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino comunica di aver avuto documenti che fanno chiarezza sulla vicenda riguardante le dimissioni del prefetto Gaetano Napoletano, segretario del Cesis, durante il rapimento Moro. La versione corrente è che Napoletano avesse avanzato le sue dimissioni proprio durante quei 55 giorni, fu invece l'allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti a revocarlo dal suo incarico. Il prefetto Napoletano era l'unico dirigente dei servizi segreti dell'epoca che non apparteneva alla loggia P2.

"Oggi [22 aprile 99, n. mia] - ha detto Pellegrino - noi abbiamo acquisito dal presidente del Consiglio, che ringrazio, la copia del decreto di revoca dell'incarico di Napoletano da segretario del Cesis. In questa c'è un richiamo ad un parere del comitato, che dovremo acquisire per verificare quali siano state le ragioni per cui, in una fase così delicata, questa neonata struttura di coordinamento tra servizio civile e militare conobbe questo mutamento di vertice. Tutto ciò può non significare nulla, può significare qualcosa o può significare molto. Io non mi sento depositario di una verità acquisita a priori".

Quando si venne a sapere – tramite le Commissioni – che la lista degli iscritti alla P2 e la lista dei responsabili durante l’intera operazione era per una buona parte identica, si chiuse il cerchio. E come ciliegina sulla torta, negli ambienti del “commando d’ombra” aleggiava il fantasma di Michele Sindona, assassinio giacente ancora nel buio. Banchiere di fama internazionale ma anche della P2, era uomo di fiducia del Vaticano e insieme della mafia, pentito aveva iniziato la sua collaborazione con la giustizia. Egli aveva fatto luce sui legami tra mafia e P2, la sua eliminazione, avvenuta in carcere, fu decisa proprio in fase di pentimento con un caffè “corretto” al cianuro. Accusato di aver istigato l’assassinio dell’avvocato Ambrosoli, fu ritenuto responsabile della bancarotta del Banco Ambrosiano. L’avvocato scoprì il ruolo di Gelli e Andreotti negli intrecci tra cosche mafiose e P2, dunque anche l’eventuale responsabilità di Giulio Androtti nel caso Aldo Moro.

Sergio Flamigni sostiene la tesi secondo la quale esisteva un secondo staff[15] ufficioso, una sorta di commando d’ombra. Il suo ruolo sarebbe stato quello di contrapporsi alle indagini ufficiali per impedire che si trovasse la prigione di Moro. I membri di questo staff sarebbero stati Licio Gelli, un responsabile del ministero dell'Interno, Federico D’Amato e uno specialista americano, probabilmente un agente segreto che lavorava per conto di Henry Kissinger e Capo del dipartimento Anti-terrorismo dell’U.S. State Departement, Steve Pieczenik[16]. D’Amato e Pieczenik facevano parte anche dello staff ufficiale. D’Amato diresse per alcuni anni la sede centrale della CIA Europe a Berna. Visto che CIA e SISMI facevano parte della stessa “famiglia” P2 (furono mandanti e loggisti in una persona), era ovvio che nel tim del ministero dell'Interno non ci si occupava della telefonata anonima[17] che indicava cinque persone coinvolte nella strage di via Fani. Le tracce avrebbero per esempio portato alla macchina da scrivere di proprietà dei servizi segreti. Il comunicato telefonico passò alla polizia solo dopo 29 giorni. Si eseguì una prima perquisizione in una tipografia il giorno della morte di Moro. La pista americana viene ancora vivacemente discussa come dimostra una disputa tra Katz e Drake e pubblicata dallo stesso Drake, autore di “Aldo Moro The Murder case”, in una colonna chiamata "Katz 'Stones' Italian history, Guest Column by Richard Drake".[18]



Chotjewitz (1989) parla nell’appendice all’edizione tedesca Affäre Moro di Sciascia di due autori del delitto e scrive che l’autore che avrebbe un interesse alla morte di Moro non sarebbe identico a quello che avrebbe eseguito l’assassinio e aggiunge che la relazione tra autore immediato e mediato non sarebbe basata su un semplice rapporto tra committente ed esecutore (Chotjewitz, p. 124). Il più complesso intreccio sarà descritto in seguito.

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Le spie, gli infiltristi nelle Brigate rosse e la Moto Honda



Il tenente colonnello Antonio Cornacchia, loggista e incaricato per il ritrovamento della prigione di Moro, non nega davanti alla Commissione parlamentare l’esistenza di informatori infiltrati nelle Br come sostiene anche Flamigni in un’intervista televisiva, ma aggiunge che non avrebbero potuto svolgere un ruolo attivo.[19]

Tra i membri iscritti alla loggia Propaganda Due, si trovano pure personaggi della CIA di Roma, una trentina di generali italiani, i capi di tutti i servizi segreti italiani e la maggior parte del comitato di crisi del Ministro Cossiga che si occupava dei fatti durante il rapimento di Moro. L’intera lista P2 è pubblicata sul sito di Clarence.[20]

Il colonnello Camillo Guglielmi, loggista e parte attiva di Gladio, esercito paramilitare segreto della NATO attivo in Italia con lo scopo di evitare la diffusione del comunismo nell’Europa occidentale[21], era presente in via Fani alle nove di mattina del 16 marzo. Egli giustifica la sua presenza grazie ad un invito a pranzo. La possibilità di un pranzo alle nove viene condivisa dal brigatista Moretti, uscito dal carcere dopo aver scontato neanche il terzo della pena prevista, in un’intervista televisiva con un “era possibilissimo”, eloquente risposta che la dice lunga sulle ipotizzate infiltrazioni nelle BR. Il dipendente ed agente di Guglielmi, Pier Luigi Ravasio, dirà davanti alla Commissione parlamentare che il suo Capo sarebbe stato informato prima della data e luogo del rapimento.

Quello che stupisce è la precisione con la quale sono stati uccisi i cinque agenti della scorta,[22] la metà dei proiettili risultano fatti esplodere dalla stessa arma. Moretti dichiara che tutte le Br avrebbero sparato da un lato[23], ma le indagini dimostrano il contrario. I proiettili provenienti da quell´arma presentavano una particolare vernice che si usa normalmente contro la ruggine. La verniciatura dei proiettili porterebbe ad ipotizzare che la provenienza delle armi fosse la stessa utilizzata da Gladio, e la necessità di proteggere i proiettili dalla ruggine fa pensare che le armi provenissero da depositi sotterranei. Dunque la “casuale” presenza del colonnello Guglielmi, come ufficiale di GLADIO responsabile dell’addestramento delle unità di combattimento «stay behind»[24] alla base NATO a Capo Marrargiu sull'isola sarda (come si seppe nel 1991 dalla Commissione strage Gladio).
Egli incarnava all'agguato di via Fani la rappresentazione di GLADIO con il compito di verificare se il tutto andava bene.
Moretti e Franceschini ammettono, durante un’intervista televisiva, che le Br, nonostante alcune esercitazioni nell’arte di sparare avevano gravi problemi con le armi e che non erano assolutamente in grado di sparare con precisione. In un conflitto a fuoco non si può essere sicuri di non subire perdite.
Tanto più che, come ha rivelato il brigatista Bonisoli a Sergio Zavoli che lo intervistava in Televisione "Noi avevamo una preparazione militare approssimativa. C'eravamo allenati ogni tanto a sparare alle bottiglie, in periferia, il mio mitra si inceppò e io non sapevo cosa fare. Possibile che i brigatisti fossero solo in nove, ad affrontare una scorta composta da cinque uomini? L'agente Iozzino riuscì ad uscire dall'auto di scorta: e se fosse riuscito a colpire uno dei terroristi? Di qui la ragionata convinzione che, la dinamica dell'agguato ed il numero dei partecipanti debba ancora essere oggetto di accertamenti per raggiungere una verità piena e convincente. [25]

Esiste un’importante informazione fornita da tre testimoni che parlano di una Honda presente sul luogo della strage, con due uomini a bordo. Uno dei testimoni, l'ingegner Alessandro Marini, si era visto addirittura arrivare una raffica di mitra addosso dall'uomo seduto sul sellino posteriore. I brigatisti però negano tutto e sostengono che non avrebbero avuto nessuna moto in via Fani.

Il Manifesto del 23 aprile 98 titola BR - "Peppe", "Peppa" e la Honda fantasma di via Fani :[26]

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Markevitch, i partigiani, i partigiani finti infiltrati e il ruolo di Dalla Chiesa

Markevitch, negli anni 50, viveva in una dependance di villa Tatti, in casa del critico d'arte Bernard Berenson, sulle colline tra Fiesole e Settignano, oggi sede di un'università Usa. Poi soggiornò a Fiesole, nella villa dei misteri. Esiste solo un Anfitrione o c’è anche la mente strategica del sequestro? Certo non quella del “dinamitardo”, che poco si concilia con il suo stile di vita e con il segreto che ha tenacemente avvolto per vent’anni la sua identità di partigiano, ed è in questa parte della sua vita che va cercato il movente segreto del ruolo che oggi viene attribuito ad Igor Markevitch. Alberto Franceschini raccontò che i brigatisti consideravano gli ex partigiani un punto di riferimento, e il colonnello Niccolò Bozzo, stretto collaboratore di Dalla Chiesa, ha raccontato alla commissione Stragi che il generale poco tempo prima della morte inseguiva un’ossessione:

“Era convinto che a tirare le fila fosse una rete messa in piedi, durante la Resistenza, dagli Usa, uomini infiltrati nelle organizzazioni di sinistra come ex partigiani rossi, ma in realtà di opposta ideologia”.

I brigatisti storici appaiono imbarazzati da queste rivelazioni. Maccari[27], presunto quarto uomo, liquida la vicenda: “Sciocchezze, sono un testimone oculare, Moro fu assassinato in via Montalcini”. Morucci, che per primo ha messo sulla pista dell’Anfitrione, ora minimizza. Certo e´che molte pagine andranno riscritte. Il Ghetto pullulava di covi Br, a quanto si scopre oggi. Efisio Mortati, il primo pentito, raccontò di essere stato ospite di tal “Anna e Franco” in via dei Bresciani, vicino ai Banchi Vecchi.

E nel rapporto Sismi dell’80 si fanno i nomi di questi due brigatisti, come coloro che interrogarono Moro. Però la descrizione che ne fece Mortati non coincide con nessuno dei brigatisti noti.[28]

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Il ruolo di Igor Markevitch fa riscrivere un capitolo?


Il 30 maggio 1999 quotidiani italiani, come Il Messaggero, hanno parlano del misterioso uomo di Firenze.

Il nome di Markevitch, morto nell’83, compariva già nell’80, quand’era all’apice della notorietà, in un rapporto del Sismi. Secondo il servizio segreto militare a condurre l’interrogatorio di Moro, nel carcere delle Br, era tal Igor Caetani, più tardi identificato come Markevitch, marito della principessa Topazia Caetani, proprietaria di un Palazzo nell´ omonima strada, sposata nel ‘48 in seconde nozze, principessa dell’omonima casata e proprietaria del palazzo nobiliare che si trova all’angolo tra via Caetani e via dei Funari, a venti metri da dove la mattina del 9 maggio ‘78 fu ritrovato, all’interno della Renault rossa, il cadavere di Aldo Moro. Un palazzo con il passo carraio e due leoni in pietra nel cortile, che corrispondono alle indicazioni fornite da Pecorelli, il giornalista poi assassinato.

Ora ci si chiede se la realtà non abbia superato l'immaginazione. Pellegrino, presidente della commissione Stragi, così si esprime:

“Alla luce di queste rivelazioni, molti messaggi del passato acquistano un nuovo significato”

Il volantino numero 7, ad esempio, messo a punto da Tony Chichiarelli, collaboratore del Sismi, ucciso dopo la miliardaria rapina alla Brinks, era stato finora considerato un depistaggio. Ma ci si chiede se invece non era una segnalazione, ahimè ignorata, proveniente da una frangia dei servizi segreti che indicava dove andare a cercare Moro, nel Lago (Palazzo?) della Duchessa, anticipandone la condanna a morte. La Duchessa è un personaggio ricorrente nelle allegoriche rivelazioni di Pecorelli che, due settimane dopo l’uccisione di Moro, sembrava conoscere l’ultima prigione: scrisse infatti che in via Caetani, dietro il muro dov’è stato trovata la Renault, la Duchessa vede “i ruderi del Teatro Balbo, il terzo anfiteatro dove un tempo antichi guerrieri scendevano nell’arena. Chissà cosa c’era nel destino di Moro, perchè la sua morte fosse scoperta contro quel muro”. Un’allusione alla Gladio di “Stay behind”, allora segretissima?[29]

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I possibili mandanti dell'assassinio di Moro, le ”menti misteriose”



Probabili prove rafforzerebbero la tesi secondo la quale esistono dei mandanti che avrebbero affidato il compito a specialisti, dunque si trattò di strage di stato.


1. Le foto scattate dall’operaio Gerardo Lucci
Tali foto scattate subito dopo la sparatoria, facevano forse vedere “lo specialista”. L’operaio si trovava casualmente la macchina fotografica che doveva utilizzare durante la sua giornata lavorativa di metalmeccanico. Le foto sviluppate e i negativi finiscono, dopo un incontro della moglie di Lucci con il magistrato Luciano Infelisi, nel buio della giustizia. I negativi spariscono per sempre. Solo alcune foto che fanno vedere la macchina vengono restituite.

2. In quanti erano in via Fani?
Nessuno si è mai interessato seriamente alla cifra esatta. Valerio Morucci ha diverse volte fatto i nomi di sette uomini: Mario Moretti, Raffaele Fiore, Bruno Seghetti, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari, Barbara Balzerani e lui stesso. In un’interrvista televisiva di molti anni dopo ha indicato altri due nomi: Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri, il primo arrestato e processato in Svizzera dove si era rifugiato, il secondo mai catturato. È stato visto, intervistato e fotografato in Nicaragua, dove aveva aperto un ristorante, ma non ha mai scontato un solo giorno di galera.[30] Alla fine Morucci ha tirato fuori anche il nome di Rita Algranati, che a bordo di un motorino doveva segnalare al commando l'arrivo delle auto di Moro e della scorta.[31] Anche lei è stata segnalata in Nicaragua. Morucci adesso giura di aver davvero detto tutto, rimane insoluto il mistero della moto Honda.


3. La richiesta delle foto

Sei settimane dopo arriva una telefonata dal segretario di Moro, il deputato della DC, Cazora, chiede le foto scattate da Gerardo Lucci[32]. Questa telefonata fu registrata. Cazora ricorda che avrebbe ricevuto una telefonata dalla Calabria “perché mi hanno ... [parte cancellata sul nastro] ... telefonato dalla Calabria...”. Si potrebbe identificare sulla foto una persona, che si conoscerebbe in Calabria. Infatti il nastro è stato manipolato e casualmente (!) proprio quella parte che porterebbe probabilmente all’anonimo specialista.

4. La ‘ndrangheta era probabilmente presente alla sparatoria
Nell’ottobre 1993 emergono informazioni dettagliate che riguardano una spia, scarcerata nel momento della strage in via Fani, un boss della ‘ndrangheta, Antonio Nirta, che lavorava come spia per i carabinieri. Lui sarebbe stato presente in vi a Fani.[33] I contatti tra le cosche e lo stato venivano garantiti dal generale Delfino. Il tutto si venne a sapere grazie al pentimento di Severino Morabito, pentito della ‘ndrangheta del Nord. La famiglia calabrese Delfino teneva buoni contatti con la Dc, in particolare con l´on. Misasi. Proprio a Misasi scrisse Aldo Moro un’ultima disperata lettera d’aiuto.[34] Ci si chiede perché proprio a lui. Moro sapeva qualcosa che riguardava il rapporto tra DC e le cosche e tra politica e cosche/servizi segreti/forze maggiori.


5. Le due parti separate delle Brigate rosse.

Flamigni sostiene la tesi secondo la quale erano state date precise diposizioni affinche alcuni brigatisti non fossero arrestati. Gli elementi più duri come Moretti, i “falconi”, dovevano essere guidati per mezzo di persone terze e dovevano essere strumentalizzati a scopi come sparare e assassinare. I brigatisti “intellettuali” coloro cioè che non avevano mai ucciso dovevano essere separati dagli altri perché non erano in grado di eseguire un sanguinoso agguato come quello di via Fani. Questa tesi è sostenuta anche dal brigatista Franceschini, egli racconta anche, che dopo il suo arresto (avvenuto nel 1974) fu interrogato dal giudice Giancarlo Caselli che gli mostrò le foto degli incontri con «frate Mitra» [Silvano Girotto, l'infiltrato che nel '74 provocò l'arresto di Curcio e Alberto Franceschini[35]] "le foto in cui c'ero io - dice Franceschini - e una foto con Moretti indicato con un cerchietto. Caselli chiese lui:

"Lei conosce questa persona?". Erano le foto con Casaletti, quelle del primo incontro. Io rispondevo di no. Poi mi fece vedere le foto in cui c'ero io e una foto con Moretti indicato con un cerchietto. Mi chiese se lo conoscevo e risposi di no.”

Lui si mise a ridere e mi disse:

“Se non lo conosce, almeno si ponga il problema del perché l'operazione è stata fatta quando c'era lei e non quando c'era quella persona.”[36]

«Quando fui arrestato, il giudice Giancarlo Caselli nel corso dell'interrogatorio mi fece vedere una cinquantina di fotografie in bianco e nero, mescolate tra loro, sugli incontri con Frate Mitra».

La foto fu scattata durante uno dei primi due incontri ai quali si presentava una persona come “probabile” nuovo brigatista. Dopo l’interrogazione, il magistrato negò di aver fatto questa domanda. La foto fu fatta sparire nella nebbia del tribunale, essa faceva vedere inoltre una terza persona di particolare interesse che ovviamente doveva rimanere in incognita. Al terzo incontro fu arrestata la menta intellettuale della prima ora delle Br, Franceschini e Moretti non erano presenti. Flamigni si chiede come mai l’arresto avvenne solo in occasione di questo terzo incontro. Flamigni interroga Vincenzo Fragalà per dimostrare che uno dei “falconi” come Moretti serviva libero non solo durante, ma pure dopo la morte di Moro:

“Lei ha sostenuto che il suo arresto assieme a Curcio, nel settembre 1974, fu ritardato di una settimana dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per evitare che venisse catturato anche Moretti. Perché?”

«Fu ritardato di alcuni mesi. È un altro di quegli episodi strani di cui non ho mai trovato la spiegazione. Gli incontri con Frate Mitra [Silvano Girotto, ndr] furono tre, in mesi successivi. A tutti e tre andò Renato: al primo assieme ad Attilio Casaletti, che è un pentito; al secondo assieme a Moretti; al terzo andai anch'io, che pure non ci dovevo essere. Dalla Chiesa, di fronte alla commissione Moro, ha dichiarato espressamente che fece fotografare tutti e tre gli incontri: lo dichiarò a proposito del doppio arresto di Patrizio Peci.[37]


L’avvocato della difesa di Curcio, Giannino Guiso, sottolinea in un’intervista alla televisione tedesca che le Br non sarebbero state capaci di eseguire una tale operazione con la mostrata precisione senza l´appoggio da parte di terze persone.[38]


6. Il falso comunicato numero sette

Il falso comunicato numero sette (alias comunicato del Lago della Duchessa) e il finto scoppio di un tubo dell’acqua il 18 aprile in via Gradoli dimostra che da parte dei mandanti c’era un certo nervosismo e una certa fretta, perciò si volle creare un depistaggio e/o magari inviare un messaggio che anticipasse la morte dello statista.


Il rifugio di Mario Moretti e Barbara Balzerani infatti era «saltato» grazie a una fuga d'acqua che secondo i vigili del fuoco sembrava fosse stata provocata: uno scopettone era stato appoggiato sulla vasca e sopra lo scopettone qualcuno aveva posato il telefono della doccia (aperta) in modo che l'acqua si dirigesse verso una fessura nel muro.[39] Sull'ipotesi di Moro vittima della trattativa, Franceschini dice tra l'altro:

"Era difficile mantenere nascosto Moro per così tanti giorni in una città come Roma, perché se ci fosse stato anche un solo servizio, ad esempio il Kgb, che non era d'accordo, sarebbero stati scoperti. Questo significa che esisteva un accordo tra tutti quelli che contavano e che avevano deciso che Moro doveva morire. Quel tipo di strategia politica doveva finire. Il sequestro Moro aveva chiuso quel tipo di strategia politica."

Su quel 18 aprile (Via Gradoli- Lago della Duchessa) che è forse la giornata cruciale del rapimento, Franceschini dice:

"L'operazione Lago della Duchessa-via Gradoli (vanno sempre tenuti insieme) è un messaggio preciso a chi detiene Moro. Da lì c'è una svolta precisa. Gli dicono: «Noi vi abbiamo in mano, possiamo prendervi in qualsiasi momento». Inizia quindi, secondo me, una trattativa sotterranea tra chi detiene Moro e una parte dello Stato. Mi immagino questa trattativa come un braccio di ferro che alla fine produce certi risultati. Un risultato è: la morte di Moro, la salvezza dei brigatisti che lo avevano in mano. Probabilmente, all'interno dello schieramento che faceva la trattativa c'era anche chi pensava che Moro potesse essere liberato..." [40]

9 aprile 1999: Il settimanale «L'Espresso» pubblica, a cura di Antonio Padellaro, un resoconto dell'audizione di Alberto Franceschini in commissione stragi (17 marzo 1999).[41]

La polizia trovò un deposito di armi nell’appartamento dei brigatisti della prima ora.



7. Le informazioni trattenute

Secondo Flamigni la polizia giudiziaria sa chi ha scritto il comunicato del “Lago della Ducchessa”, ma l’informazione non viene passata né alla Commissione parlamentare né alla Magistratura. Il corpo di Aldo Moro giace sul fondo del lago della Duchessa[42], diceva il comunicato numero sette delle Br, fatto recapitare il 18 aprile, ma era un falso. L’autore del falso comunicato, si scopre successivamente, è Toni Chicchiarelli, un criminale della “Banda della Magliana” la quale veniva chiamata in causa, in certe occasioni, dai servizi segreti, per eseguire qualsiasi “lavoro sporco”. Ci si è chiesti chi fosse la mente che aveva ordinato di preparare quel comunicato. È chiaro che si trattò di un depistaggio. Chicchiarelli non può più rispondere, verrà ucciso qualche anno dopo. Le indagini finiscono nella sabbia della “Giustizia”.



8. Le minacce a Moro

Esse costituiscono un altro mistero mai chiarito. Lo statista aveva ricevuto intimidazioni già durante il suo viaggio ufficiale in America, e negli ambienti politici si aveva sentore che le Br stavano preparando un «attentato contro un esponente democristiano». Un agente della scorta dell’on. Moro si era reso conto, già alcune settimane prima del rapimento, che qualcuno seguiva la macchina dello statista, la segnalazione fu fatta pervenire alla polizia la quale non la prese in considerazione, tanto meno sembrò interessare a qualcuno e in seguito nessuno poté e/o volle ricordarsene. Fu questa una situazione che aveva comunque indotto Moro a pretendere una scorta per i figli, a mettere vetri blindati alle finestre del suo studio in via Savoia e il suo caposcorta Oreste Leonardi a chiedere inutilmente un'auto blindata per il suo protetto.

Il presidente Dc aveva ricevuto, dopo la decisione di «aprire» ai comunisti, in America durante un viaggio ufficiale, minacciosi avvertimenti di «altissimo livello» in cui lo si incitava ad abbandonare il suo piano di “compromesso storico” aggiungendo che avrebbe dovuto fermare il tutto o l’avrebbe pagata cara. Moro tornò dal nuovo Continente con una profonda insicurezza e confusione per questo voleva ritirarsi dalla politica per qualche anno. Egli ne aveva parlato - rompendo una ferrea tradizione di riserbo - con sua moglie Eleonora Moro che a sua volta ne parlò, in seguito, davanti alla Commissione. Non si sa se Moro ha saputo del fatto che Kissinger sosteneva con alta probabilità GLADIO e aveva contatti diretti con la CIA che a sua volta aveva piazzato i suoi fedeli nella Propaganda Due.[43]

Nel gennaio 1999 è venuto alla luce che Henry Kissinger informò il governo cinese nel 1974 che gli Stati Uniti avrebbero impedito ai comunisti italiani di entrare nel governo per non creare un precedente in Europa. Lo si apprende dai verbali di un colloquio tra Kissinger, che era allora segretario di Stato degli Stati Uniti, e il vice primo ministro cinese Deng Xiaoping. Il testo è stato pubblicato dai ricercatori della George Washington University che lo hanno ottenuto in base al “Freedom of Information Act”.[44]


A Washington, nel 1975, gli Stati Uniti preparavano un intervento militare in Jugoslavia ma diffidavano dell’aiuto da parte dell'Italia. [45]

«Dovete capire - disse Kissinger a Deng - che noi facciamo e diciamo cose destinate a paralizzare non soltanto la nostra sinistra ma anche la sinistra europea. Siamo contrari e resisteremo alla inclusione della sinistra nei governi europei. Faremo così in Portogallo perché non vogliamo che sia un modello per altri paesi. E lo faremo in Italia, e naturalmente in Francia» e prosegue con «La Democrazia ha dirigenti molto deboli».[46]

Poi scoppia in una risata e aggiunge:

«il presidente del Consiglio, Moro, ha la tendenza ad addormentarsi mentre gli si parla»[47]

Questo atteggiamento da parte di Moro accentuò ancora di più il conosciuto disprezzo di Kissinger nei suoi confronti.

Sull'eurocomunismo Deng Xiaoping mostrava invece un atteggiamento tollerante e spiega che può essere utile «come esempio negativo». Ma Kissinger ribatte che una vittoria elettorale dei comunisti in Francia o in Italia avrebbe «conseguenze gravi» per la Nato in quanto

«rafforzerebbe l'ala sinistra del partito socialdemocratico tedesco, fortemente influenzato dalla Germania dell'Est».[48]

Kissinger deplora la debolezza della Dc e racconta come Moro si sia addormentato mentre egli gli parlava.

«È sempre lo stesso gruppo, ribatte Kissinger «ma il gruppo di governo della Dc non è molto disciplinato. Noi siamo del tutto contrari a quello che in Italia si chiama compromesso storico e non diamo visti per gli Stati Uniti ai comunisti italiani. Ma loro hanno messo un comunista in una delegazione parlamentare che verrà a Washington e che noi non abbiamo scelto».


9. “Le carte” di Moro

Per tutti i 55 giorni della sua prigionia, Aldo Moro aveva scritto: lettere, appunti, ma anche una sorta di riassunto dell'interrogatorio al quale lo stava sottoponendo Mario Moretti. Quelle carte verranno ritrovate in due tempi, nella base Br di via Monte Nevoso a Milano: un primo ritrovamento fu fatto nel '78, ad opera dei carabinieri del generale Dalla Chiesa, un secondo, dodici anni più tardi. Si trattava di quarantatré pagine la prima volta e di 421 la seconda, più una serie di lettere inedite. Ma ci si può chiedere se c'era davvero tutto, e se mancava qualcosa, di cosa si trattava? Moro aveva parlato a Moretti di alcune pagine nere della vita politica di quegli anni e aveva fatto rivelazioni potenzialmente devastanti, che però le Brigate rosse sembrano non aver recepito o almeno così hanno dato ad intendere.[49] Moro traccia, tra altro, il bilancio di uno stato corrotto, parla della relazione di Andreotti con la CIA, dello stesso Andreotti che ha detenuto, più a lungo di chiunque altro, la carica di capo dei servizi segreti ed inoltre ha esposto fatti che riguardavano GLADIO e di certi particolari riguardanti assegni che passavano dalle mani di Andreotti, sarà proprio di questi assegni che parlerà Pecorelli (vedi capitolo).

Il presidente della Commissione strage, Giovanni Pellegrino, sta per presentare la sua relazione finale. Il Messaggero parla in un recente articolo di giovedì 29 Luglio 1999 a cura di Massimo Martinelli, intitolato La relazione della Commissione stragi: più che la vita dello statista, si volle salvaguardare la riservatezza - Caso Moro, sui segreti lo Stato trattò con le Br, di un nuovo scenario, che arriverebbe dopo 21 anni: Aldo Moro fu costretto a svelare segreti di Stato e particolari imbarazzanti legati a circostanze talmente riservate da essere motivo di preoccupazione dei servizi segreti di altri paesi. E quando fu chiaro che egli stava cedendo agli interrogatori sempre più pressanti, la trattativa «vera» non riguardò più la sua vita, ma la restituzione dei verbali con le sue dichiarazioni.

Ma a tutt’oggi le autorità giudiziarie non sono in possesso dell’originale completo di quel documento. Giovanni Pellegrino individua, nella sua relazione, un momento preciso in cui le Br cambiarono atteggiamento:

“accade subito dopo il comunicato numero 6, che precede immediatamente il falso comunicato della Duchessa e la contemporanea «scoperta» del covo brigatista di Via Gradoli. Fu allora che cominciò l’«oscura partita», come la chiama Pellegrino, tra alcuni dei brigatisti e apparati dello Stato. Pellegrino ricorda, come il falso comunicato sul lago della Duchessa e anche i riferimenti a Gradoli (dove era una delle prigioni di Moro), erano in realtà solo messaggi che spezzoni di qualche servizio segreto inviarono ai brigatisti per piegarli alla trattativa sui verbali di Moro. Quei messaggi miravano a far capire ai brigatisti che, se lo Stato avesse voluto, poteva annientarli. Tanto valeva scendere a patti. E la posta in gioco, a quel punto, non era più la vita di Moro, quanto la segretezza delle sue rivelazioni.“[50]



La suocera di Dalla Chiesa, la Signora Setti Carraro, sostiene la tesi secondo la quale Dalla Chiesa non avrebbe consegnato l’interno materiale ad Andreotti per una necessaria precauzione. Si ricorda di aver sentito dire dalla figlia:

”Io so delle cose tremende, ma non posso dirtele. Se te le raccontassi, non ci potresti credere. Carlo mi ha fatto giurare di non dirle a nessuno”[51]. Dopo il suo assassinio, questi documenti, che egli conservava in una cassetta, scomparvero misteriosamente. (Cfr. Drake, p. 257)

Richard Drake ricorda che Franco Evangelisti, allora senatore DC, parlò del suo ruolo di messaggero tra Andreotti e Dalla Chiesa.

“Descrisse una visita alle due di notte quando Dalla Chiesa si presentò con un dattiloscritto che diceva provenisse dalla prigione di Moro. Mele concluse su quel documento che “potrebbe trattarsi del cosiddetto memoriale”[52].

Drake dimostra un’altra prova: “Il testimone Ezio Radaelli sostenne che un emissario di Andreotti aveva cercato di fare pressioni su di lui perché cambiasse la sua deposizione riguardo ai movimenti finanziari del senatore.” (Cfr. Drake, p. 257)



10. “Più in alto” – La domanda ai santi

Il generale Dalla Chiesa e Cossiga sembra abbiano avuto un incontro, non è ancora chiaro però chi dei due sia andato a far visita all’altro. Dalla Chiesa voleva informare Cossiga di una certa possibilità con la quale si sarebbe potuto scoprire la prigione di Moro. In quell’occasione Cossiga cercò informazioni “più in alto ”.



11. L’aiuto negato

Durante una breve intervista nel carcere napoletano (il Ministero di Grazia e Giustizia negò comunque l’intervista) Raffaele Cutola, capo della Camorra, rispose alla domanda circa l´aiuto prestato nel caso Cirillo, il quale era stato sequestrato dalle Brigate rosse nel 1981. Grazie alla intercenzione di Cutolo, richiesta da parte della politica, Cirillo deputato della Dc, era stato infatti liberato. Nel caso di Moro un avvocato si mise in contatto con Cutola. Niccolino Senso, amico dello stesso e malavitoso della Banda della Magliana scoprì per caso il covo di Moro, Cutola fece sapere il fatto a diversi personaggi politici, ma gli venne subito fatto capire che non si doveva occupare del fatto, in altre parole le autorità si rifiutarono di prestare qualsiasi aiuto.



Drake scrive:

“Buscetta era stato personalmente coinvolto nel piano fallito, della mafia per salvare Moro. Mentre scontava una pena detentiva a Cuneo, al mafioso era stato chiesto dall’organizzazione di contattare i detenuti delle Brigate rosse [nel carcere di Torino, n. mia] per ottenere il rilascio dell’Ostaggio. Egli accettò di farlo, ma prima di tutto doveva ottenere un trasferimento a Torino, dove i capi delle Br erano sotto processo. Il trasferimento non ebbe mai luogo. Fu bloccato da politici, seppe più tardi: “Questi non lo vogliono liberare Moro.“[53] (Drake, p. 251)



12. Il rapimento anticipato

Due significativi avvenimenti accaduti PRIMA del rapimento di Aldo Moro:
a.) Roma. Due donne della polizia sentono mezz’ora prima del rapimento di Aldo Moro su una stazione radio privata (Radio Radicale?) che lui sarebbe stato rapito.
b.) Siena. Una persona cieca ascolta casualmente, la sera prima della strage, il 15 marzo 1977, verso le ore venti, un dialogo tra due persone, probabilmente due carabinieri, prima che si allontanino in macchina. I due parlarono del fatto che Aldo Moro sarebbe stato rapito e la scorta uccisa. Il cieco corse in un bar e raccontò l’accaduto.



13. I probabili mandanti – le forze oscure

Sui mandanti della strage di stato esistono varie tesi:

a.) “Si ritengo infatti che le Br nell’operazione Moro siano state uno strumento, forse anche inconsapevole, di un progetto nelle mani di forze straniere che hanno agito in connessione con gli apparati piduisti dello Stato”[54]

b.) Sergio Flamigni:

"Mi sono convinto che i misteri insoluti siano da ricercare più nei Palazzi che non tra le Brigare Rosse".[55]

Durante un’intervista televisiva Flamigni parla di una “strumentalizzazione” delle Br e avanza alcune dimostrazioni che sostengono la sua tesi.

Pellegrino incalza ancora Signorile e gli chiede prima se ha letto il memoriale di Moro poi se sa chi poneva le domande all'ostaggio. E aggiunge:

«Poiché le Brigate rosse hanno giustificato il fatto di non aver pubblicato il memoriale dicendo che il prigioniero non disse cose utili alla loro analisi, perché gli venivano rivolte quelle domande?».

Risposta di Signorile:

«Da quel poco che ricordo, le domande erano precostituite, nel senso che erano costruite fuori».

E il presidente: «Sembrerebbe che chi fa quelle domande non appartiene al gruppo conosciuto dei brigatisti». (Il Messaggero, 10.06.1999)

Secondo Pellegrino, l'allora ministro dell'Interno Francesco Cossiga ebbe questo sospetto fin dai giorni del sequestro:

"Cossiga non era tra quelli che non volevano salvare Moro. Ma certamente ha la coscienza che molte delle persone che gli erano vicine in quei drammatici giorni non si muovevano per salvarlo. E probabilmente era sovrastato da forze più grandi di lui".[56]




14. Guido Passalacqua, giornalista de La Repubblica sulla pista della falsa scuola di lingua per le Br



Guido Passalacqua, giornalista de La Repubblica, si mise sulla pista dell’influenza del cosiddetto Superclan e la finta scuola di lingua parigina Hyperion.[57] Il 12 aprile 1980 scrisse che sarebbero state una, due o tre persone a decidere sulle azioni di terrore e che sarebbero state proprio quelle del vero commando delle Br. Quando tempo dopo Passalacqua annunciò che avrebbe pubblicato altre rivelazioni venne ucciso nel maggio 1980.
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Il ruolo della Chiesa cattolica


A 20 anni dal rapimento, nel marzo 1998 Andreotti racconta in un'intervista al «Giornale» per la prima volta un clamoroso risvolto della tragedia. Paolo VI voleva pagare 10 miliardi per Moro.

Andreotti rivela:

«Fra le iniziative del Vaticano per ottenere la liberazione del presidente della Dc ci fu l'offerta di un fortissimo riscatto. Il tramite con cui cercavano di arrivare ai brigatisti era un cappellano delle carceri. Era Paolo VI che si muoveva, io non frapposi alcuna difficoltà. Ho sperato con tutte le mie forze che quel tentativo portasse alla liberazione di Moro »[58]

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Sulle tracce della nuova prigione nel ghetto - Mino Pecorelli ne parlò
allusivamente su “OP”


Un interrogativo che si aggiunge ai tanti: dal perché Pecorelli parlò di un misterioso Igor e di una contessa dai capelli biondi, al perché in via Gradoli fu trovato il numero di telefono dell'Immobiliare Savelli, proprietaria di Palazzo Orsini.[59]
Il Messaggero pubblicò il 29 maggio 1999 un articolo intitolato “L‘inchiesta mai chiusa - A parlarne fu il giornalista Mino Pecorelli su un bollettino di “OP”, pochi giorni prima di essere assassinato.” Secondo Giovanni Pellegrino la nuova prigione dalla quale uscì la Renault rossa con il cadavere di Moro non sarebbe in via Montalcini, 8 come i brigatisti hanno sempre fatto credere, si troverebbe invece nel centro storico, precisamente al Ghetto ebraico, a pochi passi da via Caetani, dove l‘auto fu fatta trovare. Esistono presupposizioni secondo le quali l’ultima prigione di Moro possa essere anche stata all’interno di Palazzo Orsini,[60] sede diplomatica di banche ed agenzie. In passato, durante il sequestro Moro, la magistratura aveva indagato sul palazzo; il primo ad occuparsene fu il consigliere istruttore Ernesto Cudillo, che il 22 aprile ’78 fece fare un’intercettazione telefonica su un residence dello stabile. Tale decisione fu presa in seguito al ritrovamento, nel covo di via Gradoli, di una piantina topografica di Palazzo Orsini comprensiva di tutte le entrate e le uscite, dal complesso immobiliare. La registrazione tuttavia, non a caso, non compare agli atti del processo.

La storia ha insegnato l’utilità di non rendere pubbliche le prove. Fine maggio 1999 Pellegrino afferma:

«Siamo vicini ad una svolta, so cose che non posso dire e che non direi neppure in seduta segreta alla commissione stragi»”.[61]

Particolare importante appare il fatto che il palazzo è dotato di cantina e garage e sulla piantina trovata nel covo di via Gradoli compaiono dettagliate indicazioni sulla consistenza delle mura esterne e sulle parti sotterranee e degli scavi del teatro Marcello che arrivano fin sotto la nobile residenza. È incredibile come, a questo punto volutamente, non si sia collegato il tutto a Moretti com’è logico che fosse e che sia stata autorizzata una completa ristrutturazione del palazzo prima di un’esauriente indagine. In un appunto scritto da Mario Moretti compariva il nome della titolare dell’agenzia Savellia, che curava la gestione dell’immobile di proprietà della marchesa Rossi di Montelera. Nessuno non ha mai indagato più di tanto su questo strano collegamento tra la Savellia e Mario Moretti, e adesso (nel 1999) nessuno potrà farlo più. La contessa è deceduta qualche tempo fa. Accanto al numero di telefono c’era anche una misteriosa nota circa 15 gocce d’atropina, noto anestetico.

Nell’appunto di Moretti c’era una frase un po' criptica: “Marchesi Liva mercoledì 22 ore 21 e 15 - atropina.”

Massimo Martinelli scrive su Il Messaggero un articolo dal titolo «Io, il portiere del palazzo dei misteri»“ che se letto con attenzione, conferma l’esistenza di un filo che conduce a Moretti:

“... oggi il suo appartamento al terzo piano del primo stabile di Palazzo Orsini è passato di mano. È lo stesso appartamento che ventuno anni fa era intestato all’Immobiliare Savellia” - [...] - «Che c’è di strano? - dice il portiere [che difende tutti e afferma che non lasciò mai passare nessuno (tranne le gocce di Atropina?, n. mia)- la contessa non si era voluta intestare la casa e l’aveva lasciata a nome di quella società. Lo fanno in tanti.». [...] Di strano c’è che durante i tempi di piombo [...] il numero telefonico dell’Immobiliare Savellia, lo 06-659127, lo trovarono nel covo brigatista di via Gradoli, sulla Cassia. Era in un appunto scritto da Mario Moretti in persona, quello che secondo molti investigatori conosce i «dietro le quinte» del caso Moro che non conosciamo noi. “ [62]

Esiste un’altra persona, un brigatista pentito del nord-Italia, Efisio Mortati, che si ricorda di un covo nel Ghetto e ciò conferma l’ipotesi sovraformulata:

“ [....] il presidente della commissione Stragi, Imposimato e Priore ricordano invece di quando, durante l’inchiesta Moro-quater, furono fotografati da un’ignota mano mentre notte tempo si aggiravano per il Ghetto, in compagnia di un brigatista pentito del nord-Italia, Efisio Mortati, che ricordava di essere stato ospitato in un covo br che si trovava nei pressi di piazza Argentina, ma non conoscendo l’indirizzo e non essendo romano non riusciva a ritrovare la strada. Covo e prigione nella stessa zona. Qualcuno fece recapitare le foto a Palazzo di Giustizia, un’intimidazione dice ora Imposimato. Non delle Brigate Rosse, sembra di capire.[63]



Se il covo e la prigione si trovavano nella stessa zona questo pezzo della storia delle Br dovrebbe essere riscritto per capire la verità.

A parlare della prigione al Ghetto, di un passo carraio e dei leoni di pietra al cancello d‘ingresso fu Mino Pecorelli su Op, pochi giorni prima di essere ucciso, in un trafiletto dal titolo «Vergogna buffoni» che pesantemente alludeva ai troppi punti oscuri del sequestro Moro, e ora sappiamo, grazie al processo Andreotti, che Pecorelli per queste sue elucubrazioni, o che tali apparivano, aveva una fonte di prestigio, il generale Dalla Chiesa. In uno degli ultimi scritti Pecorelli attribuisce ad una misteriosa duchessa romana, presente in via Caetani, riflessioni che egli scrisse due settimane dopo l’uccisione di Moro. Sembrava che egli conoscesse l’ultima prigione: scrisse infatti che in via Caetani, dietro il muro dov’è stato trovata la Renault, la Duchessa vede:

“i ruderi del Teatro Balbo, il terzo anfiteatro dove un tempo antichi guerrieri scendevano nell’arena. Chissà cosa c’era nel destino di Moro, perché la sua morte fosse scoperta contro quel muro”.

Un chiaro riferimento a Gladio, dicono gli esperti, ma anche al Lago della Duchessa, il falso volantino numero 7.[64] Seguendo le indicazioni seppure cifrate di Pecorelli, si giungerebbe sulle tracce di Palazzo.

Se tutto ciò è vero, i misteri hanno le ore contate. Tuttavia manca ancora il nome dell‘„anfitrione“ che a Firenze, durante il caso Moro, ospitava la direzione strategica delle Br. È sempre a Firenze il luogo dove vennero prese le decisioni sul destino di Aldo Moro e dove furono battuti a macchina i nove comunicati Br, non è ancora chiaro come Azzolini perse il borsello che conteneva le chiavi del covo di via Monte Nevoso a Milano, ritrovato dai carabinieri di Dalla Chiesa che riuscirono ad aprire la porta senza (!) conoscerne l’indirizzo.

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Il partito della trattativa e il partito della fermezza; gli autogol visti da Pellegrino e Cipriani


Durante i 55 giorni della prigionia due opposti schieramenti, il “partito della trattativa” (i trattativisti) e il “partito della fermezza”, si fronteggiarono. Tra coloro che si schierarono dalla parte dei trattatitivisti c’è chi sostiene, ancora oggi, che le autorità dello Stato si siano gravate di trascurare concrete e reali possibilità di salvare Moro. Ma come è possibile credere alla fermezza? Si interroga Luigi Cipriani, quando mai i democristiani sono stati fermi su qualcosa? Come mai, continua ancora Cipriani, quando viene colpito Cirillo patteggiano coi deprecati eversori? Come mai dopo il sequestro Dozier, non appena gli americani lamentano che l’Italia è un paese dove “quattro straccioni” si possono permettere di rapire un generale americano, i nostri scattano sull’attenti e liberano l’ostaggio in due secondi, senza spargere sangue?

Subito dopo l’uccisione di Moro i brigatisti vengono arrestati, ma non sarebbe stato più facile arrestarli prima? La destrezza militare dimostrata nell’agguato di via Fani stride con l’approssimativo addestramento all’uso delle armi dei brigatisti, tanto più che quello di via Fani rimane magari unico episodio nella storia del terrorismo sia per la complessità dell’azione, sia per il successo con cui si concluse. È difficile credere nella straordinaria potenza delle Br che tiene sotto tiro le istituzioni e i servizi segreti internazionali quando poi in via Fani le loro armi s’inceppano. Risulta fondata l’ipotesi che abbiamo concorso, sia alla programmazione, sia alla gestione del sequestro Moro, “forze diverse” dalle Brigate Rosse.[65]

In un attuale articolo de «L’Espresso» del 10.06.1999 viene descritto un colloquio tra Pellegrino e l'ex ministro socialista Claudio Signorile nel quale si chiedono notizie del vero regista.[66]

Signorile diceva d'essersi sempre chiesto perché mai il cadavere dello statista Dc fosse stato collocato a via Caetani proprio la mattina in cui si sarebbe riunita la direzione democristiana:

«Dopo il rapimento il 9 maggio 1978 si riuniva per la prima volta non la delegazione, ma la direzione Dc ed io avevo notizia [da Amintore Fanfani, ndr], che telefonicamente trasmettevo imprudentemente, di un segno di novità che si sarebbe manifestato in quella sede. Moro venne ucciso in quel momento e mi sono sempre chiesto perché, perché non due giorni prima o un giorno dopo».



Alla commissione strage interessava il ruolo politico avuto dal Psdi nelle trattative durante il rapimento di Moro e il cosiddetto partito della fermezza. Era inoltre interessante capire l’entità degli contatti, durante i 55 giorni, tra il Psi e Franco Piperno e Lanfranco Pace e di quest'ultimo con Valerio Morucci e Adriana Faranda. Pellegrino osserva, durante la seduta, che ci sono stati degli incontri, i quali consentivano ufficiosamente ad una parte delle Br di avere un interlocutore politico e chiede perché mai di tutti questi incontri non venne mai informata né la polizia né la magistratura: sarebbe bastato un pedinamento di Pace per arrivare prima al covo di via Gradoli e forse anche alla prigione di Moro.[67]

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Gli Autogol secondo Cipriani


Luigi Cipriani sintetizza molto bene la questione parlando di una serie di autogol:



«Il primo lo fece il protagonista della vicenda la cui politica aperturista, dieci anni prima della caduta del Muro, riuscì del tutto indigesto agli americani e gli procurò nel suo paese le reazioni più disparate. [...] Un secondo autogol è attribuibile all’on. Enrico Berlinguer, sostenitore entusiasta della fermezza contro gli eversori - non capì che la fermezza non era contro di loro, ma contro Moro - e scaricato subito dopo. Il terzo ai brigatisti, che per colpire l’uomo simbolo della normalizzazione innescarono un clima di repressione, legalitarismo, caccia alle streghe che in Italia ha pochi precedenti; e, credendo di attaccare il regime, gli fecero un favore della madonna. Il capitalismo italiano reagì al delitto dello statista con una ventata di felicità, il rifiorire dell’attività economica, la borsa alle stelle con rialzi mai visti. Questa pompata di ottimismo, la sterzata a destra del quadro politico seguita al delitto, la quasi unanimità attorno alla politica della fermezza, le interferenze dei servizi e della mafia per giungere all’esito letale rendono l’idea di un blocco di potere tremendo che certamente trascende da un „pezzo deviato“ a cui addossare le colpe: la congiura trovò in quel blocco un contesto molto, ma molto favorevole, anche se naturalmente non tutti vi parteciparono: Ed era un blocco che negli stessi limiti ma altrettanto, poteva schiacciare la piccola armata che cominciò la vicenda ed è lecito dubitare l’abbia chiusa»[68].

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Gli appartamenti di via Gradoli ed il ruolo del Sisde


Gli appartamenti di via Gradoli erano di proprietà di società che erano legate al Sisde come società di copertura, come sostiene Flamigni.[69]

Di questa traccia si trovano vari documenti ipertestuali. Ne cito uno di Haganah:

“Craxi osserva che se Flamigni può documentare che a via Gradoli c’era un appartamento di proprietà del Sisde, allora «tutta la tragica vicenda andrebbe riletta da cima a fondo: se fosse vero sarebbe una verità esplosiva».”[70]

La Repubblica chiede ironicamente “Che pensare degli investigatori che nel corso di un sopralluogo nell'appartamento di via Montalcini non notano nulla di strano, mentre sul pavimento ci sono, belle evidenti, le tracce del muro che occultava la cella di Moro?” [71]

Due sono le rivelazioni principali del libro Convergenze parallele di Sergio Flamigni:
la prima è che a via Gradoli 96, dove Moretti collocò la base operativa delle Br romane, c'erano 20 appartamenti intestati a società di copertura del Sisde. La seconda è che nelle Br di Curcio, l'Ufficio Affari Riservati del Viminale era riuscito ad infiltrare un suo uomo, Francesco Marra, un ex parà che fece parte del commando che rapì il giudice Mario Sossi. E poi i documenti della scoperta del covo di via Gradoli 96 scomparsi financo dal commissariato

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INDICE GENERALE
by L'indice degli autori Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:22 PM mail:  

INDICE GENERALE

Questa pagina permette di conoscere il sommario di tutti i numeri della rivista finora pubblicati, a partire dal no.0 [febbraio 1987 – dove le indicazioni da 0.1 a 0.10 sul numero 0 si riferiscono agli sporadici mensili usciti, preliminarmente al no.1 del luglio 1987, da aprile 1986 a maggio 1987].

