Napoli Poggioreale: una lettera di denuncia
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Napoli Poggioreale: una lettera di denuncia Chi si porge alla vostra cortese attenzione sono i detenuti alloggiati nel reparto “Venezia” del carcere di Napoli Poggioreale. Con la presente intendiamo rivolgerci alle S.S. V.V., per far conoscere lo stato di disagio, di abbandono e le condizioni disumane con cui siamo costretti a vivere in questo istituto di pena, dove non siamo i soli a subire la precarietà organizzativa del distretto che oltretutto è carente di strutture idonee ad ospitare i detenuti. La cosa più grave ed inquietante è che in modo ingiustificato (secondo il nostro parere), molte regole penitenziarie e disposizioni ministeriali vengono sistematicamente violate. Non si comprendono le ragioni per le quali nel reparto “Venezia” composto da due sole sezioni nelle quali alloggiano circa una decina di detenuti (alcuni in via temporanea), pur esistendo quattro locali passeggio, non è consentito la permanenza all’aria aperta per più di due ore giornaliere ed è pure preclusa la possibilità di passeggio ad un numero di detenuti superiore a due. Non è consentito l’uso della doccia con acqua calda tutti i giorni, ma la doccia può effettuarsi solamente due volte alla settimana, in tal senso c’è da dire che nessuna legge vieta una corretta igiene quotidiana che, anzi, in luoghi come il carcere deve essere alla base delle più elementari norme civili. Non è consentito partecipare alla Santa Messa nella cappella dell’istituto o in altro luogo che possa identificarsi come tale, eppure nessuna legge vieta di esprimere il proprio “credo” religioso e anzi ci si batte pure per far rispettare quello di molte persone che hanno una cultura diversa dalla nostra (il comune senso civico ce lo impone). Non è consentito effettuare attività sportive, ricreative e culturali, anche come semplice motivo di “relazionalità sociale”. Il vitto somministrato ai detenuti non è conforme a quanto stabilito nelle tabelle ministeriali. Non è consentito al detenuto di esplicare alcuna attività lavorativa, ne scuola o corsi di addestramento professionale: il cosiddetto trattamento rieducativo è inesistente, seppur la Costituzione in primis e la Convenzione Europea dopo, hanno chiarito che la pena non deve essere fine a se stessa ma deve mirare al recupero sociale del detenuto, la quale condanna è la privazione della libertà ma non deve essere certamente la mancanza di dignità (art. 13 e 27 della Costituzione Italiana; art. 3 del titolo 1 della Convenzione per la salvaguardia e i diritti dell’uomo). Non è consentito all’interno della sezione il passaggio di oggetti, seppur di modico valore, tra i detenuti. Ci è vietato di accedere nei locali passeggio qualora indossiamo dei comunissimi pantaloncini, quindi nel periodo estivo e caldo siamo costretti a sopportare i pantaloni lunghi. Non è consentito ricevere con il pacco postale generi alimentari di consumo comune e che possono essere controllati senza essere manomessi. Non sono consentiti colloqui telefonici con i propri familiari in un giorno diverso dal venerdì e le stesse telefonate vengono effettuate in un corridoio della sezione, privo di qualsivoglia protezione, così non viene rispettata nella maniera più assoluta, quel margine di privacy che rimane al detenuto. La funzionalità degli apparecchi televisivi viene esclusa dalle ore 24 alle ore 9 del mattino seguente, ciò appare ingiustificato e vessatorio se si considera che i pulsanti per il funzionamento delle televisioni sono posti pure al di fuori delle celle, per cui il personale in servizio potrebbe spegnere in qualsiasi momento l’apparecchio televisivo, laddove il detenuto pregiudicasse la convivenza con gli altri detenuti per un uso sconsiderevole dello stesso. All’interno della cella non è possibile tenere gli oggetti per la cura e la pulizia personale (specchi, rasoi usa e getta, ecc.) salvo che nelle ore diurne, eppure la cura personale e la pulizia non contrastano con nessuna norma ne tanto meno minano la sicurezza carceraria. I locali passeggio sono dotati di un solo water, inadeguato e che non consente un minimo di riservatezza (bisogna urinare in presenza del proprio compagno di passeggio), inoltre detti locali sono sprovvisti di lavabo. Le camere dove alloggiamo sono vetuste e fatiscenti e i servizi igienici sono inadeguati e non hanno alcuna decenza. Siamo rinchiusi all’interno della cella di appartenenza per 22 ore al giorno, tra l’altro nelle celle non arriva una giusta luminosità e così si finisce con l’avere pure disturbi visivi. Viviamo in un ambiente dove non esiste alcuna possibilità di reinserimento e rieducazione (e purtroppo molti di noi siamo condannati alla pena massima del codice penale). E’ perfino vietato portare una bottiglia di acqua nella sala adibita ai colloqui con i familiari; ciò determina una mancanza di sensibilità pure nei confronti di chi viene a farci visita ricordando che spesso ci sono dei bambini e che questo sembra un vero accanimento pure nei loro riguardi: l’acqua è un bene primario ed è indispensabile una simile restrizione che nulla ha a che vedere con i problemi legati alla sicurezza? infatti sarebbe il detenuto a portare l’acqua nella sala ed essa sarebbe preventivamente ispezionata dagli operatori penitenziari. A questo punto vogliamo rivolgere una domanda a chi abbia la competenza per rispondere: “è così che si intende rieducare un cittadino che sia stato condannato al carcere?” e ancora “ tutto questo significa dare esempio di legalità?” Non pensiamo assolutamente che le vessazioni e le torture (fisiche e psicologiche) rientrino nel novero dei principi più elementari della nostra Costituzione. Noi abbiamo deciso di far conoscere, tramite la presente, la nostra condizione detentiva, auspicando nella sensibilità umana e nell’intervento delle autorità competenti, affinché le nostre parole non rimangano solo come uno sfogo ma diano l’input per portare “civiltà” e dignità a quelle persone che in un domani, vicino o lontano che sia, ritorneranno nella società dei liberi sperando di dire che il carcere li abbia cambiati, in meglio però!
I reclusi del reparto “Venezia” del carcere di Napoli Poggioreale
(A)ctivist
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