Fassino e Letta concordano un summit governo-opposizione per stamattina: «Insieme contro il terrorismo». Casini: «Non si parli più di resistenza»
Unità nazionale contro il terrorismo. E' la richiesta del governo, partorita dal lungo vertice presieduto da Berlusconi ieri sera a palazzo Chigi. Il govero comunica infatti di aver già «promosso», per oggi, un incontro con l'opposizione. L'idea, suggerita da Fassino con una telefonata a Letta, è stata subito fatta propria dal premier. L'incontro è fissato per le 11 di oggi, a palazzo Chigi. L'ombra del caso Baldoni, con la sua disastrosa gestione da parte delle autorità italiane, incombe sul nuovo dramma iracheno, condiziona tutte le mosse del governo. Appena arriva la notizia del rapimento di Simona Pari e Simona Torretta tutti si rendono conto che urge evitare lo sciocco ottimismo che aveva caratterizzato il sequestro Baldoni. Il comunicato del governo prosegue quindi non solo con la liturgica conferma del «massimo impegno del governo», ma anche con la specificazione che, «grazie anche alla comunità di sant'Egidio», il governo ha ottenuto un appello ai rapitori del portavoce del consiglio degli Ulema di Baghdad e dei rappresentanti della comunità sciita.
La consegna è chara: il governo deve mostrarsi più che attivo, dare l'impressione di tentare tutto e persino qualcosa in più. Nessuno, tranne l'incorreggibile Cicchitto, si abbandona a irresponsabili esaltazioni della fermezza. Sbotta il presidente della camera Casini, palesemente emozionato: «Non mi si venga più a parlare di resistenza irachena». Ma sottolinea anche che le rapite «sacrificano la vita per la solidarietà al martoriato popolo iracheno».
Silvio Berlusconi, informato del nuovo sequestro nella camera d'ospedale di Umberto Bossi, stavolta annuncia l'immediato ritorno a Roma. Nella capitale i sottosegretari Letta e Bonaiuti hanno già convocato il comitato di crisi a palazzo Chigi. Fini interrompe il summit fiume con i vertici di An e corre a presiedere il vertice di persona, in attesa del ritorno del premier. L'ambasciatore in Iraq De Martino, con i bagagli già pronti per l'Italia, viene bloccato a Baghdad.
Si muove il Colle. Si prepara a farlo il Vaticano. Ciampi resta in comunicazione con Letta e con il ministro degli esteri Frattini per tutto il pomeriggio. Infine chiama direttamente i parenti di Simona Torretta. Oggi stesso Giovanni Paolo II indirizzerà un appello ai rapirtori per la liberazione delle due pacifiste.
La Farnesina diffonde un comunicato dopo l'altro. Ricorda di aver suggerito più volte ai civili, l'ultima lo scorso 27 agosto, di lasciare il paese. Frattini telefona personalmente ai ministri degli esteri del Kuwait, degli Emirati arabi e soprattutto dell'Iraq. Chiede al collega iracheno Zubairi di seguire personalmente il caso. Segnala la delicatezza della posizione italiana.
In serata Berlusconi arriva a palazzo Chigi per presiedere il vertice con Fini, Frattini, il ministro della Difesa Martino, quello degli Interni Pisanu, i capi dei servizi: Pollari, Del mese, Mori. Non è esclusa una prossima partenza di Frattini, per il golfo.
Sembra che l'Italia voglia imboccare la «via francese». Invece non è così. Prima ancora di lanciarsi nel tentativo di liberare le due italiane, il governo di Roma ha già escluso preventivamente un ricorso al metodo tentato, con esiti ancora incerti, da Parigi. Non ci saranno contatti con gruppi vicini al terrorismo iracheno, non si invocheranno i buoni uffici di Hamas. Perché l'Italia non è la Francia, e il tentativo sarebbe risibile. Ma anche perché sia gli Usa che Israele hanno segnalato per tempo la loro irritazione per lo «sgarbo» di Chirac.
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