Da questo indice generale, dove per ogni numero si trova il suo contenuto, si può aprire il collegamento a una cartella relativa al numero stesso della rivista, con tutti gli articoli e rubriche pubblicati nel relativo fascicolo. Le cartelle in questione sono in formato *.zip, nella modalità in cui i diversi articoli e rubriche si possono trovare ciascuno in un distinto documento [la numerazione delle pagine non corrisponde ovviamente a quella cartacea]. Tra parentesi quadre sono riportati i temi principali trattati nella rubriche: no – contro/in/formazione, Quiproquo (dal no.34), Abicì d’anteguerra & poesie.

(Naturalmente, non si trovano qui tutti i numeri della rivista: per quanto riguarda quelli attuali, si aggiornano regolarmente i numeri usciti esclusi gli ultimi due in circolazione; per quelli vecchi, la serie completa sarà aggiornata via via che conversione grafica e rilevazione tramite scandaglio ottico lo consentiranno, e per ora si è risaliti al no.57 - novembre-dicembre 1996; i lettori che dovessero riscontrare difformità o errori sono invitati a segnalarli). L'indice degli autori è qui direttamente collegato a questo indice generale per numero.



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0-gen.mag.87 : Presentazione - Il concetto di proprietà in Marx - La ricchezza borghese - Accumulazione e mercato mondiale: il problema del debito - Sul rapporto metropoli-periferia - Marx e l’eccezione americana - Debito e accumulazione - Il piano Baker - Il mondo stregato del sig. Capitale - Rapporti materiali di produzione - "Come se in corpo ci avesse l’amore" - Robot e automazione - Il carattere putrescente dell’imperialismo Usa - Progetto "Saturno", Brigate di produzione - Neocorporativismo: per una identificazione del sindacalismo confederale - Mutamenti storici della forma-valore - Valore e prezzi - AIDS: Arrivano I Demoni Soddisfacenti - Dieci anni di Cipputi

[no.0.1: Crisi economica; Guerra della Sirte e terrorismo; Prontuario del sindacalismo corporativo; Confindustria; Pizzinato; Sindona e Opus Dei]

[no.0.2: Tokyo e Hotel Plaza; Politica disoccupazionale; Flessibilità; Chernobyl; Uomo forte, divina provvidenza; Libertà di stampa; Lettera aperta (presentazione)]

[no.0.3: Trilaterale, petrolio, mercati finanziari, Gatt; Crisi; Relazione BI; Enciclica, concordato, scuola; Servizi segreti; De Mita]

[no.0.4: Protezionismo, capitale libero; Mossad, Siria e Libia; Scudo stellare; Conflitti deboli; Montedison; Contratto metalmeccanici; Finanziaria; Reaganismo; Grande giornalista]

[no.0.5: Libero impero; Armamenti; Piano agricolo; Postsindacati; Cina; Studenti: Francia 86; Cia, giornalisti; Reagan]

[no.0.6: Mercato bellico e criminale; Merce contro merce; Grande finanza italiana; Diritti di classe; Povertà, lavoro nero, straordinari; Falcucci; Democrazia e giornalismo]

[no.0.7: Cambi; Bisogno di imperialismo; Porto di Genova; Salari e lotta di classe; Ferrovieri; Cia; Bambini morti; Religione a scuola; Nicolazzi]

[no.0.8: Capitale mondiale, protezionismo; Agnelli; Modello Giappone; La corte di Gorbaciov; Sfruttamento; Cig; Indipendenza della magistratura; Infami]

[no.0.9: Vario sfruttamento; Wojtyla - Delle Chiaie - Pinochet; Gli anni dei bambini; P2 - piano di rinascita democratica; Craxi; Crisi politica italiana]

[no.0.10: Borsa; Postindustriale; Corporazione internazionale; Agnelli & Gardini; Trasparenza; Giugni; Formazione lavoro, cooperative; Dittature]

[poesie: Ideolecc.; Pensiero debole; Motivo forte; Ventura; Di qua dal podio; Errore di prospettiva; Rime postume; "Apprendiamo che il de-"; "Dopo la sconfitta"; "Cosa fate fratelli?";

La gente; Quella becchina; Ansia; L’operazione; Il tempo di sempre; A un vecchio cancello; Ballata del fallito (alla maniera di François); Scantonando; Quella porcina; Mendicante; Delirium tremens; Blasone; Un fallito; Epitaffio per mio padre, operaio di strada; Cena; Pensionamento del cantoniere; Del bere; Anagrammi sul nome di un amico; Sciarada criminalpoliticosindacale; Il sindaco; Post-scriptum; Cartolina illustrata dal vittoriale; Lo spogliarello della signora <5>; Il grande cappellano <9>

1-giu.lug.87 : La Grande Riforma: capriccio postelettorale - Il marciapiede della prospettiva Nievski - Ma che politica! che cultura! sono solo comitati di base - I conti della guerra di classe: documenti sul piano Marshall, documenti sul piano Dawes - La scuola francese della regolazione - L’ombrello letterario

[no: Giappone; Usa; Capitale finanziario; Armamenti; Confindustria; Licenziamenti; Sindacalisti; Disoccupazione; Salario; Relazione BI; Occhetto]

[poesie: Parlando lo stesso linguaggio; Conoscenze; Nevrosi per esercizio di potere; Teatranti ‘73; Attenzione alla curva; Analisi; "Così grida l’agnello"; "Non sapendo di esserlo"; "Poiché sanno di farlo"; Inettitudine; Canzone dei tribunali; Molti modi di uccidere; Post-scriptum]

2-ago.set.87 - Pace e guerra - Colossi chimici - Le innovazioni del capitale finanziario - È questione di classe - Classi e loro forme storiche - Neomarxismo senza Marx - Sottoconsumo, sovraproduzione e plusvalore - Note e riservate - La mela, le ciliegie e il comunismo - Il ladro di ciliege, tempi duri - La cosa in sé e la cosa per sé - Nonsense e non premio - Concorso di poesia lirica 1927 - Due convegni

[no: Privatizzazione; Trasparenza; Democrazia Usa; Servizi segreti; La Malfa; Evasioni fiscali; Finanziaria; Fame e violenza; Giugni]

[poesie: Il ladro di ciliege; Tempi duri; "I grandi"; "A colui che ascolta il gergo incomprensibile"; "Scossi dai palcoscenici"; "Senza ringhi né pelo"]

3-ott.nov.87 : Ma ... cos’è questa crisi? - Crisi reale e bolle di sapone - Indirizzo di un lavoratore marxista ai compagni di lavoro - Politiche antioperaie negli anni della strategia globale - Sciopero - Il nome della legge e la legge della cosa - Referendum - Indiscutibili successi - Le trasformazioni del capitale-denaro - Timbri magici, segni di valore e genî finanziari - Modernità e capitalismo - Poesia flebile - Note sulla violenza sessuale - Il biologo dialettico

[no: Golfo persico; Pax atomica; Agnelli; Conti italiani; Sfruttamento; Trentin giovane; P2; Fantasmi dell’ottobre]

[poesie: Il referendum; Poesia flebile; "Portano alla luce il plusvalore"; "Arricchitevi"; La vera storia degli Stati Uniti d’America]

4-dic.gen.88 : Dal Louvre al museo delle cere: le dichiarazioni ufficiali - Il corso dei cambi e il tasso di interesse - La guerra del ferro - Il nuovo baratto mondiale - Elogio della merce - Canzone degli dèi inermi e dell’inerme bontà - Merce, simulacro di pazzia - Le vie del corso - Su alcuni conati di storiografia marxista - Ultim’ora: è morto Lenin - Achille e l’intelligenza - Nuove insistenze - Gli ospiti

[no: Tripolarità imperialistica; Eccedenze agricole; Benetton e Gardini; Venti dell’est; Sindacalisti e confindustria; Superlavoro; Sionismo; Goria; Premi]

[poesie: "Noi bastardi seguaci della scienza dialettica"; "Passeggiano addobbati"; "Neppur Stallon diletta"; Passatempo d’autunno; Canzone degli inermi e dell’inerme bontà; Gli ospiti]

5-feb.mar.88 : Per entro i 68 - Un provvedimento razionale - Ribelli senza diritti - Il lavoro è mobile - L’immigrazione irlandese in Inghilterra - Nuove tecnologie e dequalificazione - Ambiente e tumori - La salute del profitto - Niente degno di nota - Lo "sforzo" del postmoderno di Habermas - Michail Bachtin: comunicazione e dialettica - Le mie fantasie

[no: Managers; De Benedetti; Cronache della corporazione; Condizioni di lavoro; Morti sul lavoro; Povertà; Terrorismo; Enciclica sociale; Società Usa; Scuola; Differenzialismo]

[poesie: Per il compromesso; A dei giovani; "Rei socialis-mi laesi"; Campionatura minima sulle duplici fasi; Centro studi confederali]

6-apr.mag.88 : Finché non sanno quello che fanno - Palestina, imperialismo - Storia della colonna infame d’Israele - I costi della sovraproduzione agricola - Capitale finanziario e mercato mondiale - La caduta tendenziale del tasso di profitto - Il compagno americano - Dagli amici mi guardi Iddio ... - Filosofia della vita e tendenze reazionarie in Schmitt - Ambizioni della post-soggettività - Degli sbarchi nel cuore dell’impero - Prima persona plurale

[no: Crisi Usa; America latina; Squali finanziari; Affari orientali; Corporazione sindacale; Costo del lavoro; Drenaggio fiscale; Disoccupazione; Thatcher; Sionismo]

[poesie: "Le industrie devono avere uno sbocco di mercato"; "Ora che i porci sono tornati a essere uomini"; La voce del padrone; "Le ideologie sono morte"]

7-giu.lug.88 : Nuova democrazia e vecchia merda - Per una nuova carta del lavoro - Il generale Ludd - Nel guado tra logica e politica - Dall’araba fenice alla piovra - Gli immaterialisti - Note in margine a un dibattito - Il "Don Giovanni" di Mozart e il mondo moderno

[no: Dispotismo internazionale; Espansione giapponese e problemi Usa; Trasparenza Urss; Neocorporativismo; Perplessità sindacali; Papa; Società italiana; Relazione BI; Scuola]

[poesie: "e non hanno nemmeno un sindacato"; "Alla Tv, iersera"; "Ecco l’autentico reo"; "Meglio comandare che fottere"]

8-ago.set.88 : Neo-americanismo - Lotta di classe e "stato di tutto il popolo" - La contraddizione nel socialismo - Sul valore dei vivi e dei morti - Indipendenza dei giudici (e via nominando) - Una proposta di discussione su una nota di Mao - Nuove forme del capitale-denaro - Un mare di utili per le imprese - Le innumerevoli peripezie della "mano invisibile" - Il mito e il mendicante

[no: Debito estero; Usa - Europa; Armamenti e politica Usa;; Est europeo; Riforme Contratti corporativi; Fisco; Occhetto]

[poesie: "Le imprese"; Pentito; Assemblea; Distico al fortepiano; "Inevitabilmente irresponsabile"; "Di anni quarantaquattro"; "Nacque, costretto alle piccole cose"; "Le donne schiave più non sono né serve"]

9-ott.nov.88 : Post-sindacalismo confederale - Italia 2000: domande di un lettore operaio - L’economia di tipo sovietico - L’opera economica dei soviet - L’impero colpisce ancora - Americanismo e transizione - Gramsci a Recanati - Per una critica alla specializzazione - Dai significanti della spazzatura ai significanti della letteratura - Dalla spazzatura al delitto

[no: Crisi economica; Fmi; Nucleare; Privatizzazioni; Politica sindacale; Fisco; Debito pubblico; Vaticano; Mezzi di comunicazione; Giugni; Pci]

[poesie: Domande di un lettore operaio; "Se sogni un provino"; "Considerate i sorrisi"; "Sono la mela. Prima"; "Conti separati"]

10-dic.gen.89 : Dell’antagonismo e della lotta - La dialettica della contraddizione - Polvere, erbe e fasci - Capitale industriale e sistema del credito - La nuova legge sull’impresa statale in Urss - La concezione leniniana della cooperazione - Libero e rosso - Il marxismo, la storia, la scienza - Sotto il linguaggio, niente

[no: Siderurgia; Crack Usa; Narcodollari; Libia, Palestina; Fisco - Irpef; Sindacalisti e romitismo; Stragi, P2, Mafia; Rivoluzione francese]

[poesie: Ex libris; "Sotto questo sorriso si nasconde";

"Quando il padrone piange]

11-feb.mar.89 : Il demone dell’inflazione - Sindacalismo postfiscale - La legge contro il diritto di sciopero - La violenza e lo sciopero - Piano di rinascita neocorporativa - Contraddizione e rivoluzione in Marx - Difficoltà di riconoscere la violenza - Capitalismo e rivoluzione tecnico- scientifica - Droghe, ormoni e mercato delle vacche - Tossicomanie ed elezioni - Ma a tal loro dire è guerra - La dialettica nel teatro - La scritta invincibile - Lo stato, la violenza e la lotta di classe

[no: Capitale mondiale; Fiat; Nuovo sindacalismo; Strage di stato; Stato e violenza; Sanità; Libertà e Rodotà; Pci]

[poesie: La scritta invincibile; Il sarto di Ulm; "La lotta di classe"; Baroni; "Con quest’occhio deformato"; L’assassinio della memoria storica]

12-apr.mag.89 : Demagogia e violenza - La scoperta del capitalismo - Lo sciopero è morto? Evviva lo sciopero! - La civiltà - Materialismo dialettico e questione ecologica - La riforma sanitaria - Leggere Gramsci - Sindacati e consigli - Materialismo storico e "nuova storia" - Sulla rivoluzione francese - Musatti e la livella

[no: Fmi; Lavoro in Europa; Germania - Usa; Profitti; Iva; Pizzinato; Scioperi; 1° maggio; Giornalisti]

[poesie: "Anche i lavoratori"; L’esecuzione di Marx; "Se volete sapere perché"; Nevrosi per esercizio di potere]

13-giu.lug.89 : I corvi esorcisti e noi - La rossa primavera di piazza Tien An-men - Il significato internazionale degli avvenimenti cinesi - Rose senza fiori - C’è chi ... - Immigrazione e composizione di classe - Marxismo e perestrojka - Gramsci e la critica all’americanismo

[no: Crisi e mercati; Giapponesismo; Armi chimiche; Fusioni; Grandi gruppi; Thatcher; Nuova Corporazione; Relazione BI; Dp; Occhetto]

[poesie: "Se noi non andiamo a combattere"; Strofa popolare di Nanchino; "Crudele all’estremo"; "Vestiti da soldati"; C’è chi ...]

14-ago.set.89 : Il punto d’arresto - La crisi mondiale del debito - Sulla logica dialettica - Le confessioni di un italiano (comunista) - Il fiume - Per la classe operaia

[no: Urss, Polonia, Cina; Incerti della corporazione; Omicidi bianchi; Dirigenti sindacali; Droga, mafia, stato; Papa; Ambiente]

[poesie: "Vostre le maggioranze. I capitali?"; Patti scellerati; Dormi il tuo sonno amaro, fratello]

15-ott.dic.89 : L’imperialismo multinazionale - Parassitismo e speculazione nel capitalismo - La corporazione - Morte nel pomeriggio - "Il libero scambio è Gesù Cristo!" - Liberalizzazione o protezionismo nei mercati agricoli - Cronologia del Gatt - Piano e capitale monopolistico di stato - Per il re e per la patria

[no: Capitale spazzatura; Fmi, Banca mondiale, America latina; Multinazionali; Privatizzazioni; Gorbaciov e Eltsin; Comunismo e libertà; Lavoro e neocapitalismo; Classi; Stragi, giustizia, garantismo; Cei]

[poesie: Come chi taglia il ramo; "Si sta"; La corporazione; Alla maniera di Pascal]

16-gen.feb.90 : I comunisti - Le ragioni del comunismo - Comunismo, anno zero - La dialettica del comunismo - Lode del comunismo - Proprietà corporativa e passaggio a ovest ... - Il nome e il nulla - Crisi ecologica e antagonismo sociale - "Morti siamo" - La vendetta della natura - Gli ossi del rompicapo

[no: Deficit Usa; Cia e dittatori; Comunismo e realsocialismo; Cosiddetti sindacalisti; Stragi; Lira, inflazione, fabbisogno statale; Occhetto, Ingrao, Pci]

[poesie: Lode del comunismo; Nominibus mollire licet mala; "Sidereus nuncius de revolutionibus"; Ma un concetto sotto la parola ci starà pure!; "Ti eri condannato a morte e non ti sei ucciso"; "Morti siamo"]

17-mar.apr.90 : Vizi privati, pubbliche vergogne - Bisogni sociali e realizzazione del profitto - Pubblico-privato: lo stato incantato, il comune frammentato, la posta segreta - A chi esita - L’imperialismo tedesco - Chi ha paura della grande Germania? - Relazioni economiche intertedesche - Il processo di transizione - Letteratura e rivoluzione in Marocco

[no: Crisi politiche internazionali; Annessione tedesca; Europa cattiva; Crisi dell’auto; Gorbaciov; Sindacalismo corporativo, Trentin, costo del lavoro, inflazione; Ideologia]

[poesie: A chi esita; Il sole arrestato]

18-mag.giu.90 : Ai compagni - L’obolo di S.Pietro - Nippocorporativismo: l’ultimo impero del male, il nuovo sistema imperialistico giapponese, i rapporti sociali e di classe in Giappone, il capitale finanziario nipponico - Il comunismo del sasso - Frammenti sulla libertà - Ai margini dell’impero

[no: Allarme giallo; Fallimenti; Urss e capitale; Conquista dell’est; Licenziamenti; Irpef; Cossiga e Vassalli; Grande Riforma]

[poesie: Predica del pastore equidistante; "La lode di colui che dubita"; Il lavoro; "Tremante, fremente"]

19-lug.ago.90 : La patria corporativa - Il significato del corporativismo - Con il cuore in mano - Il mercato del socialismo - L’unione monetaria tedesca - A sud dell’Europa - Forza lavoro! - Letteratura e rivoluzione in Sudafrica - Prigione, libertà - Diavoli grandi e piccini - Il marcio regno del postmoderno

[no: Bush; Gorbaciov, Abalkin, Solidarnosc; Corporazione italiana; Ustica; Ineffabile ideologia]

[poesie: Tiro al coniglio; Prigione; Libertà]

20-set.ott.90 : Fremiti - Guai ai vinti - Teatro & "teatro" - A proposito di imperialismo - La caduta dell’impero d’occidente: lampi sugli Usa, il sogno americano - Il viaggio all’interno del terzo mondo - Così nel mio parlar voglio esser aspro - Le parole di Mefisto - Demiurghi rivoluzionari e scimmie di pietra

[no: Potere Usa; Svendita del realsocialismo; Vaticano; Gelli, Cossiga, colpo di stato; Ideologia e tecnici]

[poesie: A un asino; Storia di un diverso; "Non è un presidente"; "Il fratello il padre il figlio"; Fuga degli spettri; A un amico del pci]

21-nov.dic.90 : I comunisti e il marxismo - Atene in mare - Ricomincio da tre - Uomini fummo, e or siam fatti sterpi - La caduta dell’impero d’oriente: transizione secondo Gorbaciov, la formazione dell’economia di mercato, qualche nota sulla Nep, la crisi dell’economia sovietica - Le riforme di Gorbaciov - I tormenti del socialismo - Critica della metrofaga - Ente pubblico e profitto

[no: Commedia del petrolio; Fmi, circolazione monetaria; Autunno sindacale; Strage e colpo di stato, P2]

[poesie: A Lenin]

22-gen.feb.91 : Quando si spara - Il gladio - I comunisti e il marxismo: il problema della transizione, il trionfo del mercato mondiale, il capitale finanziario, le classi e la storia, il diritto di Diocleziano - Esaminare la contraddizione - Iww: sindacalismo rivoluzionario in Usa - Industrial Union Manifesto - Lo specchio di Lenin

[no: Fmi e terzo mondo; Intifada; Mercati dell’est; Leggerezze sindacali, inflazione, Benvenuto; Gladio e servizi segreti]

[poesie: Trust the people; Joe Hill; "Lui sa"; "L’uomo, accogliendo censure"; "Esterna"; "L’accusa principale recita"]

23-mar.apr.91 : La guerra è denaro: nell’anno del Profeta 1370, la merce-guerra, il "grande satana" - Lo spettacolo della guerra - L’ultima notte - Questione di coscienza - Nep e capitalismo di stato: cronologia della Nep, la questione della Nep - In margine al fato - Un tocco di classe

[no: Guerra del golfo; Nuovo ordine; Libertà a est; Democrazia sindacale; Crisi sociale Usa; Tesoro italiano; Cossiga]

[poesie: "Se forse qualcosa, se forse qualcosa voi desiderate"; "Siete lieti, purtroppo, che la storia è finita"; "Vi sia detto all’orecchio, ci dovreste esser grati"; "Per cogliere infin la finale vittoria"; L’ultima notte]

24-mag.giu.91 : Pianti per fronde, guerre per bande - La questione palestinese: il sionismo, la dichiarazione Balfour, lo stato d’Israele, cronologia moderna - La questione ebraica - Dal fondo del golfo - La sacra sindrome - Tecnologie e capitale - Il terminale di Pandora - L’ultima enciclica del capitale: il profitto in cielo, novus ordo - Ideologia ambientale

[no: Storie di banche; Gatt; Tasse, Europa; Gorbaciov; Karoshi; Strage, diritto, riforma istituzionale; 1° maggio, Pds, Rifondazione]

[poesie: "I patti sono cari"; Non odiare; Testa di craxi]

25-lug.ago.91 : Bisogni superflui - Premiare e punire - Salario e cottimo - Le pentole e i coperchi - Sovranità limitata - Sulle rotte del Mediterraneo - Divano occidentale-orientale - Tre gatti antiamericani - La coperta dell’America - Pontida come Teheran - Il momento attuale

[no: Germania anno zero; Capitali europei; Finanza Usa, Giappone; Singapore; Eltsin; Fiom, federmeccanica; Relazione BI; Seconda repubblica; Mass-media]

[poesie: "Non c’è uomo d’affari, non c’è finanziere che rinunci"; Popolo; "Da quando contro di lei"; Divano occidentale - orientale]

26-set.ott.91 : Nuovo disordine mondiale - Il colpo c’è stato - I collettivi di lavoro in Urss - Pax in tempore belli - La società devastata - Il presente senza storia - Sull’identità comunista - Ribellarsi è giusto - Morte a Sana’a

[no: Nuovo ordine tripolare; Privatizzazione, Borse, Gatt; Fiera dell’est; Sindacato corporativo; Violenza Usa; Cossiga; Chiesa protagonista; Differenzialismo; Bushismo e ideologia]

[poesie: "S’insultano"; "I monòliti di Carrara"; Vita di Lenin]

27-nov.dic.91 : Notte di guardia a Madrid - ¡Que viva Cuba! - L’altra parte del Giappone: il "domino" dell’impero, il dualismo della volgarità, la demodernizzazione della donna - Lo sfruttamento, nuova virtù - Il socialismo possibile - La crisi del marxismo - Il difficile a dirsi

[no: Est e Fmi; Corporazione mondiale; Tavolo della pace; Sembrare sindacato; Papa in Brasile; Rifondazione comunista; Ideologia]

[poesie: Scienza della storia letteraria; Licenza; "Aprire le porte alla libertà"; "E del nome tu sai qual sia la cosa"]

28-gen.feb.92 : Modello novantuno: imperialismo "bene comune", la distruzione dell’Urss, alla corte dei miracoli - Lo spazio europeo - L’imperialismo multinazionale europeo: il circolo europeo, i numeri dell’Europa, la sfiga del 1992 - Lenin ad Atene e Mosca - Forme su crollanti fondamenta - Epico e drammatico - Una nota sulla scuola

[no: Imperialismo; Alchimie monetarie; Est europeo; Sciopero di stato; Scala mobile; Spesa pubblica; Cossiga]

[poesie: "Il nazionalismo è l’amore"; "Sono soltanto due delle migliaia"; "Fra qualche istante ritornerà"; "Prima costruii sulla sabbia"]

29-mar.apr.92 : La seconda repubblica del capitale - Alcuni elementi per il dibattito politico - Stelle a strisce - Usa: le radici della crisi - L’ordine regna nella crisi - Il pentagono della morte - Memoria del fuoco - Il capitalismo occidentale in kimono - Il miglioramento del capitale - Il marxismo e la politica culturale

[no: Governo Usa; Csi; Licenziamenti; Elezioni; Dc; Strategia della tensione; Togliatti; Aborto; Stupro]

[poesie: La vera storia degli Stati Uniti d’America; "La lettera che riscalda"; La divisione del lavoro; "Sarò fiscale, sarò concreto"; Filastrocca dell’informatico]

30-mag.giu.92 : Capitalismo "avanzato": il silenzio degli innocenti, destabilizzazione elettorale, rovescio del voto - Congettura sul merito paziente - Anatomia di un massacro - La grande stagnazione - La seconda America: la terra del fuoco, dieci anni dopo - Delirio del futuro - Le contraddizioni del capitalismo

[no: Mercato; Usa; Giappone; Iri; Russia; Sindacalisti; Contratti; Riforma del salario; Strage di stato]

[poesie: Stornellino delle analogie dantesche; "Sono l’Uno"; "A lungo, debolmente"; "Sempre nell’interesse del paese"; "A cento milioni di dollari"]

31-lug.ago.92 : Lo stato separato - Morte e simbolo - A.A.A. Contrattazione decentrata - La rivoluzione informatica del capitale - La vecchia talpa e le macchine - Avanzi di lavoro intellettuale - Lo stato asociale del capitale - Le marionette di corte - Dentro l’occidente - Fuga da Marx

[no: Usa; Ambiente; Pizzo; Banca d’Italia; Politica dei redditi]

[poesie: "Dove si mostra la democrazia"; "è stata la crisi"; "il mercato e via dicendo"; "La punibilità"]

32-set.ott.92 : Simbolo e morte # 2 - Giochi di potere, giochi di parole - Il pessimismo della ragione - Il culto dell’imbecillità - Il Luciano del focolare - L’imperialismo italiano: Italia bella, Italia d’oro; In viaggio per l’Europa - L’orchestra nella fabbrica integrata - Slalom parallelo - Sinistri

[no: Papa e teologia; Crisi; Corporazione internazionale e nazionale; Maastricht; Interpenetrazione capitalistica]

[poesie: "Ecco l’ora e l’azione"; "La politica costa"; "Dodici fiate la notturna lampa"; "In luogo di scannarvi"]

33-nov.dic.92 : Morte del simbolo # 3 - La crisi continua: "Aridatece la lotta di classe!"; La lunga crisi; Dieci punti sulla crisi; Improvvisamente l’estate scorsa; L’eredità degli anni ottanta; La "reconquista" dell’Est!; Dentro la crisi; L’automazione critica - La spirale discendente dell’imperialismo - Americani: incubi - L’irragionevole pesantezza del presente - Le ceneri della perestrojka - "La mafia non esiste!"

[no: Mitico 89; Europa; Giappone; Corporazione e scioperi; Storie di Amato]

[poesie: "Può accadere anche questo"; "È la bugia teorica"; "È la bugia morale"; "Auspica il compiuto"]

34-gen.feb.93 : Affari di razza - Moelln: un inferno "piccolo piccolo" - Delle particolarità nella crisi - Servizi privati - Lo spettro di Maastricht - Europa allo spettroscopio - Sussidi per l’Europa - Lenin e i Bot - Movimenti di sciopero - Partecipando - Lavoratori dentro l’emergenza

[no: Disoccupazione, banche neocorporativismo; Pace e guerra; Mafia e stato; Papa; Trilogia dell’impero]

[quiproquo: Linguaggio; Produttività; Professionalità neocorporativa]

[poesie: "L’irta, la nera Europa"; "Gli oppressi"; La domanda; L’attesa]

35-mar.apr.93 : Lo sporco lavoro - Lo specchio della rivoluzione - Il lavoro e la crisi - La crisi dello stato sociale in Italia - Dopo gli intellettuali - Alla ricerca del soggetto

[no: Pentiti; Corruzione; Mafia e nuova politica; Civiltà, mondolibero, follie del capitale; Germania; Sionismo; Clinton]

[quiproquo: Cottimo; Cottimo corporativo; Flessibilità: Produttività]

[poesie: "Complice del profitto e di delitti"; "Dio benedica"; "Comprate"; "Cessato il male"]

36-mag.giu.93 : Per lo sporco lavoro, cercansi mani pulite - Colpo di stato, tecnico e pulito - Imperialismo e istituzioni - Catalogo del dolore - Perché non sono figli di puttana - Produzione di razzismo - Effetto X - Una presa di coscienza - 1992 - L’universalismo comunista

[no: Lavoro, lotte, conf-corporazione; Manicomi; Culture; Fiat; Russia; Germania; Elettronica]

[quiproquo: Corporativismo; Neocorporativismo; Ingraismo]

[poesie: "Di storia e dicerìa"; "Ai servi della forza del diritto"; "Sottil-"]

37-lug.ago.93 : Effemeridi - La lega, questa sconosciuta - I corpi medievali - Conquista della natura e accumulazione - Il vento, il sole, il mare e le masse - Narcisismo: stati di forte visionarietà - La dialettica, malgré eux

[no: Sessantotto; Banca d’Italia; Montedison; Sillogismi e sfruttamento; Marxismo; Germania; Giappone]

[quiproquo: Destra-sinistra; Mediazione; Partecipazione; Produttività]

[poesie: La concezione materialistica della storia; "Capitani d’industria noi siamo"; "Per nuovo fuoco e sangue"; "Per postuma"; "Di nulla simbolo"]

38-set.ott.93 : Scienza e rivolta - La terra compromessa - Stato, superstato & co., s.p.a. - Il protocollo d’intesa neocorporativa: Il triangolo della morte sociale; L’armonia prestabilita del 3 luglio; Più stato per il capitale; Post-modernizzazione costituzionale - La questione balcanica

[no: Mafia e politica; Rai; Montedison; Lega; Papa; Lavoro e merce; Imbrogli sindacali; Povertà e lavoro]

[quiproquo: A-anti-; Valori]

[poesie: "Secondo al solito"; "Ergo, risparmi un’ovvietà se taci"; "Dammi pericoli di tal sorta"; Scelte diverse]

39-nov.dic.93 : I forsennati - Il secondo golpe - La lezione di Eltsin - Meriti privati, pubbliche occupazioni - Il programma minimo - Il limite estremo dell’impero - La crisi di lavoro e il suo doppio - Leonka - Majakovskij e il tempo decrepito

[no: Golpe, presidente, servizi segreti, br; Fiat; Riduzione orario di lavoro; Scioperi, disoccupazione e sindacalisti; Storie italiane; Verdismo]

[quiproquo: Capitale, Comunismo, Svolta dell’Eur]

[poesie: Intanto che i proletari comuni"; "Della destinazione dei sacrifici"; Scene di lotta di classe nel basso impero]

40-gen.feb.94 : L’opposizione al "governo" - Cupidigia di servilismo - Quale opposizione, quale futuro - Oltre la sfera del tuono - Orientiamoci ... al servizio del capitale - Lavorare poco, pagare meno - L’ultimo soviet russo - Pleonasmo

[no: II repubblica; P.2; Conti statali; Sanità; Messico; Gatt; Gas; 144]

[quiproquo: Giornata lavorativa; Stato sociale # 1]

[poesie: "eppure"; "La catastrofe consiste proprio"; "Forse è fuori luogo"; "Le sue abilità tutte la raccontare"]

41-mar.apr.94 : Ultimo saluto, incapace di scherzo - Il cranio della storia - La nuda pazienza - Truffa, truffa, ambiguità! - La conquista dell’energia - Il progetto del tubo - L’alba telematica - Questa non è la libertà!

[no: Elezioni; Forza Italia; Rifondazione; Progresso; Nuovismo; Chiesa; Auto; Neocorporativismo]

[quiproquo: Egualitarismo; Rapporti di forza]

[poesie: Versi per scherzo; Visitare gli ammalati; Un curioso caso dialettico; Ranci; A mio padre; Il fallimento di Marx e Lenin; "Ha cessato di essere comunista"; A Gianfranco; Canzone finale di Schweyk]

42-mag.giu.94 : La partizione del centro - Minima geometrica - La grande riforma - Una sconfitta annunciata - ... perseverare, diabolicum! - La scelta - Riforme e lotte - La guerra continua - Telefinanza transnazionale - La falsa libertà - Il Piano P.2: un ventennio golpista

[no: Fisco Italia; Speculazione e ricatti; Papa; Pds; Qualità e lavoro; Cina; Fiat; Alte tecnologie]

[quiproquo: Manifesto; Mercato]

[poesie: Epitaphe; "dicendo: Vedi là ‘l nostro avversaro"; "Che cosa dire che non sia già stato"; "In questo mondo pazzo e vorticoso"; Ultim’ora]

43-lug.ago.94 : La biada - Il polo del fascismo - "Italia felix" - L’orario di lavoro - Contraddizioni dell’imperialismo italiano - Ascesa del capitale finanziario in Italia - Nuove forme del capitale finanziario - La Cina è sempre più vicina - Il valore e la sua realtà

[no: Titoli pubblici; Governo; Fmi; Lavoro; Clinton; Povertà]

[quiproquo: Salario sociale reale, Speculazione]

[poesie: La carne dei poveri; "Fratelli e sorelle caduti"; Al condottiero; Nuovo avviso al capro; "Dove sono finiti i sapori di un tempo"]

44-set.ott.94 : 1994: Fuga da Milano - Sinistra e autoinganni - Ad uso delle classi inferiori - Scusi, ma quello non è il padrone? - Uscir da porta, rientrar da finestra - Il tempo del lavoro - Lavoro o non lavoro: questo è il problema - Anche gli operai non sono più quelli

[no: Berlusconi & co.; Cento giorni; An; Conti; Lavoro e contratti; Cuba; Imperialismo; Fmi]

[quiproquo: Professionalità; Scrittura; Stato sociale]

[poesie: "C’è qualcosa di marcio ..."; "Lo sforzo uniforme"; "Annuso il sudore della mia paura"; La baldracca di stato]

45-nov.dic.94 : La pizza di fango - Capitale di rigore - La legge finanziaria - Lavoratori previdenti - L’essere inumano - Ieri, oggi, domani - La destabilizzazione del capitalismo - Geymonat e Popper - Un caso italiano: la Sardegna

[no: Finanziaria 95; Privatizzazioni; Rai; Sciopero generale; Magistratura; Conflitti di potere; Bobbio; Liberazione; Palestina]

[quiproquo: Merce; Rivoluzione; Stabilizzazione]

[poesie: "Se uno Stato"; Er bullo; La bulletta; "Chi beve muore ... "]

46-gen.feb.95 : Da sinistra a destra, dall’alto in basso - Al mercato dei colpi di stato - Il giudice e il tiranno - "Giovedì nero" per il pubblico impiego - Previdenza pubblica e capitale fittizio - Il salario – "All’armi, siam fascisti!" - Con le armi della critica

[no: Berlusconi; Finanziaria; Scuola; Termoli; Non profit; Ong]

[quiproquo: Astrazione; Forza-lavoro; Governabilità]

[poesie: Alla tavola rotonda; Il comunismo; "Da qualche parte"; "Dove si vede come, talora"]

47-mar.apr.95 : Short Nick man - Viaggio al centro del potere - Ottomarzo neocorporativo - Processi di pace in Irlanda - Il "nuovo corso" del corporativismo - Roosevelt e il corporativismo - Lavorare stanca, lavorare uccide - Alla ricerca della società perduta - Marx, la storia, la dialettica

[no: Lotta preelettorale; Marco; Lavori utili; Riduzione d’orario; Ibm; Comunismo; Chiapas]

[quiproquo: Comunicazione neocorporativa; Consenso; Coscienza collettiva]

[poesie: "Dove si vede come, talora"; Proteggiamo la stirpe futura; O così o pomì]

48-mag.giu.95 : Di tutto il centro un fascio - La foglia di fico - La guerra "silenziosa" - Calendigiugni - Imperialismo e dipendenza - Riflessioni sulla crisi capitalistica - Gli "intellettuali di sinistra" - Negligenza della composizione - Un vivere che produca vita

[no: Marxismo; Rsu; Lavori socialmente utili; Pensioni; Chiesa]

[quiproquo: Critica; Risparmio; Stato sociale]

[poesie: "Il poverino non se n’era accorto"; Pentagramma; Par condicio; A proposito di chi non beve]

49-lug.ago.95 : Imbecillità plebiscitante - Potere centrale e autogoverno - Il federalismo, espediente classista - Concerto in sì minore - Contro la previdenza flessibile - Il fascino discreto del re di Prussia - Neoliberismo in America latina - Il "mercosur"

[no: Mezzi di comunicazione; Bilancio pubblico; Flessibilità; Lavoro; Ambiente]

[quiproquo: Capitale fittizio; Capitale monetario; Capitale operante].

[poesie: "Questo è un mortorio";"Non recito più alcuna parte"; "Il mio dramma non ha avuto luogo"; "Per gli intelligenti al potere"]

50-set.ott.95 : Verifiche del potere - La verità difficile a dirsi - Espressione "letteraria" e lotta teorica - Sfide bancarie - Sinistra di classe e cultura di partito - Il federalismo alla costituente - Lotta di classe e formazione comunista - La ragione del marxismo

[no: Costo del lavoro; Finanza; Sindacati; Fisco; Lavori socialmente utili; Montedison; Mezzi di comunicazione; Vietnam; Giappone; Ex-Jugoslavia; Chiesa]

[quiproquo: Coscienza; Linguaggio]

[poesie: Conoscenza materialistica postuma; Ogni anno in settembre; Qualche chiacchiera sulla lettura; L’esame]

51-nov.dic.95 : Un passo indietro e due avanti - Della "borghesia di stato" - Non-wage - La difesa del salario globale - Astrazione del lavoro e toyotismo - Le rotture rivoluzionarie dell’Ezln - Dalle montagne del Chiapas - Dalle steppe della Russia - I dialoghi di Lefortovo

[no: Giubileo; Flessibilità; Lavori socialmente utili; Neri Usa; America latina]

[quiproquo: Classe; Classi]

[poesie: "Così molti preferiscono ..."; "Un simile modo di raffigurare ..."; "Molti assumono l’atteggiamento"; "Il mio dramma ..."]

52-gen.feb.96 : Il comunismo è più grande - Scrivere facile - Per un’analisi di programma - I conti dell’uomo del Fondo - Sbandamenti istituzionali - Il debito pubblico - Le liste della spesa alternativa - Regali di Natale - Il "comunismo" è più piccolo

[no: Governo Italia; Neocorporativismo e sindacati; Servizi segreti]

[quiproquo: Debito pubblico; Post-neo-marxismi]

[poesie: Esecuzione di Marx; Maximilien de Robespierre ; La storia inganna; "Quest’anno son venuti ..."]

53-mar.apr.96 : Il salto istituzionale - Il partito, il potere, l’opposizione - La destabilizzazione politica - "Arbeit macht frei" - Il lavoro in Europa - Magìa nera della concertazione - Il lord, il profeta e il rozzo proletario - La "brutta morte" del salariato - L’indifferenza in materia di politica - Riforme istituzionali e partito di massa

[no: Tlc; Scioperi e lavoro; Pensioni; Salute; Vietnam; Commessi di stato]

[quiproquo: Populismo; Referendum-plebiscito]

[poesie: "Come uno che a cavallo ..."; "Il monopolio genera ovunque"; "Quando noi desideriamo vedere"; La replica del cane]

54-mag.giu.96 : La democrazia reale - Lavare la pelle senza bagnarla - Per qualche seggio in più - P.2 ... fatto! - Il modo di produzione dominante in Cina - Il nono piano quinquennale cinese - Una lettera dal magico Chiapas - La salute proficua - Il tramonto della telefonia

[no: Marxismo e dintorni; Elezioni; Denaro; Flessibilità]

[quiproquo: Monopolio; Monopolio naturale]

[poesie: "Sono simili a gente"; "Giù verso bassi ..."; "Parlare di economia"; "Uno si stanca"]

55-lug.ago.96 : Nero, nel complesso - La subalternità del riformismo - "Cancellierato" e potere - Messico e nuvole - La crisi economica messicana - Le ragioni dell’Elzn - Il capitale "intelligente" tlc - La voglia matta di pubblica utilità - Dopo aprile viene maggio

[no: Privatizzazioni; Banche e finanza internazionale/ Europa; Thailandia e terzo mondo]

[quiproquo: Comunicazione postmoderna; Macchine; Oggettivazione]

[poesie: "E così nel lieto fine"; "Quelli che portano via ..."; "L’imprecisione senza genio"; A proposito di chi beve]

56-set.ott.96 : Le parole delle chiacchiere - Una barbarie educata alla civiltà - Le parole della contraddizione - Il capitale "stupido" - Lo stato "regolatore" - L’alienazione dello stato - Intervento dello stato e suo rovescio - Privato, pubblico & co. - Nel cuore della "questione meridionale"

[no: Civiltà del lavoro; Lavori socialmente utili; Orario; Volkswagen; Olivetti; Stato sociale; Argentina e Cile]

[quiproquo: Lavoro improduttivo; Macchine]

[poesie: "Quello che comunemente si ode"; "Può stare sicuro"; Compiti residui; "La democrazia"; "La nostra civiltà"]

57-nov.dic.96 : Comunismo "praticante" e comunismo - Il coraggio dei Prodi - Il lavoro "pieghevole" - La "flessibilità normata" - Il "marketing della salute - Padania e Germania - La muta intelligenza - Il linguaggio del denaro e la scienza

[no: Papa; Scuola; Flessibilità; Disoccupazione; Imperialismo; Europa]

[quiproquo: Salario minimo; Salario minimo garantito]

[poesie: I corvi; Il figlio non nato; La vita di Dio; Il proposito di sacrificarsi]

58-gen.feb.97 : Le iene - ... ma allora, ditelo! - Rilib-rilab - Le vie del neocorporativismo - Una voce dal di dentro - La "foglia di fico" della sinistra - La resistibile ascesa del nazionalismo

[no: Prc e marxismo; Finanziaria; Fisco; Metalmeccanici; Acciaio; Corea; Occupazione; Lsu; Cei]

[quiproquo: Lavoro produttivo; Moneta unica]

[Poesie: Per essere a posto contro il nemico; Allo zelo dei carnefici innocenti; Riti; Venture]

59-mar.apr.97 : All’armi, siam leghisti! - La transizione - L’ultimo passo - Una vita senza fine - La previdenza del Fondo - Classe di ferro - La tregua - Melfi, provincia dell’estremo oriente - "Coreani" del sud (Italia) - Ad uso dei comunisti

[no: Metalmeccanici; Pensioni; Keynes; Pds; Marxismo; Scuola; Statistiche; Germania; Deng, Cina, Hong Kong; Wto]

[quiproquo: Contratto di lavoro; Salario diretto]

[poesie: "Per i grandi capitani"; "Se il baco"; "Navi da combattimento"; "Si sta"]

60-mag.giu.97 : Il gambero e il guscio - Aformismi sullo stato borghese - O cecità del misero mortale - Istruzione e formazione professionale - La popolazione mancante - Privato sociale: no profit, no problem - Gli ex comunisti nella bicamerale - Un paese, due sistemi?

[no: Salari; Banche; Trilaterale; Albania; Papa; Nucleare; Sinistre; Trasporti]

[quiproquo; Fiscalismo; Popolazione]

[poesie: Sull’aria dell’Internazionale; "Ciò che si chiama"; "Sebbene capi dello stato"; "La politica sociale"; Minoranze]

61-lug.ago.97 : L’"interesse generale" - Lavori socialmente utili e stato sociale - La scuola transnazionale di stato - La privatizzazione della scuola - Co/no/sc(i)enza - Operai con la catena - L’abicì di un contrappunto - "La posizione visibile delle cose"

[no: Neocorporativismo; Fmi; Lavoro nel mondo; Flussi di capitale; Banca d’Italia; Pubblico impiego; Lotte in Francia; Hong Kong]

[quiproquo: Istruzione; Lotta di classe; Operai]

[poesie: "Di necessità noi proletari"; Di nuovo Hong Kong; "Molte cose"; "Cautamente le galline beccano"; "Ea demum tuta est potentia"[

62-set.ott.97 : Nella trappola della bicamerale - Lo stato delle povertà - L’obolo e il cane eschimese - Scambi ineguali - Le catene imperialistiche transnazionali - Filiere mondiali di produzione - Tigri, tigrotti, gatti siamesi e randagi - Il riordino dei cicli scolastici

[no: Povertà; Filiere; Centralizzazione; Nato; Sanità Usa; Neocorporativismo; Scuola; Keynes]

[quiproquo: Dis/occupazione; Esercito industriale di riserva; Proprietà; Sociale]

[poesie: Previsione ambigua; "La repubblica borghese è"; "Ricorda le parole di Isaia"; "I fastidiosi venditori ambulanti della libertà"]

63-nov.dic.97 : Il tempo del trionfo e del disinganno - Prodezze vischiose - La previdenza "corretta" - Una subalternità interessata - Non lavoro, ma mi adeguo! - Il tempo è "rumore e fumo" - L’ultima ora, "ora fatale" - Evasione fiscale e classi sociali - Opinioni discrepanti sul marxismo - Il becchino e la bàlia

[no: Salari flessibili; Cofferati; Metalmeccanici; Finanza islamica; Hong Kong; Prostituzione; Bancomat; Innovazione]

[quiproquo: Liberismo; Neoliberismo; Prostituzione generale]

[poesie: A disposizione; Davanti al Palazzo [l’attimo]; "In qualsiasi tempo"]

64-gen.feb.98 : L’"opposizione" della Lega - Il "brigantaggio coloniale" di Schengen - Sull’industria del turismo - Riduzione dell’orario di lavoro - La rana nel secchio - Crisi, sovraproduzione, imperialismo - Organizzazione mondiale del commercio - Il libero volo del capitale - Est/asiati dal profitto

[no: Costo della vita; Lavoro irregolare; Fisco; Latte; Capitale fittizio; Gas; Perù; Carceri]

[quiproquo: Libera concorrenza; Libertà; Libertà di stampa]

[poesie: Ognuno può fare trucchi; Come alberi asfittici; É interesse del sovrano; Un vecchio clown da paravento]

65-mar.apr.98 : L’uovo di Colombo - L’Euro e le banche - Le "tigri" sono diventate "anatre zoppe" - La riforma materiale della scuola - Piccolo è stupido - Il valore di Marx - La chiocciola infranta - I molti modi della contraddizione - A proposito della dialettica

[no: Sanità; Commercianti; Salario flessibile; Capitale finanziario; Guerre; Mai; Fusioni; Religione]

[quiproquo: Centralizzazione; Diritto; Giustizia]

[poesie: E se una volta il giudice impazzisce; Gli avvenimenti hanno cominciato; Anche la faccia del medico; La donna ha un momento significativo]

66-mag.giu.98 : Hamamet 513 - Effetto 35 ore - La legge delle "35 ore" - Segnale orario: sono le ore 35 - Capitale: prove di sopravvivenza - I fondamenti della crisi attuale - Il pane di legno e il pollo di cartone - La "realizzazione della filosofia" - La comunità illusoria - I moti del ‘98

[no: Corruzione; Treni; Lavoro minorile; Dpef; Estasia; Fusioni]

[quiproquo: Centralizzazione; Comunismo]

[poesie: L’adulazione, l’interesse particolare; Fare attenzione a non essere ingannati; Quando il falco afferra il passero; Lo stato come individuo singolo]

67-lug.ago.98 : Maxima ideologica - La caduta delle mosche cocchiere - Indonesia - Biotecnologie s.p.a. - Oltre il "labour standard" - Paesi molto bassi - Cooperare con profitto - La transizione bloccata - Draghi e pulci - La questione comunista

[no: Spionaggio industriale; Cina; Irlanda; Elettricità; Fisco; Cottimo; Libertà borghesi]

[quiproquo: Comunismo; Cooperative; Perestrojka]

[poesie: Non è nostra intenzione; Ma dove sono gli eroi delle lotte di classe; E ogni giorno; Non è morto, è storia]

68-set.ott.98 : L’ultima crisi russa - Il giro della morte del capitale fittizio - La controriforma dell’università - Alla ricerca della pietra nera - Il denaro e il monopolio - Legge del valore e luogo della politica - La verità della musica - La musica e le parole

[no: Russia; Africa; Estasia; Clinton; Confindustria; Pene borghesi]

[quiproquo: Capitale finanziario; Monopolio; Prostituzione]

[poesie: Lode dell’imparare; Lode della dialettica; Il primo problema; Poiché la proprietà esiste; Now, gentlemen; Cultura è quella cosa]

69-nov.dic.98 : Stato e sovranazionalità globale - Marasma costituzionale - Bolle (e balle) sindacali - L’oligarchia finanziaria russa - Banche, sull’orlo di una crisi di cassa - Burgravi e dichiliasti - La seconda: una farsa - Teorie e politica in Marx - Anche il marxismo diventa merce

[no: Pinochet; Chiesa; Banche e borse; Neoregolazionismo; Immigrazione; Droga; Prc]

[quiproquo: Alleanze; Aristocrazia finanziaria]

[poesie: Raccolte di discorsi; La classe operaia; La totalità vivente; All’origine di tutti i nostri governi]

70-gen.feb.99 : Euro - Paesi in via di armonizzazione, unitevi - Neocorporativismo - Destra sinistra - Arricchitevi!? Ma è solo una fiction - Fratelli nemici nel grasso del brodo - Marx on line

[no: Carità; Lavoro; Acqua; Guerra; New labour; Giubileo]

[quiproquo: Capitale produttivo d’interesse; Speculazione]

[poesie: Anche i nani; Giubileo; A quel punto divenne il cervello]

71-mar.apr.99 : "Liberi di andare" - Maggioritario e referendum - Oltre il perimetro abitato - Il patto sociale - La pace del lavoro - La mondializzazione del capitale - Contraddizione e crisi - La scuola e l’Europa - La suadente voce del padrone - Giù nel cyberspazio

[no: Licenziamenti; Lsu; Crisi asiatica; Tobin tax]

[quiproquo: Nazione; Nazionalismo; Plusvalore]

[poesie: Referendum; Tutti quelli che; Politici "dabbene"; Apo]

72-mag.giu.99 : Cari lettori - "Cultura di guerra" - Dell’imperialismo e della guerra - Disinformazione strategica - Balcanizzazione - Gli slavi del sud - Stati di disgregazione - 11 e 33: l’ora delle violazioni costituzionali - Pubblicità, arte del capitale - Sul concetto di "storia"

[no: sondaggi; Èchelon; Bretton Woods; Mercato globale; Cina; Sindacato]

[quiproquo: Guerra]

[poesie: Come uno che a cavallo; Consentitemi allora; Tra loro gli stati; Nello stato nessun membro]

73-lug.ago.99 : Gli acchiappapace - Tra pace e guerra - Bombe, bugie e videotapes - A ferro e fuoco - Il compito degli operai - Statisovrastati - Autogoverno e tirannide - La storia del comunismo e Bordiga - Ti ricordi di Dolly sheep?

[no: No alla pace Nato; Sondaggi; Bonino; P.2; Cineserie; Pensioni]

[quiproquo: Adulterazione; Armamenti; Soldati]

[poesie: Dimenticano che anche; Agli attacchi selvaggiamente sfrenati; L’utopia e il socialismo dottrinario; Ogni epoca ha bisogno]

74-set.ott.99 : La seta e il concime - Il campo dei merli - Sul bel Danubio blu - Sud Africa 2000 - Democrazia balcanica - Sogni di mezza estate - Alle radici del corporativismo - Il salto della barricata

[no: Corruzione; Soros; Corridoi; Usa; Banche; Giappone e Asia; Disonestà]

[quiproquo: Democrazia liberale; Democrazia sociale; Socialismo mutualistico]

[poesie: Tutte le menzogne; Un proprio ministero del lavoro!; Abbiamo sentito dichiarare; Non vogliamo più disputare]

75-nov.dic.99 : Una resa dei conti - Sulla via dell’Eurasia - La crisi russa e la Nato - Finanziaria 2000 - Comunitarismo e postoperaismo - Il capitale opaco - Piccoli e brutti - Psicopompi cadaveri eccellenti - Dalla parte di Calibano

[no: Kgb; Forza-lavoro; Sindacato; Stato di diritto; Usa; Ong; Blair; Timor est]

[quiproquo: Capitali molteplici; Conflittualità intercapitalistica]

[poesie: Nella città dei legàmi; Gli imbecilli; Il disgusto; L’inganno; La morte di Tersìte]

76-gen.feb.00 : Il baco del millennio - Eclissi totale per il nuovo secolo - Soft landing? - Libero capitale - Splendide amicizie - Il Consiglio d’Europa - Immaterialità del cybercomunitarismo - Le compatibilità della spesa sociale - A s/proposito di economicismo - Il comunismo del secolo scorso

[no: Flessibilità; Sindacato; Privatizzazioni; Fusioni; America latina; Terza via]

[quiproquo: Borsa; Crisi; Crisi monetaria]

[poesie: "Ogni tempo ha prodotto"; "So la legge della gang"; "La libertà s’infran-ge"/ "Si doleva delle calunnie"]

77-mar.apr.00 : La paura del contagio - Il contagio viene dal sud - L’imperialismo americano - Dopo Seattle - Cina: la via socialista al capitalismo - University inc. - L’antidemocazia - La restaurazione attesa - Apologia del lavoro indipendente - Pio, pio, pio …

[no: Hackers; Seattle; Ong; Uck; Soros; Cina; Haider; Tfr]

[quiproquo: Debito estero; Referendum]

[poesie: "Il liberalismo"; "I letterati oggi"; "Presa sul serio la sua parte"/ "Squillano le campane"]

78-mag.giu.00 : Voluntas tua! - Il paradigma dello sciopero - Sugli scioperi - Potere senza patria - La violenza illegale - La crisi finanziaria globale - Quindici menzogne della Nato - Immaterialismo storico - Cuba 1989-1997

[no: Elezioni; Berlusconi; Fmi; Ue; Messico; Coca cola]

[quiproquo: Imperialismo]

[poesie: "C’è solo una possibilità"; "L’ape, come usa il pungiglione"; "Mi vedete così"; "La rivoluzione contro la democrazia"]

79-lug.ago.00 : New economy e vecchie illusioni - La dollarizzazione - Dal gay pride al worker pride - Che fine ha fatto il tempo di lavoro? - Autocombustione - Strategie di sopravvivenza - Critica del postmoderno - Le sirene

[no: Animali; Gay; Amnistia; Privatizzazioni; Fatima; Coree; Povertà; America latina; Lavoro emarginato; Volontariato]

[quiproquo: Circolazione; Plusvalore]

[poesie: Poesia flebile - "Le epoche della storia", "Il necrologio", Un sigaro, mio caro", "Quando un pensatore"]

80-set.ott.00 : L’etere e il cielo - Paese che vai, denaro che trovi - Lo squillo del ricatto - Il piccolo teologo - Delinquente Nato - Imperialismo fascista - L’ombra di Marx - A chi ha perso il pane

[no: Berlusconi; Sogno; Stragi; Veltroni; l’Unità; Denunce; Bush jr. e Gore; Cile; Casco]

[quiproquo: Dirigenti; Intellettuali (Tui)]

[poesie: A chi si è allineato; Er giubbileo; "Ci sarebbe più innocenza", "Ogni volta che passa una macchina"; "Abbiamo qui"]

81-nov.dic.00 : Finanziaria 2001 - Il salto in basso - Il gioco delle tre carte - La rivolta delle gente per bene - Sfruttamento nel mondo - Le cifre della fame - La condizione operaia - Paesaggi irlandesi neotradizionali - Per un pensiero efficace

[no: Kostunica; Palestina; Orgia del potere; Lerner; Baget Bozzo; Bonino; Tecnici Fiat; Teoria marxista]

[quiproquo: Morale; Potere]

[poesie: "Persino nel suo silenzio"; "Abbiamo qui"; "La cosa migliore"]

82-gen.feb.01 : Democrazia recessiva - Il capitale volatile - Vivendo volando, che male ti fo? - Eccesso di capitale - Il boomerang della "globalizzazione" - Struttura e sovrastruttura - Tre riflessioni da tre soldi - Giavellotti

[no: Morti sul lavoro; Sem terra; Argentina; Acea; Guerre alimentari; Ulivisti]

[quiproquo: Aree valutarie; Divisione internazionale del lavoro; Mercato mondiale]

[poesie: L’uomo; Lo spirito umanitario; Maestro; Il suo merito principale]

83-mar.apr.01 : Conflitti reali e ideologici - Lavoro e "globalizzazione" - Warfare - I "Post-Boiardi" - Campagna elettorale - Biotecnologia - La "sindrome Nato" - Classe e conflitto - La regressione del pensiero - Cinema e classe operaia

[no: Clan Bush; Sharon,; Reddito mondiale; Speculazione; Congo; Ong]

[quiproquo: Male e bene; Morale; Necessità]

[poesie: Il mio presidente; Uguaglianza, democrazia, sicurezza; Mi stava vicino; La casa delle libertà]

84-mag.giu.01 : Pedalare!!! - Un decennio di destabilizzazione - Er plico - Verso il travisamento "federalista" - "Crescete e concentratevi!" - Ong: Organizzazioni Non poco Governative - Critica della ragione storpia - Il ritorno del rimosso - Militanza e rapporti di dominio

[no: Bombe; Elezioni; Potere; "Comunisti"; Nasdaq; Nuova economia; Bolle; Guerra]

[quiproquo: Dispotismo; Valori]

[poesie: Er plico - Un cameriere è un uomo - La limitatezza della grandezza - Se l’assioma]

85-lug.ago.01 : L’elastico italiano - Affari di famiglia - Signor Dollaro - L’ombra del dollaro - Dominio e servitù, violenza borghese - Scene di lotta nel mercato mondiale - Il balbettìo dei popoli - 1990: il secondo "primonovecento" - La "rivoluzione conservatrice"

[no: Kavalier Berlüska; Parlamentari pregiudicati; "Pizzo"; Scuola; Postmoderno; "Pirlarbo"; Fantagiotto]

[quiproquo: Borghesia; Mondo; Morale]

[poesie: Ma neppure ora io mi illudo; Il patto; Invece di lacerare; Come hai cambiato]

86-set.ott.01 : Liradiddio - Venerdì 20 luglio 2001 - La dannazione di Faust - Cannoni contro burro - Il Cavallo di "Dabliu" Bush - Cent’anni di inquietudine - Padroni, sull’orlo di una crisi di nervi - Sovrano di un regno del Nulla - La bestemmia dello sfruttamento

[no: Genova; Scajola; Berlusconi; Ong; Fazio; Fratellini d’Italia; Montanelli; Crisi mondiale; Onu]

[quiproquo: Attivismo; Sovraproduzione]

[poesie: Patriottismo; "Pesto alla genovese"; Accadde che l’uomo; Il progresso]

87-nov.dic.01 : Bin go! - Le ragioni della morte - Malnato - L’ottavo corridoio - La "tigre di carta": ma chi è? - I soliti sospetti - La banda del buco - Finché la barca va - "Volontari di tutti i paesi, unitevi!"

[no: Bilderberg; Brzezinsky; Spie; bin Laden; Crisi Usa; Profitti di guerra; Black bloc]

[quiproquo: Intifada; Guerra di classe]

[poesie: "1989-2001"; Al di sopra di tutta la vergogna; Nella sua mitomania; Chissà che cosa]

88-gen.feb.02 : Guerre ... e nostra stampa quotidiana - American nightmare - Terrorismo e falsa coscienza - Osama bin Bush - Quando c’è la salute ...! - Storia e neocorporativismo - Il romanticismo del consumatore - La lezione di Lenin - L’organizzazione del disgusto - La "globalizzazione" criticata

[no: "Squadra" Berlüska; "Famiglia" Bush; Tobin; Cavallo; Banche giapponesi; Arese; Quote donne; Santi; Novartis ]

[quiproquo: Accumulazione; Imperialismo; Mercato mondiale]

[poesie: Con la farsa del complotto; "Inetto" in politica; La sua ambizione; Io che nulla amo più]

89-mar.apr.02 : Le vie del potere – La mala ora dell’Argentina – Il movimento non movimento – Il divenire della moneta – Il conflitto tra aree valutarie – Si fa presto a dire "euro" – Tra "Europa" e "Stati Uniti" – Washington-Berlino – Il decennio della deflazione

[no: Mossad; Sionismo; Bush; Torture; Criminali; Tlc; Crisi; Sud America; Germania; Draghi; Cofferati; Moretti; Fini; Savoia]

[quiproquo: Oro; Reddito]

[poesie: Lui è il gatto; Questo torpore; Nulla di più spiegabile; In ogni cervello d’inglese]

90-mag.giu.02 : L’integrazione dei "valori" – Usa e terrorismo – Il fallimento del gruppo Kirch – La via dell’Afghanistan – Enrongate – Tra provocazioni e fumogeni – Federalismo o secessione? - Prada Armee Fraktion – "Revisionismo" e manuali di storia

[no: Israele; Economia Usa; Borsa; Petrolio; Robot; Giustizia e Berlusconi; Impero; Le Pen]

[quiproquo: Bimetallismo; Primo maggio]

[poesie: Voi non permettere a vostri occhi; Non avere un pensiero; Il fratello della gilda dei miserabili; La bolla]

91-lug.ago.02 : Straordinario mercato - Multinazionali e reti mondiali - Fuori onda - La macchia d'olio e il cerino - Grazie, signor Kohl - I signorir degli Agnelli - Commercio e filiere transnazionali - 1917: la questione israelo-palestinese

[no: Crisi borse; Corruzione Usa; Afghanistan; Debito estero; Irak; Brasile e Soros; Moro; Berluskeide]

[quiproquo: Alienazione; Fondazioni]

[poesie: Questo sapere immediato; Era morto; Oggi il cretino; La sensazione]

92-set.ott.02 : Gli imbecilli - Undici-nove - La guerra preventiva - Nelle steppe dell'Asia centrale - Prendi i soldi, e scappa! - Dollarizzazione e imperialismo - Cartolarizzazione e illusioni - L'opera da Tremonti - Guerra all'ultimo carato - Dialettica dell'orrore

[no: Berlusconi, Armi, von Bülow, Bush, Blair, Arabia, Etica, Soros, Onu, Nidal]

[quiproquo: Democrazia, Dittatura del proletariato]

[poesie: La guerra è simile; Bisognerebbe combattere la beneficenza; La costituzione, il parlamento; Al mondo di solito]

93-nov.dic.02 : Dalla paura alla privazione di libertà - Terrorismo - Irak: una guerra e i suoi perché - Le aree dell’imperialismo - La malattia immaginaria della finanza - Disoccupazione, nuova forma salariale - Larga la banda, stretta la via ... - La (s)coperta di Linux - Waterworld

[no: Inflazione; Fiat; Pensioni; Opus dei; Corridoi; Crisi; Bush]

[quiproquo: Borsa, Centralizzazione, Concezione materialistica]

[poesie: Dopo essersi resa la vita impossibile; Gite pubblicitarie all’inferno; Quelle fotografie sono finte]

94-gen.feb.03 : Il governo della malavita # 2 - A proposito della magistratura - Agnelli belanti (e ... sfiatati) - Sovranità nazionale - Mind the gap - Terrorismo e violenza - Gli Usa negli anni ’30 - Chiare, fresche e dolci rendite - Monsters from Marx

[no: Remolo; Berlusconi; Bilderberg; crisi; guerra; Bush; Irak; Sharon; Agnelli sr]

[quiproquo: Prezzo di monopolio, Pubblica utilità]

[poesie: Parafrasando Manzoni; Al momento del confronto; Mi dissero di lui; Schermi]

95-mar.apr.03 : Crisis surcharge - La strategia militare Usa - La miglior difesa è l'attacco: pianificazione della difesa Usa e ricostruzione delle difese "americane" - Scusi, dov'è la svolta? - Una crisi di classe - La posta in gioco - Guerra e attacco alle libertà - Un futuro fallimento

[no: Onu; Usa; Blair; arabi; Mossad; disodccupazione e dollaro; Berlusconi; Confindustria]

[quiproquo: Guerra, Parvenza]

[poesie: Non ci servono leggi eccezionali; Distinguo; Dare e avere; No, non biasimarmi]

96-mag.giu.03 : I nuovi barbari - Colpisci, terrorizza e rassicura - Fuochi fatui: Una guerra criminale; Che accadrebbe se l’Opec passasse all’euro?; La pace, per far quello che voi volete - Guerra tra capitali - Il ruolo internazionale dell’euro - A proposito di capitale mondiale - Interessenze islamiche - Centro!

[no: Pil; Usa; banche; oro; "W"; Irak; bugie; Perle; Kashoggi; Sars; Lula; Gingic; Berlusconi]

[quiproquo: Crisi e guerre]

[poesie: Cosa fate fratelli; Sulla tua città eccoci arrivati; Ecco un diavolo; Ci mandano i loro bombardieri; Quelli che vedete qui; Guardate questi elmi di vinti!; Il fratellino del tuo nemico; La guerra che verrà; Ah, perfino il lupo; Prima di scendere nella tomba; Nella ditta sono il clown macellaio; Da quando si è messo in piedi; Dona lùmbarda]

97-lug.ago.03 : Diritti contro democrazia - La forza del potere - Fuga dalla grande industria - La ripresa che non c’è - Nonsolopetrolio (dollaro contro euro: battaglia di valute, Usa-Europa: per il dominio mondiale) - Il circo speculante - Spettri dal futuro - Strategia Usa

[no: Berlusconi delirio e conflitto d'interessi, Bossi, Bertinotti, biascichii, buio, Giugiaro, il Sole, paradosso del dollaro, Sion, Bush, Rumsfeld]

[quiproquo: Flessibilità; Nuovismo]

[poesie: Il dialogo di due deficienti; L'uomo; Aforismi (a mo' di Blob: Quello? è di un'ignoranza enciclopedica, Càpita che la poltrona del potere, Più piccoli sono i cittadini, I più bravi a fare lo sgambetto sono i nani, C'è chi si fa erigere un monumento, Date a Dio quel che è di Dio a Cesare quel che è di Cesare, Ha costruito un castello di carte?, Anche i deretani portano maschere, Problemi giuridici, L'insonnia malattia di epoche in cui si ordina alla gente)]

98-set.ott.03 : Global golpe - Bastonare il can che affoga - “Crisi del marxismo” - ... e bbbasta!!! - Cincinnato e la merce naturale - L’impresa senza lavoratori - Dumbo e l’apprendista - Sfuttamento, valore, prezzi - Lavoro, unità di valore e plusvalore - Valori e prezzi di produzione

[no: calcio, Cia, Baghdad, Palestina, dirittti umani Cuba, Usa, guerra, Bilderberg, grande buio, prezzi, salari, consumi, case, Genova, pioggia]

[quiproquo: Imperialismo Usa]

[poesie: Di chi è la colpa?; La folla; Cominciate a puntare i vostri sguardi; Il diritto di punire il tiranno; Ma no, ma no!]

99-nov.dic.03 : Imperialismo e riforme sociali - Ineluttabile, ineludibile - Il filo rosso della crisi economica - Capitale finanziario mondiale - L’area senz’aria - La resistibile ascesa della povertà - Tana libera tutti - L’informatica nella crisi - Il corpo e la password

[no: B come Benito, piccolo Gatsby, tasse, rapine, ricchi, crollo, Wesley Clark, Kazan, caro vita, pace & bene]

[quiproquo: Pensioni; Stati uniti d'Europa]

[poesie: Per democratico si intende; Che ci siano poveri e ricchi; A taluni; Valorosi colleghi]

100-gen.feb.04 : Catalogo della danza - Il centone - L’angoscia del doctor Faustus - Il diritto di Diocleziano - Il trionfo dell’inciviltà giuridica - Olet - Come si crea una crisi - L’intreccio euro-statunitense - Il socialismo borghese - Sulla transizione al socialismo - La tecnologia nell’ultima crisi - Cipputi

[no: contro/in/formazione, truffe Usa, Irak, Serbia, sionisti, senza lucro, fame, salute, comunisti, Parmalat, confindustria, Bobbio]

[quiproquo: Parole]

[poesie: Comunisti; La contraddizione; Difficoltà dello scrivere; Coscienza]

101-mar.apr.04 : Identità bandita - State buoni, se potete - Forme del corporativismo - Materie prime e valute - Parmalat - Quando Berlusconi non fallì - La pazzia del capo - Il subcontinente indiano

[no: fine del "piccolo", salario, costo della vita, Maguro 2, Nassiriya, ong povere, tv, nipotini di Bobbio, Kerry, commissione Hutton, Usa e Bush]

[quiproquo: Guerra; Materie prime; Militarismo; Rivolta]

[poesie: Sul campo di battaglia; Allora non avremmo armi; Da quanto tempo stanno lì?; Spesso la filosofia]

102-mag.giu.04 : Persone di scorta e monete d’oro - L’enigma del feticcio denaro - Lo spettro della ricchezza - Il debito Usa - Il borghese piccolo piccolo - Massime su imperialismo transnazionale - Redde rationem - Le parole difficili - I figli della gallina bianca

[no: dossier Blair, Irak, militari italiani, Haiti, diritti di proprietà, cose cinesi, violenza, sionismo, invincibile, condono, sindacato]

[quiproquo: Cooperative; Filantropia; Società per azioni]

[poesie: Come un fulmine; Non sembrare quel che si è; Quanto piùpulite le vittime; Le teste assennate]

103-lug.ago.04 : Patto col diavolo - Il fallimento del socialismo europeo - La Gran Bretagna e l’Ue - Pace, non è - L’economia all’inizio del XXI secolo - Lotta di valute in America latina - Il capitalismo alla cinese - Il concetto di progresso - La precarietà

[no: crisi Usa, Ftaa, "riforme strutturali", petrolio, ambiente, Reagan, monopolio naturale, sputi, fascisti, pace non è]

[quiproquo: Lotta di classe; Pace perpetua; Realität]

[poesie: Sono sempre stato contrario; I re fanno uomini come monete; La moderazione è il languore; Il Bello, il Sacro, l'Eterno]

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REVISTA PROCESO
by . PRISMA INTERNACIONAL.- Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:26 PM mail:  

Reportaje.- Antaño ligada al poder, hoy en crisis:
La masonería: del secretismo a Internet.-
Sanjuana Martínez/apro.
Madrid.- Con más de 300 años de historia, la masonería en el siglo XXI se enfrenta a una crisis de identidad y poder. Y es que, sus rituales, leyendas y el secretismo de quienes lo practican -mas de 6 millones en el mundo-- provoca recelo. La larga lista de ilustres masones como Mozart, Napoleón, Antonio Machado, Oscar Wilde, Benito Juárez y hasta Cantinflas, ha dejado de crecer.
La unión de la masonería con el poder político y económico --que a través de la historia controló grandes sectores sociales, culturales y mediáticos-- ya no esta tan clara. Los masones han perdido influencia en las grandes decisiones. Ahora, las Grandes Logias del mundo intentan adaptarse a las nuevas tecnologías, como Internet, y convertirse en algo "más abierto y transparente".
A ello se debe que realizaran en esta ciudad la V Conferencia Mundial de las Grandes Logias, a la que asistieron 500 masones de 85 países. Sin embargo, sus tradiciones machistas continúan: las mujeres sólo pueden estar presentes en apoyo masculino y colaborar en causas humanitarias, pero nunca participar en sus rituales. Históricamente la Iglesia ha condenado la pertenencia a asociaciones que se declaren ateas y contra la religión, o que pongan en peligro la fe, como la masonería, que califica como "Gran Arquitecto" a cualquier Dios. Las cosas han ido cambiando, pero persiste la polémica sobre esta "incompatibilidad".
En cambio, los masones destacan su "autentica incompatibilidad" con regímenes totalitarios y la persecución que han sufrido por la defensa de los valores democráticos de dictadores como Mussolini, Franco, Videla o Pinochet. En España, un importante número de miembros de la República eran masones. Al crearse las primeras Cortes Constituyentes de 1931, de un total de 458 parlamentarios, 183 eran masones.
Otro dato: de los 23 firmantes de la Declaración de los Derechos del Hombre, 17 eran masones o cuando se creó el Parlamento Europeo, 70 masones formaban parte de esta institución. Inglaterra y Francia son los dos países con mayor tradición masónica. España fue el primer país, fuera del territorio británico, donde se creó una Logia: se llamaba "Tres Flores de Lys" y fue fundada el 15 de febrero de 1728.
Todo iba bien, hasta el golpe de Estado contra la República perpetuado por el general Francisco Franco, que al llegar al poder inició una verdadera persecución contra los masones. El resultado: 32 mil procesos, 6 mil ejecuciones y 12 mil víctimas entre exiliados, desaparecidos y encarcelados: "Fue un holocausto, además del genocidio cultural que nos causó; todas las propiedades fueron confiscadas y las carreras de miles de españoles fueron arruinadas, simplemente por acusarles de masones", dice Tomás Sarobe, Gran Maestre de la masonería española y anfitrión de la V Conferencia Mundial.
"Lo primero que estamos haciendo es reivindicar nuestro honor y nuestro buen nombre. Eventos como el de ahora nos ayudan a mostrar al país que esta es una institución honorable que tiene una tradición de hacer el bien". El Partido Socialista Obrero Español (PSOE) considera como necesario un acto de desagravio para las personas que sufrieron esta represión. Presentó ante el Congreso una propuesta en la que insta al gobierno a "adoptar las medidas necesarias para rehabilitar y rendir homenaje a todas aquellas personas que, en defensa de las libertades políticas y de pensamiento fueron perseguidas y represaliadas..."
La leyenda negra
La leyenda negra en España ha alcanzado el nivel de equiparar a los masones con "come niños crudos"; o simplemente les ha relacionado con las ciencias ocultas o el satanismo. El historiador César Vidal, autor del Nuevo diccionario de sectas y ocultismo, califica a la masonería de grupo secreto cuyos miembros sólo se conocen entre sí: "Dentro de ese grupo hay gente que va recibiendo una iniciación progresiva o un conocimiento cada vez mayor en ciencias ocultas, que en apariencia tienen una finalidad buena y, sin embargo, en la practica pueden tener una finalidad que dista mucho de ser tan buena".
El Gran Maestre Sarobe, de la masonería española considera que el problema en España --donde hay 3 mil masones-- la leyenda negra sigue: "la levantó Franco y aún perdura en determinados sectores de la sociedad española".
Comenta que la masonería en el mundo no es una institución centralizada: "Los problemas que pueda tener España son distintos de los de Inglaterra. No solamente no tenemos un Vaticanos o una Casa Blanca que dicta a todo el mundo ese dogma o esa política; sino que cada país es soberano y tiene sus propios criterios". Señala que en Estados Unidos cada día hay aproximadamente dos millones de dólares donados a diferentes instituciones por los masones. Asegura que en España --donde la masonería se legalizó en 1977-- hay "un renacer".
Sin embargo, a pesar de intentar desterrar esa leyenda negra, la masonería aparece muchas veces en los estantes de las librerías dedicados al esoterismo. De hecho, en México y en otros países usan calaveras en sus rituales: "Eso lo harán los irregulares, nosotros no ponemos calaveras, ponemos el triángulo que es un símbolo reconocido: el ojo que todo lo ve es un símbolo que esta en la Biblia. Llevamos mandiles, que dramatizan instrumentos y vestimentas que se usaban cuando éramos constructores de catedrales; el mallo que es un martillo, el compás, la escuadra, todos son instrumentos de arquitectura.
--¿Y su anillo?
--Es un símbolo de Gran Maestro.
--¿Tienen demasiados símbolos?
--Desde luego, somos descendientes de aquellos trabajadores de la piedra, constructores de catedrales que tuvieron en su día una labor puramente gremial. Pero al paso del tiempo los masones operativos se convirtieron en masones especulativos, donde ya no son solo los trabajadores de la piedra, sino los médicos, abogados, militares...todos.

Los masones remontan sus orígenes a una leyenda que tiene lugar en la construcción del Templo de Salmón por Hiram de Tiro, un sabio arquitecto que sería el primer masón de la Historia, aunque el origen concreto de la masonería son las hermandades profesionales de constructores de catedrales y de otros templos en la Edad Media que poseían secretos técnicos e iniciáticos.
--¿Y por qué el secretismo?
--Somos discretos porque desde hace siglos defendemos las libertades del individuo y tratamos de inculcar el respeto por la intimidad de los demás. Todos los derechos humanos que hoy reflejan la mayoría de las constituciones del mundo, han tenido masones detrás. El no decirlo lo entendería, considerando que hasta hace relativamente poco tiempo en España significara la muerte; entonces no me extraña que hubiera ciertas tendencias a mantenerse discreto.
En Internet
Sarobe insiste en que la masonería del Siglo XXI es abierta y señala con orgullo que ya cuentan con su pagina Web y con un gran letrero en la fachada de la sede.
En Internet se presentan: "La Gran Logia de España es una orden iniciática, cuyos orígenes se remontan a la lejana antigüedad. Pertenecemos a esa Hermandad Universal de Hombres libres que tanto han servido a la sociedad a través de los siglos y que desea seguir sirviéndola con un único lema: "Mejórate a ti mismo y mejorarás así la sociedad que te acoge".
Sarobe rechaza que los masones quieran infiltrarse en el poder político y económico: "Esa es una falacia más grande que nos vienen contando", dice rápidamente.
--¿Ser masón es anticuado?
--Los ritos son antiguos, tradicionales de muchos siglos, pero lo tradicional no es necesariamente anticuado. Seguimos en nuestro ceremonial: se dramatizan determinados eventos que ocurrieron en la antigüedad. Pero nuestros métodos de ayuda son mundiales. Los hospitales de quemados más importantes de todo el mundo son masónicos, la ayuda a los inmigrantes, drogadictos o a los niños sin techo la hacemos con métodos modernos.
--¿Y eso de llamar a Dios "El gran arquitecto del Universo"?
-- Por respeto a los demás: un judío llamará Dios a Jehová, un musulmán a Alá, y un cristiano a Jesucristo.
Masones mexicanos
En México --donde la masonería tiene una larga tradición-- se enfrenta a una severa crisis, según afirma en entrevista Nayar Montero Bañuelos, presidente de la Confederación de Grandes Logias Regulares de los Estados Unidos Mexicanos.
Dice que en México hay dos millones de masones, con logias importantes en Valle de México, Veracruz, Tamaulipas, Nuevo León, o Baja California.
"La masonería mexicana atraviesa momentos difíciles, es un momento de prueba para valorar de nueva cuenta, nuestros valores y principios. Nos estamos acercando a los jóvenes y a la gente de pensamiento liberal y nos están respondiendo, pero obviamente no estamos creciendo en el mismo ritmo de otros periodos", dice.
Reconoce que han descuidado sus obligaciones en torno a la defensa de sus principios: "Sobre todo los últimos 20 años, porque hubo un gobierno de tres periodos gubernamentales, casi cuatro, que echo por tierra los logros de la revolución y el proyecto-nación que contemplaban los liberales".
"Me refiero a los gobiernos de Miguel de la Madrid, Carlos Salinas de Gortari y Ernesto Zedillo. Los tres aplicaron un proyecto de nación neoliberal que ha creado una concentración mayor de recursos de diferentes tipos para las clases más fuertes económicamente hablando y ha surgido una gran diferencia más grande todavía, entre las clases marginadas y los dirigentes de la clase política".
La situación no prevé mejoría, pues -afirma-- los panistas no convergen con nuestros principios: "El señor Fox representa algo diferente a nuestro proyecto de nación. Lo más que podemos hacer es ajustarnos y trabajar en lo que beneficie a las clases marginadas de México, pero quién sabe".
Añade: "Queremos la oportunidad de manifestarnos fuertemente ante los diferentes gobiernos para exigirles que no apoyen el proyecto de sociedad que los priistas hicieron y que continúa en el mismo sentido el señor Fox".
Montero Bañuelos asegura que en México se persigue a los masones: "A veces son descartados de trabajos en donde reúnen el perfil, simplemente por ser masones".
Dice además que los masones mexicanos reciben los ataques del Opus Dei: "Ellos tratan de contrarrestar nuestra influencia". Pero reconoce que su crisis se debe también a la falta de trabajo y al vivir de glorias pasadas de los hermanos".
Recordó cuando Benito Juárez, también masón, junto con una "pléyade" de liberales trabajaron incansablemente y formaron la Constitución de 1857, donde precisamente los bienes de la Iglesia pasaron al Estado.
--¿A que atribuye que se demonice a los masones?
--Influye mucho la reserva con la que se trabaja, no el secreto, y a una fuerte campaña en contra de la Orden a través de muchos años. Además, la masonería esta formada por seres humanos que tienen cualidades positivas o defectos. Hubo hombres que tuvieron la oportunidad de tomar decisiones y algunos de ellos se han apartado por ambiciones personales.
Dice que trabajan con sus propios recursos y que no reciben dinero de ningún grupo político o clase privilegiada. Recuerda a los ilustres masones mexicanos: Melchor Ocampo, Miguel Hidalgo y Costilla, José María Morelos y Pavón, Lázaro Cárdenas del Río y Adolfo López Mateo.
"Tengo entendido que Salinas de Gortari fue iniciador, pero con lo mal que nos pagó nos da pena de alguna forma decirlo", dice entre risas.
--¿Por qué no hay mujeres?
--Hay diferentes ritos. Lo único que no tenemos es el trabajo conjunto ritualístico entre hombres y mujeres, solo se puede entre hombres, pero si existen logias de mujeres en la asistencia social.
--¿Y eso de las calaveras?
--Se pone una calavera que significa la muerte para los vicios y a veces la gente piensa que estamos haciendo algún rito diabólico.
Revela que firma con tres puntos en forma de triángulo: "Es el grado 33, superior". De hecho, la masonería tiene dos grandes tendencias, la regular, cercana a la Gran Logia de Inglaterra, tradicional y creyente en el Gran Arquitecto del Universo; y la irregular o liberal, próxima al Gran Oriente de Francia y atea.

El renacer
Practican varios ritos, el más usual es el Rito Escocés Antiguo y Aceptado, que consta de 33 grados; es decir de los grados uno al tercero se trata de masonería simbólica; de los grados cuarto al 30, masonería filosófica; y del 31 al 33 la masonería es sublime. En la Gran Logia de Londres, por ejemplo, existían tres grados en sus comienzos: aprendiz, compañero y maestro. Jorge Alejandro Vallejos, Gran Hospitalario de la Gran Logia de la Argentina de Libres y Aceptados Masones -organización que acaba de celebrar el "Mercosur de los masones"-- afirma que allí esta muy bien "posesionada" la masonería.
"Estamos trabajando activamente en la sociedad llevando adelante todo el proyecto filosófico del nuevo humanismo. Históricamente hemos sufrido persecuciones, sobre todo durante las dictaduras militares, que son siempre los momentos en que la masonería perseguida. Fue la tarea de los masones la que contribuyó fuertemente a organizar la República y a llevarla hacia delante".
Asegura que la mala imagen es temporal, "como suele suceder siempre en la historia en momentos en que se ve bien a las organizaciones y otros en los que se ve mal". Comenta que "a partir del secreto de la masonería las fuerzas opuestas se encargaron de hacer ver a los masones como personas malas que justamente por ello estabamos escondidos".
--¿A veces se les relaciona con el crimen organizado y la corrupción?
--Si, y también con que comemos niños o somos satánicos y demás. La masonería es una institución de hombres y por lo tanto los hay buenos y no tanto. Pero la masonería como organización solo piensa en seguir su lema: Libertad, Fraternidad e Igualdad.
--¿En cuanto uno se desvía del "buen camino", lo echan?
--La masonería tiene mecanismos para echar a los hermanos de "mal metal", últimamente hemos echado algunos en Argentina, no solo por cuestiones de la vida civil, sino por cuestiones interno-masonicos; como cuando un hermano tiene malas acciones o no cumple sus reglamentos. La masonería esta organizada como los poderes de una República, por lo tanto tiene su poder judicial también.
Dice que en América Latina la masonería goza de buena salud y que la más numerosa es la brasileña: "Es una falacia decir que estamos siempre relacionados con el poder, lo que si es importante es tener la cuota de poder suficiente para poder actuar en beneficio de la sociedad".
Italia y mafia
Un fenómeno que ha llamado la atención en el mundo fue la relación de la masonería con el crimen organizado descubierta en Italia, concretamente en la llamada Logia P2, a la que pertenecía Silvio Berlusconi, actual presidente italiano. La Logia P2 fue investigada por corrupción e intento de Golpe de Estado.
Gustabo Raffi, Gran Maestro del Gran Oriente de Italia advierte de entrada que en su país los masones fueron perseguidos por Mussolini y que ahora han logrado limpiar su imagen tras los problemas judiciales contra la P2.
"Es una imagen victoriosa, moderna, de una institución que ha sabido actualizar principios eternos adecuándolos a la vida de hoy, porque la tradición no es solamente memoria, sino sobre todo, continuidad", dice.
Sin embargo, reconoce que hay una tradición negativa de la masonería: "La P2 era una desviación, equivocadamente atribuida a la masonería de Italia. Cuando se dice que la P2 es de la masonería, es comparable decir que el terrorismo o las brigadas rojas son del Partido Comunista".
Señala que la P2 ha sido la punta del iceberg de la "tangentopolis" (el llamado proceso judicial llamado "manos limpias"). Son malhechores, porque los políticos tenían necesidad de dinero y los empresarios se los procuraron.
--¿Berlusconi es de la P2?
--Eso es lo que ha aparecido en la prensa, quizá, pero nunca ha estado inscrito en el Gran Oriente de Italia. Ahora es el presidente, pero eso no tiene importancia porque la masonería no se ocupa de la política contingente. A nosotros no nos interesa Berlusconi.
--¿Berlusconi va a ayudar a los masones desde el poder?
--No. Lo niego categóricamente. El Estado tiene que ser laico, los masones somos laicos moralistas, libertarios y democráticos. No podemos tomar una opción por Berlusconi porque tenemos hermanos progresistas, conservadores o moderados.
--¿Hoy en día existe la P2 o esta acabada?
--La P2 ha terminado según las leyes del Estado que establecieron que era una asociación secreta y cualquiera que hoy formase algo como la P2 terminaría en la cárcel. Yo la condenó. Fue inventada en el siglo XIX a partir de la masonería oficial y era la logia del gran maestro que reunía los grandes exponentes políticos y magistrados; cuando no había grandes medios de comunicación. La logia P2 histórica era correcta, cuando llego a nuestra generación había dos P2: la del Gran Oriente que tenía hermanos de muy avanzada edad; y después había un cuerpo extraño que se movía y se activaba por impulsos propios. El mundo ha cambiado y la P2 ha desaparecido.
--¿Quién fue el creador de esta P2 criminal?
--Licio Gelli. Era una logia privada que operaba no sólo contra la ciudadanía, sino contra la masonería oficial. Era un club que operaba con un mundo desviado del Vaticano.
--¿La P2 estaba muy ligada al Vaticano?
--Sí. El cerebro era Ortolani, que era un embajador del Vaticano para América Latina, con la excepción de México. Antes que la justicia italiana actuara sobre la P2, Gelli ya había sido condenado por el Gran Oriente y yo era uno de los jueces que lo expulsó primeramente de la masonería y fue después cuando los jueces empezaron a investigar.
--¿En Italia se ha unido a los masones con la mafia Siciliana?
--Eso fue un intento mal intencionado de origen político. Sin embargo, después de 9 años de investigación se reconoció que los masones no han cometido ningún crimen ni han estado vinculados con los negocios sucios, la política sucia o la mafia. Esta investigación mereció ser archivada. Los jueces estimaron que en los 800 tomos de la investigación no se acreditaba indicio alguno de delito. Nuestra justicia nos ha dado la razón, pero lamentamos que haya tardado nueve años en dárnosla.
Y concluye: "Hoy la masonería ha recuperado su gran historia, ha recogido el grito de dolor del país y contribuye con sus ideas a dar una perspectiva de seguridad a la humanidad. La función de la masonería es cultural y pedagógica. Hoy existe una masonería del pueblo".

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Cerca P2 berlusconi Silvio
by anonimo scozzese di rito antico ed accettato Tuesday, Aug. 17, 2004 at 5:32 PM mail:  

Cercate in http://www.Google.it od altro motore di ricerca come http://www.sicilia.it le seguenti parole :

P2 Berlusconi Silvio
scrivendole assieme e troverete circa 4,710 per P2 berlusconi silvio

ora NON ho tempo di fare una ricerca debbo andare via peró fatela voi per me arrivederci

ritorneò appena potrò e vedrò cosa avrete fatto !

in bocca al silvio!

vedere anche:
http://www.google.it/search?hl=it&ie=UTF-8&q=P2+berlusconi+silvio&btnG=Cerca&meta=cr%3DcountryIT

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SITUAZIONE GIUDIZIARIA DI SILVIO BERLUSCONI
by lucio Tuesday, Aug. 17, 2004 at 7:30 PM mail:  

Traffico di droga

Nel 1983 la Guardia di finanza, nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, aveva posto sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Nel rapporto si legge: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.

Falsa testimonianza sulla P2

La prima condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale arriva nel 1990: la Corte d’appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel 1989, però, c'era stata un'amnistia, che estingue il reato.

Tangenti alla Guardia di finanza

Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Videotime, ..., Telepiù). In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp).

Tangenti a Craxi (All Iberian 1)

Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma.

Falso in bilancio (All Iberian 2)

Berlusconi è rinviato a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest. Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie procedurali, è in corso presso il Tribunale di Milano.

Consolidato gruppo Fininvest (All Iberian 3)

La Procura della Repubblica di Milano ha indagato sulla rete di società estere del gruppo Fininvest (Fininvest Group B), contestando falsi in bilancio e operazioni che hanno generato un migliaio di miliardi di fondi neri. Sta per essere formalizzata la richiesta di rinvio a giudizio.

Caso Lentini

Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di 6 miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l’acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento è in corso presso il Tribunale di Milano.

Medusa cinematografica

Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, la Corte gli ha riconosciuto le attenuanti generiche: è così scattata la prescrizione del reato.

Terreni di Macherio

Berlusconi è accusato di varie irregolarità fiscali nell’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è per alcuni reati assolto, per altri scatta la prescrizione. In appello è confermata la sentenza di primo grado.

Lodo Mondadori

Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d’appello, che ora dovrà decidere se confermare l’archiviazione o disporre il rinvio a giudizio di Berlusconi, Cesare Previti e del giudice Renato Squillante.

Toghe sporche-Sme

Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e Renato Squillante. Il processo di primo grado è in corso presso il Tribunale di Milano.

Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest

Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.

Tangenti fiscali sulle pay-tv

Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.

Stragi del 1992-1993

Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni o richieste di archiviazioni. Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti.

Telecinco in Spagna

Berlusconi, Dell’Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real.

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Berlusconi, Silvio
by abbasso il tappo di hardcore Tuesday, Aug. 17, 2004 at 7:34 PM mail:  

Nato davanti a una sede del Pci. Cresciuto all'ombra della Banca Rasini (che Sindona definì «la banca della mafia»). Giovane palazzinaro con «buoni agganci» nell'amministrazione e nella politica. Poi la tv, all'ombra di Craxi. I soldi. I debiti. Fino alla «discesa in campo».Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. Fondatore di Forza Italia. Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994 e nel 2001. Il suo nome di compare nelle liste della loggia massonica segreta P2: fascicolo 625, numero di tessera 1816, data di iniziazione 26 gennaio 1978. In un'audizione alla commissione parlamentare sulla P2, Berlusconi ammette di essersi iscritto alla P2 all'inizio del 1978 su invito di Gelli. Conferma la sua iscrizione alla loggia al processo P2, nel novembre 1993.
• Nel settembre 1988, invece, in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi dichiara al giudice:"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione Berlusconi viene denunciato per falsa testimonianza. Il processo per falsa testimonianza si conclude nel 1990: Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per intervenuta amnistia.
• Berlusconi fu indagato già dal 1983, nell'ambito di un'inchiesta su droga e riciclaggio: la Guardia di finanza aveva posto sotto controllo i suoi telefoni e scritto nel suo rapporto: «è stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.
• Berlusconi è stato accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società. In primo grado è stato condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa, secondo il comma 2 art. 530 cpp. La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate), ma assolve Berlusconi per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove.
• Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma.
• Berlusconi è rinviato a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest (processo All Iberian 2). Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie procedurali, è in corso presso il Tribunale di Milano. Ma intanto Berlusconi ha cambiato la legge sul falso in bilancio: il processo è sospeso in attesa che il tribunale di Milano decida se inviare alla Corte costituzionale e all'Alta corte di giustizia europea eccezioni d'incostituzionalità e di incompatibilità con le direttive europee. La richiesta è della procura di Milano, che chiede di giudicare se le nuove norme sui reali societari siano costituzionali e compatibili con le direttive dell'Unione europea. Se le eccezioni saranno respinte, il reato sarà dichiarato prescritto.
• Berlusconi è stato indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato societý quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso la società All Iberian). La rete occulta della Finivest-ombra ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi è stato chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati 4). CosÏ il giudice per le indagini preliminari nel febbraio 2003 ha chiuso l'inchiesta: negando l'assoluzione, poichÈ Berlusconi e i suoi coimputati (il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri) non possono dirsi innocenti; ma decidendo di prosciogliere tutti i 25 imputati, poichÈ il tempo per il processo, secondo la nuova legge, è scaduto. La procura ricorre in Cassazione, che all'inizio di luglio 2003 applica per la prima volta il "lodo Maccanico", decidendo la sospensione del processo per Berlusconi.
• Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l’acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso con la dichiarazione che il reato è prescritto, grazie alla nuova legge di Berlusconi sul falso in bilancio.
• Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è stato condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione con formula dubitativa, confermata in Cassazione.
• Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è assolto dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione. In appello è confermata l'assoluzione per i due primi reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio, per il secondo si applica l'amnistia.
• Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d’appello, che nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche, il reato dunque è prescritto, poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti genriche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.
• Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti, Renato Squillante e altri. Il processo di primo grado si Ë celebrato presso il Tribunale di Milano, dopo che la Cassazione ha respinto la richiesta di spostare il processo a Brescia o a Perugia, per legittimo sospetto reintrodotto per legge nell'ottobre 2002. Un'altra legge, il "lodo Maccanico", votata con urgenza nel giugno 2003, impone la sospensione di tutti i processi a cinque alte cariche dello Stato, tra cui il presidente del Consiglio. Ma il Tribunale ha accettato la richiesta di pubblico ministero e parte civile di chiedere alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla eventuale incostituzionalità del "lodo".
• Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
• Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
• Le procure di Caltanissetta e Firenze indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti degli ambienti Fininvest.
• La procura di Palermo ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine è stata archiviata per scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.
• Berlusconi, Dell’Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare in Spagna. Di fatto, il processo è sospeso.
Tratto da Società Civile

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Il Senatur accusa la "nuova P2"
by antimaffia Tuesday, Aug. 17, 2004 at 7:37 PM mail:  

Intervista a Bossi: i poteri forti dell'economia
e della politica romana non ci fermeranno
Il Senatur accusa la "nuova P2":
giovedì devolution, o tutti a casa
Ruini? No comment, non parlo del Vaticano
Certo ci sono mondi contrari al governo Berlusconi
di GUIDO PASSALACQUA


Umberto Bossi

MILANO - Dopo due giorni a letto con l'influenza Umberto Bossi ritorna in pista e accusa quella che lui definisce "una nuova P2", un misto di poteri forti politico-economici che puntano a fare saltare gli equilibri governativi, a sabotare la riforma federalista. Bossi ne ha per tutti, ma contemporaneamente sta bene attento a non chiudersi le porte alle spalle. Si vedrà giovedì in Senato e domenica mattina in piazza a Milano, durante il corteo e comizio per il federalismo.

Ministro Bossi, il cardinale Ruini ha detto che le riforme vanno perseguite "senza nemmeno mettere apparentemente in discussione l'unità nazionale". Che ne dice?
"Io non parlo del Vaticano. Io le dico che il governo Berlusconi è favorevole a fare le riforme. Certo ci sono mondi che non sono favorevoli alle riforme, anzi che non sono favorevoli al governo Berlusconi".

Ma vuole dividere l'Italia in tre macroregioni, come diceva Miglio? Sta rifacendo il Parlamento del Nord?
"Ma quale Parlamento del Nord. Quelli che ipotizzo sono solo dei coordinamenti politici, cose di tipo consultivo".

Che si tratti di una sorta del Parlamento del Nord lo dicono i suoi alleati.
"Se così fosse sarebbero molto poco alleati. Stiamo parlando di assemblee consultive".

Venerdì sera lei a Brescia era moderatamente soddisfatto, passate poche ore c'è stato un fuoco di sbarramento da parte di An e Udc.
"Vedo che ci sono segnali che qualcuno non vuole fare le riforme. Ma questa cosa non esiste, non esisterà. Altrimenti li dovrò considerare alleati riluttanti. Cioè alleati molto poco".


Non è che lei abbia molto tempo, giovedì si vota la devoluzione nell'aula del Senato, sarà la prima prova del nove.
"Se non passa si va a casa subito".

La sinistra l'accusa di sfasciare il paese.
"Sono scemi. Se loro stanno a sentire Violante..."

La sua strategia politica?
"Ma che strategia, penso al Nord che mantiene il Paese".

An ha dei dubbi, idem l'Udc, ma su cosa vi siete trovati d'accordo in commissione Affari costituzionali?
"Le dico che se non passa in aula, se non mantengono la parola...".

Si parla di uno scambio tra devoluzione e verifica di governo.
"Ma che. Se non passa questa volta... Del resto, se non si arriva al risultato attraverso le riforme, allora vuole dire che non c'è più da sperare. Se a metà settimana non passa in aula la devoluzione, vuole dire che ognuno è libero di andare per la sua strada".

Cioè?
"Sarà chiaro a tutti chi è Berlusconi, chi è Fini, chi è Follini, chi è Casini".

Ma lei è disponibile a eventuali emendamenti in aula?
"Ma insomma, non c'è niente da emendare. Alla sinistra abbiamo già dato tutto".

Sulla devoluzione c'è stato un fuoco di sbarramento da parte dei principali quotidiani italiani.
"Sappiamo chi sono. E non mi illudo che siano favorevoli al Nord. Magari ci sono uomini collegati a quelle parti che sono interni al Nord. Ma io le dico che c'è un nuovo gruppo, la potrei definire la nuova P2, che è organizzata trasversalmente, che mira a fare pasticci e imbrogli".

C'è chi sta sabotando le riforme all'interno della coalizione?
"No, non mi pare che all'interno della maggioranza ci siano cose di questo tipo. Certo, le riforme si devono fare. Ma insisto: c'è un coacervo forte di tipo economico e politico che vuole i soldi e che è trasversale alla politica".

La riforma federalista passerà al Senato?
"Io mi aspetto che passi. Se non passerà, saranno i fatti a parlare. Non posso pensare che vinca la nuova P2 che sta cercando di metterci in difficoltà. Non c'è il minimo dubbio che la riforma passerà, altrimenti il Nord batterà un'altra strada. Certo che è fatale che non ci si trovi sulla stessa lunghezza d'onda del mondo romano".


(20 gennaio 2004)

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Lettera di tal Silvio Berlusconi
by Marco Travaglio Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:14 PM mail:  

Ricevo una lettera firmata da tal Berlusconi Silvio, che nello stile somiglia molto al presidente del consiglio. Non potendo appurarne l'autenticità, credo di fare cosa gradita mettendone a parte coloro che ancora dubitano delle nobili motivazioni ispiratrici della Sua azione politica nei suoi primi mesi di governo. Autentica o meno che sia, la lettera, per le sue stringenti e convincenti argomentazioni, ha messo a dura prova il mio animus di "demonizzatore".
Ne faccio un omaggio agli amici di manipulite.it, affinchè chi ancora brancola nel buio possa vedere finalmente la Luce.

Caro Amico delle Libertà,
purtroppo i miei impegni di statista non mi consentono di incontrarLa di persona. Ma vorrei farLe giungere ugualmente tutta la mia vicinanza. So bene, per averlo appreso da Giuliano Ferrara e Nando Adornato, quanto sia duro uscire dal tunnel della propaganda comunista, giustizialista e giacobina. Ma confido che presto, dopo la lettura di questa mia, compirà anche Lei il Grande Passo verso la Libertà, lontano dalle guerre civili che hanno insanguinato l’ultimo decennio in Italia. E in nome di quella Questione Morale che è da sempre il mio programma di vita e di governo.

Noto con piacere che Lei ricorda spesso i fiori all’occhiello dei miei primi 8 mesi di governo: rogatorie, falso in bilancio, immunità parlamentare, sanatoria per i capitali esportati illegalmente". Anch’io, come voi, deploro "l’uso delle istituzioni per interesse privato": pensi che i miei avversari pretenderebbero che io e i miei amici fossimo gli unici a non beneficiare di queste fondamentali riforme, approvate nell’interesse generale del Paese. E poi, si metta nei miei panni. Ho tre processi per falso in bilancio e due per corruzione in atti giudiziari: sfido chiunque, nelle mie condizioni, a occuparsi di sfida a duello e furto di bestiame.

Mi consenta ora di riepilogare brevemente la filosofia che ci ha ispirati in questi primi otto mesi di governo delle libertà. Che poi è la stessa mi spinse a scendere in campo nell’indimenticabile 1994.

Abbiamo esordito con la legge sulle donazioni e le successioni: i soliti pauperisti della sinistra si erano limitati ad esenzioni fiscali fino a 300 milioni: ma oggigiorno chi è così straccione da non avere più di 300 milioni da donare ai figli? E poi si metta nei miei panni: qualche mese fa, in campagna elettorale, ho scoperto di avere 1500 miliardi di fondi neri all’estero, nelle isole del canale e in altri posti che nemmeno sapevo esistessero. I miei collaboratori, come al solito, avevano fatto tutto a mia insaputa: volevano farmi una sorpresa per il mio compleanno. Ma ora che me l’hanno fatta, vorrei dividere quel modesto gruzzolo fra i miei figli, ai quali finora, con immensi sacrifici, ero riuscito a intestare soltanto una villa in Costa Smeralda per ciascuno. Voi direte: potevi farlo pagando le tasse. Ma così rinfocolerei le polemiche sul presunto conflitto d’interessi: qualcuno potrebbe trovare inelegante che io paghi tutte quelle tasse allo Stato proprio ora che lo Stato sono io.

Il naturale completamento di questa riforma è la legge sul rientro dei capitali all’estero. Conosco imprenditori che si sono fatti da sè in Aspromonte e in Barbagia, i quali, dopo una vita di onesto lavoro ospitando forestieri venuti dal Nord, non potevano spendere nemmeno una lira per paura che qualche ispettore sospettoso gliene chiedesse la provenienza. Adesso qualcuno dirà che facevano i sequestri di persona. Che paroloni. Noi preferiamo considerare queste attività nell’àmbito del ramo "bed and breakfast". Ora consentiremo loro di portare all’onor del mondo le loro sudate ricchezze, contribuendo al rilancio dell’economia e del turismo di quelle lande desolate. Quando i pastori dell’Aspromonte e della Barbagia cominceranno a circolare a bordo di cortei di Limousine e a costruirsi ville con piscina e rubinetti in oro zecchino, il turismo e l’economia nazionale non potranno che beneficiarne. L’esperienza della Chicago anni 30, alla quale noi ci ispiriamo, insegna. Ne conveniva con me il mio nuovo consulente per la finanza internazionale, Maurizio Raggio, nel nostro recente vertice a Portofino.

A proposito di consulenze: ho appena ingaggiato a Palazzo Chigi l’amico Gianni De Michelis, per la politica estera nei Balcani: casomai in quella sventurata regione fosse rimasto in piedi qualcosa, arriva De Michelis.

A questo punto, la riforma del falso in bilancio non ha più bisogno di presentazioni. L’Italia delle Libertà deve liberarsi di queste residue pastoie che impediscono il dispiegarsi della libera intrapresa. E poi non è vero che abbiamo depenalizzato quel reato, l’abbiamo semplicemente adeguato alle esigenze del nuovo millennio. Abbiamo dovuto ridurre le pene, francamente eccessive: pensate che il collega Cesare Romiti, per 100 miliardi e più di fondi neri, è stato condannato addirittura a 11 mesi e 20 giorni con la condizionale. Anche i termini di prescrizione erano esagerati: ora, invece, se io falsifico un bilancio oggi, domani è già prescritto. Mi pare un tempo sufficiente per celebrare i tre gradi di giudizio, in ossequio alla legge costituzionale del giusto processo, che ne raccomanda la "ragionevole durata". Il che mette al riparo le aziende dalle invasioni di campo della magistratura. Abbiamo pure stabilito l’obbligo di denuncia da parte del socio. Nel caso della Fininvest, ad esempio, l’unico socio confessabile sono io, ma vorrei evitare le facili ironie su Berlusconi che denuncia Berlusconi: anche a me, ogni tanto, capita di litigare con me stesso.

E poi, come avrà saputo, il presidente del Consiglio Berlusconi è parte civile contro il padrone della Fininvest Silvio Berlusconi, imputato nei processi per corruzione dei giudici. In tale doppia veste, ho subito ritenuto di promuovere a più alto incarico l’avvocato dello Stato Salvemini (nome inquietante quant’altri mai): troppo bravo per continuare a sostenere l’accusa contro di me. L’abbiamo mandato a Brescia, città a misura d’uomo, più consona alle sue legittime aspirazioni.

D’altra parte noi prendiamo molto sul serio il principio, tipico degli amici americani, dello spoil system: che, mi assicurano i miei traduttori, significa spogliare lo Stato e lasciarlo in brache di tela. Per questo abbiamo allontanato dal ministero delle Finanze il capo del Dipartimento Entrate, Massimo Romano. Pensate che, con tutto quel che aveva da fare, quel boiardo rosso aveva trovato il tempo per indagare sull’uso della legge Tremonti da parte della Mediaset. Per fortuna l’abbiamo colto con le mani nel sacco e l’abbiamo subito punito, memori di un altro insegnamento degli amici americani: tolleranza zero. Per gli altri, s’intende.

A proposito di economia, non accetto ironie sulle nostre promesse elettorali, a cominciare dall’aumento delle pensioni e dalla riduzione delle tasse: l’amico Tremonti sta predisponendo i primi provvedimenti in tal senso, che saranno riservati, per cominciare, a tutti gli ultraottantenni, purchè accompagnati dai genitori.

Lei non può neanche immaginare che cosa abbiamo trovato, nella stanza dei bottoni. Pensate che al Commissariato antiracket le sinistre avevano piazzato un certo Tano Grasso, un commerciante che si fa bello con la scusa di non aver pagato il pizzo alla mafia. Un cattivo maestro, insomma: noi della Fininvest il pizzo lo pagavamo persino all’ultimo maresciallo della Guardia di finanza, figuratevi alla mafia. Lo spudorato, comunque, ha fiutato l’aria che tira e s’è fatto da parte spontaneamente. E’ bastato che l’amico Scajola gli comunicasse che il suo ufficio era trasferito a Genova, e che poteva scegliere fra la scuola Diaz e la caserma di Bolzaneto.

Non Le dico, poi, cos’era prima del nostro arrivo il ministero di Grazia e Giustizia, che noi per brevità chiamiamo ministero di Grazia: in controtendenza con il parlamento e il governo, nemmeno un inquisito o un condannato. In compenso, era infestato di magistrati. I quali, invece di ringraziare in silenzio per l’ospitalità, pretendevano addirittura di esprimere pareri sulle riforme della giustizia. Dicevano, ad esempio, che la legge sulle rogatorie avrebbe reso più difficile la lotta internazionale al crimine, quando è universalmente noto che sarà fondamentale per stanare e sgominare finalmente quella banda di criminali che risiedono nelle Procure di Milano e di Palermo. Ora qualcuno sottilizza sul fatto che anche i miei legali e quelli di Previti abbiano chiesto di cestinare le rogatorie dei nostri processi. Bel senso dell’equità e della giustizia! Se la fanno franca i riciclatori di denaro sporco, il boss Prudentino, l’amico Pacini Battaglia, l’internazionale dei pedofili, i contrabbandieri del Montenegro, perché mai le rogatorie dovrebbero valere solo per noi, che oltretutto abbiamo fatto la legge? Se la legge è uguale per tutti, dev’esserlo pure - vivaddio - l’impunità. E’ una garanzia costituzionale.

Lo dice anche l’ingegner Castelli, il nostro valido ed esperto Guardasigilli, che ha subito provveduto a disinfestare il ministero. E’ bastato rimpiazzare tutti quei magistrati pericolosamente esperti con uno solo: Augusta Iannini, la moglie di Bruno Vespa. Al resto provvederanno gli avvocati. Io, per comodità, ho messo a disposizione i miei, nel tempo libero che avanzeranno dai miei processi e dagli impegni parlamentari. Sul modello degli amanuensi medievali, incaricati di preservare le vestigia della nostra Superiore Civiltà Occidentale, sto mettendo in piedi una commissione presieduta dall’amico Carlo Nordio per la riscrittura dei codici: non più quelli bizantini, ma quelli penali. La supervisione sarà affidata ai nostri collaudati giureconsulti, Cesare Previti e Marcello Dell’Utri. Vittorio Mangano, purtroppo, è recentemente scomparso.

Il club della menzogna, affiancato dalla stampa nazionale controllata dal partito comunista e da quella internazionale pilotata da Gavino Angius, ha sollevato polemiche pretestuose sulla decisione del nostro ministro dell’Interno Claudio Scajola di abrogare le scorte per alcuni magistrati antimafia in presunto pericolo. Anche su questo punto, vorrei tranquillizzare gli amici magistrati: con le riforme della giustizia che stiamo completando, nel solco di quelle già avviate dall’amico centrosinistra nell’ultimo, operoso quinquennio, nessun magistrato sarà più in pericolo. L’ha già anticipato l’amico Lunardi: basta con la guerra civile, è tempo di pacificazione. Anche con la mafia, come con Tangentopoli, bisogna convivere. Abbiamo persino proposto una legge che consente il patteggiamento per le stragi, per lanciare un segnale distensivo. Ora, quando anche le ultime procure si acconceranno al nuovo clima bipartisan, nessun mafioso e nessun criminale si sentirà più minacciato dai magistrati. Così si smetterà di progettare assurdi e anacronistici attentati contro di loro. E le scorte diventeranno un inutile, superfluo, dispendioso retaggio di un passato che non deve ripetersi mai più. E’ per questo che stiamo disarmando i giudici: per proteggerli, per salvargli la vita.

Per chiudere anche formalmente questo decennio di guerra civile, abbiamo in mente una serie di iniziative, a cominciare dalle commissioni parlamentari d’inchiesta su Tangentopoli, su Telekom Serbia, sul dossier Mitrokhin, e prossimamente – a Dio piacendo - sulla battaglia di Lissa e sulle guerre puniche. Qualcuno, ironizzando, potrà dire che il Parlamento che invoca piena luce su Tangentopoli è come Gelli che chiede piena luce sulla P2 e Rina che chiede piena luce su Cosa Nostra. Ma sono battute senza senso: a parte le tangenti alla Guardia di Finanza, la mazzetta di 21 miliardi a Craxi, i passaggi di denaro dai conti di Previti a quelli del giudice Squillante, io con Tangentopoli non c’entro nulla. E, a parte un’ottantina di neoparlamentari condannati e inquisiti, non c’entra neppure il Parlamento. Le commissioni non resteranno comunque un’iniziativa isolata. Nel decennale dell’arresto di Mario Chiesa, il 17 febbraio 2002, ci riuniremo tutti in piazza Duomo a Milano per un grande "Craxi Day". Poi, in estate, tutti in piazza Politeama, a Palermo, per un festoso "Mafia Day", nel ricordo commosso del secondo anniversario della morte di Vittorio Mangano. Senza dimenticare, s’intende, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Soprattutto Borsellino, al quale va il nostro deferente e imperituro ricordo: come ricorderete, proprio nell’ultima intervista televisiva prima di morire, l’eroico magistrato mi fece il grande onore di dedicare una citazione a me e una agli amici Dell’Utri e Mangano. Non l’ho mai dimenticato, anche se ho sempre evitato di diffondere quel video attraverso le mie televisioni. Per la mia naturale ritrosia e per non farmi troppa pubblicità.

A questo proposito, si è molto favoleggiato del mio presunto conflitto d’interessi in campo televisivo. A parte il fatto che non ho mai notato particolari conflitti fra i miei interessi e le reti Rai e Fininvest, ora abbiamo un temibile concorrente: La 7, che abbiamo salvato da un sicuro tracollo finanziario facendola rilevare dall’amico Marco Tronchetti Provera, che sta riducendo i costi e ridisegnando i palinsesti: liquidati i troppo dispendiosi Fazio e Lerner, la rete diventerà monotematica e si specializzerà in programmi più economici ma di sicuro successo come le previsioni del tempo, le estrazioni del lotto, "Oggi al Parlamento", l’intervallo e il monoscopio, insidiando così pericolosamente la nostra programmazione. Ma non saremo certo noi, liberisti della prima ora, a lagnarci per l’arrivo di una robusta concorrenza. Insomma, come diceva sempre l’amico Mangano, siamo a cavallo.

Quel che non potevamo proprio accettare era la presenza, ai vertici di un’azienda importante come la Telecom, di un personaggio, Roberto Colaninno, inquisito per falso in bilancio: e chi si credeva di essere, il presidente del Consiglio? Così abbiamo propiziato l’avvento dell’amico Tronchetti. I soliti professionisti della menzogna ha lanciato basse insinuazioni sul fatto che, all’indomani dell’acquisto della Telecom, Tronchetti ha voluto gentilmente rilevare anche la Edilnord da mio fratello Paolo a prezzo doppio rispetto al suo valore. Ma questi sono i colpacci di quel volpone di Paolo, che con quell’aria da finto ingenuo riesce sempre a mettere nel sacco chiunque: soprattutto da quando io sono presidente del Consiglio. Vi faccio una confidenza: il fratello furbo è lui. Anche quando confessa, lo fa così bene che lo assolvono sempre.

Come forse avrete saputo, anch’io ho ottenuto in omaggio un’assoluzione dalla Cassazione. È la solita insufficienza di prove, ma nessuno se n’è accorto. Meglio così. Non ditelo troppo in giro. In fondo, le barzellette come le racconto io non le sa raccontare nessuno. L’ho sempre detto che la magistratura va sempre rispettata. E la Cassazione ha riconosciuto ciò che avevo sempre sostenuto: nelle mie aziende non comanda nessuno. Il mio impiegato Salvatore Sciascia, che a tempo perso fa anche lo scrittore, ogni tanto prendeva l’iniziativa di corrompere la Guardia di Finanza senza dire niente a nessuno. Pensate che non veniva nemmeno a chiederci i soldi per le tangenti. Si autotassava. Ha risparmiato 350 sudati milioni e, anziché darsi alla bella vita, li ha spesi tutti per convincere la Guardia di Finanza a chiudere un occhio sulle nostre frodi fiscali. Di tasca sua, dal suo magro stipendio: pensate che dedizione.

Non Le dico, poi, i miei due eroici segretari, Niccolò Querci e Marinella Brambilla. Sono appena stati condannati a due anni e più per falsa testimonianza: avrebbero mentito per coprire me. Pensi la faccia che han fatto quando hanno scoperto che ero innocente.

E poi c’è l’avvocato Massimo Maria Berruti, uno dei miei migliori collaboratori. E’ stato indagato, arrestato, condannato in primo grado, in appello e in Cassazione per favoreggiamento: organizzò un’operazione di depistaggio in grande stile per tappare la bocca ai finanzieri corrotti e salvare me. Le lascio immaginare come ci è rimasto quando ha scoperto che io ero innocente. Ma poi gli è passata, è un uomo devoto e si sacrifica volentieri. Anche perchè ora, dopo essere entrato in Parlamento, entrerà pure nel Guinness dei primati: è il primo caso di favoreggiatore che favoreggia un innocente.

Solo il partito della menzogna poteva pensare che io sapessi qualcosa di quelle brutte cose. Tutte storie. Alla Fininvest, per la prima volta nella storia, abbiamo realizzato la perfetta anarchia. L’ho sempre detto che la vera sinistra sono io. Diffidate delle imitazioni.

Dopo l’assoluzione, ho chiesto a tutti di restituirmi l’onore. Ma ha abboccato uno solo: l’amico Massimo D’Alema, quello che mi aveva scambiato per un padre costituente. Pensate che mi ha addirittura chiesto scusa per l’ingiusta condanna (come se me l’avesse inflitta lui). D’ora in poi, non so se l’avete saputo, le sentenze della Cassazione valgono di nuovo. Non come quella del 21 ottobre 2000, che mi riconosceva responsabile dei 23 miliardi di All Iberian a Craxi, ma dichiarava prescritto il reato: ecco, quella no, quella non valeva ancora. A proposito: ha un’idea di quanti sono 23 miliardi? La più grossa stecca mai pagata a un singolo uomo politico, l’ho pagata io. Tanto per darvi un’idea di quanto mi costava l’amico Bettino, pace all’anima sua. Benedetta Mani Pulite che me l’ha levato dai piedi: ora è molto più comodo, mi faccio le stesse cose da solo, e soprattutto gratis. Ma anche questo non vada a raccontarlo in giro, sennò la storia della guerra civile non attacca.

Ora devo andare. Il dovere mi chiama. Sento già in lontananza le note della fanfara dei Lancieri di Montebello: sta arrivando a Palazzo Chigi il principe Al Waleed, socio della Fininvest e di Bin Laden. Abbiamo un vertice sulla lotta al terrorismo.

La saluto affettuosamente e La aspetto, con tutti i suoi amici, nella Casa della Libertà Provvisoria.

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Mani Pulite: La Manifestazione al Palavobis (+Video)
by marco pannella & emma bonino Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:21 PM mail:  

Grande mobilitazione in difesa della magistratura, contro Silvio Berlusconi, ma anche di critica nei confronti della leadership dell'Ulivo. Nell'occasione Zaccaria si scopre "referendario"
Milano, 23 febbraio 2002 - "In nome della legalità", questo il titolo della manifestazione promossa da una serie di associazioni in difesa della magistratura, in occasione del decennale dell'arresto di Mario Chiesa, che secondo le cronache diede il via all'operazione nota come "Mani Pulite".

Nel clima del Palavobis gremito all'interno ed all'esterno, la manifestazione si è ben preso cementata intorno alla opposizione al Governo Berlusconi, anzitutto contro le iniziative del governo di centrodestra sulle questioni inerenti la giustizia, ma anche per quanto riguarda la politica economica, il conflitto di interessi e le nuove nomine del consiglio di Amministrazione Rai.

Anche se Flores D'Arcais nel chiudere l'evento ha citato le parole di Francesco Saverio Borrelli "resistere, rsistere, resistere", il nome più citato e l'argomento costante di tutti gli interventi è stato Silvio Berlusconi, che oltre alle critiche si è guadagnato una parodia del Premio Nobel Dario Fo, e ben due imitazioni, una già nota al pubblico, quella di Sabina Guzzanti, l'altra soprendente, quella del deputato Nando Dalla Chiesa.

Zaccaria "referendario"

Uno dei momenti più significati della manifestazione, proprio nelle ore immediatamente successive alla nomina del nuovo Cda Rai e nel fuoco delle polemiche sul conflitto d'interessi e sul sistema dell'informazione in Italia, è stata la presenza sul palco del Palavobis di Carlo Freccero e soprattutto di Roberto Zaccaria, scopertosi "referendario" all'indomani delle sue dimissioni dalla carica di presidente della Rai.

Il giurista toscano, infatti, ha naturalmente difeso il proprio operato in Rai, ma - soprattutto - ha individuato proprio nello strumento referendario, l'arma che le forze di opposizione devono utilizzare per fronteggiare Berlusconi.
Beninteso, però, - ha subito precisato l'ex presidente della Rai - "non i venti referendum", ma quesiti su rogatorie, conflitto d'interessi, articolo 18.

Critiche anche all'Ulivo

La folla riunita al Palavobis però ha trovato un ulteriore punto di aggregazione oltre all'opposizione al governo ed alla difesa dei magistrati: la critica alla leadership del centrosinistra.

Emblematico in tal senso è stato l'intervento di colui che nella scorsa campagna elettorale aprì la polemica più dura e velenosa contro Berlusconi, il giornalista Marco Travaglio, che nel suo intervento ha dedicato sicuramente molto spazio alle vicende giudiziarie che vedono coinvolto il premier, Cesare Previti, ed i processi a Milano, ma non ha mancato di fustigare le dichiarazioni del centrosinistra, in particolare citando le prese di posizione contro la magistratura da parte di autorevoli esponenti dell'Ulivo .

Dure critiche alla ledaership dell'Ulivo sono giunte dai movimenti che si sono coaugulati intorno all'ormai celebre atto di accusa di Nanni Moretti (Vai al servizio correlato).

Grandi consensi infatti hanno suscitato gli interventi dei "movimenti girotondo" e soprattutto del professore toscano Francesco "Pancho" Pardi che proprio Moretti, la sera del 2 febbraio indicò come "nuovo leader dell'Ulivo".

L'unico leader nazionale presente sul Palco è stato Antonio Di Pietro, applaudito anche per la sua passata appartenenza al pool di Milano. Il leader di Italia dei Valori, dal canto suo ha esplicitamente sottolineato l'assenza Rutelli e Fassino, "Avete perso un'occasione storica" ha detto l'ex pm.
Per Di Pietro, infatti, l'appuntamento di Milano segna la nascita dela “nuova casa dei diritti e della solidarietà" ed ha invitato i partiti del centrosinistra ad aderire.


Pannella: Uno straordinario evento politico

Radio Radicale ha trasmesso in diretta ed integralmente quello che Marco Pannella ha definito “ un evento che solo dei ciechi possono non vedere e riconoscere come di straordinaria eloquenza e importanza per la politica e la vita civile italiana”.

Tutto questo mentre il Segretario del Partito Radicale Transnazionale, Olivier Dupuis e il Segretario di Radicali Italiani, Daniele Capezzone, “danno letteralmente corpo - come ricorda ancora Pannella - alla drammatica lotta nonviolenta per l’affermazione della legalità, della vita del diritto perché il diritto alla vita, alla libertà ed alla democrazia vivano, anziché continuare a scomparire in Italia, e nel mondo”. (Vai al servizio correlato)

http://www-5.radioradicale.it/servlet/VideoPublisher?cmd=segnalaGoNew&livello=s1.9.11&file=uni_punzi_0_20020224151919.txt

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TUTTI I PROCESSI DI BERLUSCONI
by di pietro in pietro Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:24 PM mail:  

Bugie sulla loggia P2 (falsa testimonianza)

La Corte d'appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona a proposito della sua iscrizione alla P2, ma il reato è coperto dall'amnistia del 1989. Interrogato sotto giuramento Berlusconi aveva detto: "Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo […]. Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mai mi è stata richiesta". Berlusconi però si era iscritto alla P2 nel 1978 (lo scandalo è del 1981) e aveva pagato la sua quota. Così i giudici della Corte d'appello di Venezia scrivono: "Ritiene il Collegio che le dichiarazioni dell'imputato non rispondano a verità […], smentite dalle risultanze della commissione Anselmi e dalle stesse dichiarazioni rese del prevenuto avanti al giudice istruttore di Milano, e mai contestate […]. Ne consegue quindi che il Berlusconi ha dichiarato il falso", rilasciato "dichiarazioni menzognere" e "compiutamente realizzato gli estremi obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza". Ma "il reato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia".


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Tangenti alla Guardia di Finanza (corruzione)

I grado: condanna a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate (niente attenuanti generiche).

Appello: prescrizione per tre tangenti (grazie alle attenuanti generiche), assoluzione con formula dubitativa (comma II art.530 c.p.p) per la quarta. Nelle motivazioni si legge: "Il giudizio di colpevolezza dell'imputato poggia su molteplici elementi indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza probatoria".

Cassazione: assoluzione. La motivazione contiene due riferimenti alla classica insufficienza di prove. La Cassazione non può entrare dichiaratamente nel merito, né dunque annullare la sentenza precedente con formula dubitativa: deve emettere un verdetto secco (conferma oppure annulla). Ma nella motivazione i giudici della VI sezione penale rimandano esplicitamente all'"articolo 530 cpv": dove "cpv" significa "capoverso", cioè comma 2 ("prova contraddittoria o insufficiente"). A 12 righe dalla fine, a scanso di equivoci, i supremi giudici hanno voluto essere ancora più chiari. Si legge infatti: "Tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria, nei confronti di Berlusconi, del materiale indiziario utilizzato dalla Corte d'appello...".


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All Iberian 1 (finanziamento illecito ai partiti)

I grado: condanna a 2 anni e 4 mesi per i 21 miliardi versati estero su estero, tramite il conto All Iberian, a Bettino Craxi.

Appello: il reato cade in prescrizione, ma c'è: "per nessuno degli imputati emerge dagli atti l'evidenza dell'innocenza".

Cassazione: prescrizione confermata, con condanna al pagamento delle spese processuali. Nella sentenza definitiva tra l'altro si legge: "Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito Northern Holding [Craxi] furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest spa, con il rilevante concorso di Berlusconi quale proprietario e presidente. […] Non emerge negli atti processuali l'estraneità dell'imputato".


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All Iberian 2 (falso in bilancio)

Processo sospeso in attesa che sulla legittimità delle nuove norme in materia di reati societari approvate dal governo Berlusconi si pronuncino l'Alta Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale italiana. Se le eccezioni sollevate da vari tribunali verranno respinte, il reato sarà dichiarato prescritto.


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Medusa Cinema (falso in bilancio)

I grado: condanna a 1 anno e 4 mesi (10 miliardi di fondi neri che, grazie alla compravendita, vengono accantonati su una serie di libretti al portatore di Silvio Berlusconi).

Appello: assoluzione con formula dubitativa (comma 2 art. 530). Berlusconi, secondo il collegio è così ricco che potrebbe anche non essersi reso conto di come, nel corso della compravendita, il suo collaboratore Carlo Bernasconi (condannato) gli abbia versato 10 miliardi di lire in nero. Scrivono i giudici: "La molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l'impossibilità di conoscenza sia dell'incremento sia soprattutto dell'origine dello stesso".

Cassazione: sentenza d'appello confermata.


Terreni di Macherio (appropriazione indebita, frode fiscale, falso in bilancio)

I grado: assoluzione dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale (per 4.4 miliardi di lire pagati in nero all'ex proprietario dei terreni che circondano la villa di Macherio, dove vivono la moglie Veronica e i tre figli di secondo letto), prescrizione per i falsi in bilancio di due società ai quali "indubbiamente ha concorso Berlusconi".

Appello: confermata l'assoluzione dalle prime due accuse. Assoluzione anche dal primo dei due falsi in bilancio, mentre il secondo rimane ma è coperto da amnistia.

Cassazione: in corso.


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Caso Lentini (falso in bilancio)

I grado: il reato (10 miliardi versati in nero al Torino Calcio in occasione dell'acquisto del giocatore Luigi Lentini) è stato dichiarato prescritto grazie alla nuova legge sul falso in bilancio.

Appello: in corso.


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Consolidato gruppo Fininvest (falso in bilancio)

Il gip Fabio Paparella ha dichiarato prescritti, sulla base della nuova legge sul falso in bilancio, i 1500 miliardi di lire di presunti fondi neri accantonati dal gruppo Berlusconi su 64 off-shore della galassia All Iberian (comparto B della Fininvest). Il pm Francesco Greco ha presentato ricorso in Cassazione perché la mancata fissazione dell'udienza preliminare gli ha impedito di sollevare un'eccezione d'incostituzionalità e di incompatibilità con le direttive comunitarie delle nuove norme sui reati societari e con il trattato dell'Ocse.


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Lodo Mondadori (corruzione giudiziaria).

Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il reato - che in primo grado ha portato alla condanna di Cesare Previti - è stato dichiarato prescritto dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Corte di Cassazione. Nelle motivazioni della Cassazione, tra l'altro, si legge: "il rilievo dato [per concedere le attenuanti generiche] alle attuali condizioni di vita sociale ed individuale del soggetto [Berlusconi è diventato presidente del Consiglio], valutato dalla Corte come decisivo, non appare per nulla incongruo…".


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Sme-Ariosto (corruzione giudiziaria)

A causa dei continui "impedimenti istituzionali" sollevati da Berlusconi e dei conseguenti rinvii delle udienze, la posizione del premier è stata stralciata dal processo principale. Ed è stato creato un processo parallelo, che però Berlusconi ha sospeso fino al termine del suo incarico (o sine die, in caso di rielezione o di nomina ad altra carica istituzionale) facendo approvare a tempo di record il Lodo Maccanico, proprio alla vigilia della requisitoria, delle arringhe e della sentenza, e a 40 mesi dall'inizio del dibattimento.


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Sme-Ariosto (falso in bilancio)

In seguito all'entrata in vigore delle nuove norme sul diritto societario, questo capo d'imputazione contestato a Berlusconi per il denaro versato - secondo l'accusa- ad alcuni giudici, è stato stralciato. Il processo è fermo in attesa che l'Alta Corte di giustizia europea si pronunci sulla conformità tra le nuove regole e le normative comunitarie. Ma, anche in caso di risposta positiva per i giudici, resterà bloccato per il Lodo Maccanico. Come tutti gli altri procedimenti ancora in corso a carico di Silvio Berlusconi.


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Diritti televisivi (falso in bilancio -?- e frode fiscale)

Indagini preliminari in corso alla Procura di Milano (pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale), a carico di numerosi manager del gruppo, più il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e il titolare Silvio Berlusconi, il quale - secondo l'ipotesi accusatoria - avrebbe continuato anche dopo l'ingresso in politica nel '94 ad esercitare di fatto il ruolo di dominus dell'azienda. Oggetto dell'indagine: una serie di operazioni finanziarie di acquisto di diritti cinematografici e televisivi da majors americane, con vorticosi passaggi fra una società estera e l'altra del gruppo Berlusconi, con il risultato di far lievitare artificiosamente il prezzo dei beni compravenduti e beneficiare di sconti fiscali previsti dalla legge Tremonti, approvata dal primo governo dello stesso Berlusconi per detassare gli utili reinvestiti dalle imprese. Un presunto falso in bilancio che i magistrati valutano in circa 180 milioni di euro nel 1994.


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Telecinco (violazione delle leggi antitrust e frode fiscale in Spagna)

Il giudice anticorruzione di Madrid Baltasàr Garzòn Real, dopo aver chiesto nel 2001 al governo italiano di processare Berlusconi o, in alternativa, di privarlo dell'immunità in modo di poterlo giudicare in Spagna, non ha ancora ricevuto risposta. Per questo il procuratore anticorruzione Carlo Castresana, nel maggio 2002, ha pregato Garzòn di rivolgersi di nuovo alle autorità italiane. Berlusconi in Spagna è accusato - insieme a Marcello Dell'Utri e ad altri dirigenti del gruppo Fininvest - di aver posseduto, grazie a una serie di prestanomi e di operazioni finanziarie illecite, il controllo pressoché totalitario dell'emittente Telecinco eccedenti rispetto ai limiti dell'antitrust spagnola, negli anni in cui il tetto massimo era del 25 per cento delle quote azionarie.


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Mafia (concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco)

Indagini archiviate a Palermo su richiesta della Procura per scadenza dei termini massimi concessi per indagare.


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Bombe del 1992 e del 1993 (concorso in strage)

Le inchieste delle Procure di Firenze e Caltanissetta sui presunti "mandanti a volto coperto" delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (Milano, Firenze e Roma) sono state archiviate per scadenza dei termini d'indagine. A Firenze, il 14 novembre 1998, il gip Giuseppe Soresina ha però rilevato come Berlusconi e Dell'Utri abbiano "intrattenuto rapporti non meramente episodici con i soggetti criminali cui è riferibile il programma stragista realizzato". Cioè con il clan corleonese che da vent'anni guida Cosa Nostra, con centinaia di omicidi e una mezza dozzina di stragi. Aggiunge il giudice fiorentino che esiste "una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni 90". Poi aggiunge che, nel corso delle indagini, addirittura "l'ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell'Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità". Ma purtroppo è scaduto "il termine massimo delle indagini preliminari" prima di poter raccogliere ulteriori elementi.

Il gip di Caltanissetta Giovanni Battista Tona ha scritto: "Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell'Utri]. Ciò di per sé legittima l'ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell'Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell'organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori". Ma "la friabilità del quadro indiziario impone l'archiviazione".

C'è, infine, la sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, che il 23 giugno 2001 ha condannato 37 boss mafiosi per la strage di Capaci: nel capitolo intitolato esplicitamente "I contatti tra Salvatore Riina e gli on. Dell'Utri e Berlusconi", si legge che è provato che la mafia intrecciò con i due "un rapporto fruttuoso quanto meno sotto il profilo economico". Talmente fruttuoso che poi, nel 1992, "il progetto politico di Cosa Nostra sul versante istituzionale mirava a realizzare nuovi equilibri e nuove alleanze con nuovi referenti della politica e dell'economia". Cioè a "indurre nella trattativa lo Stato ovvero a consentire un ricambio politico che, attraverso nuovi rapporti, assicurasse come nel passato le complicità di cui Cosa Nostra aveva beneficiato".

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IL CAVALIER BERLUSKAZ: MAFIOSO E FASCISTA
by Umberto Bossi Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:31 PM mail:  

IL CAVALIER BERLUSKA...
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IL CAVALIER BERLUSKAZ: MAFIOSO E FASCISTA

Ecco cosa diceva di lui Umberto Bossi* qualche tempo fa.

* Ministro della Repubblica per le Riforme Istituzionali
Queste citazioni sono state raccolte dal nostro amico

Marco Travaglio e pubblicate su MicroMega di Aprile 2001.
Ed anche "La Padania", il giornale della Lega, faceva titoli molto duri:

"La Fininvest è nata da Cosa Nostra" (7.10.98) o "Berlusconi, metodi mafiosi" (6.10.1999)
"Silvio riciclava i soldi della mafia" (7.7.98) o "Soldi sporchi nei forzieri del Berlusca" (2.7.98)



Silvio Berlusconi era il portaborse di Bettino Craxi.

E' una costola del vecchio regime.

E' il piu' efficace riciclatore dei calcinacci del pentapartito.

Mentre la lega faceva cadere il regime, lui stava per il Mulino Bianco, col parrucchino e la plastica facciale.

Lui e' il tubo vuoto qualunquista.

Ma non l'avete visto oggi, tutto impomatato fra le nuvole azzurre?

Berlusconi e' bollito. E' un povero pirla, un traditore del Nord, un poveraccio asservito all'Ulivo, segue anche lui l'esercito di Franceshiello dietro il caporale D'Alema con la sua trombetta.

Io ho la memoria lunga.

Ma chi e' Berlusconi? Il suo Polo e' morto e sepolto, la Lega non va con i morti. La trattativa Lega-Forza Italia se l'e' inventata lui, poveraccio. Il partito di Berlusconi neo-Caf non potra' mai fare accordi con la Lega. Lui e' la bistecca e la Lega il pestacarne.

Berlusconi mostra le stesse caratteristiche dei dittatori. E' un Kaiser in doppiopetto. Un piccolo tiranno, anzi e' il capocomico del teatrino della politica. Un Pero'n della mutua. E' molto peggio di Pinochet. Ha qualcosa di nazistoide, di mafioso.

Il piduista e' una volpe infida pronta a fare razzia nel mio pollaio. Berlusconi e' l'uomo della mafia. E' un palermitano che parla meneghino, un palermitano nato nella terra sbagliata e mandato su apposta per fregare il Nord. La Fininvest e' nata da Cosa Nostra.

C'e' qualche differenza fra noi e Berlusconi: lui purtroppo e' un mafioso. Il problema e' che al Nord la gente e' ancora divisa tra chi sa che Berlusconi e' un mafioso e chi non lo sa ancora. Ma il Nord lo caccera' via, di Berlusconi non ce ne fotte niente.

Ci risponda: da dove vengono i suoi soldi? Dalle finanziarie della mafia? Ci sono centomila giovani del Nord che sono morti a causa della droga. A me personalmente Berlusconi ha detto che i soldi gli erano venuti dalla Banca Rasini, fondata da un certo Giuseppe Azzaretto, di Palermo, che poi e' riuscito a tenersi tutta la baracca. In quella stessa banca lavorava anche il padre di Silvio e c'erano i conti di numerosi esponenti di Cosa Nostra. Bisognerebbe conoscere le sue radici, la sua storia. Gelli fece il progetto in Italia e c'era il buon Berlusconi nella P2. Poi nacquero le holding.

Come potra' mai la magistratura fare il suo dovere e andare a vedere dove vengono quei quattrini, ricordando che la mafia quei quattrini li fa con la droga e che di droga al Nord sono morti decine migliaia di ragazzi che ora gridano da sottoterra?

Se lui vuole sapere la storia della caduta del suo governo, venga da me che gliela spiego io: sono stato io a metter giu' il partito del mafioso.

Lui comprava i nostri parlamentari e io l'ho abbattuto. Quel brutto mafioso guadagna soldi con l'eroina e la cocaina. Il mafioso di Arcore vuole portare al Nord il fascismo e il meridionalismo. Discutere di par condicio e' troppo poco: propongo una commissione di inchiesta sugli arricchimenti di Berlusconi.

In Forza Italia ci sono oblique collusioni fra politica e omerta' criminale e fenomeni di riciclaggio. L'uomo di Cosa Nostra, con la Fininvest, ha qualcosa come 38 holding, di cui 16 occulte. Furono fatte nascere da una banca di Palermo a Milano, la banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano.

Forza Italia e' stata creata da Marcello Dell'Utri. Guardate che gli interessi reali spesso non appaiono. In televisione compaiono volti gentili che te la raccontano su, che sembrano per bene. Ma guardate che la mafia non ha limiti. La mafia, gli interessi della mafia, sono la droga, e la droga ha ucciso migliaia e migliaia di giovani, soprattutto al Nord. Palermo ha in mano le televisioni, in grado di entrare nelle case dei bravi e imbecilli cittadini del Nord.

Berlusconi ha fatto cio' che ha voluto con le televisioni, anche regionali, in barba perfino alla legge Mammi'. Molte ricchezze sono vergognose, perche' vengono da decine di migliaia di morti. Non E' vero che "pecunia non olet". C'e' denaro buono che ha odore di sudore, e c'e' denaro che ha odore di mafia. Ma se non ci fosse quel potere, il Polo si squaglierebbe in poche ore. Incontrare di nuovo Berlusconi ad Arcore? Lo escludo, niente piu' accordi col Polo.

Tre anni fa pensarono di farci il maleficio. Il mago Berlusconi disse: "Chi esce dal cerchio magico, cioe' dal mio governo, muore". Noi uscimmo e mandammo indietro il maleficio al mago. Non c'E' marchingegno stregato che oggi ci possa far rientrare nel cerchio del berlusconismo. Con questa gente niente accordi politici: E' un partito in cui milita Dell'Utri, inquisito per mafia.

La Padania chiede a Berlusconi se e' mafioso? Ma e' andata fin troppo leggera. Doveva andare piu' a fondo, con quelle carogne legate a Craxi. Io con Berlusconi saro' il guardiano del baro. Siamo in una situazione pericolosa per la democrazia: se quello va a Palazzo Chigi, vince un partito che non esiste, vince un uomo solo, il Tecnocrate, l'Autocrate. Io dico quel che penso, lui fa quel che incassa. Tratta lo Stato come una societa' per azioni.

Ma chi si crede di essere: Nembo Kid? Ma vi pare possibile che uno possiede 140 aziende possa fare gli interessi dei cittadini? Quando quello parla, fatevi una risata: vuol dire che va tutto bene, che non e' ancora riuscito a mettere le mani sulla cassaforte.

Bisogna che Berlusconi-Berlusca-Berluskaz-Berluskaiser si metta in testa che con i bergamaschi io ho fatto un patto di sangue: gli ho giurato che avrei fatto di tutto per avere il cambiamento. E non c'e' villa, non c'e' regalo, non c'e' ammiccamento che mi possa far cambiare strada. Berluscoso deve sapere che dalle nostre parti la gente e' pronta a fargli un culo cosi': bastano due secondi, e dovra' scappare di notte. Se vedono che li ha imbrogliati, quelli del Nord gli arrotolano su le sue belle ville e i suoi prati all'inglese e scaraventano tutto nel Lambro.
Berlusconi, come presidente del Consiglio e' stato un dramma. Quando e' in ballo la democrazia, a qualcuno potrebbe anche venire in mente di fargli saltare i tralicci dei ripetitori. Perche' lui con le televisioni fa il lavaggio del cervello alla gente, col solito imbroglio del venditore di fustini del detersivo. Le sue televisioni sono contro la Costituzione. Bisogna portargliele via. Ci troviamo in una situazione di incostituzionalita' gravissima, da Sudamerica.

Un uomo ha ottenuto dallo Stato la concessione delle frequenze tv per condizionare la gente e orientarla al voto. Non accade in nessuna parte del mondo. E' ora di mettere fina a questa vergogna. Se lo votate, quello vi porta via anche i paracarri.

Se cade Berlusconi, cade tutto il Polo, e al Nord si prende tutto la Lega. Ma non lo faranno cadere: perche' sara' pure un figlio di buona donna, ma e' il loro figlio di buona donna e per questo lo tengono in piedi. Ma il poveretto di Arcore sente il bidone forzitalista e polista, il partito degli americani, gli va a scatafascio. Un massone, piduista come l'arcorista e' sempre stato un problema di "Cosa Sua" o "Cosa Nostra".

Ma attento, Berlusconi: ne' mafia, ne' P2, ne' America riusciranno a distruggere la nostra societa'. E lui alla fine avra' un piccolo posto all'inferno, perche' quello li' non se lo pigliano nemmeno in purgatorio. Perche' e' Berlusconi che dovra' sparire dalla circolazione, non la Lega.

Non siamo noi che litighiamo con Berlusconi, E' la storia che litiga con lui.

Ecco alcuni titoli storici:



"La Fininvest è nata da Cosa Nostra" (7.10.98)
"Berlusconi, metodi mafiosi" (6.10.1999)
"Silvio riciclava i soldi della mafia" (7.7.98)
"C'è una legge inapplicata: Berlusconi è ineleggibile" (25.11.99)
"Imprenditore o politico, è il momento della scelta" (9.11.98)
"Fu Craxi a spingere Berlusconi in politica" (10.6.98)
"Un biscione di miliardi in Svizzera" (3.11.98)
"Le sedici casseforti occulte" (29.9.98)
"Soldi sporchi nei forzieri del Berlusca" (2.7.98)
"La Fininvest è nata da Cosa Nostra" (27.10.98)
"Così il Biscione si mise la coppola" (16.7.98)
"Le gesta di Lucky Berlusca" (31.8.98).





Ed alcune domande rivolte a Berlusconi:



Da "La Padania" dell' 8 luglio 1998


Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere per negarlo


Dai miliardi per comprare il terreno della futura Milano2, alle società siciliane con parenti di Buscetta: al Signore di Arcore la parola. Spieghi, e sia chiaro.

di Max Parisi

Basta. Basta con questa indicibile manfrina messa in piedi dai mezzi di comunicazione di massa sulle vicende giudiziarie - specialmente quelle palermitane - di Silvio Berlusconi. È arrivata l'ora delle certezze definitive. Di seguito presento al signor Berlusconi una serie di domande invitandolo pubblicamente a rispondere nel merito con cristallina chiarezza affinché una volta per tutte sia lui in prima persona a dimostrare - se ne è capace - che con Cosa Nostra non ha e non ha mai avuto nulla a che fare. A scanso di equivoci e strumentalizzazioni, già da ora - signor Berlusconi - le annuncio che nessuna delle notizie sul suo conto che leggerà in questo articolo è frutto di "pentimenti", e nessuna delle domande che le sto per porre si basa o prende spunto anche fosse in modo marginale dalle parole dei cosiddetti "pentiti". Tutto al contrario, esse si basano su personali indagini e su documenti amministrativi che in ogni momento - se lo riterrà - potrò inviarle perché si sinceri della loro autenticità. Detto questo, prego, legga, e mi sappia poi dire.Partiamo da lontano, perché lontano inizia la sua storia imprenditoriale, signor Berlusconi.

Primo quesito: lei certamente ricorda che il 26 settembre 1968 la sua società - l'Edilnord Sas - acquistò dal conte Bonzi l'intera area dove di lì a breve lei costruirà il quartiere di Milano2. Lei pagò l'area circa 4.250 lire al metro quadrato, per un totale di oltre 3 miliardi. Questa somma, nel 1968 quando lei aveva appena 32 anni e nessun patrimonio familiare alle spalle, è di enorme portata. Oggi, tabelle Istat alla mano, equivarrebbe a 38 miliardi, 739 milioni e spiccioli. Dopo l'acquisto - intendo dire nei mesi successivi - lei aprì un gigantesco cantiere edilizio, il cui costo arriverà a sfiorare 500 milioni al giorno, che in circa 4-5 anni porterà all'edificazione di Milano2 così come è oggi. Ecco la prima domanda: signor Berlusconi, a lei, quando aveva 32 anni, gli oltre 30 miliardi per comprare l'area, chi li diede? Inoltre: che garanzie offrì e a chi per ricevere tale ingentissimo credito? In ultimo: il denaro per avviare e portare a conclusione il super-cantiere, chi glielo fornì? Vede, se lei non chiarisce questi punti, si è autorizzati a credere che le due misteriose finanziarie svizzere amministrate dall'avvocato di Lugano Renzo Rezzonico "sue finanziatrici", così come altre finanziarie elvetiche che entreranno in scena al suo fianco e che tra poco incontreremo, sono paraventi dietro i quali si sono nascosti soggetti tutt'altro che raccomandabili. Sì, perché - mi creda signor Berlusconi - nel 1998, oggi, se lei chiarisse una volta per tutte, con nomi e cognomi, chi le prestò tale gigantesca fortuna facendo con questo crollare ogni genere di sospetto e insinuazione sul suo conto, nessuno e dico nessuno si alzerebbe per criticarla sostenendo che lei operò con capitali sfuggiti, per esempio, al fisco italiano e riparati in Svizzera, poi rientrati in Italia grazie alla sua attività imprenditoriale. Sarei il primo ad applaudirla, signor Berlusconi, se la realtà fosse questa. Se invece di denaro frutto di attività illecite, si trattò di risparmi onestamente guadagnati e quindi sottratti dai rispettivi proprietari al fisco assassino italiota che grazie a lei ridiventarono investimenti, lei sarebbe da osannare. Parli, signor Berlusconi, faccia i nomi e il castello di accuse di riciclaggio cadrà di schianto.

Secondo quesito: il 22 maggio 1974 - certamente lo ricorda, signor Berlusconi - la sua società "Edilnord Centri Residenziali Sas" compì un aumento di capitale che così arrivò a 600 milioni (4,8 miliardi di oggi, fonte Istat). Il 22 luglio 1975 la medesima società eseguì un altro aumento di capitale passando dai suddetti 600 milioni a 2 miliardi (14 miliardi di oggi, fonte Istat). Anche in questo caso, vorrei sapere da dove e da chi sono arrivati queste forti somme di denaro in contanti.

Terzo quesito: il 2 febbraio 1973 lei fondò un'altra società, la Italcantieri Srl. Il 18 luglio 1975 questa sua piccola impresa diventò una Spa con un aumento di capitale a 500 milioni. In seguito, quei 500 milioni diventeranno 2 miliardi e lei farà in modo di emettere anche un prestito obbligazionario per altri 2 miliardi. Signor Berlusconi, anche in questo caso le chiedo: il denaro in contanti per queste forti operazioni finanziarie, chi glielo diede? Fuori i nomi.

Quarto quesito: lei non può essersi scordato che il 15 settembre 1977 la sua società Edilnord cedette alla neo-costituita "Milano2 Spa" tutto il costruito del nuovo quartiere residenziale nel Comune di Segrate battezzato "Milano2" più alcune aree ancora da edificare di quell'immenso terreno che lei comperò nel '68 per l'equivalente di più di 32 miliardi in contanti. Tuttavia quel 15 settembre di tanti anni fa, accadde un altro fatto: lei, signor Berlusconi, decise il contemporaneo cambiamento di nome della società acquirente. Infatti l'impresa Milano2 Spa iniziò a chiamarsi così proprio da quella data. Il giorno della sua fondazione a Roma, il 16 settembre 1974, la futura Milano2 Spa - come lei senza dubbio rammenta - viceversa rispondeva al nome di Immobiliare San Martino Spa, "forte" di un capitale di lire 1 (un) milione, il cui amministratore era Marcello Dell'Utri. Lo stesso Dell'Utri che lei, signor Berlusconi, sostiene fosse a quell'epoca un "mio semplice segretario personale". Sempre il 15 settembre 1977, quel milione venne portato a 500 e la sede trasferita da Roma a Segrate. Il 19 luglio 1978, i 500 milioni diventeranno 2 miliardi di capitale sociale. Ecco, anche in questo caso, vorrei sapere dove ha preso e chi le ha fornito tanto denaro contante e in base a quali garanzie.

Quinto quesito: signor Berlusconi, il cuore del suo impero, la notissima Fininvest, certamente ricorda che nacque in due tappe. Partiamo dalle seconda: l'8 giugno 1978 lei fondò a Roma la "Finanziaria d'Investimento Srl" - in sigla Fininvest - dotandola di un capitale di 20 milioni e di un amministratore che rispondeva al nome di Umberto Previti, padre del noto Cesare di questi tempi grami (per lui). Il 30 giugno 1978 il capitale sociale di questa sua creatura venne portato a 50 milioni, il 7 dicembre 1978 a 18 miliardi, che al valore d'oggi sarebbero 81 miliardi, 167 milioni e 400 mila lire. In 6 mesi, quindi, lei passò dall'avere avuto in tasca 20 milioni per fondare la Fininvest Srl a Roma, a 18 miliardi. Fra l'altro, come lei certamente ricorda, la società in questo periodo non possedeva alcun dipendente. Nel luglio del 1979 la Fininvest Srl, con tutti quei soldi in cassa, venne trasferita a Milano. Poco prima, il 26 gennaio 1979 era stata "fusa" con un'altra sua società dall'identico nome, signor Berlusconi: la Fininvest Spa di Milano. Questa società fu la prima delle due tappe fondamentali di cui dicevo poc'anzi alla base dell'edificazione del suo impero, e in realtà di milanese aveva ben poco, come lei ben sa. Infatti la Fininvest Spa venne anch'essa fondata a Roma il 21 marzo del 1975 come Srl, l'11 novembre dello stesso anno trasformata in Spa con 2 miliardi di capitale, e quindi trasferita nel capoluogo lombardo. Tutte operazioni, queste, che pensò, decise e attuò proprio lei, signor Berlusconi.Dopo la fusione, ricorda?, il capitale sociale verrà ulteriormente aumentato a 52 miliardi (al valore dell'epoca, equivalenti a più di 166 miliardi di oggi, fonte Istat). Bene, fermiamoci qui. Signor Berlusconi, i 17 miliardi e 980 milioni di differenza della Fininvest Srl di Roma (anno 1978) chi glieli fornì? Vorrei conoscere nomi e cognomi di questi suoi munifici amici e anche il contenuto delle garanzie che lei, signor Berlusconi, offrì loro. Lo stesso dicasi per l'aumento, di poco successivo, a 52 miliardi. Naturalmente le chiedo anche notizie sull'origine dei fondi, altri 2 miliardi, della "gemella" Fininvest Spa di Milano che lei fondò nel 1975, anno pessimo per ciò che attiene al credito bancario e ancor peggio per i fondamentali dell'economia del Paese.

Sesto quesito: lei, signor Berlusconi, almeno una volta in passato tentò di chiarire il motivo dell'esistenza delle 22 (ma c'è chi scrive, come Giovanni Ruggeri, autore di "Berlusconi, gli affari del Presidente" siano molte di più, addirittura 38) "Holding Italiane" che detengono tuttora il capitale della Fininvest, esattamente l'elenco che inizia con Holding Italiana Prima e termina con Holding Italiana Ventiduesima. Lei sostenne che la ragione di tale castello societario sta nell'aver inventato un meccanismo per pagare meno tasse allo Stato. Così pure, signor Berlusconi, lei ha dichiarato che l'inventore del marchingegno finanziario, che ripeto detiene - sono sue parole - l'intero capitale del Gruppo, fu Umberto Previti e l'unico scopo per il quale l'inventò consisteva - e consiste tutt'oggi - nell'aver abbattuto di una considerevole percentuale le tasse, ovvero il bottino del rapinoso fisco italiota ai suoi danni, con un meccanismo assolutamente legale. Queste, mi corregga se sbaglio, furono le ragioni che addusse a suo tempo, signor Berlusconi, per spiegare il motivo per cui il capitale della Fininvest è suddiviso così. È una motivazione, però, che a molti appare quanto meno curiosa, se raffrontata - ad esempio - con l'assetto patrimoniale di un altro big dell'imprenditoria nazionale, Giovanni Agnelli, che viceversa ha optato da molti anni per una trasparentissima società in accomandita per detenere e definire i propri beni e quote del Gruppo Fiat. In sostanza lei, signor Berlusconi, più volte ha ribadito che "dietro" le 22 Holding c'è soltanto la sua persona e la sua famiglia. Non avrò mai più motivo di dubitare di questa sua affermazione quando lei spiegherà con assoluta chiarezza le ragioni di una sua scelta a dir poco stupefacente. Questa: c'è un indirizzo - a Milano - che lei, signor Berlusconi conosce molto bene. Si tratta di via Sant'Orsola 3, pieno centro cittadino. A questo indirizzo nel 1978 nacque una società fiduciaria - ovvero dedita alla gestione di patrimoni altrui - denominata Par.Ma.Fid.A fondarla furono due commercialisti, Roberto Massimo Filippa e Michela Patrizia Natalini. Detto questo, certo rammenta, signor Berlusconi, che importanti quote di diverse delle suddette 22 Holding verranno da lei intestate proprio alla Par. Ma.Fid. Esattamente il 10 % della Holding Italiana Seconda, Terza, Quarta, Quinta, Ventunesima e Ventiduesima, più il 49% della Holding Italiana Prima, la quale - in un perfetto gioco di scatole cinesi - a sua volta detiene il 100% del capitale della Holding Italiana Sesta e Settima e il 51% della Holding Italiana Ventiduesima. Vede, signor Berlusconi, dovrebbe chiarirmi per conto di chi la Par.Ma.Fid. gestirà questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché lei decise di affidare proprio a questa società tale immensa fortuna. Infatti lei - che è un attento lettore di giornali e ha a sua disposizione un ferratissimo nonché informatissimo staff di legali civilisti e penalisti - non può non sapere che la Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha gestito - esattamente nello stesso periodo - tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e grande riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Carmelo Gaeta e altri boss - di area corleonese e non - operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona. Quindi, signor Berlusconi, a chi finivano gli utili della Fininvest relativi alle quote delle Holding in mano alla Par.Ma.Fid.? Per conto di chi la Par.Ma.Fid. incassava i dividendi e gestiva le quote in suo possesso? Chi erano - mi passi il termine - i suoi "soci", signor Berlusconi, nascosti dietro lo schermo anonimo della fiduciaria di via Sant'Orsola civico 3? Capisce che in assenza di una sua precisa quanto chiarificatrice risposta che faccia apparire il volto - o i volti - di coloro che per anni incasseranno fior di quattrini grazie alla Par.Ma.Fid., ovvero alle quote della Fininvest detenute dalla Par.Ma.Fid. non si sa per conto di chi, sono autorizzato a pensare che costoro non fossero estranei all'altro "giro" di clienti contemporaneamente gestiti da questa fiduciaria, clienti i cui nomi rimandano direttamente ai vertici di Cosa Nostra.

Settimo quesito: è universalmente noto che lei, signor Berlusconi, come imprenditore è "nato col mattone" per poi approdare alla televisione. Proprio sull'edificazione del network tivù è incentrato questo punto. Lei, signor Berlusconi, certamente ricorda che sul finire del 1979 diede incarico ad Adriano Galliani di girare l'Italia ad acquistare frequenze tivù. Lo scopo - del tutto evidente - fu quello di costituire una rete di emittenti sotto il suo controllo, signor Berlusconi, in modo da poter trasmettere programmi, ma soprattutto pubblicità, che così sarebbe stata "nazionale" e non più locale. La differenza dal punto di vista dei fatturati pubblicitari, ovviamente, era enorme. Fu un piano perfetto. Se non che, Adriano Galliani invece di buttarsi a capofitto nell'acquisto di emittenti al Nord, iniziò dal Sud e precisamente dalla Sicilia, dove entrò in società con i fratelli Inzaranto di Misilmeri (frazione di Palermo) nella loro Retesicilia Srl, che dal 13 novembre 1980 vedrà nel proprio consiglio di amministrazione Galliani in persona a fianco di Antonio Inzaranto. Ora lei, signor Berlusconi, da imprenditore avveduto qual è, non può non avere preso informazioni all'epoca sui suoi nuovi soci palermitani, personaggi molto noti da quelle parti per ben altre questioni, oltre la tivù. Infatti Giuseppe Inzaranto, fratello di Antonio nonché suo partner, è marito della nipote prediletta di Tommaso Buscetta. No, sia chiaro, non mi riferisco al "pentito Buscetta" del 1984, ma al super boss che nel '79 è ancora braccio destro di Pippo Calò e amico intimo di Stefano Bontate, il capo dei capi della mafia siciliana. Quindi, signor Berlusconi, perché entrò in affari - tramite Adriano Galliani - con gente di questa risma? C'è da notare, oltre tutto, che i fratelli Inzaranto sono di Misilmeri. Le dice niente, signor Berlusconi, questo nome? Guardi che glielo sto chiedendo con grande serietà. Infatti proprio di Misilmeri sono originari i soci siciliani della nobile famiglia Rasini che assieme alla famiglia Azzaretto - nativa di Misilmeri, appunto - fondò nel 1955 la banca di Piazza Mercanti, la Banca Rasini. Giuseppe Azzaretto e suo figlio, Dario Azzaretto, sono persone delle quali lei, signor Berlusconi, con ogni probabilità sentiva parlare addirittura in casa da suo padre. Gli Azzaretto erano - con i Rasini - i diretti superiori di suo padre Luigi, signor Berlusconi. Gli Azzaretto di Misilmeri davano ordini a suo padre, signor Berlusconi, che per molti anni fu loro procuratore, il primo procuratore della Banca Rasini. Certo non le vengo a chiedere con quali capitali - e di chi - Giuseppe Azzaretto riuscì ad affiancarsi nel 1955 ai potenti Rasini di Milano, tenuto conto che Misilmeri è tutt'oggi una tragica periferia della peggiore Palermo, però che a lei Misilmeri possa risultare del tutto sconosciuta, mi appare inverosimile. Ora le ripeto la domanda: si informò sulla "serietà" e la "moralità" dei nuovi soci - il clan Inzaranto - quando tra il 1979 e l'80 diverranno parte fondamentale della sua rete tivù nazionale?

Ottavo quesito: certo a lei, signor Berlusconi, il nome della società Immobiliare Romana Paltano non può risultare sconosciuto. È impossibile non ricordi che nel 1974 la suddetta, 12 milioni di capitale, finì sotto il suo controllo amministrata da Marcello Dell'Utri, perché proprio sui terreni di questa società lei darà corso all'iniziativa edilizia denominata Milano3. Così pure ricorderà che nel 1976 l'esiguo capitale di 12 milioni aumenterà a 500, e che il 12 maggio del 1977 salirà ulteriormente a 1 (un) miliardo, e che cambierà anche la sua denominazione in Cantieri Riuniti Milanesi Spa. Come al solito, vengo subito al dunque: anche in questo ennesimo caso, chi le fornì, signor Berlusconi, questi forti capitali per aumentare la portata finanziaria di quella che era una modestissima impresa del valore di soli 12 milioni quando la acquistò?

Nono quesito: lei, signor Berlusconi, certamente rammenta che il 4 maggio 1977 a Roma fondò l'Immobiliare Idra col capitale di 1 (un) milione. Questa società, che oggi possiede beni immobili pregiatissimi in Sardegna, l'anno successivo - era il 1978 - aumentò il proprio capitale a 900 milioni. Signor Berlusconi, da dove arrivarono gli 899 milioni (4 miliardi e 45 milioni d'oggi, fonte Istat) che fecero la differenza?

Decimo quesito: signor Berlusconi, in più occasioni lei ha usato per mettere in porto affari di vario genere - l'acquisto dell'attaccante Lentini dal Torino Calcio, ad esempio - la finanziaria di Chiasso denominata Fimo. Anche in questo caso, come nel precedente riferito alla Par.Ma. Fid., lei ha scelto una società fiduciaria - questa volta domiciliata in Svizzera - al cui riguardo le cronache giudiziarie si erano largamente espresse. Tenuto conto della potenza dello staff informativo che la circonda, signor Berlusconi, mi appare del tutto inverosimile che lei non abbia saputo, circa la Fimo di Chiasso, che è stata per lungo tempo il canale privilegiato di riciclaggio usato da Giuseppe Lottusi, arrestato il 15 novembre del 1991 mentre "esportava" forti capitali della temibile cosca palermitana dei Madonia. Così pure non le sarà sfuggito che Lottusi venne condannato a 20 anni di reclusione per quei reati. Tuttora è in carcere a scontare la pena. Ebbene, signor Berlusconi, se quel gangster finì in galera il 15 novembre del '91, nella primavera del 1992 - cioè pochi mesi dopo quel fatto che campeggiò con dovizia di particolari, anche circa la Fimo, sulle prime pagine di tutti i giornali - il suo Milan "pagò" una forte somma "in nero" - estero su estero - per la cessione di Gianluigi Lentini, e usò per la transazione proprio la screditatissima Fimo, fiduciaria di narcotrafficanti internazionali. Perché, signor Berlusconi?

Ecco, queste sono le domande. Risponda, signor Berlusconi. Presto. Come ha visto, di "pentiti" veri o presunti non c'è traccia negli 11 quesiti. Semmai c'è il profumo di centinaia di miliardi che tra il 1968 e il 1979 finirono nelle sue mani, signor Berlusconi. E tuttora non si sa da dove arrivarono. Poiché c'è chi l'accusa che quell'oceano di quattrini provenne dalle casse di Cosa Nostra e sta indagando proprio su questo, prego, schianti ogni possibile infamia dicendo semplicemente la verità. Punto per punto, nome per nome. È un'occasione d'oro per farla finita una volta per tutte. Sappia che d'ora in poi il silenzio non le è più consentito né come imprenditore, né come politico, né come uomo.

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Costituzione italiana art. 88
by vi ricordate l'art. 18? uguale no? Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:39 PM mail:  

Costituzione italiana art. 88
Il Presidente della repubblica puo',
sentiti i Presidenti sciogliere le Camere
od anche una di esse.

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Con tutta evidenza il Presidente de Consiglio Silvio Berlusconi (tessera 625 loggia P2) e' convinto che già le future riforme costituzionali a cui aspira, sia in state approvate, ed in vigore; cosi' ha auunuciato che "Se la maggioranza si dividerà le Camere dovranno essere sciolte".
Una dichiarazione quella del Signor Tessera 625 (Berlusconi) che ha suscitato molte reazioni, di giuristi, costituzionalisti, che hanno richiamato alla memoria l'articilo 88 della Costituzione, e persino degli alletati di Governo come Marco Follini dell'UDC.
Ma se in molti hanno colto l'enormità delle dichiarazioni del nostro prode eversivo; in pochi hanno colto l'eversività delle dichiarazione di Berlusconi, il quale in un sol colpo destituiva dalle sue funzioni il Presaidente della Repubblica e si attribuiva un ruolo non scritto nella Costituzione, che vedrebbe un ancor maggiore concentrazione di potere nelle sue mani.
Berlusconi Silvio, (imputato in vari con giudizio sospeso contravvenendo all'articolo 3 della Costituzione italiana, dove il Testo dice: " Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, condiziomi personali o sociali.)
ha dimenticato che l'articolo 88 della Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica in via esclusiva, il potere di scioglimento delle Camere.
Il "nostro" non si vuole rendere conto che nell'attuale Costituzione spetta al Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica e non ad altri,, qualora si presenti un crisi della maggioranza, espedire ogni tentativo, secondo le formule ritanute opportune, per verificare se ci sia un'altra maggioranza, nella legislatura in corso, in grado di esprimere un altro governo.
Dunque parlare, come ha fatto Berlusconi, nel momento della crisi della maggioranza, di necessario ricorso alle urne,
e' travisare completamente, lo spirito la sostanza ed il dettato della Costituzione ed e' un compiere un'altra imperdonabile intromissione in compiti che spettano ad un'altro organo costituzionale, designato in modo netto ed inequivocabile dalla Carta Costituzionale.

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Curriculum giudiziario di Silvio Berlusconi
by cucurrucucù piccione Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:42 PM mail:  

Premetto che queste sono informazioni facilmente reperibili in Internet, di alcune le TV hanno parlato di altre hanno solo accennato. Il numero di siti che riportano questo stringato Curriculum è notevole, basta ricercare una qualsiasi delle frasi seguenti con un motore di ricerca come Google. Suppongo quindi sia un curriculum vero che tutti gli agenti di polizia abbiano sui loro terminali come avranno il mio (ancora bianco).

Ricordo che molti sospetti non fanno né una certezza né una condanna e quindi il Presidente Berlusconi ha la fedina penale pulita. Per adesso risultano solo condanne (4) di primo grado e che nei successivi gradi si sono risolte con assoluzioni per vari motivi tra cui la prescrizione. Anche qui occorre precisare che le diverse condanne in primo grado non sporcano la fedina. Anche Giulio Andreotti è stato condannato in primo grado ma poi è stato assolto. Altri dicono pure che un famoso Boss americano (Al Capone se non erro) è stato condannato solo per evasione fiscale. Pur avendo subito numerosi processi se l'era sempre cavata in appello. In questo caso si sospetta che si sia macchiato di numerosi delitti.

Comunque sia credo che i titoli che vedrete in neretto siano i nomi dei fascicoli giudiziari mentre la descrizione suppongo appartenga a quel giornalista apparso nella trasmissione di Luttazzi, Travaglio. Mi risulta che abbia avuto molte querele e che non ostante questo il suo libro sia ancora in libera vendita, quindi si deve convenire che le sue frasi corrispondono a verità per la magistratura. Se non fosse così prego di informarmi sull'origine della descrizione e sulla veridicità dei testi.

I dati di fatto dovrebbero essere i seguenti:


Traffico di droga

Nel 1983 la Guardia di Finanza, nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, aveva posto sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Nel rapporto si legge: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane.
Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.


Falsa testimonianza sulla P2

La prima condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale arriva nel 1990: la Corte d'Appello di Venezia lo dichiara
colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel 1989, però, c'era stata un'amnistia, che estingue il reato.


Tangenti alla Guardia di finanza

Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di Finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Videotime, Telepiù...).
In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con *formula dubitativa* (comma 2 art. 530 cpp).



Tangenti a Craxi (All Iberian 1)

Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la *prescrizione* del reato.
La Cassazione conferma.



Falso in bilancio (All Iberian 2)

Berlusconi è rinviato a giudizio per aver falsificato i bilanci Fininvest. Il dibattimento, dopo molte lungaggini e schermaglie procedurali, è in corso presso il Tribunale di Milano.



Consolidato gruppo Fininvest (All Iberian 3)

La Procura della Repubblica di Milano ha indagato sulla rete di società estere del gruppo Fininvest (Fininvest Group B), contestando falsi in bilancio e operazioni che hanno generato un migliaio di miliardi di fondi neri. Sta per essere formalizzata la richiesta di rinvio a giudizio.



Caso Lentini

Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di 6 miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l'acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento è in corso presso il Tribunale di Milano.



Medusa cinematografica

Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, la Corte gli ha riconosciuto le attenuanti generiche: è così scattata la prescrizione del reato.



Terreni di Macherio

Berlusconi è accusato di varie irregolarità fiscali nell'acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è per alcuni reati assolto, per altri scatta la prescrizione. In appello è confermata la sentenza di primo grado.



Lodo Mondadori

Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare ha deciso l'archiviazione del caso, con *formula dubitativa*. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d'appello, che ora dovrà decidere se confermare l'archiviazione o disporre il rinvio a giudizio di Berlusconi, Cesare Previti e del giudice Renato Squillante.



Toghe sporche-Sme

Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e Renato Squillante. Il processo di primo grado è in corso presso il Tribunale di Milano.


Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest

Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.


Tangenti fiscali sulle pay-tv

Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l'Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay-tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.


Stragi del 1992-1993

Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni o richieste di archiviazioni. Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti.


Telecinco in Spagna
Berlusconi, Dell'Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real.


Attualmente Silvio Berlusconi è un parlamentare della Repubblica italiana, leader di Forza Italia e Presidente del Consiglio italiano. L'onorevole Berlusconi ricopre inoltre molte altre cariche tra cui la presidenza della squadra di calcio Milan ed è proprietario di Mediaset, il più grande gruppo privato televisivo in Italia.

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Propaganda 2003
by Gianni Cipriani Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:44 PM mail:  

Siamo abituati a pensare alla P2 come ad un rottame della storia, o al massimo come un retaggio di un malaffare politico e massonico. Un qualcosa fuori dal tempo che, di tanto in tanto, si ripresenta come un insulto alle coscienze, e per questo, solo per questo, accende furibonde reazioni.
Ma cos’è davvero la P2? Cos’è il sistema piduista? Nel senso comune prevale ormai la formula che evoca il sistema di malaffare, i faccendieri e i vecchi agenti segreti senza scrupoli, pronti a depistare. Come se una progressiva «usura» del tempo avesse operato sulle parole stesse «P2 e piduista», facendo diventare questi termini etichette prive di contenuto. Insulti che, quando sono utilizzati, paradossalmente bloccano sul nascere ogni ragionamento; diventano risposte scontate che spengono ogni domanda.
La domanda, invece, va riaccesa. Bisogna comprendere che il «sistema piduista», nei suoi valori e nelle linee strategiche, è un credo politico ben strutturato. Non è semplice malaffare. E’, semmai, una dottrina che ha fatto (e sicuramente fa ancora) leva sul malaffare, sui burattini d’avventura, come gli scenari oscuri che sono comparsi intorno al falso scandalo Telekom Serbia stanno ampiamente dimostrando. Gli obiettivi che persegue, però, sono politici.
Null’altro che politici.
Ecco perché arretrare all’accezione insultante (e stereotipata) di piduista è un limite, se non un grave errore, che non consente di individuare le linee strategiche lungo le quali sta proseguendo il piano di rinascita – il termine non è casuale – di una concezione autoritaria, affaristica e sostanzialmente antieuropea che sempre più si va radicando in una parte consistente della cultura politica conservatrice, moderata nelle apparenze ma reazionaria nelle pulsioni primarie.
Vale la pena, quindi, analizzare serenamente (si fa per dire) quel complesso di vicende che oggi, paradossalmente, hanno portato l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ad affermare tranquillamente e sinceramente che nel nostro paese si va riproponendo una «questione massonica», dal momento che stiamo assistendo ad un ritorno al passato, quando in alcune logge si decidevano le sorti della politica e dell’economia.
Allora bisogna partire dalla questione delle questioni, che nella politica piduista era rappresentata dalla stessa identità della repubblica italiana. Una repubblica antifascista la cui Costituzione è stata elaborata dalle forze politiche che avevano promosso la lotta di Liberazione. Una eredità politica ce non è mai stata digerita da quell’insieme di forze che si è storicamente radunato intorno alla P2. I motivi sono del tutto evidenti: l’unità delle forze antifasciste, o del cosiddetto «arco costituzionale», è stata sempre vista come una ferita aperta da sanare al più presto perché attraverso questo «mito» il Pci aveva ottenuto quella legittimità democratica che mai e poi mai avrebbe dovuto avere. Colpa dei comunisti, ma anche di tutti quei cattolici democratici che, pur nella diversità e nell’asprezza dello scontro, non avevano mai voluto recidere le radici comuni che univano le forze che avevano dato vita al patto costituzionale. Ecco, dunque, perché nella logica piduista l’unità antifascista andava sostituita al più presto con un’altra unità, che adottasse uno sbarramento a sinistra e, nello stesso tempo, aprisse a destra, pur rifiutando ufficialmente di accogliere in questo patto i neofascisti.
Per «rompere» questo patto, nella logica di Licio Gelli e dei suoi seguaci, non c’erano che due strade: depotenziare il «mito» dell’unità antifascista e dare una diversa lettura della lotta partigiana per annullare il valore storico e politico e, come secondo passo, cancellare la Costituzione che in quella storia aveva la sua scaturigine.
Proprio questa concezione è stata, negli anni Settanta, alla base di alcune avventure eversive, a cominciare dal golpe Borghese, che a dispetto dei nostalgici di Mussolini e dei repubblichini che avrebbero dovuto portarlo a termine, non sarebbe stato un colpo di stato dichiaratamente «fascista»; così come «fascista» non sarebbe stato il progetto eversivo di Edgardo Sogno, passato alla storia come «golpe bianco». Secondo questo schema, i mali d’Italia erano rappresentati dal «pericolo comunista», ma anche dalla sostanziale «inaffidabilità» democristiana il cui gruppo dirigente era ancorato ai valori della Costituzione, né intendeva disfarsene. Da qui i continui timori del lento ma progressivo e inesorabile scivolamento verso il «caos comunista» e la celebre frase di Edgardo Sogno secondo la quale la sua organizzazione si era presa l’impegno di «sparare» contro chiunque – i democristiani traditori – avesse consentito al Pci di entrare nel governo.
Se queste sono, come sono, le premesse, si comprende come l’attuale e sempre più stringente tentativo di minare i valori fondanti della nostra Repubblica, la rivalutazione di Mussolini, del fascismo e della repubblica di Salò, la volontà di equiparare – nel rispetto dei morti – partigiani e repubblichini ovvero il desiderio di snaturare il valore simbolico del 25 aprile e di annacquarlo nella condanna indistinta dei regimi totalitari, siano passaggi ineludibili della strategia piduista. Così come non si può certamente liquidare come una semplice battuta infelice la frase di Silvio Berlusconi sulla “Costituzione sovietica”.
Su questo, come detto, varrebbe la pena di riflettere invece di limitarsi ad utilizzare il termine piduista come insulto. A chiedersi come mai, ad esempio, da un po’ di tempo a questa parte viene lasciato il solo presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a celebrare degnamente il 25 aprile. O perché Berlusconi scelse questa data per ricordare a Torino proprio Edgardo Sogno, decorato per il suo valore partigiano, che in seguito, però, era diventato uno dei paladini dell’oltranzismo anticomunista, fino ad approdare alla loggia P2 e a partorire progetti eversivi. E c’è da chiedersi se non sia proprio per l’avanzare di questa revisione di stampo piduista che è l’intera storia della Repubblica ad essere messa in discussione. Non si spiegherebbe altrimenti l’ossessione “comunista” che sembra pervadere Silvio Berlusconi ed i suoi sudditi, impegnati a denunciare il grande complotto con il quale i “rossi” (grazie anche all’inazione democristiana) si sarebbero infiltrati in tutti i gangli dello Stato fino a conquistarlo.
Può servire, nel Duemila, agitare lo spettro comunista per guadagnare qualche voto in più?
C’è di che dubitarne. E allora tanto zelo si giustifica con il fatto che la “nuova” Italia che qualcuno ha in mente può essere costruita solo sulle macerie della nostra Costituzione e della sua storia. Cancellare la memoria dell’Italia repubblicana. Non c’è nulla di più “piduista” di questo proposito. Eppure molti di coloro, per i quali la P2 evoca qualcosa di negativo, si mostrano assai più condiscendenti di fronte a questa deriva, magari ingannati da nobili slogan come “pacificazione”, che sicuramente è un obiettivo da raggiungere, ma che adesso è semplicemente un diversivo.
Ci sarebbe poi da riflettere su un altro particolare di non poco conto: la collocazione internazionale della P2. Oggi, dopo molto tempo, lo stesso ex preside Cossiga – che pure ha sempre criticato gli esiti della commissione P2 presieduta da Tina Anselmi – è disposto ad ammettere che la loggia di Licio Gelli è stata un centro di irradiazione dell’oltranzismo atlantico. C’era la guerra fredda e in occidente l’anticomunismo aveva differenti gradazioni. Nella loggia di Licio Gelli c’erano i “duri”; coloro i quali pensavano, appunto, che l’unità antifascista fosse un orpello e che ci volessero le misure forti. Così, proprio perché espressione dei settori più rigidi dell’atlantismo, Licio Gelli divenne uno dei referenti più apprezzati del partito repubblicano degli Stati Uniti e, per essere più precisi, un referente della destra repubblicana.
Oggi chi ha l’immagine del Gelli depistatore e faccendiere dimentica che il Maestro Venerabile della P2, ad esempio, fu uno tra i più attivi nel sostenere la candidatura di Ronald Reagan alla presidenza degli Stati Uniti e si impegnò, anche per convincere i numerosi italo-americani, a far pubblicare sul Corriere della Sera una serie di articoli che dovevano mettere in buona luce lo sfidante del presidente uscente, Carter. Anche per questo Gelli (oltre a lui c’era Francesco Pazienza) fu tra gli invitati al ricevimento che si tenne negli Stati Uniti per festeggiare la vittoria di Reagan.
L’Italia pensata dalla P2 era una repubblica legata mani e piedi agli Stati Uniti. Anzi, a quei settori più reazionari e più “oltranzisti” nella lotta contro il nemico che allora si chiamava comunismo. Cosa c’è di differente dal governo di oggi, nel quale le spinte ad ancorarsi ai voleri della destra repubblicana, oggi rappresentata da Bush jr., sono così forti da mettere in discussione il ruolo dell’Italia nel processo di unificazione Europea? Cambiano gli scenari ma, evidentemente, il cordone ombelicale non è stato reciso. Ed ecco manifestarsi quegli atteggiamenti da vassallo prostrato di fronte all’imperatore che nemmeno negli anni Settanta, quando pure forte era la polemica sul “servilismo atlantico” dell’Italia, si erano mai visti in simile maniera. Anche in questo caso, non c’è nulla di più piduista.
Quella che abbiamo di fronte, dunque, è una precisa strategia politica che oggi trova in Silvio Berlusconi la sua espressione ma che, probabilmente, è una tendenza politica che sopravviverà a Berlusconi, così come è sopravvissuta nel passaggio tra la prima e la seconda repubblica. Politica che, come detto, fa spesso leva sul malaffare, ma che non è materia esclusiva (anzi, è vero il contrario) degli specialisti delle trame. Oggi, come detto, alcuni personaggi comparsi a margine del caso Telekom Serbia e le spavalde dichiarazioni di Licio Gelli rappresentano il volto di questo oscuro passato. Ma il problema è che questo “passato” è presente. E siffatta strategia sta ottenendo i suoi più significativi successi proprio là dove la sensibilità democratica è meno sensibile o, se è sensibile, reagisce solo appellandosi alla ritualità dei simboli. Oggi il piduismo è più forte non solo perché ricompaiono Gelli, Pazienza e uno stuolo di faccendieri. E’ più forte perché si stanno minando le basi della nostra Repubblica secondo uno schema ben collaudato. E nessuno, fino ad ora, ha davvero disinnescato quelle cariche.

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LA RAGNATELA: DALLE TRAME NERE AL GOVERNO BERLUSCONI.
by (PARTE QUINTA) Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:46 PM mail:  

LA RAGNATELA: DALLE TRAME NERE AL GOVERNO BERLUSCONI.
Traccia storica e considerazioni di Renata Franceschini, Soccorso Popolare - Padova

(PARTE QUINTA)

SOMMARIO indice generale
parte prima
Prefazione
1. I servizi segreti
parte seconda
2. Francesco Cossiga e i suoi legami con la ragnatela
3. Gladio
parte terza
4. La Loggia P2 e Licio Gelli
parte quarta
5. Nascita dell'impero economico del Cavalier Silvio Berlusconi
6. L'on.Bettino Craxi e il Cavalier Silvio Berlusconi: intreccio di affari e favori.
parte quinta
7. Berlusconi scende in campo!!
8. La transizione da Berlusconi a D'Alema
parte sesta
9. Il governo "D'Alema"
10. Berlusconi vince le elezioni del 2001
11. Sintesi del Piano di "Rinascita Democratica", elaborato dalla Loggia massonica segreta P2, del Gran Maestro Licio Gelli.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
7. Berlusconi scende in campo!!
Berlusconi non era certo estraneo alla scena politica, quando nel 1994 decise di formare il partito-azienda Forza Italia, e scendere personalmente nell’agone, presentandosi ai suoi teleutenti con un sorriso soddisfatto, di uomo "fattosi da sé".
Doveva entrarci personalmente, nella politica, per difendere i suoi interessi e il suo successo imprenditoriale, sempre dipeso dalla protezione dei partiti.

I partiti politici del centro e della destra erano crollati, o si erano dissolti, dopo che i loro leaders principali erano stati accusati di corruzione dai pubblici ministeri di Milano. La Fininvest stessa, sotto indagine per aver pagato delle tangenti a politici, era anche indebitata.

I protettori politici di Berlusconi erano in galera, o sotto accusa, o avevano lasciato il paese, come Craxi.

"Se non entro in politica mi faranno a pezzi" disse a Indro Montanelli, il direttore del suo quotidiano Il Giornale.

I partiti della sinistra, che sembravano già pronti al trionfo, stavano parlando apertamente di approvare delle misure antitrust che lo avrebbero costretto a rinunciare a una delle sue tre reti televisive.

Berlusconi, quindi, così minacciato sia sul fronte finanziario che su quello giudiziario, lanciò una campagna politica serrata, mostrando quanto può essere potente la sinergia tra media, politica e potere economico.

Tutto questo era stato già previsto nel Piano di rinascita democratica di Lucio Gelli, intorno agli anni settanta, nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti):

Ai giornalisti acquisiti, (con l’impiego di strumenti finanziari), dovrà essere affidato il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici, come sopra prescelti in entrambe le ipotesi alternative 1c e 1d.
In un secondo tempo occorrerà:
acquisire alcuni settimanali di battaglia;
coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata;
coordinare molte TV via cavo con l’agenzia per la stampa locale;
dissolvere la RAI-TV in nome della libertà di antenna, ex art.21 Cost.
Per la campagna elettorale, ovviamente, Marcello Dell’Utri, che era a capo della divisione pubblicitaria della Fininvest, utilizzò lo staff vendite della sua impresa come macchina elettorale e reclutò un vasto numero di candidati tra dipendenti, consulenti e partners di Berlusconi. Tra i nuovi membri del Parlamento italiano una ventina erano dipendenti di Berlusconi.
I componenti di Forza Italia, infatti, dovendo a Berlusconi i loro ben pagati incarichi, si sarebbero dimostrati, in seguito, sicuramente obbedienti ai suoi ordini.

Quando Berlusconi divenne Presidente del Consiglio nella primavera del 1994, emerse il conflitto d’interesse.

Come dice Mauro Paissan, un parlamentare dei Verdi, "il conflitto di interessi significa che il governo è continuamente ricattato". "Il fatto di essere in politica costituisce una specie di assicurazione a vita per lui: ogni iniziativa volta a regolare o investigare le sue imprese è vista come un attacco politico".

Anche allora Berlusconi si adoperò in modo solerte per sistemare in modo adeguato e rapido ciò che atteneva alla sfera dei suoi interessi personali: assoluta precedenza alle questioni inerenti alla televisione e alla giustizia.

Al Ministero della Difesa nominò Cesare Previti, suo avvocato personale.

E’ costume di Berlusconi, quindi, utilizzare il suo successo politico per garantire l’impunità a quelli tra i suoi collaboratori che sono più a rischio di arresto e che possono di conseguenza coinvolgerlo. Si assiste a scomposte prese di posizione ogni volta che si toccano le questioni delle televisioni o della giustizia.

Però Forza Italia costituisce un partito-azienda molto compatto, mentre l'opposizione, pur non minoritaria, risulta, nella contrapposizione politica, non molto compatta.

Durante le numerose indagini di "Mani Pulite" contro la corruzione nell’economia e nella politica, i magistrati di Milano arrestarono nel giugno del 1994 Paolo Berlusconi, il fratello reo confesso di aver pagato numerose tangenti.

Allora il Silvio improvvisamente emanò un decreto legge, che rendeva praticamente impossibile arrestare chiunque per crimini da "colletti bianchi", e in meno di ventiquattro ore uscirono di prigione molti dei politici arrestati da Mani Pulite. Questo decreto, conosciuto come il "Decreto Salva-Ladri", provocò una tale rivolta popolare da costringere Berlusconi a ritirarlo.

Nel frattempo alcune celle si erano svuotate!

La sua instabile coalizione di governo, rimasta in carica dal maggio al dicembre 1994, fu indebolita anche dallo sciopero generale (12 novembre) indetto dai sindacati, come risposta ad un progetto di riforma sulle pensioni.

Infine crollò, non solo a causa di un diretto coinvolgimento di Berlusconi nelle indagini di Tangentopoli, ma anche per l'uscita dalla maggioranza dell'allora non troppo suo fedele alleato, la Lega Nord di Umberto Bossi, in relazione al dibattito sulla riforma del sistema radiotelevisivo, (14 dicembre).

Già nei mesi precedenti, la Lega aveva peraltro continuamente denunciato il conflitto di interessi del presidente del consiglio, criticato AN come erede del fascismo e del vecchio statalismo meridionalistico, e reclamato passi più incisivi sulla strada del federalismo.

8. La transizione da Berlusconi a D'Alema

Il nuovo governo "tecnico" Dini, (ex ministro del Tesoro del governo Berlusconi), rimasto in carica dal gennaio 1995 fino alle elezioni dell'aprile 1996, riuscì a fare approvare una legge di riforma previdenziale, un decreto sulla par condicio televisiva, e la legge finanziaria, con il sostegno dei progressisti del centrosinistra, della Lega e del PPI.

Le elezioni del 21 aprile del 1996 sancirono la vittoria dell'Ulivo (42,1% dei voti alla Camera, contro il 40,3% del Polo), la coalizione formata dal PDS, dai Popolari e dai Verdi, con l'appoggio esterno di Rifondazione, coalizione guidata da Romano Prodi, che poté avvantaggiarsi dei timori, da parte dell'opinione pubblica moderata, di un'eccessiva prevalenza nello schieramento avversario della destra di AN; ulteriore vantaggio, la decisione della Lega di presentarsi da sola al voto.

Fu Romano Prodi a formare il nuovo governo, affiancato, come vicepresidente del Consiglio, dal numero due del PDS, Walter Veltroni: per la prima volta dal 1947, il maggiore partito della sinistra, direttamente discendente dal vecchio Partito Comunista, era al governo in Italia.

La maggioranza, ampia al Senato, era invece risicata alla Camera, dove per governare erano indispensabili i voti di Rifondazione comunista.

Il governo Prodi, ovviamente, era assai gradito alla Confindustria, perché Prodi aveva "buone credenziali", avendo attuato, come presidente dell'IRI, licenziamenti di massa, e creato, anche attraverso un forte indebitamento, le premesse per invocarne la privatizzazione dell'Ente.

In politica economica questo governo si caratterizzò per la rigida applicazione dei parametri di Maastricht, inasprendo la linea delle leggi finanziarie di Amato, Ciampi e Dini per ottenere il risanamento finanziario e l'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea.

Operò tagli al welfare state e alle pensioni, aumentò i tickets sulle prestazioni sanitarie e l'imposta sul valore aggiunto (IVA), riducendo al contempo le aliquote delle imposte sui redditi più elevati.

Una prima "manovra correttiva" dei conti pubblici (19 giugno 1996) pesò per 16.000 miliardi.

Con la successiva finanziaria (27 settembre 1996) si aggiunse un onere di 62.500 miliardi.

Col "decretone" (30 dicembre 1996) venne introdotta una "eurotassa" di 4.300 miliardi.

Con la nuova "manovra correttiva" (27 marzo 1997) gli italiani furono chiamati a pagare ancora 15.500 miliardi.

Con una successiva finanziaria (28 settembre 1997) altri 25.000 miliardi.

Dinanzi all'annuncio del voto contrario del PRC, Prodi si dimise (9 ottobre 1997) ma, riottenuta la fiducia (16 ottobre 1997), dovette promettere a Rifondazione comunista un provvedimento per le 35 ore lavorative, che venne approvato (24 marzo 1998) senza avere pratica applicazione.

Seguì invece la proposta di una nuova finanziaria (22 settembre 1998) per 14.700 miliardi, che determinò la definitiva sfiducia del PRC.

L'ATTACCO AL LAVORO E ALLO STATO SOCIALE

A vantaggio dell'industria automobilistica venne introdotta la "rottamazione", un premio sulla permuta delle auto usate, che produsse (gennaio-agosto 1997) un incremento del 43,7% delle immatricolazioni di autoveicoli e un aumento di tutta la produzione industriale, specialmente in Piemonte.

Prodi dette una spinta molto forte al programma di privatizzazione dell'economia pubblica, attraverso la vendita, quasi per intero, delle azioni del gigante delle telecomunicazioni Telecom Italia, un'azienda avanzata a livello mondiale, col rilancio della privatizzazione delle aziende controllate dall'IRI, e col collocamento sul mercato della maggioranza delle quote azionarie dell'ENI, che in tal modo venne sottratto al controllo dello stato.

"Dopo un anno di governo Prodi, il tasso di sviluppo segnò uno dei livelli più bassi. Dopo due anni la disoccupazione salì al 12,5%, la povertà al 10%, s'incrementò il divario fra Nord e Sud, mentre salirono i profitti."

(Antonio Marzano, "Affari & finanza, la Repubblica", 29 giugno 1998).

Pochi mesi dopo, il 9 ottobre 1998, l'opposizione di Rifondazione comunista alla Legge finanziaria fece cadere il governo: per un solo voto (312 voti favorevoli e 313 contrari) il governo Prodi mancò la fiducia, e dovette dunque dimettersi.

Nel frattempo il tentativo del leader del PDS, Massimo D'Alema, come Presidente della Commissione bicamerale per le riforme, di giungere ad una grande riforma della Costituzione e del sistema elettorale, con un accordo fra maggioranza e opposizione, falliva in un clima di polemica sempre più forte fra i due schieramenti.

La grande "riforma" prospettata dai lavori della Bicamerale andava, per molti versi, nella direzione del "Piano di rinascita democratica" della Loggia P2, e per questo si può assegnare alla Bicamerale un ruolo di colpo di stato strisciante.

Uno dei ferventi sostenitori di queste riforme era proprio Silvio Berlusconi! Paradossalmente, ad essergli alleato era proprio un ex esponente di rilievo del Partito Comunista Italiano, Massimo D'Alema, con l'appoggio esterno e sistematico di…Francesco Cossiga.

CONTINUA PARTE SESTA
http://www.uonna.it/ragnatela6.htm

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Piazza Fontana 12 dicembre 1969
by cursio Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:50 PM mail:  

Una strage di Stato

Il titolo di questo libro non a tutti piacque. Anche nella sinistra extra-parlamentare nella quale militavano, molti pensavano – contro ogni evidenza,secondo noi- che la strage fosse fascista, forse con qualche complicità di apparati statali. La storia ha dimostrato che non era così Anche le successive stragi degli anni ’70/80 (piazza della Loggia, Italicus, strage di Bologna, ecc) hanno confermato, fuor di ogni dubbio, che lo Stato promuoveva o consentiva stragi e delitti eccellenti, spesso gestendoli in prima persona e comunque coprendoli; ultimi esempi Ustica, Casalecchio di Reno, la morte di Ilaria Alpi, le navi dei profughi speronate e il Cermis: crimini di guerra e di pace, sempre con la stessa logica del puro dominio.L’inchiesta fu militante/collettiva e cosi la diffusione del libro. Fu anche in indicazione di merito che oggi vogliamo/dobbiamo rilanciare. Tanto più che alla fine degli unni ’60 e inizio dei ’70 ancora esistevano taluni spazi d’informazione più o meno liberi, oggi si sono ridotti al lumicino.Difficile crede che qualche giornalista "normale" oggi indagherà sui delitti/bugie di Stato (la guerra ’99 della Nato, per dire il fatto più grave) e comunque che queste inchieste avranno un’eco. Non possiamo però tacere che molti oggi chiudono le orecchie, preferiscono non sapere. Dobbiamo dunque informarci da soli e contro-informare con le forze che abbiamo,trovando il modo di sturare le orecchie e aprire le menti cloroformizzate.

23 Febbraio 1972, inizia a Roma il "Processo valpreda" le prove sono inconsistenti, emergono invece le responsabilita' di uomini dell'apparato dello Stato nella copertura dei fascisti. Anno 2000 a Milano si apre un nuovo processo, l'ultimo in ordine di tempo dopo numerosi processi ed avocazioni tra Roma, Milano, Catanzaro. Qui, un elenco delle inchieste, delle istruttorie, dei processi, che si sono tenuti in questi trentanni.
La "Strage di Stato e' libro che ha subito molti processi; molti personaggi, citati nelle sue pagine lo denunciarono chiedendone il sequestro su tutto il territorio nazionale. Qui un breve elenco dei nomi di chi ebbe paura di questa controinchiesta, le loro denuncie, il loro esito; la loro posizione nei processi per la Strage.

I processi al Libro



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Anche oggi, alcuni, implicati nella "Strategia della Tensione" vorrebbero negare, nascondere le loro responsabilita'. Una persona persona per tutti, l'agente dei Colonnelli Greci Costantino Plevris, incaricato della "Questione italiana" ha denunciato per diffamazione un cittadino greco, esule in Italia nel 1973 che in un libro dice i nomi, i collegamenti, le complicita'tra il regime Greco, e fascismo italiano. Il libro e le vicende di questo processo in Grecia. Saranno presto disponibili.



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Sentenza - ordinanza del Giudice Istruttore
presso il Tribunale Civile e Penale di
Milano, dr. Guido Salvini

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RIPORTIAMO L'INTERVENTO DI PINO RAUTI
(ALL'EPOCA CAPO DI ORDINE NUOVO E OGGI
DEL MS-FIAMMA TRICOLORE) AL CONVEGNO
ORGANIZZATO DALL'ISTITUTO POLLIO.

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Brani piu' significativi dell'intervento del docente universitario Pio Filippani Banconi su cui tutti i partecipanti al convegno dell'Hotel Parco dei Principi si dichiarano d'accordo, dando cosi' l'approvazione all'attuazione della
"strategia della tensione".

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QUELLO CHE SEGUE E' IL TESTO DELLA
RELAZIONE DI GUIDO GIANNETTINI AL
CONVEGNO TENUTOSI NEL MAGGIO DEL 1965
PRESSO L'ISTITUTO "POLLIO" DAL TEMA "LA
GUERRA RIVOLUZIONARIA"

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RIPORTIAMO QUI UNO STRALCIO DELL'INTERVENTO DI EDGARDO BELTAMETTI (ORDINE NUOVO) AL CONVEGNO SULLA GUERRA RIVOLUZIONARIA ALL'ISTITUTO "POLLIO"

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Documenti aginter-presse a Lisbona
I dossier che l'Europeo ha fotografato nel carcere di
Lisbona sono di fondamentale importanza per l'inchiesta
sulle trame eversive.

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ARTICOLO PUBBLICATO DAL SETTIMANALE "EPOCA"(MONDADORI EDITORE) POCHI GIORNI PRIMA DELLA STRAGE DIPIAZZA FONTANA.

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QUESTO ARTICOLO E' STATO PUBBLICATO DALLA RIVISTA "EPOCA" (MONDADORI) SUBITO DOPO LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA.

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"La parata e la risposta"
è il titolo di un opuscolo del SIFAR che la dice molto lunga su cosa intendessero i nostri servizi segreti per difesa della libertà e della democrazia.
Fu la rivista "Controinformazione" a pubblicarne, per la prima volta, nel 1973 degli stralci.
LA PARATA E LA
RISPOSTA

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QUELLI CHE SEGUONO SONO GLI ARTICOLI A FIRMA DI INCERTI, OTTOLENGHI E RAFFAELLI SUL SETTIMANALE "L'EUROPEO" NEL NOVEMBRE DEL 1974.
ARTICOLI RISULTATO DELL'ESAME DEI DOCUMENTI APPARTENENTI ALLA CENTRALE "AGINTER PRESSE",UNA STRUTTURA COPERTA DOVE SERVIZI SEGRETI OCCIDENTALI E I GRUPPI FASCISTI COLLABORAVANO PER COLPIRE CON OGNI MEZZO I MOVIMENTI DI EMANCIPAZIONE IN QUALSIASI PARTE DEL MONDO.

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Testo integrale del dossier segreto greco
Il microfilm di questo documento è stato consegnato nell'autunno dei 1969 al giornalista Leslie
Finer, ex corrispondente da Atene del settimanale inglese " The Observer ", da un rappresentante di
quei gruppi moderati della resistenza greca che hanno stretti contatti con elementi filo-monarchici
dell'apparato burocratico dei regime militare. Varie "expertises" - fra cui quella di un alto funzionario
dei servizi segreti inglesi - l'hanno giudicato sicuramente autentico. l'unico giornale italiano a
pubblicarne integralmente il testo - reso noto una settimana prima degli attentati del 12 Dicembre - è
stato, oltre all'U'nità ed al Paese.

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Cronologia dell'azione dei servizi segreti americani in Italia
dal 1943 al 1994

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DALL'ARCHIVIO CIA
9 GENNAIO 1964, WASHINGTON. Memorandum del segretario di Stato
Rusk al presidente americano Lyndon B. Johnson, alla vigilia della
visita del presidente della Repubblica Antonio Segni

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LICIO GELLI
IL PIANO DELLA RINASCITA DEMOCRATICA
Il Piano di rinascita democratica fu sequestrato all’aeroporto di Fiumicino nel sottofondo malamente camuffato di una valigia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio, che stava tornando in Italia da Nizza. Il documento è databile attorno al 1976.

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DALLE TRAME NERE
AL GOVERNO BERLUSCONI


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L’ ascesa di Silvio B.
by B.f. Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:54 PM mail: linearossa@virgilio.it 

Berlusconi ha usato metà del suo mandato per avere mano libera e attribuirsi ogni privilegio; senza dare tregua, ha prodotto la nota sequenza di decreti legge piegati al suo interesse. Berlusconi provoca, ritratta, e poi prosegue. Metodicamente demolisce il ruolo dei contrappesi democratici (libertà dei media, diritto di critica, indipendenza della magistratura, funzione dell’opposizione…) che lo separano dalla riaffermazione dell’autoritarismo in Italia.

Il metodo di tenere la popolazione sotto stress con emergenze continue ed effetti illusionistici non ha carattere solo locale ma si conforma alla tendenza del nuovo conservatorismo.

La politica di chi oggi dirige gli Stati uniti impone rilanci continui e un crescente stato di allarme per far passare la progressiva erosione della democrazia dopo il tragico tradimento perpetrato. Si vedano i recenti provvedimenti del Patriot Act II emessi dall’amministrazione statunitense che vanno nella direzione di privare i cittadini delle garanzie costituzionali e di sottometterli alle nuove leggi poliziesche. E si veda l’atteggiamento dei personaggi chiave, sempre più ignari delle istituzioni internazionali.

La leadership U.S.- un gruppo di estremisti di destra con un sacco di soldi e senza nessuno scrupolo - governa con il terrore. La politica estera americana si risolve nel mantenimento di una preponderanza militare costante. La superiorità bellica assicura che nessuno, quand’anche dissenziente, possa nei fatti opporsi alle pretese del “diritto al colpo preventivo”. A questa rozza politica è affidata la gestione di ogni interesse.

All’interno del grande paese la società, un tempo forte della propria libertà e democrazia, regredisce; così come l’economia. Con l’intento di affogare le masse nell’ignoranza con una propaganda fatta di slogan ricattatori (patriottismo, terrorismo (!) e appelli ad una non ben certificata volontà popolare), Bush osa solo più parlare davanti a platee di poliziotti e militari.

Che Berlusconi si sia messo sulla medesima china non è un caso.

La politica italiana soffre, fin dalla conclusione della seconda guerra mondiale, di una forte soggezione a quella statunitense. Alla sconfitta del fascismo subentrò l’amministrazione anglo-americana piuttosto che l’amministrazione congiunta delle potenze vincitrici ( pochi, tra cui Secchia, ebbero chiara e lucida la percezione delle conseguenze di questo rapporto).

Con la guerra fredda venne ad instaurarsi, in funzione anticomunista, una guida politica parallela, in parte non ufficiale e in parte occulta, con piani estranei al normale funzionamento delle istituzioni democratiche, costruita sui sedimenti del fascismo, sulla mafia e su formazioni massoniche, utilizzati come strumenti per attività coercitive capaci di interferire sul palese, legittimo e costituzionale svolgimento delle attività democratiche.
Berlusconi viene appunto dalla P2. Ora prosegue, in modo non più occulto, la funzione di appoggiare attivamente l’imperialismo americano in Europa.

Questa dipendenza non si traduce in alcun vantaggio per il paese, che al contrario si trova invischiato nella torbida politica statunitense con il crescente tributo di indebite e costose spedizioni militari all’estero e con il lavorio di contrasto rispetto alle prospettive europee. Per il resto il governo non è in grado di amministrare il paese ne di affrontare in modo significativo i problemi quotidiani.

Berlusconi, in un siparietto televisivo, si era prodotto nella stipula di un contratto con gli italiani. La trovata è priva di alcun valore e tuttavia truffaldina nella sua proposizione. Nel Leviatano si legge che “chi adempie per primo al contratto (gli elettori) non ha nessuna garanzia che l’altro farà successivamente la sua parte (realizzare l’Italia del Bengodi o lasciare libera la poltrona) perché i vincoli delle parole sono troppo deboli per frenare l’ambizione, l’avarizia, l’ira e le passioni umane senza la paura di un potere coercitivo” (che è proprio quello che nel frattempo Berlusconi si sta destreggiando a rimuovere.

Lo schema compilato a Lorenzago comporta modifiche che stravolgono la costituzione: rende inamovibile il capo del governo, definito da un’investitura popolare (elezione diretta, con nome sulla scheda) e gli conferisce un potere senza contrappesi. Il primo ministro disegna un Parlamento nel quale i deputati dovranno essergli ben accetti, che potrà sciogliere a sua discrezione se oserà bocciare decreti con richiesta di “voto conforme” o sfiduciarlo. Una piccola dittatura.

Certo in Italia è presente il consenso di chi si specchia nel capo e gode del suo benessere, di chi è contrario alla promozione degli altri e a tutto quello che sa lontanamente di progressismo. L’Italia è ancora divisa a metà.

Ma il difficile equilibrio tra posizioni opposte, garantito dalla Costituzione, è stato rotto da parte dell’attuale maggioranza, che si è sfilata da un patto nel quale non si è mai riconosciuta volentieri. Così facendo la maggioranza ha assunto la grave responsabilità di aver messo a rischio la concordia civile.

L’opposizione, per paura e per troppa prudenza, ha rinunciato ad agire con decisione, sottovalutando i singoli passi del cavaliere che oggi si compongono in un percorso preciso, che va a creare problemi in primo luogo proprio tra gli interlocutori più cauti e moderati.

La vasta e partecipata rete di organizzazioni di base nella quale si strutturavano sinistra e Italia democratica è sempre meno vitale e consistente. Buttate in un fosso motivazioni e convinzioni profonde, percezione della storia e capacità di critica, sembra fatale non aspettarsi riscosse intellettuali ne un’ondata di sdegno in difesa delle conquiste civili.

Eppure “Gli strappi prodotti dalle leggi di Berlusconi alla costituzione ci sono e i cittadini hanno il dovere democratico di preoccuparsene”. Sono parole di un presidente emerito che non possono essere rubricate come avventuristiche ed eversive. Sarebbe paradossale giudicare adesso eversivo chi si pone dalla parte della legalità e della Carta Costituzionale.

da "Qualcosa di sinistra" di Ottobre 2003


18 Settembre 2003

http://www.resistenze.org/ - osservatorio - italia - politica e società - 29-09-03

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Il ritorno della P2
by Gianfranco Pagliarulo Tuesday, Aug. 17, 2004 at 8:56 PM mail:  

Una priorità: la rinascita della sinistra

Il ritorno della P2 fra dossier e black out
La parola alla sinistra


di Gianfranco Pagliarulo
Da "La Rinascita della Sinistra"
del 3 ottobre 2003


A che punto è la notte ? È in atto un limaccioso disegno per distruggere la Repubblica nata dalla Resistenza. Riprende la parola Licio Gelli. Operano provocatori e costruttori "di falsi dossier nello scempio chiamato Telekom Serbia. Si è già in parte realizzato il "piano di rinascita democratica" della P2. È al comando Silvio Berlusconi, tessera n. 625 della loggia. Organizza le truppe di Forza Italia Fabrizio Cicchitto, tessera 945, già socialista (?) lombardiano (??). Mentre il signor B. si appropria delle dirette televisive, i rapporti all'interno della maggioranza sembrano prossimi allo scontro fisico. Bossi insulta i democristiani. Berlusconi lo difende. An reagisce. Calderoli attacca An. Più che una maggioranza, sembra una rissa in un saloon del vecchio West dove tutti pestano tutti. Salvo riappacificarsi. al bar ove vi fosse il pericolo di perdere il potere. L'Italia, percossa e attonita, assiste e giudica, mentre l’inflazione divora i salari, la flessibilità distrugge la sicurezza del lavoro, la crisi della domanda taglieggia le imprese, si allontana come una meteora l’età della pensione. L'Europa e esterrefatta. A che punto è la notte ? Il block out è la metafora dell'inefficienza e dell'inettitudine. Si e arrivati al crac energetico nel momento di minor consumo. Un'impresa ardua. Il nulla sulla politica industriale, sulla crisi Fiat, contro l’inflazione. Oggi il black out. Signori, è Marzano. L'Italia è governata da una corte dei miracoli. Non c’è settore della vita del Paese che non sia colpito, spesso a morte, dalla devastante cialtronaggine reazionaria del governo. Si sta fuoriuscendo da mezzo secolo di democrazia costituzionale. Si è imboccato un vicolo autoritario, illiberale e dai contorni torbidi. Su il Giornale si sostiene oramai senza troppi fronzoli che bisogna cambiare l’articolo l della Costituzione. La res publica tende a diventare res privata.

Attenzione: il governo Berlusconi non è un "incidente della storia", così come il fascismo non era, per usare le parole di Benedetto Croce, "un caciocavallo appeso". Si può battere, ma senza sottovalutare. È noto che si può vincere solo con l’unità. Oggi fra le forze dell'opposizione vi sono - si sa - lavori in corso. Si tende a un partito/federazione/polo. Un rassemblement "riformista" con Margherita e Sdi, estirpando così dalla sua area storico sociale di riferimento - la sinistra - i Ds. Cosa nascerà ? Presumibilmente un aggregato a metà strada fra Blair e i Democratici americani, con una spruzzatina di cattolicesimo democratico. I Comunisti italiani rispettano, ma non condividono. Il partito riformista non basta per battere Berlusconi. Ci vuole una sinistra rinnovata, che rappresenti politicamente il mondo dei lavoratori. Che accetti la sfida sulle idee e sul programma. A partire da quattro semplici, ma chiarissime parole: pace, lavoro, Costituzione, antifascismo, senza se e senza ma.

Risorge, nel contesto politico in movimento, la proposta di qualche anno fa del Pdci: confederiamo la sinistra. La sinistra che ci sta. Dove l’identità di ciascuno è valore aggiunto per tutti. C’è un popolo che corre il rischio di non riconoscersi più. Lo abbiamo sempre chiamato popolo di sinistra. L'eventuale polo riformista spiazzerà centinaia di migliaia di elettori di sinistra. I Comunisti italiani sono necessari, ma non sufficienti.: Occorre un Pdci più forte, ma in un polo della sinisträ italiana che raccolga partiti, personalità, associazioni, movimenti, e ridia una speranza a milioni di sfruttati. Per battere Berlusconi, per tornare a vincere, c'e un punto prioritario in agenda: la rinascita della sinistra.

http://www.comunisti-italiani-trentinoaltoadige.it/PdciTAAHOME_file/news_file/news247.htm

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tutti i libri sul ''cavaliere'' ed i suoi <<amici>>:tutti nostri NEMICI
by gramsci Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:01 PM mail:  

Al Cavaliere sono bastati due anni, dalla vittoria dell'Ulivo, per rovesciare tutte le situazioni in suo favore: ha liquidato la Bicamerale dopo essersene servito a dovere; ha convinto almeno la metà degli italiani di essere un perseguitato dalla magistratura per scopi politici;

si è fatto osannare in Parlamento perché qualcuno, manovrato chissà da chi, gli aveva piazzato il famoso 'cimicione' in casa per spiarlo, attentando alla Costituzione; ha cancellato i debiti e iniziato ad accumulare utili da capogiro, fino a diventare l'uomo più ricco d'Italia con un patrimonio stimato in 30.000 miliardi di lire; ha ottenuto di far passare tutte le leggi sulla giustizia che gli servivano per far scattare la prescrizione di gran parte dei reati di cui è incolpato da varie procure; ha fatto di Forza Italia il primo partito; ha steso al tappeto Fini e Bossi, che ora gli ubbidiscono ciecamente; ha ripreso saldamente in mano la leadership del Polo che nel '96 tutti contestavano; ha paralizzato la già lungua transizione italiana avviata da Mani pulite e ora lavora con successo alla restaurazione, reclutando vagonate di vecchi arnesi della Dc e del Psi."


"L'odore dei soldi", [Editori Riuniti]
Gli scandali di Segrate-Milano 2. I capitali dalla Svizzera, le società di prestanome, le finanziarie-paravento e i flussi occulti del riciclaggio internazionale. Berlusconi-Dell’Utri-Mangano e le ombre di Cosa nostra... Inchiesta sulle losche fortune affaristiche di Silvio Berlusconi.


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Dalla formazione “clandestina” del partito-azienda (autunno 1993), alla vittoria elettorale del marzo 1994; dai mesi del governo Berlusconi, all’anno del governo Dini: il deputato di Forza Italia Michele Caccavale racconta in presa diretta un biennio trascorso all’interno di una consorteria politico-affaristica.


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L’ingente eredità dei marchesi Casati Stampa, l’avvocato Previti e Silvio Berlusconi: la storia – illustrata con documenti originali – di una truffa multimiliardaria, e di uno scandalo soffocato dai mass media.



I legami del berlusconiano Marcello Dell’Utri con Cosa nostra, nel testo integrale della “memoria” del Pubblico ministero allegata alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Indagini, testimonianze e pentiti, riscontri, intercettazioni telefoniche.


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Il finanziamento occulto della scissione di Democrazia nazionale dal Movimento sociale italiano; l'affiliazione alla Loggia massonica segreta; gli affari multimiliardari fra il Ferruccio De Lorenzo e l'Edilnord di Berlusconi; Mino Pecorelli e Silvio Berlusconi; l'attacco al monopolio della Rai; il sodalizio politico-affaristico con Bettino Craxi. Questi sono alcuni dei temi trattati da Mario Guarino nel suo libro.


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Gli oscuri esordi e gli anonimi capitali svizzeri, l’affiliazione alla P2 e le collusioni politiche con la destra Dc e col Psi craxiano, l’occupazione dell’etere e il monopolio pubblicitario, le mani sui giornali e nello sport, gli ingenti debiti e il partito-azienda “Forza Italia’’: la biografia proibita di Silvio Berlusconi.


Il boss Vittorio Mangano a villa San Martino. Il tentato sequestro D’Angerio. Cosa nostra e latitanti a Arcore. I broker d’onore e la lavanderia. Miliardi sporchi di eroina. Accuse di riciclaggio. Il pregiudicato Filippo Alberto Rapisarda. I flussi americani e i gemelli Dell’Utri. Caruana & Cuntrera, Ciancimino e i Corleonesi. Sesso e denaro al Tribunale di Milano. L’ombra di Bettino Craxi. L’isola del tesoro: Retesicilia e Trinacria Tv.

Mafiosi e colletti bianchi. Il pizzo delle antenne. Prestanome e società off-shore. Dai Caraibi alla Sicilia. I processi di Milano e Torino: mille miliardi di fondi neri. La mafia catanese e gli attentati alla Standa. Votare Forza Italia. Armi, casinò e terreni. Mafia-massoneria-politica-affari. Un picciotto tra i “pulcini’’ del Milan. L’avvocato dei Graviano. La banda del riciclaggio...

Nota della Guardia di Finanza del 30 maggio 1983: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi, interessato all’emittente televisiva privata Canale 5, finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che nelle altre regioni italiane (Lombardia e Lazio)...».

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Berlusconi: "Essere piduisti non è un titolo di demerito"
by Il Cavaliere Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:06 PM mail:  

Berlusconi: "Essere piduisti non è un titolo di demerito"

Il Cavaliere riabilita la loggia segreta di Gelli. "Rinviai la mia tessera al mittente"

di VITTORIO TESTA

MILANO - "Io non ho mai fatto parte della P2. E comunque, stando alle sentenze dei tribunali della Repubblica, essere piduista non è un titolo di demerito": ospite ieri sera di "Iceberg", a Telelombardia, Silvio Berlusconi rivisita il caso P2 ed emette un verdetto assolutorio. Il caso P2 si affaccia quando Daniele Vimercati, il direttore della tv lombarda, ricorda una delle accuse di Bossi al Cavaliere: "Piduista". E si riapre un'antica questione, con il Cavaliere che nega di "essere mai stato piduista" e racconta per l'ennesima volta l'episodio della tessera P2 "ricevuta per posta" e "subito rimandata al mittente".
Il Cavaliere vuole però anche puntualizzare il contesto di quegli anni, per ribadire la sua sostanziale "assoluzione" dell'intera vicenda. "Il leader della P2", dice Berlusconi, "era un signore che frequentava pubblicamente personaggi potenti, aveva amici come Rizzoli, il più grande editore italiano. Di me diceva che con dieci persone simili l'Italia sarebbe stata fortunata. Per me, un ragazzo di 40 anni, erano giudizi che mi facevano felice". E il Cavaliere racconta l'arrivo della tessera: "Me la porta la segretaria dicendo: "C'è scritto che lei, dottore, è apprendista muratore...". Ero in riunione con dodici o quattordici collaboratori: tutti scoppiamo a ridere. Ma come, dico io, sono il primo costruttore italiano di città e mi definiscono apprendista muratore? Questo non lo accetto. La tessera fa il giro del tavolo, raccoglie commenti e risate, e poi io la riconsegno alla segretaria con il mandato di rinviarla in fretta al mittente. Tutto qui".
Ma il caso P2 può essere archiviato così semplicemente?, chiede il direttore di Telelombardia, sollecitando il Cavaliere a una risposta chiara: ne dà un giudizio positivo o negativo? "Certo, negativo", dice Berlusconi: "Dopo quel caso io non mi iscriverò più nemmeno al circolo pescatori". Ma il "giudizio negativo" è attenuato, e ai minimi termini, dal contesto di quegli anni che secondo il Cavaliere non aveva risvolti inquietanti: "La P2 non veniva percepita come una società segreta", spiega: "Vi erano iscritti molti personaggi che ancora oggi sono protagonisti della vita pubblica".
Oltre al contesto, secondo Berlusconi, ci sarebbero poi risultanze processuali totalmente assolutorie: "Nessun tribunale ha emesso condanne, non c'è stato alcun reato". Di conseguenza, spiega il Cavaliere, il caso P2 è sostanzialmente "una montatura, che è stata una vera piaga, ha rovinato tante vite senza motivo. Un po' com'è accaduto con Tangentopoli: quante persone sono state incriminate e incarcerate per poi risultare innocenti? E anche in questo caso", afferma il Cavaliere, "come in quello della P2, ci sono state complicità dei media e di certi poteri forti che si sono messi a disposizione dei giudici perché non volevano essere toccati".
Per il Cavaliere, la P2 è stata dunque soprattutto una semplice "montatura". Ma i progetti della P2 relativi anche al programma politico? "Ho letto dopo, di questi progetti. Una montatura: la P2 è stata uno scoop che ha fatto la fortuna di Repubblica e dell'Espresso, è stata una strumentalizzazione che purtroppo ha distrutto molti protagonisti della vita politica, culturale e giornalistica del nostro Paese".

(La Repubblica, 7 marzo 2000)

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ANNO 1981 MESE DI APRILE
by reporter Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:14 PM mail:  

ANNO 1981  MESE DI A...
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" SONO IO IL BURATTINAIO......"

.....Ma invece della lista dei 500 nel perquisire gli uffici di Gelli della ditta Gio.le a Castiglion Fibocchi, trovarono la lista dei 962 iscritti alla Loggia P2, un vero e proprio elenco del gotha della politica, della finanza, del giornalismo, degli apparati militari. Nella lista ci sono rappresentate tutte le forze politiche tranne i comunisti. L'elenco dei nomi restò segreto per due mesi. I magistrati avevano mandato tutta la documentazione al presidente del Consiglio FORLANI e questi s'era ben guardato dal diffonderla. Alla fine alcuni giornalisti dentro al Parlamento, sapevano della lista giunta alla Commissione che indagava su Sindona, e da varie indiscrezioni appresero che stava per essere divulgata sui giornali con i relativi nomi.

FORLANI il 20 maggio (come vedremo) é costretto a rendere nota la lista di 962 presunti iscritti alla loggia P2 tra cui Longo, De Carolis, Miceli, Berlusconi, Rizzoli, Di Bella, Sindona, Calvi, Vittorio Emanuele di Savoia, Tassan Din, due generali, Lo Prete e Giudice, Maurizio Costanzo, Fabrizio Cicchito (entrambi i due si confessarono in pubblico e ammisero lo sbaglio "Sì lo confesso: sono un cretino" disse Costanzo. Franco Di Bella però dovette lasciare la carica di direttore del Corriere della Sera, e assieme a lui, altre eccellenti firme lo seguirono (Chissà perchè, visto che "non c'era nulla di male" come dissero molti iscritti, dopo, nelle varie commissioni d'indagini)
(più arrabbiati quelli della vera Massoneria che prendono le distanze dalla P2 e da Gelli, che anzi ritengono abbia procurato solo fango a Palazzo Giustiniani che verrà fatto oggetto di perquisizioni il prossimo 6 maggio.

Il clamore è enorme, perchè nella lista sono compresi tre ministri (Foschi, Manca e Sarti), il segretario di un partito di governo (LONGO del Psdi), vari deputati, senatori, funzionari di partito, ambasciatori, sindaci, imprenditori, industriali, giornalisti, scrittori, sindacalisti, magistrati, presidenti di tribunali, questori, prefetti, commissari, segretari di ministri, personaggi di società pubbliche e una lunga lista di funzionari delle forze armate.
FORLANI non resiste allo scandalo, per aver trattenuto la lista dei nomi, deve dimettersi.
La pubblicazione delle liste provoca una valanga di smentite.

Rimase (qualcuno insinuò) anche il dubbio che le liste furono fatte trovare apposta da Gelli, già compilate per coinvolgere (di proposito, come una vendetta) molti personaggi eccellenti. Si formarono cinque commissioni d'inchiesta . A distanza di anni l'indagine si è conclusa, ma sono rimasti molti misteri. Quando soprattutto ci furono: il suicidio di CALVI; l'avvelenamento di SINDONA; e l'assassinio di Ambrosoli del Banco Ambrosiano. E altro mistero -questo ancora più fitto- su GELLI, che ritorna sempre in primo piano quando si vuole far luce su tanti processi di varia natura che hanno avvolto o sconvolto l'Italia negli ultimi quarant'anni.

Gelli scompare dalla circolazione, diventa inafferrabile, il più braccato, ma verrà arrestato a Ginevra il 14 settembre del prossimo anno mentre cercava nella città svizzera di estinguere il suo (!) conto di 180 miliardi. I giornali titoleranno "soddisfazione nel mondo politico" ma poi...pensando alla lista, alcuni scrivono.... "molti stanotte non dormiranno".
Cosa singolare é che pochi giorni prima dell'arresto a Ginevra, la giustizia massonica di Palazzo Giustiniani aveva espulso Gelli dalla Grande Famiglia.

Lo indicavano come il "grande vecchio" "il burattinaio" , ma CARLO BORDONI, braccio destro (oltre che genero) di MICHELE SINDONA (che Gelli aveva difeso per la non estradizione dall'America per non farlo finire in carcere in Italia - e quando ci arrivò finì morto avvelenato) davanti alla Commissione d'inchiesta parlamentare sulla P2 (il 29 settembre del '83) fece una rivelazioni shoc provocando un gran clamore, infatti, affermerà che "é GIULIO ANDREOTTI il vero capo effettivo della loggia segreta P2, e non LICIO GELLI". Andreotti sdegnato respingerà l'accusa.

Molti dopo l'uscita dei nomi, hanno respinto o difeso l'appartenenza a questa famosa Loggia P2, affermando che tutti questi personaggi, non avendo (proprio loro!) grandi impegni, si riunivano solo per fare "una partita a scopa", e che fra un due di coppe e un re di denari, ci si poteva alle volte anche scambiare alcune industrie, qualche finanziaria, una banca, una televisione, dei giornali, e forse qualche spicciolo da mandare in Svizzera mentre un comune amico vi si recava nel week end per andare a comperare la cioccolata.
Anche nel sequestro Moro, solo per caso, quelli dentro nell'" unita di crisi" erano tutti iscritti alla P2.

Insomma tutto regolare, con qualche incidente ogni tanto, dovuto a qualche suicidio per depressione, a qualche caffè amaro bevuto per sbaglio (Sindona), a una scivolata sotto un ponte di Londra impigliandosi il collo in una corda che era lì per caso (Calvi), a un corpo privo di vita dentro una Renault rossa, capitato li per caso ecc ecc. oltre a distrazioni varie. Insomma quello che normalmente accade dentro ogni club, associazione, gruppo di vecchi amici. E anche se poi capita un Pecorelli (anche lui della P2) dentro nel club a fare due chiacchiere è solo per puro caso, e se l'hanno ucciso sarà stato qualche teppista che in quel momento si trovava lì di passaggio.

E' un caso pure quello che Gelli, Calvi e Sindona abbiano avuto rapporti finanziari con due amici di un paesino della Sicilia, a Misilmeri, Antonio Inzaranto che era proprietario di Retesicilia Tv e Trinacria Tv (il primo impero televisivo in Italia, ma le cui assemblee dei soci non si svolsero più nel 1980 in Sicilia ma nel milanese, a Segrate, dove nel corso dell'anno nasce una nuova rete TV privata di un palazzinaro che ha fatto fortuna con i finanziamenti della banca Rasini di Milano, il cui proprietario è guarda caso l'amico di Inzaranto, anche lui per caso sempre nativo di Misilmeri, Giuseppe Azzaretto, che è quello che riceve soldi da investire a Milano da Bontade siciliano, utilizzati da Rapisarda, che oltre che essere uno dei principali palazzinari di Milano, ha installato la prima vera televisione, Telenord, ma che poi deve abbandonare tutto e fuggire in un appartamento a Parigi, perchè è stato spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura. Le sue imprese immobiliari e la sua Tv viene gestita durante la sua latitanza da Marcello Dell'Utri (ex dipendente della potente Siciliancasse) ma salito (il 1 LUGLIO 74) a Milano a fare il "segretario privato" (il "maggiordomo", portandosi dietro anche uno "stalliere"- Mangano) di Silvio Berlusconi, figlio di un certo Luigi Berlusconi assunto qualche anno prima come impiegato da Giuseppe Azzaretto (quello sopra, di Misilmeri) nella sua Banca Rasini, che nel '63 ne era diventato anche procuratore e al giovanissimo figlio 26 enne nello stesso anno lo avvia a fare "il palazzinaro" fondando la Edilnord. Questa riceve un colossale finanziamento 3 miliardi di allora per costruire a Brugherio, non una palazzina, ma un complesso edilizio per 4.000 abitanti. E' così bravo il giovincello (ma chissà come avrà fatto!) che 600 appartamenti (non uno!) li vende subito a un grosso ente pubblico, all'Inps. Ma è ancora poca cosa, nel 1974 riceve un altro colossale finanziamento di 70 miliardi di lire di allora, per il Progetto Immobiliare Milano 2, che consiste in un altro faraonico complesso, che sorge su 2.712.000 metri quadri. Una città! giardino! con belle case, vialetti, prati, laghetti e cigni!

Sempre per caso (pure coincidenze) questo ANTONIO INZARANTO (quello delle TV che sbarca a Milano, nativo di Misilmeri) è anche il marito della nipote prediletta del corleonese Tommaso Buscetta, che negli anni settanta diventa spalla del corleonese Riina, subentrato al clan corleonese di Liggio che era stato catturato il 16 MAGGIO '74 (""La Primula Rossa di Corleone catturata. Da dieci anni era inafferrabile; dal 1964 viveva a Milano, a dirigere la sua '"organizzazione" dei sequestri, forse è il cervello dei più clamorosi rapimenti degli ultimi tempi. Viveva in un bell'appartamento, in un nuovo recente bellissimo complesso immobiliare che ha costruito un palazzinaro milanese per gente in, con prato all'inglese, laghetto al centro, anatre e cigni che svolazzano, parco giochi bambini, e inquilini accanto, simpatici, quelli della Milano nuova, emergente" (Giornale di Sicilia 17 maggio 1974) (Milano, dopo l'arresto, rimase senza Boss).
(Come sarebbe interessante risalire a chi ha dato questa bella casa a Liggio)
Mentre Bontade l'imperatore delle Tv, verrà assassinato dal clan corleonese di Toto Riina il 24 aprile 1981;

(Al clan gli si attribuisce anche la successiva strage di Borsellino e Falcone. Poi il Riina fu catturato (!?) il 15 gennaio 1993, mentre la politica italiana, ma soprattutto la DC era in pieno disfacimento, soprattutto in Sicilia.

La Dc sull'Isola aveva il 43 per cento dei voti; e il 43 per cento pochi mesi dopo, nel '94- alle elezioni, prese il partito di Berlusconi in Sicilia.
Dominava prima Andreotti (con Lima), ma purtroppo per lui si verifica una fastidiosa coincidenza: il governo con presidente del consiglio SILVIO BERLUSCONI ottiene la fiducia del Parlamento nei giorni 18-20 e il giorno dopo il 21 (15 ore dopo - sembra una bomba ad orologeria) fra i tanti dispiaceri dentro la DC, arriva anche quello più clamoroso. Al più rappresentativo dei suoi personaggi, l'unico non toccato da Tangentopoli; che ha un sacco di voti che fanno gola a molti; e a questi voti non può sperare di certo il PCI.
Il 21 la Procura di Palermo chiede il rinvio a giudizio del senatore GIULIO ANDREOTTI a rispondere (chiamato in causa da alcuni pentiti - in prima fila Buscetta) dall'accusa di concorso in associazione per delinquere semplice e mafiosa.
(Il provvedimento scatta il 2 marzo del '95)

20 MAGGIO 1994 - "Roma- Il governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia alla Camera. La votazione per appello nominale ha dato il seguente risultato: 366 sì, 245 no. (Comunicato Ansa, del 20 maggio, 1994, ore 20.47)
21 MAGGIO 1994 - 15 ORE DOPO - "Palermo - La Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio del senatore a vita Giulio Andreotti per i reati di concorso in associazione per delinquere semplice e mafiosa" (Comunicato Ansa, 21 maggio 1994, ore 14.02)

Qualcuno si chiese com'era possibile? Era del resto Andreotti l'uomo che era stato perfino indicato il "vero capo" della P2. (Bordoni, 29.9.83, davanti alla Commissione d'Inchiesta). E se non proprio capo, le sue relazioni con Gelli non erano un mistero (vedi 1973). Lima in Sicilia gli procurava 240.000 voti. Ammazzato lui non è che questi voti andassero ai comunisti. Infatti non accadde, ci fu solo un travaso!
Pochi mesi prima la Dc aveva il 43 per cento dei voti; e proprio il 43 per cento pochi mesi dopo alle elezioni prese il "nuovo" partito in Sicilia. I potenti della ex DC isolana vi travasarono l'intero elettorato; il 42.4 %.
Le ideologie precedenti (ma c'erano?) andarono "tutte" e farsi "benedire" da un "nuovo" Gesù.

Sono le prime battute di un lungo cammino della "nuova" (!?) anomala e oscura politica italiana. Partita da tangentopoli, registrerà nell'arco di cinque/sei anni molti colpi di scena: ricatti, avvisi di garanzia, alleanze strane, divisioni dei cattolici, caduta di idoli e di sogni. Accuse reciproche in una escalation impressionante; una politica fatta non con i contenuti ma a colpi di spot populisti, con una demagogia pittoresca; fra l'altro confusa, spesso incoerente, ma costantemente autocratica e con eccessi di esaltazione demiurgica .

* Il papa è un uomo straordinario, ogni suo viaggio è come un gol. Ha la stessa idea vincente del mio Milan, che è poi l'idea di Dio, la vittoria del bene sul male. (La Repubblica 30/03/1994)
* Nella mia vita ho già compiuto tre miracoli. Da costruttore, da sportivo, da editore... Adesso, tutti insieme, dobbiamo fare il nuovo miracolo italiano. (La Repubblica 31/03/1994)
* Chi è scelto dalla gente è come unto dal Signore. (La Repubblica 27/11/1994)
* In cielo io sono ben protetto. Ho cinque zie suore che pregano per me. (L'Espresso 17/02/1995)
* Voi dovete diventare dei missionari, anzi degli apostoli, vi spiegherò il Vangelo di Forza Italia, il Vangelo secondo Silvio. (Il Messaggero 04/04/1995)
* Io sono semplicemente un imprenditore che fa miracoli. (Corriere della Sera 06/10/1995)


Cosa si aspettava Gelli dai piduisti? Il "Piano di rinascita democratica"!! (Dell'Italia!)
Proprio GELLI lo aveva illustrato e precisato in una intervista a Maurizio Costanzo (Corriere della Sera, del 5 ottobre 1980, Direttore Di Bella anche lui iscritto; dovette poi lasciare il giornale) che due anni prima si era iscritto anche lui alla P2 -tessera n. 1819, del 26 gennaio 1978. Nella lista appare vicino a quella di Berlusconi che ha il numero 1816): Gelli affermava in quella intervista "Che attraverso l'indebolimento dei sindacati, il controllo dei giornali e di politici dei partiti di governo, del MSI, e la distruzione del monopolio RAI, si puntava a un mutamento della repubblica in senso presidenziale, al fine di indebolire l'opposizione di sinistra e impedirne l'ingresso nel governo".

Quindi, televisioni e giornali c'entravano e come! Prima di ogni cosa bisognava avere il controllo dell'informazione, il resto sarebbe venuto da solo!

27 APRILE - Allarme dentro la DC. Il consigliere regionale della Regione Campania CIRO CIRILLO (della corrente Gava) è sequestrato a Napoli dalle Brigate Rosse; sono uccisi l'autista e un agente di scorta. Sulla successiva liberazioni (avvenuta il 24 luglio) sorgono molti dubbi chi abbia condotto le trattative.
(Cioè che alcuni alti esponenti della DC. abbiano fatto ricorso alla mafia, ai servizi segret per liberare Cirillo, versando una consistente somma- Atteggiamento che invece non fu adottato nel sequestro di Moro)

FINE APRILE

PAGINA INIZIALE DELL'ANNO
http://www.cronologia.it/storia/a1981.htm


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TV, POLITICA E AFFARI
by Giovanni Ruggeri & Mario Guarino Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:18 PM mail:  

BERLUSCONI. INCHIESTA
SUL SIGNOR TV
Gli oscuri esordi e i finanziamenti dalla Svizzera; da Milano 2 alla Loggia P2, tra “mafia bianca”’ e politici corrotti; la Fininvest dei prestanome; l’occupazione dell’etere
e il monopolio pubblicitario; le mani
sui giornali e nello sport; gli ingenti debiti e “Forza Italia”... L’ambigua avventura di Silvio Berlusconi.
Pagg. 285 – ISBN 88-7953-034-8


Gli anonimi finanziamenti provenienti dalla Sviz- zera per edificare Milano 2. La Banca Rasini e la “mafia dei colletti bianchi”. L’affiliazione alla Log- gia massonica P2, e gli ingenti capitali forniti dai banchieri piduisti. Le oscure origini romane del gruppo Fininvest, tra prestanome e “scatole cinesi”. Affari in Sardegna col faccendiere Flavio Carboni, e stretti collaboratori in odore di mafia. Il corruttivo “Piano” del Venerabile maestro Licio Gelli, e l’occupazione dell’etere pubblico. Il sodalizio politico-affaristico con Bettino Craxi, il monopolio pub- blicitario, e la Tangentopoli del Biscione. Migliaia di miliardi di debiti, e la setta partitica “Forza Italia”. L’enigma delle 38 misteriose holding che detengono la proprietà dell’impero Fininvest... Tra luci abbaglianti e ombre impenetrabili, l’ambigua avventura di Silvio Ber- lusconi.

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Frasi celebri di Silvio Berlusconi
by Silvio Berlusconi Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:22 PM mail:  

1. Alla Presidenza della Repubblica non potevamo votare la Russo Jervolino: come dice il proverbio, anche l'orecchio vuole la sua parte.

2. Bertinotti dice di amare tanto i poveri: li ama cosi' tanto che li vuole raddoppiare.

3. Quando Bossi parla di peronismo io credo che si riferisca alla birra Peroni che e' l'unico peronismo che conosce.

4. Se camminassi sull'acqua direbbero che non so nuotare.

5. L'europeismo è nel sangue degli italiani, risale ai tempi dell'Impero romano.

6. Forza Italia potrebbe ragionevolmente perfino essere descritta come un partito di centrosinistra. (al Times)

7. Sono dalla parte dell'America prima di sapere da che parte sta l'America.

8. I fondatari di Roma sono Romolo e REMOLO! (al vertice della NATO a Roma, nel maggio 2002) (E Brontolo, Mammolo, Pisolo, Eolo, Cucciolo... Gongolo???)

9. Vi presento l'on. Giuseppe Palumbo, di Forza Italia. Ecco un uomo che ha le mani in pasta: fa il ginecologo.

10. Nel 1988 Silvio Berlusconi e' ricevuto da papa Wojtyla, insieme ad altri colleghi, come Presidente del Milan. Quando e' davanti al pontefice dice: "Cara Santita', mi lasci dire che lei assomiglia al mio Milan. Infatti, lei, come noi, e' spesso all'estero, cioe' in trasferta, a portare in giro per il mondo un'idea vincente. Che e' l'idea di Dio".

11. L'unico conflitto di interessi, in Italia, è quello della sinistra con la verità.

12. Noi non siamo qui per governare, per l'ordinaria amministrazione. (marzo 2002)

13. Sei povero? Colpa tua! (05/09/01)

14. Siamo pronti ad eliminare il Comunismo in Italia. (13/06/01)

15. Nella vita, senza fortuna, non si combina nulla.

16. L'anticomunismo è un dovere morale. (discorso al meeting di C.L. Rimini 2000)

17. La gente deve spendere. Non deve risparmiare, deve spendere.

18. Cinquecento cubani scappati negli Stati Uniti guadagnano di più di novemila cubani rimasti a Cuba. Ricordatevelo quando D'Alema dice che nell'Ulivo non ci sono più comunisti. (13/4/96)

19. Non capisco la ragione di tanta urgenza in Parlamento per l'approvazione del legittimo sospetto. (ANSA, 31 luglio 2002)

20. Prodi, quello che dovrebbe essere il leader delle opposizioni, l'ho sentito parlare della sua ricetta economica. Risibile. Siamo a livelli di comicità pura (Silvio Berlusconi, 10 marzo 1995)

21. Io sono unto dal Signore.

22. E' difficile non andare d'accordo con me, perchè quando c'è qualcuno che ha delle punte mi faccio concavo, quando c'è qualcuno che si ritrae mi faccio convesso. (24/1/96)

23. Il conflitto di interessi riguarda quei partiti che in questi decenni hanno profittato del loro peso per distribuire pensioni. (19/3/96)

24. Quando mi arrivò la tessera della P2 rimasi offeso perchè sopra c'era scritto "apprendista muratore" : ma come, io ero un costruttore affermato! (19/1/96)

25. Par condicio? Solo a sentir parlare di queste cose mi viene l'orticaria. (18/2/96)

26. Quando tornerò a Palazzo Chigi, vi prometto che mi abbronzerò di meno, ma voi lo sapete che in una giornata io lavoro 27 ore. (18/4/96)

27. Prodi è la protesi di D'Alema. (15/4/96)

28. Siamo sicuri che, se l'Ulivo vince, il 21 aprile avremo ancora la possibilità di elezioni veramente libere? Io non rispondo, fatevi voi questa domanda. (17/4/96)

29. No, non ho parlato di pena di morte con i leader cinesi. D'altra parte bisogna pensare al rapporto col numero degli abitanti. I cinesi sono talmente tanti. (Radio Radicale, 2 settembre 2002)

30. Ah, finalmente siete in gabbia giornalisti, siete nel posto giusto, così capite cosa vi sarebbe successo se fosse andato in porto un certo disegno... (17/1/96)

31. Il gruppo Fininvest, di cui non mi occupo più, è stato costretto a vendere gli Euromercati perchè i compagni avevano smesso di frequentarli. (25/3/96)

32. Nel frattempo i piu' volenterosi anche se in Cassa Integrazione troveranno un lavoro, magari non ufficiale, dal quale deriverebbero entrate in più in famiglia. (in un'intervista di Fede riferendosi ai cassaintegrati Fiat)

33. Sono quasi un santo. (Silvio Berlusconi 5/12/2002)

34. Per fortuna che ci sono qui io. (Silvio Berlusconi a Vespa)

35. Cara Santità, mi lasci dire che lei assomiglia molto al mio Milan. Infatti, lei, come noi, è spesso all’estero, cioè in trasferta, a portare in giro per il mondo un’idea vincente. Che è l’idea di Dio (1988, Città del Vaticano).

36. "Pagare moneta, vedere cammello." (Silvio Berlusconi a Chirac sull'affare Airbus)

37. Il governo non è bello se non è litigarello. (al vertice europeo di Laeken.

38. Erano non più di 700.000. C'era tanta gente che ha fatto una scampagnata per il semplice motivo che gli è stato offerto il viaggio gratis, la colazione gratis e di visitare i musei la domenica pomeriggio. (parlando della mega manifestazione della Cgil a Roma)

39. Arafat mi ha chiesto di dargli una TV per la striscia di Gaza; gli mandero' Striscia la notizia. (7 marzo 1997 sul 'Corriera della Sera')

40. Non e' vero che io racconto barzellette, anzi disistimo chi lo fa... Io invece uso delle storielle per scolpire meglio dei concetti. (27 sett. 2002)

41. Non leggero' il mio discorso, tanto ce lo avete gia' scritto. (22 nov. 2002 sul Venerdi' di Repubblica)

42. Io sono una persona moderata, ma il 62 % dei miei elettori e' di sinistra. (su 'El Mundo', 21 lug. 2002)

43. Sono incapace di dire no. Per fortuna sono un uomo e non una donna. (ANSA, 22 aprile 1999)

44. Non e' vero che dopo tutte le interviste mi e' venuta una voce piu' sexy? (Corriere della Sera, 23 aprile 1996)

45. Sono un lupo solitario che pero' vive nel sistema. (da "Repubblica', 28-nov-1991)

46. Accusare di corruzione me e' come arrestare madre Teresa di calcutta perche' una bambina del suo istituto ha rubato una mela. (da "La Stampa', 28-ott-1995)

47. Io ho sempre fiducia, perche' ho la fiducia incorporata. (ANSA, 24-ott 1997)

48. Mi sono accorto che l'Italia era poco considerata. Ho telefonato ai leader degli altri paesi e gli ho detto: se fate cosi' non contate piu' sull'Italia! L'atmosfera da quel momento cambio'. (da 'L'Unita', 25-ago-2002)

49. Guardando in giro vedo che non c'e' un governo migliore: ho un complesso di superiorita' che devo frenare. (da 'La Stampa', 22-lug-1994)

50. Ho insegnato al Milan come si gioca al calcio. (ANSA, 23-mar-2001)

51. Mi si accusa di aver detto che i comunisti mangiano i bambini. Ma se volete posso organizzare un convegno in cui dimostrero' che i comunisti hanno realmente mangiato i bambini e fatto anche di peggio. (ANSA, 20-ott-2000)

52. Chi salvo fra Dini, D'Alema, Prodi, Veltroni e Bertinotti? Li butto tutti dalla torre e poi chiedo il Nobel per la pace. (da 'La Stampa', 30-ott-1995)

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Il tycoon craxiano della P2
by yuppies Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:40 PM mail:  

Così come i suoi esordi sulla scena immobiliare, anche i primi passi di Berlusconi verso la costruzione del suo futuro impero televisivo sono coperti di misteriose (e meno misteriose) ambiguità.
Nei primi anni Settanta dilaga in Italia una "febbre televisivi" che segue il boom delle emittenti radiofoniche private; c’e' odore di business, e nei più disparati angoli della Penisola piccoli industriali e imprenditori dei più svariati settori allestiscono le prime emittenti televisive locali.
Per la "città satellite" Milano 2, la Siemens ha messo a punto una grande antenna centralizzata allo scopo di eliminare l'antiestetica fungaia di antenne dai tetti delle eleganti palazzine del complesso residenziale. Dalla stessa Siemens, Berlusconi acquista un impianto dì regia televisiva: intende installare una "Tv condominiale" quale ulteriore, prestigioso "servizio" destinato ai facoltosi abitanti di Milano 2 Alle fioure emergenti del terziario avanzato, professionisti e yuppies trasferitisi nei confortevoli condomini di Milano 2, Berlusconi offre un optional aggiuntivo: una Tv privata, Telemilano.
La formale costituzione dì Telemilano avviene il 16 aprile 1973 presso il notaio Adele Ricevuti, via privata Borromei I B/4, a Milano. Anche in questo caso, Berlusconi ricorre a prestanome: primi intestatari dell'emittente (la cui sede è in via Telesio 23) sono infatti Giacomo Properzi (funzionario di banca) e Franco Giannelli (pubblicitario. che ne è anche l’amministratore unico); il capitale sociale è di 900 mila lire port ito due anni dopo a 5 milioni, e il 14 giugno 1977 a 500 milioni.
Il 24 settembre 1974, l'emittente Telemilano cavo comincia le sue trasmissioni nel quartiere: alle dodici e alle diciannove, un notiziario di informazioni e servizi utili ai residenti nel quartiere talvolta, in orario serale, viene mandato in onda qualche film. Si tratta di un lungo periodo di traccheggio: in effetti, Telemilano non svolge alcuna attività, come confermano i bilanci di fine anno: quello al 31 dicembre 1977 ripete ancora "Nessuna attività produttiva".
Tuttavia, all’improvviso, dopo quattro anni di sonnolenza, nel 1977 Telemilano si risveglia: viene trasformata da via cavo in via etere, e attrezzata con impianti di studio avuti a noleggio da una società di Roma per circa 76 milioni. Nata come società a responsabilità limitata, Telemilano diviene una "spa", e del suo consiglio di amministrazione fanno parte i commercialisti che ruotano tra le società berlusconiane: Franco Marzorati, Luigi Porinelli, Armando Minna, Angelo De Martini. Negli studi ricavati nel magazzino di un albergo di Milano 2, comincia l'avventura di quello che diverrà il più grande polo televisivo privato italiano.
Socio di Berlusconi nell'avventura televisiva diviene, qualche tempo dopo, un esperto di frequenze Tv, il monzese Adriano Galliani, titolare dell'Elettronica industriale; è l'incontro di due metà: Berlusconi dispone di mezzi finanziari, Galliani di esperienza nel settore. L’acquisto di attrezzature di bassa frequenza, cioè quelle di studio, come telecamere, mixer, video-registratori e trasmittenti) costa all'incirca un miliardo e mezzo; una somma analoga viene spesa per l'acquisto di una trentina di ripetitori, appena sufficienti per coprire una regione come la Lombardia. Vengono inoltre acquistati i canali 38 e 58. "Con la società Pirelli", si legge in un documento di Telemilano, "vengono stipulati contratti di affitto triennali per gli studi televisivi e per l'installazione dell'antenna di trasmissione sul grattacielo Pirelli. La direzione artistica è stata affidata a Mike Bongiorno. La stazione televisiva sta trasmettendo in via sperimentale film e telefilm. Il termine di tale periodo è previsto per il 30 settembre 1978".
Berlusconi è già affiliato alla Loggia massonica P2 (data ufficiale: 26 gennaio 1978), e nell'ancora segreto programma piduista ("Piano di rinascita democratica", messo a punto tra il '75 e il '76 dalla Loggia massonica "coperta") era infatti prevista "l'immediata costituzione della Tv via cavo" che avrebbe poi dovuto essere "impiantata a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese".
La Corte costituzionale, con sentenza n° 202 del 28 luglio 1976, ha ammesso la legittimità delle trasmissioni in ambito locale da parte delle Tv private, e il 17 giugno 1980 la stessa Corte accorda la possibilità di trasmettere via etere, ma solo sulle bande di frequenza assegnate dal ministero delle Poste. Alcune forze politiche - prima fra tutte il Partito comunista italiano - chiedono a gran voce una legge di regolamentazione del settore, onde evitare che si arrivi (come infatti si arriverà) alla "giungla dell'etere", al "Far West televisivo".
L'irruzione di Berlusconi sulla scena delle Tv private avviene all'ombra della Loggia P2, ma anche sotto l'interessata ala protettrice del segretario del Psi Bettino Craxi, suo intimo amico fin dai primi anni Settanta. "Berlusconi e la sua televisione commerciale nascono quasi contemporaneamente a Craxi segretario del Psi", confermerà Fedele Confalonieri. "Siamo alla metà degli anni Settanta, e quella loro amicizia è l'incontro di due uomini che reagiscono insieme all 'ideologia dell 'epoca [marcatamente influenzata dal Pci, NdA]. Per Craxi come per Berlusconi l'America non è più un peccato, la ricchezza meritata è giusta, è giusto il successo" - ricchezza e successo che in effetti arrideranno ai due per tutti gli anni Ottanta, forti del loro spregiudicato sodalizio politico-affaristico.

Tra il giugno e il luglio 1979, Berlusconi acquista da Goffredo Lombardo, amministratore della Titanus (una delle più note società cinematografiche italiane), circa trecento pellicole realizzate in Italia negli ultimi quarant'anni, pagandole circa 2 miliardi e mezzo di lire, stipula quindi ulteriori contratti con altre case produttrici, italiane ed estere, acquistando cortometraggi, tele-film, serials. Tutto il materiale acquistato viene poi utilizzato per quella che in tutta evidenza sembra essere la puntuale attuazione del progetto piduista: contattate numerose emittenti televisive di altre località, Berlusconi offre loro la cessione di film, documentari e serial, a condizione che esse entrino a far parte di un circuito di televisioni controllato dallo stesso Berlusconi infatti, il "Piano" della P2 prevede l'istituzione di una "agenzia" per il coordinamento della "catena" delle Tv locali.
"Coloro che stanno investendo consistenti capitali nelle antenne libere", dichiara Umberto Boserman, direttore di Gbr, seguitissima televisione romana, "cercano di guadagnare il controllo di un congruo numero di emittenti per poter conseguire maggiori economie di scala"; ma Luigi Bozer, direttore dell'emittenie romana Tvr Voxson, è più avvertito: "Si è arrivati perfino all'offerta gratuita di ottime pellicole, che pero contengono già inserzioni pubblicitane procurate dallo stesso distributore. C'è il rischio, quindi, che le emittenti perdano molta autonomia economica e anche un po' di quella politica. Dei film, infatti, le televisioni private non posso-no fare a meno, sono ancora la vera materia prima. Davanti a un regime di quasi monopolio nella distribuzione dei film perdiamo qualsiasi potere contrattuale".
Per l'acquisto del materiale filmico da impiegare per allestire la "catena televisiva" tratteggiata dalla Loggia P2, Berlusconi nel 1979 sborsa, secondo la relazione al bilancio della capogruppo Fìninvest, circa 5 miliardi di lire, e altri 5 miliardi sono previsti quale analogo investimento per l'anno successivo; inoltre - sempre secondo lo stesso documento ufficiale - nel 1979 la società sostiene 900 milioni di lire di investimenti e circa 3 miliardi di spese correnti. Sono cifre che pochi imprenditori possono permettersi in un settore nuovo e dunque gravido di incognite, anche perché del tutto privo di una qualsivoglia regolamentazione legislativa.
In pratica, le emittenti dislocate nelle varie zone d'Italia che accettano di entrare a far parte del pool berlusconiano possono pagare a prezzi ridottissimi il materiale filmico fornitogli dal neo-tycoon piduista, trasmettendo in cambio la pubblicità gestita da Rete Italia (società appositamente creata) attraverso una propria emanazione, la nascente Publitalia 80. L'obiettivo berlusconiano è duplice: da un lato assicurarsi il "controllo politico" della catena di emittenti aderenti, e dall'altro gestire il business pubblicitario determinato dalla possibilità di moltiplicare il "messaggio" degli inserzionisti, eludendo surrettiziamente il monopolio nazionale Rai. Il primo obiettivo è coronato da un immediato successo: nell'orbita berlusconiana finiscono numerose emittenti, attratte dalla prospettiva di poter trasmettere film con interpreti noti e di disporre di molte pellicole da inserire nei loro esangui palinsesti.

Nella seconda metà degli anni Settanta, il settore televisivo è in grande espansione, al punto che vi si cimentano anche importanti editori come Mondadori e Rusconi (rispettivamente con Rete Quattro e Antenna Nord); nel 1975 si calcola vi siano in Italia 350 emittenti, con circa 15 mila dipendenti. Ma il selvaggio proliferare di emittenti televisive preoccupa gli editori della carta stampata, i quali vedono progressivamente insidiati i propri introiti pubblicitari. Il fenomeno impensierisce anche produttori, registi, associazioni di attori, proprietari di sale cinematografiche, i quali si ritengono danneggiati dalla massiccia programmazione di pellico le sui teleschermi: il pubblico comincia a disertare i cinema... Altri negativi "effetti collaterali" sono il dilagare della riproduzione illegale in videocassetta dei film di maggior successo, e la sistematica diffusione di deleteri programmi infarciti di violenza senza alcuna tutela per il pubblico dei minori.
In un settore caotico, nel quale gli improvvisatori la fanno da padroni, il dinamismo e la spregiudicatezza di Berlusconi, e soprattutto la sua straordinaria disponibilità di denaro, hanno ben presto il sopravvento. Il suo nome è già noto e controverso: sul conto dell'imprenditore massone che continua a disporre di ingenti capitali pur essendo estraneo alle dinastie della grande imprenditoria lombarda, voci, dubbi, insinuazioni si rincorrono, traducendosi in una progressiva notorietà nell'ambito della quale le "ombre" e gli interrogativi clic la caratterizzano assumono contorni perfino suggestivi. Per parte sua, l'ex "costruttore" finanziato da oscure fiduciarie svizzcrc, alle prese con la nuova avventura televisiva, dichiara: "Me ne occupo personalmcntc perché, come tutto ciò che si comincia, la televisione ha bisogno di molte cure. C'è da inventare quasi tutto, uomini compresi. C'è da rischiare con giudizio perché ancora non si conoscono le regole del gioco. Sono comunque convinto che la televisione privata svolgerà nel Paese un ruolo importante nel campo dell'informazione, della cultura, dello spettacolo. Ma l'effetto più notevole sarà quello di dare una grossa spinta al sistema produttivo. In parole povere, chi oggi vende un bicchiere, con la televisione potrà venderne cinque. Sì produrranno quindi cinque bicchieri, ci sarà più lavoro, tutta l'economia sarà tonificata", e dopo la demagogia applicata all'economia dichiara anche che metterà la sua televisione a disposizione di uomini politici della destra democristiana e anticomunista, riecheggiando la linea politica dell'ancora segretissimo "Piano" messo a punto dalla Loggia massonica P2.
Certo è che nel 1977 Berlusconi si colloca al settimo posto nella graduatoria fiscale dci contribuenti milanesi, con un imponibile dichiarato di 304 milioni di lire, davanti a vari esponenti del Gotha finanziario: Anna Bonomi Bolchini, i petrolieri Angelo Moratti e Attilio Monti, il banchiere Roberto Calvi, il presidente della Montedison Eugenio Cefis, Andrea Rizzoli... Del resto, è appena stato insignito della onorificenza di "Cavaliere del lavoro" insieme a industriali del calibro dì Gianni Agnelli e Leopoldo Pirelli, ma anche del più affine palazzinaro andreottiano Gaetano Caltagirone.
L'adeguato cantore delle ambigue magnificenze be rlu sconiane è il grottesco giornalista piduista Roberto Gervaso, il quale, forte del suo connaturato sprezzo per il senso del ridicolo nel 1977 si profonde in deliranti ritratti del "fratello di Loggia" del seguente tenore: "Milanese, quarant'anni, laureato in legge, Cavaliere del lavoro, Silvio Berlusconi è un self-made man, e del self-made man ha le astuzie, le ubbie, gli slanci. le diffidenze. Non è partito dall'ago, ma quasi. E ora progetta e costruisce città. Caseur icastico e sanguigno, è un lottatore nato, a suo agio in qualunque lizza. Anche la stampa di sinistra, non certo tenera con gli imprenditori, lo tratta con rispetto, lo pizzica con garbo. Molti lo considerano l"'uomo nuovo" dell'imprenditoria italiana. Un famoso banchiere ha detto di lui "Possiede l'umanità di Borghi, la fantasia di Mattei, la grinta di Monti". Certo, è uno che non si ferma niai, e mai fa fermare chi ha la ventura, o la sventura, di stargli accanto. Dove voglia arrivare, lo ignoro. E, forse, lo ignora anche lui. Se, comunque, la nostra industria ha ancora dei capitani, Berlusconi è fra questi. Se fosse nato nel Rinascimento. forse sarebbe divenuto un Colleoni o uno Sforza. E, invece di costruire città, le avrebbe conquistate" . E nel 1980, il servile Gervaso sarà ancora più prono ai piedi del già potente "ùatello massone": "Come sia diventato ciò che è diventato, uno degli uomini più potenti di Milano, quindi d'Italia, se lo chiedono in molti, soprattutto chi non lo conosce. Ma, per capirlo, basta star con lui un paio d'ore, guardarlo, ascoltarlo, studiano. E una specie di magnete, caricato a dinamite, esplosivo in ogni direzione: finanza, edilizia, televisione, carta stampata. Troppo modesto per parlare di sé in terza persona come De Gaulle, ma non abbastanza per rinunciare al plurale maiestatico, Cavaliere del lavoro a quarant'anni, ha bruciato le tappe senza bruciarsi. Ama celiare su tutto. soprattutto su se stesso, ma, sotto sotto, non dubita di essere il più capace. il più indefesso, il più lungimirante. Niente gli sfugge, e niente deve sfuggirgli. Ma niente anche gli va bene, perché ogni cosa potrebbe, e dovrebbe, esser fatta meglio. E riesce, nonostante tutto, a cattivarsi chiunque abbia l'avventura, o la sventura, di lavorargli accanto. Dove voglia arrivare, Dio solo lo sa. Dio solo e lui, Silvio Berlusconi".
Nella primavera del 1977, il rampante iycoou pidui~ta entra a far parte del consiglio di amministrazione del deficitario "Giornale nuovo" di Indro Niontancili, acquistando una quota del 12 per cento della società che edita il quotidiano.
L'avventura del "Giornale nuovo" aveva preso le mosse il 17 ottobre 1973 allorquando Montanelli si era dimesso dal "Corriere della Sera" perché riteneva la linea politica del quotidiano di via Solferino (diretto da Piero Ottone) troppo "sbilanciata a sinistra" e perfino "filocomunista". Il 27 febbraio 1974 era nata la Società europea dì edizioni spa (costituita in cooperativa dallo stesso Montanelli e da altri giornalisti di orientamento conservatore e anticomunista), e il successivo 25 giugno aveva tratto il suo esordio nelle edicole "Il Giornale nuovo". quotidiano diretto da Montanelli e fortemente connotato in senso moderato. In occasione delle elezioni politiche anticipate del giugno 1976, il nuovo quotidiano aveva rivolto ai suoi lettori il celebre invito "Turatevi il naso e votate Dc" per contrastare "l'avanzata del Pci" - una scelta politica consona alle analisi politiche piduiste una Dc imprese ntabile, e tuttavia il solo possibile baluardo capace (il contrastare l'incipiente "pericolo comunista". Del resto, la presenza del "Giornale nuovo" nel panorama editoriale italiano rimarrà sempre e solo motivata da ragioni esclusivamente politiche, poiché sotto l'aspetto economico il quotidiano risulterà perennemente (e pesantemente) deficitario.
Nel corso di un'intervista del maggio 1979, poco prima che la sua presenza nel "Giornale nuovo" salga al 37,5 per cento, Giorgio Bocca gli domanda: "Signor Berlusconi, io la conosco per uno che fabbrica città. Mi vuol dire perché da qualche tempo compie incursioni nella informazione? E come fa ad essere azionista (12 per cento) del "Giornale nuovo" di Montanelli e al tempo stesso padrino del "Corriere della Sera"?" , e Berlusconi nsponde: "Otto anni fa, un mattino sono nel mio ufficio, apro "Il Giorno" e ci trovo un articolo di Giorgio Bocca: parla di Milano 2, di questo Berlusconi mai sentito nominare, che deve aver fatto i soldi non si sa bene come [...].Rimango lì seduto a pensare: ecco, uno può lavorare onestamente, caparbiamente per vent'anni. venir su dalla gavetta~ meritare la stima dei banchieri veri alla Rasini, fare dell'urbanistica nuova, mettere su un'azienda sana, ma se non èconosciuto dai signori giornalisti lo trattano come uno che fa il gioco delle tre carte". E Bocca: "Così lei risolve il problema comperando i giornali e fondando una televisione, Telemilano. Sembra un film di Orson Welles...": Berlusconi replica: "No, ho semplicemente capito che in questa società, con i mass media, non si può vivere nascosti, nello splendido isolamento che piaceva ai manager lombardi fra le due guerre. Bisogna avere un'immagine, renderla nota. E poi, diciamo pure le cose come stanno: occorrono strumenti di difesa". Nel corso dell'intervista, Bocca accenna anche alla "influenza" di Berlusconi sul "Corriere della Sera": "Lei è ascoltato nell'azienda del "Corriere". Mi sa spiegare perché ogni settimana o quasi Via Solferino annuncia una nuova impresa? Non sarebbe il caso, prima, di ridurre il deficit?", e l'intervistato: "Mi consenta di rispondere con un'immagine automobilistica: ai dirigenti attuali del "Corriere" piace soprattutto premere l'acceleratore. Anche a me piace, però ho l'avvertenza di tenermi al fianco alcuni frenatori".
Gli "alcuni frenatori" che il neo-editore piduista ha l'avvertenza di tenersi al fianco non lo hanno evidentemente indotto a "frenare" rispetto all'ingresso in una società editoriale, la montanelliana Società europea di edizioni spa, deficitaria, anche perché l'operazione non è affatto "imprenditoriale", bensì politica, come confermerà Berlusconi molti anni dopo: "Nella seconda metà degli anni Settanta, quando il Pci di Berlinguer iniziava la sua lunga marcia nella consociazione politica con la Dc, forte anche allora di successi elettorali e di una quantità di applausi opportunisti, entrammo nell'editrice del "Giornale" di Montanelli".
Certo é che l'acquisizione del "Giornale" nuovo e in sintonia con i programmi piduisti di infiltrazione e conquista dei mass media, e che il quotidiano montanelliano controllato da Berlusconi si rivelerà piuttosto sensibile agli interessi massonici: infatti, quando il l8 marzo 1985 la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 renderà pubblici gli elenchi di affiliati alla massoneria, il "Giornale nuovo" insorgerà con virulenza criticando aspramente la decisione della Commissione in tre diversi articoli firmati da Montanelli, Paglia e Perna. E del resto all indomani dello scoppio dello "scandalo P2" (marzo 1981) in risposta a Montanelli che in un minimizzatorio "fondo" del quotidiano lo aveva definito "un semplice magliaro", il Venerabile maestro Licio Gelli (latitante perché inseguito da numerosi mandati di cattura) gli replicherà così: "Vorrei che Montanelli mi dicesse se anche all’epoca in cui mi fece ripetutamente sollecitare per avere un incontro con me mi ritenesse un millantatore e un magliaro... O forse mi ha definito così perché al primo appuntamento all'Hotel Excelsior di Roma giunsi con un ritardo di un paio di minuti, tanto che il portiere, preoccupatissimo, si affrettò, al mio arrivo, di farmi presente che il dottor Montanelli mi stava aspettando nel corridoio. Non lo conoscevo: ricordo che gli feci le mie scuse per quel leggerissimo ritardo e lui, dopo aver espresso il piacere di fare la mia conoscenza, entrò subito nel vivo, dicendomi che "Il Giornale nuovo" era nato in alternativa al "Corriere della Sera" quando questa testata si era spostata troppo a sinistra. Mi aggiunse che in quel momento, poiché il "Corriere" era tornato sulle vecchie posizioni, presumibilmente, secondo lui, a seguito di mio intervento, "Il Giornale nuovo" si trovava in una situazione critica. Gli detti assicurazione che non avevo in alcun modo interferito negli indirizzi del "Corriere". E lui mi illustrò le difficoltà del suo giornale e mi pregò di fargli avere un finanziamento da qualche istituto di credito. Come è nel mio stile, provvidi immediatamente e disinteressatamente, presentandolo al Banco Ambrosiano [banca controllata da/la P2, NdA] che, se non erro, gli accordò un'apertura di credito. In una successiva occasione, gh ottenni un incontro a colazione con il presidente, Roberto Calvi [affiliato alla P2, NdA]".
La sostanziale acquisizione del "Giornale nuovo" riserva a Berlusconi qualche piccolo "problema collaterale", come accade nell'estate del 1980, allorquando il neo-editore segretamente affiliato alla Loggia segreta P2 affronta una nuova tappa della sua avventura imprenditoriale - una vicenda di palazzinari andreottiani falliti, di ingenti finanziamenti bancari, di scabrosi contatti col potere politico, all'ombra della P2.
"Chi lo ha visto in questi giorni [luglio 1980, NdA] sostiene che non è mai stato così teso. Silvio Berlusconi, uno degli imprenditori rampanti della nuova generazione, impegnato sul fronte delle televisioni private e dei quotidiani (controlla in pratica il "Giornale" diretto da Indro Montanelli), sa che questo potrebbe essere il colpo grosso della sua carriera. Oggetto dell'attenzione di Berlusconi è l'ingente patrimonio immobiliare lasciato in Italia dai fratelli Gaetano, Francesco e Camillo Caltagirone, perseguiti per bancarotta e debitori nei confronti di varie banche di centinaia di miliardi. i Caltagirone e le loro società sono stati dichiarati falliti e tutto è in mano alla magistratura ma le banche (con in testa l'italcasse) sperano ancora di concludere un compromesso extragiudiziale dal quale ricavare qualcosa in più che dal fallimento. il patrimonio immobiliare è di circa un milione di metri quadri, anche se molti immobili sono da ultimare. Chi se lo aggiudica può farci sopra un guadagno di molti miliardi e Berlusconi oggi avrebbe particolarmente bisogno di sostanziosi guadagni, impegnato com'è su molti fronti. Fra l'altro anche il suo inserimento nel "Giornale" non è privo di difficoltà perché proprio di recente ha dovuto far rientrare una lettera di dimissioni presentata contro di lui da Montanelli: il più famoso giornalista d'italia ha protestato contro l'interferenza di Berlusconi in una serie di articoli dedicati al banchiere Roberto Calvi e che il giovane azionista del "Giornale" aveva cercato di bloccare per non inimicarsi l'appoggio del Banco Ambrosiano; poi tutto si è risolto con il compromesso che a scrivere il secondo articolo è stato Montanelli. Per molti questa mossa di Berlusconi è stato il segno del nervosismo nel quale vive queste giornate d'estate. Fino a poco tempo fa, infatti, era convinto di potersi aggiudicare l'affare Caltagirone senza difficoltà. Grazie a vari legami, si era assicurato l'appoggio del presidente dell'italcasse Remo Cacciafesta. molto vicino (anche se non solo) al presidente del Senato Amintore Fanfani, che in più circostanze ha dimostrato grande simpatia per Berlusconi. Cacciafesta è arrivato all'italcasse dopo una sorta di compromesso tra Fanfani e Giulio Andreotti, interessato a veder chiuso l'affare Caltagirone. Occupandosi di questa vicenda, Berlusconi, dunque, oltre che molti miliardi, potrebbe conquistare la riconoscenza dei due leader Dc. Ma quando era ormai in dirittura d'arrivo è arrivata alle banche l'offerta di un temibile concorrente: il gruppo svizzero Interprogramme, che fra l'altro gestisce il fondo d’investimento Europrogramme. Per Berlusconi l'lnterprogramme è pericolosa soprattutto per un motivo: è in grado di disporre di decine di miliardi in contanti (50 li ha già depositati presso le varie banche creditrici dei Caltagirone), mentre lui è comunque obbligato a far ricorso al credito di altre banche per rimborsare quelle implicate nell'affare Caltagirone. Quando al consiglio Italcasse pochi giorni fa sembrava che il presidente Cacciafesta potesse avviare a soluzione il problema con l'offerta di Berlusconi, i consiglieri hanno richiesto invece un ulteriore approfondimento delle offerte, dando mandato al direttore generale dell'italcasse, Luciano Maccari, di presentare alla seduta del 30 luglio le varie proposte più dettagliate. In particolare l'Italcasse oltre ai miliardi che incasserebbe per i propri crediti (circa 70 nelle due offerte) chiede che non vengano poste condizioni circa le altre questioni e in particolare riguardo ai debiti col fisco delle società dei Caltagirone, al valore degli immobili, agli accordi con le altre banche creditrici e agli altri creditori non bancari, alla possibilità di proroghe delle licenze di costruzione nel frattempo scadute. Ed è per questo che Berlusconi si è affrettato, venerdì 25 luglio, a legare le proprie proposte a quelle dell'Europrogramme, mutando sostanzialmente i termini del suo impegno in un primo momento rivolto solo alla ultimazione dei lavori negli immobili incompiuti (per un totale di circa 220 miliardi). "E adesso", dicono all'italcasse, "abbiamo due offerte sostanzialmente identiche nello schema anche se un proponente ha i soldi liquidi, e l'altro no: esse debbono essere ancora meglio dettagliate e da esse debbono sparire gli elementi di dubbio o di coinvolgimento futuro dell'istituto. Chi sarà in grado di farlo avrà partita vinta"".

Nell'estate 1978 Berlusconi ha l'occasione di vestire i panni del mecenate: il Teatro Manzoni di Milano è in crisi e sta per chiudere i battenti, e lui decide di intervenire. "Nella decisione di entrare all'80 per cento come socio", spiegherà, "hanno agito molto i sentimenti, anche se il raziocinio ha fornito la scusa. Quando ero studente dell'Accademia dei filodrammatici venivo al Manzoni. cui mi legano ricordi dì belle serate... Qui, a mio parere, c'è un feeling, un'atmosfera particolare... Per questo l'appello dei vecchi soci e del sindaco è divenuto per me imperativo categorico".
In realtà, il mecenatismo acquisitorio, piuttosto che dalle struggenti rimembranze giovanili, è mosso dalle "sollecitazioni" del sindaco craxiano Carlo Tognoli e quindi dei "socialisti" milanesi, nonché dall'opportunità di fare del Teatro Manzoni il "fiore all'occhiello" della Fininvest nel cuore della città. Luigi Foscale, presi-dente della società Il Teatro Manzoni srI, lo ammetterà esplicitamente: "È il balcone del gruppo sulla via Manzoni. Io devo fare i salti mortali per essere all'altezza della nostra immagine. Mi èstato affidato un capitale-teatro e lo devo muovere. Il capitale èl'immagine la risonanza, il successo, la dignità culturale che ci viene di riflesso".
Del Teatro Manzoni, Foscale è direttore, impresario, maschera e addetto ai biglietti: "Berlusconi ha voluto affidarmi questa baracca perché sono suo zio e lui preferisce tenere le cose in famiglia. Dovevo restarci un anno, e invece sono rimasto fregato. E vero che ho la passione del teatro (una cosa così, come la si può avere per il calcio), ma ho anche passato i settant'anni. Sono andato in pensione come ex dirigente Fiat, poi ho lavorato per le società di Silvio, mio nipote. Insomma, speravo di riposarmi un po'...". Fin dall'inizio, Berlusconi si è attivato per dare vita a un Club degli amici del Teatro Manzoni col quale dividere gli oneri di gestione. ma l'impresa risulta subito vana. "Era un Club nato morto", commenta Foscale, il quale precisa che il Teatro Manzoni si muove su un doppio binario, producendo in proprio e ospitando compagnie esterne: le compagnie che vengono ospitate si trattengono il 75-77 per cento degli incassi, e "col restante 25-23 per cento dobbiamo provvedere al personale, alle pulizie, alle tasse, alle luci e all'affitto. I muri non sono della Fininvest, ma di una società immobiliare estranea".

Sul finire degli anni Settanta, il grande fervore organizzativo di Berlusconi sul versante televisivo si concretizza nella costituzione di alcune nuove società. Il 3 ottobre 1979 viene fondata la concessionaria di pubblicità Publitalia 80 spa capitale sociale 3 miliardi di lire, consigliere delegato Marcello Dell'titri In precedenza, il 3 settembre, era stata costituita la Cofint, Compagnia finanziaria televisiva spa, capitale sociale 4 miliardi di lire, sede sociale nella milanese via Rovani 2 (il quartier generale berlusconiano).
Il 12 novembre 1979, l'editore piduista registra la società Canale 5 music sri, capitale sociale di soli 20 milioni di lire. lì primo amministratore unico di Canale 5 risulta essere tale Antonio Melchiorre classe 1922, nativo di Chieti residente a Milano e un ex generale dell'Aeronautica in pensione "Come sono diventato amministratore unico di Canale 5. Semplice sono stato un presta-nome, niente di più. Un mio amico il commercialista ùiovanni Dal Santo, mi ha chiesto se ero disposto di figurare come dirigente di quella società. Avute le più ampie assicurazioni, mi sono recato dal notaio Roveda a firmare come amministratore unico. Dopo un anno, nel corso del quale Canale 5 non ha assolutamente operato, mi sono dimesso, lasciando la società in altre mani. Non ho mai conosciuto Berlusconi, non sono mai andato nei suoi studi televisivi... Di quella lontana esperienza mi sono ricordato nel 1987 quando l'amico Dal Santo, recatosi a Roma per conto di Berlusconi, era stato colpito da ictus cerebrale: la signora Dal Santo mi ha detto che Berlusconi all'epoca, aveva affittato un aereo privato per andare a Roma a trovare suo marito in clinica... Per il resto non so che dire... Delle chiacchierate fortune di Berlusconi so quello che dicono tutti: che è stato aiutato da Craxi".
A Melchiorre, nel marzo l981. subentrano altri prestanome: il dottor Achille Conti, milanese, e il ragionier Marco Rossetti, di Sesto San Giovanni: dopodiché, amministratore unico diviene Giovannino Ciusa, nato a Macomer nel 1915 e domiciliato a San Donato Milanese, il quale nell'ottobre 1989 dichiarerà: "Non ho niente da dire, non sono mica il responsabile dell'emittente... lo lavoro a Palazzo Borromini, a Milano 2 e da anni sono addetto all'Ufficio posta e commesse per conto della Fininvest...".

Nel 1980 nascono due ulteriori società inerenti il settore televisivo: la Video Time spa, capitale 7 miliardi, e la Video Time finanziaria spa, capitale 100 miliardi, capolista del settore. Si tratta di un nuovo massiccio sforzo finanziario, mentre alcune attività edilizie del gruppo si stanno rivelando deficitarie.
Dopodiché Berlusconi acquista il 51 per cento di Tele Torino international (emittente che fa capo per il 20 per cento alla Fiat) e successivamente altre quote della nuova holding diretta da Luca Cordero di Montezemolo (manager del gruppo Agnelli). E il luglio 1980: il disegno piduista del consorzio televisivo sta trovando puntuale attuazione.
Un convegno che si tiene presso la sede dell'Unione industriali di Torino e dedicato alla situazione e alle prospettive delle televisioni private, vede la presenza di un Berlusconi forte di dieci emittenti di sua proprietà (o che comunque controlla), e di dieci emittenti affiliate - tra le prime c'è ovviamente Canale 5, la più importante d'italia. Nel corso del convegno, l'editore piduista ammette di avere investito nel settore qualcosa come 40 miliardi di lire, anche perché ha rastrellato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna circa seimila ore di film e telefilm, in pratica saccheggiando materiale di ogni genere; dichiara inoltre che intende vendere sul mercato italiano soprattutto programmi leggeri, di disimpegno, che facciano da supporto agli spot pubblicitari.

Nell'aprile del 1980, il settimanale rizzoliano "Domenica del Corriere" avvia un'inchiesta giornalistica dedicata ai ""Numeri Uno" dell'Italia anni Ottanta"; il primo dei "Numeri Uno" è "Il Signor Milano 2" definito nella titolazione "il creatore della prima "città senza automobili"", e "l"'uomo nuovo dell'imprenditoria italiana che a soli 43 anni controlla cento società".
Il testo dell'articolo-intervista richiama la parossistica apologia mussoliniana durante il Ventennio. Berlusconi sarebbe il capofila di coloro che ""si sono fatti da sé", e per di più negli anni della recessione economica, gli anni più difficili della storia del nostro Paese, un periodo nel quale nessuno sembra più credere alla fiaba dell'uomo che viene dal nulla. Eppure i protagonisti di queste fiabe esistono. Il primo... è Silvio Berlusconi". Definito "presidente di una finanziaria che ha partecipazioni in oltre cento società che operano nei settori immobiliari dell'editoria, delle telecomunicazioni, dell'elettronica, dei servizi aerei, della ristorazione e del tempo libero", e dopo l'elencazione di una sequela di ulteriori "prestigiosissime" cariche imprenditoriali l'articolo precisa: "Ma Berlusconi non è soltanto un capitano d industria: e un protagonista anche nel mondo della cultura e dell informazione: detiene il 37,5 per cento della editrice de Il Giornale nuovo" diretto da Montanelli, controlla il primo "consorzio" televisivo indipendente comprendente undici emittenti private [...]. E’ presidente della società del Teatro Manzoni di Milano, è membro del consiglio direttivo della società permanente di Belle Arti. La sua biblioteca privata conta più di diecimila volumi. Recentemente ha scritto una dotta prefazione a una preziosa edizione di Utopia di Thomas Moore" dunque, non solo un fiabesco imprenditore, ma anche un dotto "uomo di cultura". "A soli 25 anni", prosegue l'articolo, "fondò la sua prima società, la Cantieri nuniti milanesi. Da allora le società sono diventate più di cento. Per chiunque cento motivi di preoccupazione. Per lui un divertimento". Dopo la descrizione di una giornata-tipo del Numero Uno (quattordici ore quotidiane di mirabolanti prodezze psico-fisico~manageriali, si entra nel vivo dell'intervista: "Dottor Berlusconi, qual è il segreto del successo?", domanda ieratico l'in te rvistatore; e 1 'intervistato risponde ironico: "Sono d'accordo con lei, è un segreto".
E "il segreto" del successo di Berlusconi, nella primavera del 1980, è in buona parte custodito dalla massonica Loggia segreta Propaganda 2 alla quale è segretamente affiliato e della quale èl'imprenditore di punta; "al segreto" del successo dell"'uomo che viene dal nulla" è custodito nei forzieri di alcune finanziarie svizzere. "Segreto" è ancora, nel 1980, il controllo piduista della Rizzoli, casa editrice del periodico "Domenica del Corriere": così come "segreta" è ancora l'affiliazione del direttore della "Domenica del Corriere" Paolo Mosca, alla Loggia di Gelli. D'altronde, la segretezza è il presupposto principe della Loggia P2, e un imperativo assoluto per i suoi affiliati - infatti, in un documento che il Venera-bile maestro invia all'affiliato Berlusconi il 26 luglio 1980 e che s'intitola, appunto. "Sintesi delle norme", vi si legge: "Il silenzio è d'oro, massima che assurge a particolare valore se riferita ad un organismo [la Loggia P2, NdA] caratterizzato dalla più assoluta riservatezza... nessuno di essi [gli affiliati alla P2, NdA] dovrà accennare o far comprendere ad altri - anche se dovesse avere la più assoluta certezza della loro appartenenza all'Istituzione - di farne parte egli stesso... Può anche accadergli di sentirsi dire che corrono voci sulla sua appartenenza all'Istituzione: in questo caso dovrà replicare - con la massima disinvoltura e con tutta indifferenza - che egli stesso era a conoscenza di queste dicerie, ma che, proprio perché le apprezzava al loro giusto valore, non si era mai preso il disturbo di smentirle, non soltanto per la loro palese infondatezza, ma, soprattutto, perché erano da considerarsi puri e semplici pettegolezzi impregnati della più crassa assurdità".

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Berlusconi al potere: { Piovre e biscioni}
by http://www.terrelibere.it Tuesday, Aug. 17, 2004 at 9:51 PM mail:  

Demoniocrazia
Berlusconi al potere
Demoniocrazia
Il protagonista: Berlusconi Silvio, palazzinaro milanese e, nell’anno
1994, presidente del governo italiano. L'oggetto: la mafia, la massoneria,
gli affari in Sicilia e Sardegna, le misteriose origini, la costruzione
del partito azienda. Chi si ricorda di Dell’Utri, Pino Mandatari, della P2
e dello stalliere ? 'Dottor Berlusconi, qual è il segreto del suo successo
?'.'Sono d’accordo con lei, è un segreto'

19-12-2000 - 1857 letture
Antonello Mangano
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{ Piovre e biscioni}
Il protagonista: Berlusconi Silvio, palazzinaro milanese e, nell’anno 1994,
presidente del governo italiano. L'oggetto: la mafia, la massoneria, gli affari
in Sicilia e Sardegna, le misteriose origini, la costruzione del partito
azienda. Chi si ricorda di Dell’Utri, Pino Mandatari, della P2 e dello stalliere
? 'Dottor Berlusconi, qual è il segreto del suo successo ?'.'Sono d’accordo con
lei, è un segreto'
Antonello Mangano





mafia, economia, politica

Non è possibile pensare ancora alla mafia con coppola e lupara, da combattere
con l'esercito. Il braccio militare dell'organizzazione serve solo come
'extrema ratio' e viene usato solo quando gli altri interessi sono in grave
pericolo. La stessa connessione con la politica ha il compito di favorire
gli interessi delle cosche. Ma il cuore è l'economia: la mafia è soprattutto
una impresa economica, che agisce prin- cipalmente nel settore finanziario e
nel traffico di stupefacenti e che cerca di intervenire nel settore 'legale'
per ripulire il denaro sporco. In tal modo le attività illegali si intrecciano
con quelle legali, fino a confondersi. E gli uomini delle cosche si nascondono
dietro i pezzi grossi che reggono i fili dell'economia e della politica.
In queste pagine, troveremo più volte il termine 'riciclaggio', su cui si sa
davvero poco: solo un banchiere della mafia si è pentito, le inchieste
sono poche e trovano mille ostacoli (v. a pag. l'inchiesta 'Mato Grosso'),
esistono grandi banche dei paradisi fiscali (Svizzera in testa) legate ai
peggiori clan del narcotraffico colombiano e di Cosa Nostra. La massoneria è
sempre presente, fa da collegamento, intreccia nomi che nessuno si sarebbe
mai sognato di vedere assieme. Banchieri rispettabili, imprenditori di
successo, maghi della finanza vicino a criminali della peggior specie.
Sembra impossibile, ma è la norma: scindere crimine e grande finanza
diventerà sempre più difficile.
Da quando la criminalità organizzata di tutto il mondo ha cominciato a gestire
il traffico di droga e di armi, i gruppi criminali si sono trovati a gestire
migliaia di miliardi, diventando "lobbies" politiche e finanziarie che nessun
potere politico o finanziario ha voluto ignorare.

In molti paesi del mondo (tra cui l'Italia) esiste un magma di interessi
comuni tra gli ambienti criminali, quelli finanziari ed imprenditoriali, la
massoneria, gli ambienti politici conservatori: questi utilizzano come bracci
esecutivi ambienti dell'esercito, i servizi segreti e le bande criminali.
Hanno come obiettivo l'accumulazione di potere e ricchezza, e quindi tendono a
controllare ogni centro decisionale.
E' chiaro che il concetto di mafia deve adeguarsi alla realtà: "oggi in America
la voce mafia è quella dell'establishment bianco, dal gigantesco giro d'affari
che coinvolge le multinazionali e le grandi famiglie bianche. I banchieri
'wasp' sono peggio dei delinquenti" (John Landis). E per quel che riguarda
l'Italia, vedremo che i manager Publitalia sono peggio dei banchieri wasp.

"La mafia pertanto non è una malattia inspiegabile ed inguaribile
cronicizzatasi in un corpo sano, né è la responsabile di tutti i mali in una
società innocente, ma è il prodotto dell'uso strumentale di attività illegali a
fini di accumulazione di ricchezza e di acquisizione di posizioni di potere"
(U. Santino)
Tra organizzazioni criminali e gruppi imprenditoriali multinazionali si possono
trovare differenze nei mezzi, non nei fini, che sono identici: ricchezza e
potere. I mezzi, inoltre, tendono a differenziarsi sempre meno: sia perché la
criminalità tende a riciclare nella legalità i soldi 'sporchi', sia perché le
regole sono spesso fastidiosi impedimenti per le gigantesche macchine del
profitto. In ogni caso, alle favole di Stato e Antistato, di misteri che si
agitano nell'occulto e nelle tenebre e del Grande Vecchio che nessuno conosce
non bisogna più credere. Il mondo che si autodefinisce civile e democratico è
diventato il regno del denaro e del potere, da ottenere con qualunque mezzo.
E' un sistema dai contorni definiti, non c'è niente di occulto.
In Europa, per esempio, si sta formando una pericolosa concentrazione nel
campo dei mass media (Berlusconi, Rupert, Kirch, Beisheim, Ringier), che presto
avrà il compito di spiegare alle masse che il loro ruolo è lavorare e morire,
produrre e consumare, guardare la Tv e non pensare. Già da tempo i becchini
delle ideologie ci raccontato tutti i giorni che è inutile pensare, che
tanto non cambierà mai niente. E non si discute il ruolo guida della
borghesia e dei suoi valori: l'essere umano ridotto a merce, l'alienazione di
ogni rapporto umano. Il mondo è abitato da una minoranza che vive in un falso
benessere e che si rinchiude illusoriamente in una fortezza difesa dagli
eserciti, mentre all'esterno masse sterminate vivono in condizioni drammatiche.
In Italia assistiamo alla formazione di una rigida oligarchia che per- segue
il potere con tutti i mezzi, instaura una ferrea dittatura sugli altri strati
della società e maschera tutto col lavaggio del cervello operato dai mass
media. Può essere il modello del futuro. Chi non lo accetta non può fare che una
scelta: costruire un mondo dove al centro non sia la brama di potere di pochi,
ma i bisogni di tutti gli individui. I bisogni veri, non quelli degli spot.


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prima parte
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...se mi confidassero che passa dalle sue mani
anche la tratta delle bianche, ci crederei...
Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo



la mafia politica
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Auto incendiate, teste di vitello fatte trovare davanti alle case, spari ed
intimidazioni di tutti i tipi. La mafia torna a fare politica direttamente: si
comincia nel dicembre del '93, con le minacce al sindaco (della Rete) di
Terrasini. Poi l'attentato del 19 febbraio '94, con l'incendio dell'auto
della sindaca di San Giuseppe Iato. Il 3 marzo il sindaco di Corleone trova
una testa di vitello davanti casa. E poi intimidazioni ad Altofonte (5 marzo), a
Piana degli Albanesi (11 maggio) e San Cipirello (18 maggio). Tutti gli
attentati sono contro amministratori o candidati della sinistra.


campagna elettorale a monreale
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A Monreale continua lo stillicidio di attentati: ucciso il cane della
candidata a sindaco della sinistra ("è il primo assassinio di mafia della
seconda repubblica"); altri attentati coinvolgono un esponente di Rifondazione,
un altro del Pds ed un sindacalista Cisl, promotore dell'antiracket. A
Monreale la campagna elettorale per le comunali si svolge così. Sono elezioni
particolarmente importanti, visto che occorre raccogliere l'eredità della Dc,
che qui non era mai andata sotto il 50 %. Il vescovo di Monreale è monsignor
Salvatore Cassisa, luogotenente dei Cavalieri del Santo Sepolcro e amico del
conte Arturo Cassina. La Curia di Monreale è stata perquisita, nel dicembre
del '93, dal Servizio centrale operativo della polizia, che si è soffermata sul
segretario del vescovo, don Mario Campisi, poiché dal suo cellulare qualcuno
parlò con Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, latitante di Cosa
Nostra. Campisi ha ricevuto un avviso di garanzia per associazione mafiosa. E
così, per la prima volta, il nucleo di potere di potere di Monreale è stato
scalfito. Qui siamo nel regno del Corleonesi, di Bernardo Provenzano, di
Giovanni Brusca e di Bagarella.
Da dieci anni, a Monreale, non si verificavano attentati. Il 27 aprile, i colpi
di pistola contro l'auto di Rosalba di Salvo, candidata a sindaco, hanno
rotto il silenzio: "fino a quando non si configura il nuovo potere con
tanto di nome e cognome, si intimidisce la contro- parte". Cioè coloro che,
comunque, non saranno con i poteri mafiosi. Il messaggio è chiaro: i mafiosi
hanno indicato i loro nemici, in modo for- se anche troppo plateale,
probabilmente sintomo di una sicurezza ritro- vata, dopo la fine della Dc. Ed i
motivi per essere sicuri non mancano: il dodici giugno la sinistra di Monreale
ha ottenuto un risultato molto al di sotto di qualsiasi previsione pessimista.

--- il manifesto, 28 mag 94, p.13


ritorno all'antico
..................

Gli attentati nel palermitano hanno ottenuto l'effetto ricattatorio sulle
popolazioni: se volete le sinistre avrete anche le bombe e le minacce
continue. Altrimenti scegliete gli altri. La strategia sembra venire dal
passato: "attentati 'leggeri', che restano solo un giorno sulle pagine dei
giornali ed in televisione" 1, i messaggi arrivano solo ai destinatari locali
e l'opinione pubblica nazionale dimentica in fretta.
Sembra che lo scopo sia condizionare le elezioni amministrative del 12 giugno:
dice Giuseppina Zacco, vedova di Pio La Torre: "il 27 marzo in Sicilia ha
vinto il potere di sempre: hanno vinto gli stessi uomini e gli stessi
interessi, poco importa se con i vessilli di Berlusconi o di Fini. Hanno
concentrato la campagna elettorale facendo leva sull'eterna paura e diffidenza
dei siciliani verso lo Stato. E' la Sicilia che ha consegnato il paese alla
destra e a Berlusconi, che è ancora peggio del- la destra. Ed è in Sicilia che
la sinistra è stata debole, ambigua e subalterna a logiche personalistiche".
Una dimostrazione di ciò è stata la risposta delle sinistre isolane alla
campagna di fuoco della mafia: i gruppi all'Ars di Rifondazione e Rete hanno
votato una mozione che sottolineava il significato politico degli attentati,
interpretandoli anche come messaggio al governo per misurarlo
sull'atteggiamento che terrà verso Cosa nostra. Ma il Pds ha evitato
quest'ultimo punto, presentato una mozione più morbida con Psi e parte di Ppi.2

---1: m. gambino, avvenimenti 1 giugno '94, p.16
---2: il manifesto, 21 mag 93, pp.16 sgg.


cosa vostra
...........

Poi arriva Maroni, ministro dell'Interno leghista, nel secondo anniver- sario
della strage di Capaci. Lui è un "autonomista e federalista convinto" e
fa la sua proposta: applicare l'articolo 31 dello statuto siciliano che
affida al presidente della regione siciliana la responsabilità
dell'ordine pubblico. La proposta suscita vaste reazioni negative, ma Maroni
aveva messo le mani avanti: "non sono un esperto di mafia". E si vede. "Questa
proposta è una follia leghista che fa perdere la visione unitaria e di insieme
del problema", protesta Giuseppe Di Lello 1. L'idea della mafia solo siciliana
è stata smentita da decine di inchieste che portano in Svizzera, Colombia, Est
europeo. Eppure Maroni è convinto che la lotta alla mafia "è più efficace se
fatta da Palermo e non da Roma".
Il sistema federalista aiuta la mafia ? Luciano Violante cita un episodio: "Che
cosa accadrebbe se vi fosse una Cassazione a Palermo ? Un pentito ce lo ha
detto: 'Cosa bellissima sarebbe...' Il federalismo in sé non è un problema,
dipende da come lo si attua. C'è una tendenza alla separatezza - il
"sicilianismo" - da sempre vista con favore dalla mafia, perché vi intravede la
possibilità di pesare di più sulle istituzioni locali" 2. Notare che la
dichiarazione di Violante precede di un mese la proposta di Maroni.

---1: il manifesto, 21 maggio '94, p.3
---2: la repubblica, 10 aprile '94, p.5


biondi sbarca a palermo
.......................

Sabato 21 maggio: il governo continua a far sentire la sua presenza in
Sicilia: dopo Maroni è la volta del ministro di Grazia e Giustizia Biondi: al
palazzo di giustizia di Palermo si commemora Giovanni Falcone: Biondi arriva
e abbraccia gli avvocati Vito Ganci, Cristoforo Fileccia e Frino Restivo. Si è
detto: Biondi è andato a salutare gli avvocati dei mafiosi. Lui ha replicato
con eleganza: "la realtà è che noi avvocati siamo meno stronzi di altre
consorterie. Come parte civile ho fatto condannare i loro clienti". Ma non si
tratta solo di avvocati: "Ganci è coinvolto nell'inchiesta chiamata Pizza
Connection, Fileccia è il legale di Totò Riina e Restivo è citato con simpatia
sospetta nei verbali del boss Antonio Calderone" 1. Gente poco
raccomandabile, quindi. E poi Biondi è stato molto meno caloroso nei confronti
di chi la mafia la com- batte: "Caselli è bravo ma unilaterale", "non esistono
vicerè della giustizia" [riferito a Caselli], poi accusa il potere
giudiziario di avere occupato gli spazi riservati al governo ed al Parlamento
ed ancora esprime preoccupazioni su un pentitismo non controllato dalla
legge, poco prima dello show in cui Riina chiede di cambiare la legge sui
pentiti. A questo punto Biondi è costretto ad una delle sue numerose
retromarce, chiarendo che il governo non si muove sulle indicazioni del boss
di Cosa Nostra. 2

---1: giuseppe d'avanzo, repubblica 22 maggio '94.
---2: l'espresso, 2 giugno '94, p.47


lotta dura senza premura
........................

Un ministro dice di non capire niente di mafia e propone di fare la lotta
solo a Palermo. Un altro va ad abbracciare non solo avvocati di mafiosi ma
anche presunti mafiosi. E il governo che provvedimenti prende contro gli
attentatori ? "Le solite" dice Maurizio Gasparri, sotto-segretario di An
all'Interno: "potenziamento della presenza delle forze dell'ordine e
dell'esercito". "E' un rimedio antico quanto il male. E non è mai stato in
grado, da solo, di curarlo", osserva Giuseppe di Lello 1. In effetti non
sembra che i pattugliamenti a tappeto abbiano mai dato grandi risultati: "E'
in atto un controllo capillare della zona che spesso finisce per penalizzare i
cittadini che stanno in doppia fila o che non hanno la marca sulla la
patente", dice Maria Maniscalco, sindaca di S.Giuseppe Iato 2.
L'idea della mafia come corpo militare, da affrontare militarmente, è
totalmente inadeguata: il settore economico-finanziario e quello
politico-istituzionale sono almeno altrettanto importanti, ma il governo sembra
non capirlo. Ed allora: 1. risposta sul piano 'militare': pattugliamenti,
perquisizioni, tra l'altro inutili. 2. Sicilia autonoma, la mafia si combatte a
Palermo. In sintesi, il governo ha dato queste risposte. Nella più cauta delle
ipotesi, l'esecutivo non ha una chiara percezione del fenomeno. O non vuole
averla.
Ancora: l'esercito: ormai da tempo alpini e bersaglieri sono in Sicilia,
nell'ambito dell'operazione "Vespri siciliani". Nonostante la totale
inefficacia dell'operazione, si chiede una più forte presenza del-
l'esercito. Che, invece, non è servito a niente: non ha impedito gli
attentati, non è intervenuto nelle operazioni antimafia, è incapace di azioni
investigative, non ha alcuna conoscenza del settore. Unici effetti, la
militarizzazione del territorio ed il miglioramento, pericolosissimo,
dell'immagine dei militari.
In più un'"utilità" l'esercito può averla in prospettiva: se i siciliani si
stancassero di boss e politici collusi e di oppressioni secolari, i mafiosi
non sarebbero soli nell'opera di repressione.

---1: il manifesto, 18 maggio '94, p.11
---2: avvenimenti, 1 giugno '94, p.18


comuni criminali ?
..................

Dopo la serie degli attentati mafiosi si moltiplicano le ipotesi. Si dice
che la mafia rialza la testa, ma "di fatto non l'ha mai abbassata. Le cosche,
specie in questa zona [in provincia di Palermo] non hanno mai interrotto i loro
traffici illeciti e soprattutto non hanno mai smesso di cercare referenti
politici nelle istituzioni" 1, dice Vittorio Teresi, sostituto procuratore
a Palermo. E non esclude un collegamento tra gli episodi siciliani ed il
cambio al vertice del governo. Giuseppe Di Lello, ex componente del pool
antimafia, osserva che "la mafia ha capito che, in Sicilia, l'antico assetto di
potere si è ricomposto. Ecco perché è tornata a colpire forze tradizionalmente
antagoniste". Eppure Maroni ha spiegato tutto come un fatto di criminalità
comune, a cui rispondere con i carabinieri (e l'esercito). Ma "il problema è
più radicale ed impone un mutamento dei rapporti sociali". 2

---1: avvenimenti, 1 giugno '94, p.17
---2: il manifesto, 18 maggio '94, p.11


attacco ai giudici
..................

"No alla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e
pubblico ministero, no al controllo del Pm da parte del potere esecutivo". E'
questo il senso del documento elaborato dall'Associazione na- zionale
magistrati contro le proposte del governo. Il documento è stato firmato da
circa mille magistrati ed è un ostacolo (per ora) insuperabile per il
governo, che aveva aperto il mese di maggio gridando alla politicizzazione del
Csm e di tutta la magistratura. La soluzione, dunque, sarebbe la separazione
delle carriere ed il nuovo ruolo del Pm. Tuttavia, "nella storia dell'Italia
repubblicana, l'indipendenza del Pm rispetto all'esecutivo e la unicità della
magistratura ha rappresentato in concreto una garanzia per l'affermazione
della legalità e la tutela del principio di eguaglianza davanti alla legge".
La possibilità per i magistrati di passare dalle funzioni giudicanti a quelle
requirenti e viceversa, si è di fatto rivelata una occasione di arricchimento
professionale ed ha consentito al Pm italiano di mantenersi radicato nella
cultura della giurisdizione", dice il documento dell'Anm, in risposta
all'ipotesi di separazione delle carriere 1.
Sulla dipendenza del Pm, risponde Elena Paciotti, presidente dell'Anm: "in
base all'esperienza di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, siamo contrari al
controllo politico del Pm. In Francia spesso le indagini sono ostacolate
dall'esecutivo. Le indagini non si riescono a condurre con efficacia proprio
per questo motivo. Negli Usa, quando hanno bisogno di un Pm indipendente lo
devono nominare ad hoc, spesso cercandolo al Congresso tra le fila del partito
di opposizione" 1.
Scenari quasi da incubo, che tra l'altro offrono un immagine dell'"occidente"
che non è quel paradiso di civiltà che si disegna. In effetti il sistema
giudiziario italiano non è certo il peggiore, e quindi "si deve spiegare come
mai proprio adesso, nel momento in cui ha operato bene, si chiede di
arrivare al controllo del Pm da parte dell'esecutivo. Perché non ci si occupa
delle vere carenze della giustizia italiana ?" 1 Una prima, banale risposta
viene dalle numerose inchieste aperte dai confronti della Fininvest e di
alcuni esponenti del governo (v. più avanti). Per loro sarebbe un sogno se
potessero fare quanto accaduto in Francia: "quando un magistrato ha tentato di
indagare sulla corruzione è stato spostato e i giudici che protestavano sono
stati caricati dalla polizia" 2.
Ma le idee di assoggettamento del Pm all'esecutivo, separazione tra le
carriere del Pm e della magistratura giudicante e riforma del Csm sono ben più
antiche: risalgono infatti al "Piano di rinascita democratica" di Licio Gelli,
Gran Maestro della loggia massonica Propaganda Due, alla quale Berlusconi è
iscritto (tessera n. 1816). Il programma piduista si esprime così: "unità del
Pubblico Ministero; riforma del Csm, che deve essere responsabile verso il
Parlamento, responsabilità del Guarda- sigilli verso il Parlamento
sull'operato del Pm". Il guardasigilli è Alfredo Biondi, le cui azioni è bene
seguire con attenzione.
In un paragrafo successivo si vedrà come il programma politico di "Forza Italia"
e del governo sembrano una fotocopia del "Piano" P2.

---1: il manifesto, 5 maggio '94, p.9
---2: giacomo caliendo, sost. proc. gen., il manifesto 5 maggio '94, p.9


attacco ai pentiti
..................

Prima Cesare Previti, avvocato della Fininvest, poi Alfredo Biondi, poi la
maggioranza in coro: la legge sui pentiti va rivista. Occorre abolire la
temporalizzazione delle confessioni, vanno cancellati i colloqui in-
vestigativi che la Dia può effettuare... Senza specificarne i motivi, gli
uomini della maggioranza si producono in una polemica sulla gestione dei
pentiti, che coincide con l'attacco frontale nei confronti della
magistratura, dell'informazione non completamente allineata ed anche con la
campagna di fuoco della mafia della provincia palermitana. Il mese di maggio del
'94 sarà probabilmente ricordato per questa spaventosa serie di coincidenze, a
cui si aggiungono i proclami di Riina contro pentiti e comunisti.
Andiamo con ordine: Cesare Previti, con un'intervista al "Giornale" inizia
la polemica: denuncia la "gestione distorta e strumentale che può essere fatta
dei pentiti", quali obiettivi di una misteriosa "manovra", e ipotizza che "che
qualche pentito di dubbia credibilità possa coinvolgere esponenti del gruppo
Fininvest e di Forza Italia" 1. E' il primo aprile: pochi giorni prima il
pentito Salvatore Cancemi aveva parlato del pizzo pagato dalla Fininvest ad un
membro della mafia palermitana 2.
Biondi, diventato ministro della Giustizia al posto di Previti, che era meno
presentabile, ha comunque preoccupazioni simili: "non ho mai nascosto le
mie preoccupazioni per l'eccesso di politicizzazione dei giudici e che il
fenomeno dei pentiti, utilissimo nella lotta alla mafia, possa però
stravolgere le regole dello stato di diritto" 3.
E’ il turno del ministro dell'Interno Roberto Maroni, che conferma il
rischio che arrivi qualche pentito 'pilotato' da Cosa Nostra: "sappiamo che
stanno lavorando per mettere a segno un colpo clamoroso in questa direzione"
4. Peccato che il ministro non fornisca ulteriori elementi, che la sua
dichiarazione sia (casualmente ?) sfruttata per operazioni di depistaggio
pro-mafia (vedi più avanti pag. ) e peccato che la sua dichiarazione venga
al termine di una lunga serie di 'emergenze nazionali' segnalate al Paese:
dopo i fischi "sovversivi" di Brescia (rivolti a Scalfaro, in occasione
dell'anniversario di Piazza della Loggia), Maroni paventa il ritorno della
criminalità politica, poi spiega che l'emergenza numero uno è la mafia, poi
racconta che il pericolo che grava sulla Nazione è l'usura ed infine rivela
che Cosa Nostra prepara falsi pentiti, senza dare (come al solito) ulteriori
indicazioni. Va bene che è all'inizio, però si è guadagnato un tasso di
credibilità molto prossimo allo zero.
Un tasso invidiabile, se confrontato con quello di Tiziana Maiolo, presidente
della "commissione giustizia": dalla tribuna del convegno radicale sulle
convenzioni Onu in tema di droga, la Maiolo ha chiesto più rigore per i
pentiti, perché "non si combatte la mafia considerando Totò Riina un
interlocutore politico". Naturalmente, per prima cosa Riina è tutto fuorché un
pentito; in secondo luogo i pentiti non sono interlocutori politici; in
terzo luogo sarà proprio Riina a considerare il governo un interlocutore
politico.
Tiziana Maiolo continua il suo intervento: vanno abbandonate tutte le
emergenze, compresa la "legge antimafia che va rivista perché era buona nelle
intenzioni ma ha distrutto il nuovo codice di procedura penale". Col passare
del tempo, saranno sempre più numerosi gli interventi sulla necessità di
abolizione del carcere duro per i mafiosi, comprese le restrizioni ai
contatti con l'esterno. Il tutto, nell'indifferenza dell'opinione pubblica.
L'ultimo aspetto che la Maiolo considera, è la protezione e sistemazione dei
pentiti: "non possono essere affidati agli stessi organi di polizia giudiziaria
che indagano sulla loro credibilità. Non possono vivere in caserma, devono
andare in carcere, subire un processo, una condanna e poi potranno avere
sconti di pena" 4. Non c'è chi non veda quanto aumenti la sicurezza di un
pentito che dorme in carcere.

---1: il giornale, 1 aprile '94.
---2: l'espresso, 3 giugno '94, p.49
---3: gazzetta del sud, 11 maggio '94, p.21
---4: il manifesto, 28 maggio '94, p.12



la patente
..........

Ovviamente, non basta osservare che la legislazione sui pentiti è lacu- nosa
per favorire la mafia. Occorre quindi vedere come si intente cambiarla:
dall'analisi delle proposte nate negli ambienti governative, emerge un tipo
di atteggiamento molto preoccupante. Il ministro Biondi, nel corso del
dibattito organizzato a Palermo dalla Fondazione Falcone, ha proposto di
attribuire alla Superprocura antimafia il potere di selezionare chi ha
diritto alla "patente" di pentito. In tal modo si assicurerebbe al governo
una prerogativa importante: un pentito accusa la Fininvest ? Non è
attendibile. La decisione ultima spetterebbe al "super" procuratore, che è
nominato dal Csm d'accordo con il governo. "Avrà l'autonomia necessaria ?
Buscetta ha tirato in ballo due presi- denti del Consiglio, tre ministri e
otto deputati. Sarebbe ancora possibile ?" 1.
Raffaele Della Valle, avvocato e capogruppo FI alla Camera, propone "un termine
massimo in cui vuotare il sacco, come si fa in America", per finirla con "lo
scandalo delle rivelazioni a gogò". Luigi Li Gotti, avvocato dei pentiti
Buscetta, Mutolo e Marchese, osserva che negli Usa un il collaboratore può
essere sentito in più di una inchiesta, mentre secondo Della Valle il
giudice non potrebbe più utilizzare il pentito una volta scaduto il 'tempo
massimo'.
Le ultime trovate provengono da Tiziana Parenti, che protesta per "i pentiti
usati a sostegno di teoremi politici", e dal gruppo di lavoro insediato al
Viminale, che propone che i pentiti scontino la pena in carcere ("in reparti
differenziati") e non in caserma.
Insomma, le proposte tendono ad annullare le misure di sicurezza per i
pentiti, far decidere la loro credibilità al governo (che magari è chiamato
direttamente in causa...): una strategia precisa di autodifesa, se si pensa
alle numerose inchieste aperte grazie alla collaborazione dei pentiti, che
coinvolgono anche (e soprattutto) la Fininvest.

---1: l'espresso, 3 giugno '94, p.50


storie di pentiti
.................

Nel giugno '94, sono 704 i pentiti sotto tutela in Italia. Tra questi,
Buscetta, Calderone, Mannoia e Contorno, hanno permesso la realizzazione del
maxi-processo. Recentemente, Buscetta e Mannoia hanno chiamato in causa
Giulio Andreotti, mentre Contorno ha svelato il ruolo dell'agente del Sisde
Bruno Contrada.
I pentiti della camorra Alfieri, Galasso, Ammaturo e Cuomo hanno
lanciato accuse a Gava, Pomicino, De Lorenzo, Di Donato. Molti pentiti, accanto
alle accuse, si sono spesso addossati decine di omicidi. Cancemi, La Barbera
e Di Matteo (v. anche più avanti) si sono addirittura assunti la
responsabilità della strage di Capaci.
Baldassarre Di Maggio ha collaborato facilitando l'arresto di Totò Riina,
Salvatore Annacondia ha svelato gli scenari del crimine a Bari, accusando il
procuratore capo De Marinis. Saverio Morabito ha messo insieme alcuni pezzi
dei misteri d'Italia: "Seppi", ha dichiarato a verbale, "che un boss della
‘ndrangheta, Antonio Nirta, era stato infiltrato nelle Br dal generale dei
carabinieri Antonio Delfino e aveva partecipato al sequestro Moro". Giuseppe
Pellegriti ipotizzò il coinvolgimento di Salvo Lima nell'omicidio
Mattarella, ma fu rinviato a giudizio da Falcone per calunnia 1.

---1: l'espresso, 3 giugno '94, p.48


arresto per lo scudiero
.......................

Il 3 maggio '94 è una giornata di fuoco: il tribunale della libertà dà il via
libera per l'arresto di Marcello Dell'Utri, manager Publitalia, da sempre
fedelissimo di Berlusconi e regista dell'operazione "Forza Italia". La
maggioranza si scatena in accuse contro i magistrati "politicizzati" che
vogliono criminalizzare forze che hanno vinto le elezioni. Come al
solito, nessuno parla del merito della vicenda, limitandosi ad accusare i
giudici. Berlusconi non sfugge alla regola: "hanno preso un granchio colossale,
è un fatto che riguarda la Fininvest" e poi "sono certo che la Corte di
Cassazione metterà le cose a posto". La vicenda riguarda false fatture,
l'accusa è di falso in bilancio. Questa è solo una delle innumerevoli
disavventure giudiziarie della Fininvest, e non è la prima per Dell'Utri.
Negli anni '80 le inchieste che lo riguardavano furono due: l'accusa era
quella di associazione mafiosa, i coimputati il fratello Alberto ed il mafioso
Vito Ciancimino.


.............
seconda parte
.............

A questo punto si apre il capitolo dei rapporti tra le componenti che formano
il mondo di Berlusconi ed i poteri occult(at)i, da sempre protagonisti
determinanti della vita politica italiana. Gli attacchi continui, reiterati
e rischiosi condotti nei confronti di pentiti, magistrati e mass media (cioè
coloro che possono potenzialmente svelare il marcio che c'è dietro il
Cavaliere) diventeranno chiarissimi dopo aver visto lo scenario che si nasconde
dietro sorrisi e cieli azzurri.



"una persona integerrima"
.........................

La richiesta di arresto per falso in bilancio, accolta il 3 maggio dal
tribunale della libertà, porta alla ribalta un personaggio che non ama troppo
la notorietà: Marcello Dell'Utri, siciliano, numero uno di Publitalia
'80, ha vissuto la scalata al potere di Berlusconi fin dall'inizio,
quando (nel '77) faceva l'amministratore unico di "Milano 2 spa". Poi la
creazione di Publitalia, polmone finanziario di Berlusconi, fino a "Forza
Italia" ed all'avventura politica. Ma la carriera di Dell'Utri avrebbe
potuto concludersi molto prima, se una delle inchieste giudiziarie che lo hanno
riguardato si fosse conclusa male per lui. Tuttavia, i magistrati sono
ancora in tempo: pochi giorni prima delle elezioni l'Ansa riprese una
dichiarazione emersa dagli ambienti giudiziari di Palermo secondo cui "si
indaga su Dell'Utri in relazione ad una vicenda di riciclaggio di denaro
proveniente dal traffico inter- nazionale di stupefacenti affidato da Cosa
Nostra direttamente o indi- rettamente all'amministratore delegato di
Publitalia" 1.
C'è almeno un'altra inchiesta in corso su Dell'Utri: si svolge a Milano,
l'accusa è di bancarotta fraudolenta e riguarda il fallimento della società
di costruzioni 'Bresciano sas' di Mondovì, di cui Dell'Utri era amministratore
delegato insieme al finanziere siciliano Rapisarda.

Dalle disavventure presenti a quelle del passato: nel 1987 è iniziata
l'inchiesta giudiziaria milanese che ha accostato il nome di Dell'Utri a quello
di personaggi in odore di mafia, come lo stesso Filippo Alberto Rapisarda,
amico di Ciancimino e datore di lavoro di Dell'Utri 15 anni fa, a Milano. Il
16 marzo '94 quell'inchiesta è stata riaperta: riguarda, tra l'altro, il
fallimento della già citata 'Bresciano', "in ordine al delitto di bancarotta
pluriaggravata". Dall'87, Dell'Utri ha continuato ad avere ottimi rapporti con
Rapisarda: il 14 ottobre '89 la moglie di Dell'Utri, Miranda Ratti, ha fatto
da madrina al battesimo della figlia di Rapisarda. Più recentemente, nel
quartier generale di Rapisarda, in via Chiaravalle 7, è nato un club Forza
Italia.

Silvio Berlusconi ha dovuto più volte difendere il suo collaboratore: dopo la
richiesta di arresto lo ha definito "una persona integerrima". In un
interrogatorio del 26 giugno 1987 ha spiegato i rapporti tra Dell'Utri e
Rapisarda: andò a lavorare dal finanziere siciliano perché gli fu offerto di
più, fu una esperienza negativa e "fui io stesso a dirgli di tornare da me":
nessun altro particolare.

Ma sentiamo cosa dice lo stesso Rapisarda a questo proposito: "Dell'Utri Alberto
e Caronna Marcello mi erano stati raccomandati da Gaetano Cinà di Palermo che
conoscevo da tanti anni. Dopo qualche mese si presentò da me Dell'Utri Marcello
accompagnato da Cinà Gaetano, ed in quella occasione il Cinà mi pregò di
far lavorare con me i fratelli Dell'Utri.
(...) Conoscevo Cinà da anni, fin dagli anni '50, avendolo conosciuto insieme
a Mimmo Teresi e Stefano Bontade. Effettivamente ho assunto Marcello
Dell'Utri nel mio gruppo societario perché era difficilissimo poter dire di no
al Cinà Gaetano, dal momento che non rappresentava solo se stesso bensì il
gruppo in odore di mafia facente capo a Bontade, Teresi, Marchese Filippo"
2. Quindi l'assunzione di Dell'Utri avvenne grazie alla raccomandazione di un
boss mafioso, espressione di uno dei gruppi più potenti.

Ancora Rapisarda racconta, in un altro interrogatorio (27 novembre 1987) delle
compromettenti amicizie di Dell'Utri: "era frequentatore ed amico del Brucia
Domenico, in quanto ricordo che fu lui ad invitarmi al ristorante del
Brucia nei primi del '75. Del resto il Dell'Utri aveva stretto contatto con
quel giro di siciliani, tant'è vero che veniva spesso nei suoi uffici della
Bresciano in via Chiaravalle un suo amico che io non conoscevo, e poi seppi
dai giornali che era Ugo Martello (...), il ricercato. Mi disse che si
trattava di un suo carissimo amico che aveva gli uffici in via Larga, che la
sua società era rimasta creditrice, che era una persona di tutto rispetto, e
che quindi quel debito verso la società del suo amico, fallimento o non
fallimento, andava pagato, se non si voleva incorrere in dispiaceri.
Dell'Utri poi si vantava di essere amico di Marchese Filippo di Palermo. Seppi
poi che in appartamenti del palazzo di piazza Concordia n.1 in Milano,
all'epoca in cui era Dell'Utri a gestire quello che era rimasto del gruppo
Inim, erano andati ad abitare Bono Alfredo, Emanuele Bosco e Mongiovi Angelo e
un ragioniere di famiglia mafiosa di Raffadali".
Come si spiegano le tante conoscenze tra Dell'Utri e questi personaggi (in
odore) di mafia ? E' sempre Rapisarda che azzarda una risposta: "Dell'Utri
mi disse che la sua conoscenza con tutti questi personaggi mafiosi era dovuta
al fatto che si era dovuto interessare per mediare fra coloro che avevano
fatto minacce o estorsioni a Berlusconi e il Ber- lusconi stesso. Il Dell'Utri
mi disse anche che la sua attività di mediazione era servita a ridurre le
pretese di denaro dei mafiosi". 3

---1: il manifesto, 3 maggio 94, p.4.
---2: Interrogatorio del giudice Giorgio Della Lucia (tribunale di Mila-
no), 5 maggio 1987.
---3: ibidem



finanzieri, mafiosi e dell'utri
...............................

Filippo Alberto Rapisarda, dunque, è passato da amico e datore di lavoro di
Dell'Utri ad accusatore, ed infine ancora amico. Ma vediamo chi è Rapisarda:
agli inizi degli anni '70, dopo lunghi anni di carcere, il finanziere si
trasferisce dalla Sicilia a Milano, con ingenti disponibilità finanziarie
che vengono fatte risalire a don Vito Ciancimino, celebre commercialista e
politico Dc, già sindaco di Palermo e pluricondannato per associazione
mafiosa e reati connessi. 1
Un altro dipendente di Rapisarda è stato Alberto Dell'Utri, fratello di
Marcello. Alberto è stato in carcere per la bancarotta della "Venchi Unica",
una delle tante società che Rapisarda acquistò con i soldi degli amici di
Ciancimino. Per il fallimento di una di queste società Marcello Dell'Utri ha
subito il rinvio a giudizio di cui si è detto prima.
Ancora Dell'Utri: in una delle tante polemiche pre-elettorali, si discute
delle rivelazioni di due pentiti, Cancemi e La Barbera, che ritroveremo più
volte. Più precisamente, si litiga su un fatto marginale, lasciando da
parte i problemi principali. Il fatto meno importante è la rivelazione fatta
da Luciano Violante, in qualità di Presidente della Commissione Antimafia,
delle accuse dei pentiti. Accusato di violazione del segreto istruttorio,
Violante si dimette, le Procure negano l'esistenza di indagini su Berlusconi
smentendo anche l'accusa rivolta a Violante di aver rovinato le indagini:
perché non si possono rovinare indagini che non esistono.
Insomma, una gran confusione che svia l'attenzione pubblica da ciò che
veramente conta: le rivelazioni dei pentiti Cancemi e La Barbera, i quali
accusano i fratelli Dell'Utri, la Fininvest e di conseguenza lo stesso
Berlusconi di avere rapporti con Cosa Nostra. Si parla di indagini presso le
procure di Caltanissetta, Catania, Palermo e Firenze.
In particolare, Cancemi e La Barbera parlano di grandi speculazioni edi- lizie
nel centro di Palermo, programmate da esponenti di Cosa Nostra e della
Fininvest. Facile intuire che l'uomo Fininvest in questione è Marcello
Dell'Utri; le famiglie di Cosa Nostra, invece, sarebbero quelle di Santa Maria
del Gesù e di Porta Nuova. I pentiti aggiungono che, nel- l'ambiente di Cosa
Nostra, Berlusconi è genericamente considerato un amico. L'ultima accusa
riguarda gli accordi per la gestione della Standa in Sicilia e della Grande
Distribuzione in generale. Tutte le accuse acquisiscono credibilità se si
pensa ai "comprovati rapporti di Dell'Utri con esponenti di Cosa Nostra". 2
Infatti, riprendendo l'interrogatorio di Rapisarda del 5 maggio 1987, si legge
che "quando Marcello Dell'Utri lavorava negli uffici di via Chiaravalle
[per Rapisarda, ndr] venivano frequentemente a trovarlo Ugo Martello, Stefano
Bontade, Domenico Teresi e Gaetano Cinà [noti boss mafiosi, ndr]. Negli
ultimi mesi del 1978 incontrai, in Piazza Castello, Mimmo Teresi e Stefano
Bontade, che mi invitarono a bere un caffè insieme a loro. Teresi, nella
circostanza, mi disse che stava per diventare socio d'affari di Silvio
Berlusconi in una società televisiva privata, dicendomi che ci volevano
dieci miliardi, e mi chiese un parere, fra il serio e lo scherzoso, se era
un buon affare. Ritengo che Angelo Caristi sappia qualcosa in merito alla
società tra Silvio Ber- lusconi e Mimmo Teresi. Mi risulta che il Teresi e
lo Stefano Bontade operassero insieme nelle imprese immobiliari e negli affari
in genere. Successivamente ricordo che Caristi mi disse che Marcello Dell'Utri
gli aveva offerto la protezione di Filippo Marchesi al fine di fargli
acquisire immobili sulla piazza di Palermo 3. Io dissi al Caristi di tenersi
molto lontano da quella gente, trattandosi di mafiosi molto pericolosi." 4

---1: Archivio "Berlusconi, Cuccia & co.", Biblioteca e Centro Documentazione
'Mafia Connection', pag. 5.
---2: ibidem.
---3: la dichiarazione di Rapisarda resa nel 1987 coincide con le accuse
del '94 di Cancemi e La Barbera, che parlano di speculazioni edi-
lizie a Palermo gestite da Dell'Utri e boss di Cosa Nostra, come
riportato in precedenza.
---4: interrogatorio giudice Giorgio Della Lucia, 5.5.1987, cit.



un mafioso ad arcore
....................

"Si è accertato che il dottor Dell'Utri, con cui Vittorio Mangano
conversa amichevolmente nel corso dell'intercettazione (...) è Marcello
Dell'Utri, domiciliato in via Chiaravalle 7, fratello di quell'Alberto
Dell'Utri nato a Palermo l'11 settembre 1941, domiciliato anche lui a Milano
in via Chiaravalle 7, nei cui confronti in data 2 aprile 1979, fu emesso dal
sost. proc. della Repubblica di Torino dott. Bernardi ordine di cattura per
bancarotta fraudolenta. Tale provvedimento fu emesso anche nei confronti di
Rapisarda Filippo Alberto, nato a Sommantino il 14 novembre 1931, nei
confronti di Alamia Francesco Paolo, nato a Villabate (Pa) il 5 gennaio
1934 e nei confronti di Breffani Giorgio. I predetti, legati al noto Vito
Ciancimino, ex sindaco di Palermo, l'uomo politico più discusso e più
chiacchierato di quella città, originario di Corleone, indiziato da tempo di
collusione con la mafia, erano e sono tuttora interessati, assieme al
medesimo Vito Ciancimino, alla Inim Internazionale Immobiliare Spa, con sede
in via Chiaravalle 7, a Milano. (...) Il suddetto provvedimento di cattura fu
emesso dal magistrato di Torino nel corso della procedura fallimentare della
"Venchi Unica". L'aver accertato quindi attraverso la citata intercettazione
telefonica il contatto' tra il Mangano Vittorio, di cui è bene ricordare la
pericolosità criminale, e il Dell'Utri Marcello, ne consegue necessariamente
che anche la Inim Spa e la Raca Spa [società per cui Dell'Utri lavora, ndr]
sono società commerciali gestite anch'esse dalla mafia e delle quali la mafia
si serve per riciclare il denaro sporco provento di illeciti" 1.
In questo rapporto del 1981, la Criminalpol aggiunge alle vicende che già
conosciamo (i rapporti Dell'Utri-Rapisarda-Ciancimino) una nuova storia:
quella di Vittorio Mangano, noto boss mafioso, portato alla corte di Berlusconi
da Dell'Utri.
"Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come uomo d'onore
appartenente a Cosa Nostra, della famiglia di Pippo Calò, capo della famiglia
di Porta Nuova. Agli inizi degli anni '70 Cosa Nostra cominciò a gestire una
massa enorme di capitali per i quali, naturalmente, cercò lo sbocco. Mangano
era una "testa di ponte" dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia, era una
delle poche persone di Cosa Nostra in grado di gestire questi rapporti", disse
il giudice Paolo Borsellino in una intervista 2.
Lo stesso uomo di cui parla Borsellino andò a lavorare, come stalliere, da
Berlusconi. Siamo nei primi anni '70: Mangano, come tanti mafiosi emergenti,
si trasferisce a Milano: alloggia al prestigioso 'Duca Di York', cena in
ristoranti di lusso, sfoggia belle macchine e frequentazioni di prestigio,
come quelle dei finanzieri Monti e Virgilio. Ogni sera Mangano telefona ai boss
Alfredo Bono e Salvatore Inzerillo: prende ordini e riferisce le novità 3.
E' piuttosto strano che un tipo del genere, a cui i soldi certo non man- cano,
vada a fare lo stalliere. Eppure, il 1 luglio 1974, Mangano viene assunto nella
villa di Arcore, dove prende alloggio. Chi frequentava al- lora casa Berlusconi
ricorda che Mangano era l'unico dipendente a cui il Cavaliere dava del lei.
La presenza di un mafioso (che ha già collezionato circa 16 processi e un paio
di condanne) alle sue dipendenze sarà per Berlusconi motivo di imbarazzo:
sentiamo come si giustifica: "Avevo bisogno di un fattore, chiesi a Marcello
Dell'Utri di interessarsi anch'egli di trovare una persona adatta, ed egli mi
aveva appunto presentato il signor Mangano". Dunque Berlusconi ammette la
conoscenza tra Dell'Utri ed un boss di Cosa Nostra. Poi aggiunge che "dopo un
pranzo nella mia villa, il signor Luigi D'Angerio era rimasto vittima di un
sequestro; nell'ambito delle indagini emerse che il Mangano Vittorio era un
pregiudicato..". Subito dopo Berlusconi cambia versione: "non ricordo come il
rapporto lavorativo del Mangano cessò, se cioè per prelevamento delle forze
dell'ordine o per suo spontaneo allontanamento" 4. Nel '94, in piena campagna
elettorale, Berlusconi offre una nuova versione: "un giardiniere mafioso ?
Certo, è lo stesso uomo che licenziammo non appena scoprimmo che si stava
adoperando per organizzare il rapimento di un mio ospite"5.
Idem Dell'Utri: "fu immediatamente licenziato" 6.
Sulle motivazioni della presenza di Mangano ad Arcore, c'è una con-
vincente versione: dopo il tentativo di sequestro di D'angerio davanti alla
villa di Arcore, Berlusconi rimase terrorizzato dalla possibilità che la sua
preziosa persona finisse in mano ai rapitori. Quindi andò in Svizzera con la
famiglia ed il fido collaboratore Romano Comincioli. Lasciata la famiglia
oltreconfine, Berlusconi assunse Mangano, grazie alla presentazione di
Dell'Utri, su segnalazione dei boss che abbiamo ripetutamente incontrato:
Gaetano Cinà (collegamento tra mafia e massoneria), Mimmo Teresi, Stefano
Bontade. E così sono tutti contenti: Berlusconi, che può dormire sonni
tranquilli; i boss, che piazzano il loro uomo in una posizione interessante 7.

---1: rapporto 0500/c.a.s. della Criminalpol, 13.4.1981, pp. 175-176.
---2: intervista di Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, 21.5.1992.
---3: Gambino/Fracassi, Berlusconi - biografia non autorizzata, pag.20.
---4: interrogatorio di Berlusconi al giudice Giorgio Della Lucia, 26
giugno 1987.
---5: dichiarazione di Berlusconi al Corriere della sera, 20 marzo '94.
---6: " " di Dell'Utri alla "Stampa" del 21 marzo '94.
---7: Gambino/Fracassi, cit., pagg. 19-21.



i cavalli e il cavaliere
........................

"Caro Marcello, ho un affare molto importante da proporti e ho il ca- vallo
che fa per te".
"Caro Vittorio, per il cavallo occorrono piccioli e io non ne ho. Sapessi quanti
problemi mi crea mio fratello [Alberto, ndr]"
"I soldi fatteli dare dal tuo amico Silvio"
"Ti dico che sono nei guai, ho bisogno di soldi per quel pazzo di mio
fratello. E Silvio non 'surra' [non scuce, ndr]"
Questa telefonata tra Vittorio Mangano e Marcello Dell'Utri è stata
intercettata nel 1980. Il mafioso parla dalla sua lussuosa stanza del- l'hotel
Duca Di York, mentre Dell'Utri conversa dalla sua abitazione di via Chiaravalle
7. I problemi di Alberto Dell'Utri che tanto preoccupano Marcello sono quelli
relativi alla società Inim, di Alamia e Ciancimino, sospettata dalla Criminalpol
di servire per il riciclaggio del denaro proveniente dal traffico di droga.
Ma per Alberto i problemi finiscono dopo il periodo di carcere: per lui arriva
l'assunzione in Publitalia. Dopo l'intercettazione, viene avanzata l'ipotesi che
il 'cavallo' della telefonata sia, in realtà, una partita di droga. Paolo
Borsellino, nell'intervista citata, disse che "Mangano risiedeva abitualmente a
Milano, da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche,
costituiva un terminale dei traffici di droga che conduceva alle famiglie
palermitane. Mangano risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa tra
Milano e Palermo nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio
delle famiglie mafiose palermitane, preannuncia o tratta l'arrivo di una
partita d'eroina chiamata alternativamente, secondo il linguaggio che si usa
nelle intercettazioni telefoniche, come "magliette" o "cavalli". Il Mangano è
stato poi condannato per questo traffico di droga" 1.
Quindi, Mangano usava abitualmente dire "cavalli" per droga: tuttavia, quando
la vicenda viene fuori, "il Giornale", diretto dal "grande giornalista
indipendente" Montanelli, assicura che proprio di quadrupedi si trattava, e che
il suo editore con Cosa Nostra non c'entra niente 2.
Ma alcuni esperti sostengono che "al telefono la mafia parla poco, e quando
è costretta a farlo parla un linguaggio cifrato. Quella dei mafiosi, più che
una lingua, risulta un insieme di allusioni e di ammiccamenti. Una volta la
polizia inseguì per mesi un trafficante che pro- metteva l'arrivo di molti
"cavalli". Per un po’ gli investigatori si con- vinsero di avere a che fare con
gente del giro delle scommesse clan- destine. Poi sentirono i "prezzi dei
cavalli" (migliaia di dollari) e cominciarono a sospettare. Alla fine,
ascoltarono il trafficante che invitava gli acquirenti [dei presunti
"cavalli"] in aeroporto: era droga" 3.
In ogni caso, "il legame tra Dell'Utri e Mangano non si può né negare, né
cancellare: quella specifica telefonata del 1980 può trovare una
spiegazione nella riconosciuta abilità di Mangano nel trattare la
compravendita dei cavalli. Ed è una spiegazione che lo stesso Dell'Utri ha
offerto: sì, Mangano gli propose uno splendido cavallo, che si trovava in una
scuderia di Arcore. Ma lui non era interessato all'animale, né riteneva che
potesse esserlo Berlusconi"... 4

---1: l'Espresso, 8.4.94, 81: intervista di Calvi-Moscardo, cit.
---2: il Giornale, 12 ottobre 1984.
---3: La Stampa, 13 gennaio 1994.
---4: Panorama, 22 ottobre 1984.





l'ultima intervista di borsellino
..................................

L'intervista rilasciata (il 21 maggio '92) da Borsellino ai giornalisti Calvi e
Moscardo, fornisce molti altri particolari sui rapporti Mangano- Dell'Utri -
Berlusconi.
Innanzitutto, Borsellino conferma i rapporti tra Mangano e Bontade, uno dei
boss di cui si sospetta la conoscenza con Dell'Utri. Poi ribadisce l'uso di
"cavalli" al posto di droga, che riscontrò nell'intercettazione della telefonata
tra Mangano e uno degli Inzerillo. La tesi fu "asseverata nell'ordinanza
istruttoria e fu accolta in dibattimento, tant'è che Mangano fu condannato".
Su Dell'Utri, Borsellino afferma che, pur non essendo imputato nel
maxiprocesso, esistono indagini che riguardano il manager Publitalia e che
riguardano insieme Mangano. Borsellino, poi, precisa che l'indagine si svolge a
Palermo (siamo nel '92) e coinvolge sia Alberto che Marcello Dell'Utri. Al
momento non si sa che fine abbia fatto tale indagine.
Per quel che riguarda la famosa conversazione di argomento equino, il giudice
dice che "nella conversazione inserita nel maxiprocesso, se non piglio errori,
si parla di cavalli che dovevano essere mandati in albergo [Borsellino sorride,
ndr]. Quindi non credo che si potesse trattare di cavalli. Se qualcuno mi deve
recapitare due cavalli, me li recapita all'ippodromo, o comunque al maneggio.
Non certamente dentro l'albergo".
Probabilmente, l'albergo in questione è il Plaza, di proprietà di Antonio
Virgilio, che frequentava abitualmente Mangano.
Successivamente, gli intervistatori ricordano a Borsellino le accuse di
Rapisarda, secondo cui Marcello Dell'Utri gli è stato presentato dal boss
Cinà, della famiglia di Bontade.
Il magistrato risponde che si trattava "di famiglie appartenenti a Cosa Nostra,
i cui membri in gran parte si conoscevano tutti e quindi è presumibile che
questo Rapisarda riferisca una circostanza vera".

Sui rapporti tra mafia e grande industria, Borsellino spiega che, "al-
l'inizio degli anni '70, Cosa Nostra diventò un'impresa anch'essa, cominciò a
gestire una massa enorme di capitali, frutto del monopolio conquistato nel
traffico di stupefacenti. Una massa enorme di capitali, quindi, dei quali
cercò lo sbocco. (...) Così si spiega la vicinanza tra elementi di Cosa Nostra e
certi finanzieri che si occupano di certi movimenti di capitali. (...)
Naturalmente, [Cosa Nostra] cominciò a se- guire una via parallela e talvolta
tangenziale all'industria operante anche nel Nord o ad inserirsi in modo da
poter utilizzare le capacità, quelle capacità imprenditoriali, al fine di far
fruttificare quei capitali di cui si erano trovati in possesso".
L'intervistatore, a questo punto, scende nei particolari, chiedendo se dunque
è normale che la mafia si interessi a Berlusconi. Borsellino ri- sponde che "è
normale il fatto che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerca gli
strumenti per potere impiegare questo denaro. Sia dal punto di vista del
riciclaggio, sia per far fruttare questo denaro. Naturalmente, questa esigenza
per la quale l'organizzazione criminale ad un certo punto si è trovata di
fronte, è stata portata ad una naturale ricerca degli strumenti industriali e
commerciali per trovare uno sbocco a questi capitali. Quindi non meraviglia
affatto che Cosa Nostra, ad un certo punto della sua storia, si è trovata in
contatto con questi ambienti industriali".
Il giornalista chiede se uno come Mangano può essere l'elemento di connessione
tra questi due mondi. Borsellino ribadisce che Vittorio Mangano "da due decadi
già operava a Milano, era inserito in qualche modo in una attività commerciale.
E' chiaro che era una delle persone, vorrei dire delle poche persone di Cosa
Nostra, in grado di gestire questi rapporti" 1.

---1: l'Espresso 8.4.94: intervista cit.



piovre e biscioni
.................

L'ennesimo rapporto Criminalpol su Marcello Dell'Utri parla chiaro: "è
collegato al boss mafioso Mangano Vittorio e uomo di fiducia di Berlusconi
Silvio e di Rapisarda Alberto Filippo" 1.
Un altro collegamento tra mafia e Berlusconi è contenuto nel rapporto
Criminalpol che comprende l'intercettazione della telefonata tra Mangano e
Dell'Utri: si tratta di un'altra conversazione, in cui parlano i mafiosi
Giliberti ed Ingrassia:
"Berlusconi... è il massimo, no ? Difatti è la nostra prossima pedina.." 2. Il
rapporto porterà al famoso "blitz di San Valentino", del 14 febbraio 1983,
contro la 'mafia dei colletti bianchi': tra gli arrestati, gli industriali
Luigi Monti e Antonio Virgilio (proprietario dell'hotel Plaza), amici di
Vittorio Mangano, riciclatori di denaro proveniente dal traffico di droga,
dalle bische clandestine e dai sequestri di persona. Una delle condanne riguarda
Ugo Martello, che secondo Rapisarda era amico di Dell'Utri.
Gli industriali imputati risultano essere correntisti della Banca Rasini, in
cui lavorava Luigi Berlusconi, padre di Silvio. Proprio questo istituto, noto
per essere "la banca di fiducia della mafia finanziaria (o "mafia dei colletti
bianchi"), darà i finanziamenti necessari e sarà al fianco della Edilnord sas,
la prima società di Berlusconi 3.
La Banca Rasini risultò (dai procedimenti giudiziari) uno strumento di
riciclaggio del denaro sporco, usato sia da finanzieri come Monti e
Virgilio che da mafiosi come Giuseppe Bono. La banca ha organizzato con loro
una imponente serie di operazioni illecite, finite con il rinvio a giudizio di
Antonio Vecchione, direttore generale della Banca. In questa, che rimane
una delle più importanti inchieste sulla mafia a Milano, fa la sua comparsa
anche Vittorio Mangano, il mafioso amico di Dell'Utri e "stalliere" di
Berlusconi 4.

---1: Rapporto Criminalpol 28 marzo 1985, intitolato "Indagini su
esponenti del crimine organizzato facenti capo al gruppo mafioso
Cuntrera-Caruana ed a Rapisarda Filippo Alberto".
---2: Rapporto Criminalpol 13 aprile 1981.
---3: Giovanni Ruggeri - Mario Guarino, Berlusconi: inchiesta sul signor
tv, Kaos edizioni, 1994, pagg. 49 sgg.
---4: Archivio "Berlusconi, Cuccia & Co.", cit., pag. 2.



un fiume di denaro dalla svizzera
.................................

Non è solo la Banca Rasini, l'istituto di fiducia della mafia milanese, a
finanziare l'esordiente Berlusconi. Tantissimo denaro arriva dalla Svizzera,
senza che ancora si sappia come e perché.
Quel poco che si conosce, riguarda alcuni nomi delle società che vengono create,
cambiate, fuse, affidate a prestanome a ritmo vertiginoso, usando con abilità il
sistema delle scatole cinesi, in modo che non sia possibile risalire alla
proprietà effettiva. Tra queste società vi è la "Finazierungeselleshaft fur
Residenzen Ag" di Lugano, o la "Eti ag holding" o la "Cofigen sa". E'
inutile chiedersi chi ci sia dietro queste sigle. Tuttavia, su questa galassia
inesplorata (composta da capitali svizzeri e Srl lombarde), alcuni funzionari
dell'Antiriciclaggio di Milano ebbero occasione di affermare che
"all'improvviso queste società a responsabilità limitata si svegliano, e
deliberano aumenti sproporzionati di capitali, ad esempio da 20 milioni a due
miliardi. La cosa puzza. Se poi l'aumento viene sottoscritto con denaro
giacente nella Confederazione elvetica, c'è la quasi certezza che si tratta
di soldi della mafia, ricavati soprattutto dal traffico di droga" 1.

Dopo le prime esperienze poco fortunate, Berlusconi rimane nel campo
dell'edilizia col progetto di Milano Due. Il territorio del Comune di Segrate
che ospiterà il megaprogetto appartiene al conte Leonardo Bonzi, il quale tratta
la cessione delle sue terre con varie ditte, tra cui la Edilnord di Berlusconi.
Il conte deciderà di vendere a quest'ultima in seguito ad atti tipici della
sana concorrenza che Berlusconi sbandiera sempre: intimidazioni, minacce ed
atti vandalici 2.

---1: Ruggeri/Guarino, cit., p. 40.
---2: ibidem, p. 45.



il finanziatore massone
.......................

Seguire il vorticoso giro di sigle che forma la galassia di società che hanno
finanziato Berlusconi all'inizio della sua carriera è un'impresa dura, quasi
impossibile. Tuttavia due società meritano un interesse speciale: la prima è
la "Banca Svizzera Italiana", che fa capo a Tito Tettamanti. La seconda è la
"Fimo", fondata da Ercole Doninelli.
Tettamanti è un misterioso personaggio vicino all'Opus Dei, alla
massoneria ed agli ambienti dell'estrema destra. Proprietario del gruppo Saurer,
una delle più importanti lobbies svizzere, Tettamanti è al centro di relazioni
che coinvolgono ex-amministratori Fiat e Banco Ambrosiano, faccendieri come
Fiorini e personaggi come Giallombardo. Il suo socio Giangiorgio Spiess è uno
degli avvocati di Licio Gelli. Un altro, John Rossi, fu incaricato da Larini
e Fiorini di opporsi alla rogatoria sul Conto Protezione di
Gelli-Craxi-Martelli.
La Banca Svizzera Italiana (Bsi) è inoltre coinvolta nella maxi-tangente
Enimont. La sigla compare in altre inchieste giudiziarie: il traffico di rifiuti
tossici, il caso Kollbrunner (traffico di titoli rubati), il caso Techint.
Nel 1994, questo distinto signore ha voluto percorrere una strada
parallela a quella di Berlusconi, decidendo di salvare il Canton Ticino dai
comunisti cattivi. Il suo programma politico prevede la fine di ogni prestazione
dello Stato e la privatizzazione di tutto il privatizzabile.
La Bsi, preoccupata che la sua immagine potesse essere offuscata dalle
inchieste dei giudici, ha intrapreso una seria opera di public relations a
carattere culturale: il fiore all'occhiello è stato la pubblicazione del
volume "Terra d'asilo", in cui si magnifica il ruolo del Ticino nel dare
ospitalità agli imprenditori italiani durante la seconda guerra mondiale. In
Italia, il libro è stato presentato a Palazzo Giustiniani, sede della
massoneria: presente Giovanni Spadolini, che esaltato il ruolo degli
incappucciati nello sviluppo della finanza italiana 1.

---1: Avvenimenti, 9 febbraio '94, pp.12-13.



la finanziaria dei criminali
.............................

Un'altra delle società che hanno concesso generosi (e misteriosi) finan-
ziamenti all'esordiente Berlusconi è la Fi.Mo., una finanziaria svizzera
coinvolta nei casi più gravi di tangenti e riciclaggio. Tra i clienti della
Fimo, oltre all'uomo Fininvest Adriano Galliani, c'è PierFrancesco Pacini
Battaglia, che ha usato la finanziaria per smistare le tangenti Eni e
Montedison.
Da molto tempo, inoltre, la Fimo è il canale preferito dei grandi
narcotrafficanti per riciclare il denaro sporco. Per una di queste storie, è
finito in carcere Giuseppe Lottusi, commercialista milanese, condannato a
vent'anni dal Tribunale di Palermo. Lottusi aveva concordato con Giancarlo
Formichi Moglia, rappresentane dei trafficanti colombiani, una transazione di
600 kg di cocaina tra il Sud America ed il clan mafioso dei Madonia. Per
realizzare l'operazione, Lottusi si era messo in contatto con un funzionario
della Fimo, Enzo Coltamai. Il 16 giugno 1988 ed il 13 febbraio 1990 partono
circa 10 miliardi da Chiasso a Ginevra, che finiscono su un conto bancario.
L'inchiesta della magistratura crede che il denaro sia il frutto della
vendita della droga, grazie ad eloquenti intercettazioni telefoniche tra
Lottusi e Coltamai della Fimo.
Nel novembre del '93 l'inchiesta si conclude con la condanna di Lottusi, mentre
la Fimo si salva: i giudici credono alla sua "buona fede". Ma l'assoluzione non
frena lo scandalo: all'epoca della transazione fatta per i Madonia, il
presidente della Fimo è Gianfranco Cotti, parlamentare democristiano svizzero.
Cotti si dimette subito, ma la procura di Lugano gli toglie ogni
preoccupazione, assolvendolo il giorno prima dell'inizio delle indagini...
Il sostituto di Cotti è Elio Fiscalini, che può vantare discrete referenze:
coinvolto in una storia di tangenti pagate alla Socimi di Milano (di cui è
presidente !), socio in un'altra società coinvolta nella solita vicenda di
mazzette, coinvolto indirettamente nello scandalo Poggiolini e nel traffico di
titoli rubati noto come 'caso Kollbrunner', in cui compaiono anche i piduisti
Gelli ed Eugenio Carbone. Agli atti di questa inchiesta, ci sono due lettere del
'92, in cui Carbone scrive a Berlusconi dicendogli frasi come "ho parlato con
Gelli" e "forse Licio le avrà detto..." 1.

Proprio questa società, quindi, nei primi ani '70, fornì denaro in
abbondanza al Berlusconi imprenditore edile: per la precisione fu una società
del gr

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Piramide Massonica - tom rider & Illuminati sono solamente una barzelletta
by squalo Wednesday, Aug. 18, 2004 at 5:54 PM mail: fratelliditalia@massoneria.P2.com.it 

Piramide Massonica -...
piramide_massonica_-_tom_rider___illuminati_sono_solamente_una_barzelletta.gif, image/gif, 560x338

Il vero Tom Rider all' ammatriciana non è mica roba da scherzo sapevate, no?

Date una occhiata all' occhio della piramide ...
ha ha ha!

Altro che illuminati, i nostri politici, e quando dico i ostri POLITICI dico ed intendo TUTTI I NOSTRI POLITICI sono dei mafio$i che ci vendono giorno dopo giorno!
Ma voi, questo, mica lo sapevate. Vero?

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