La procura vuole processare anche D'Erme e Casarini per i cosiddetti «espropri» al supermercato e alla Feltrinelli. Arresti negati dal gip, il pm fa ricorso. Verso il giudizio immediato. A Napoli otto indagati per estorsione ll'Ipercoop, tra cui Caruso.
Cinquantotto avvisi di garanzia per concorso plurimo in rapina aggravata sono il primo passo verso un maxi processo che potrebbe tenersi a breve, con il rito immediato. Così la procura di Roma ha risposto alla «spesa sociale» del 6 novembre, giornata di San Precario, all'ipermercato Panorama e alla libreria Feltrinelli. E intanto a Napoli, annuncia il disobbediente Francesco Caruso, altri otto tra cui lo stesso Caruso sono stati denunciati per estorsione aggravata per un episodio di pochi giorni prima (27 ottobre) all'Ipercoop di Afragola: «La direzione - ricorda Caruso - ci consegnò duecento chili di pasta che abbiamo distribuito all'esterno del centro commerciale e alle famiglie più bisognose. E questa sarebbe estorsione?». Tra i 58 indagati a Roma Luca Casarini e il consigliere comunale disobbediente Nunzio D'Erme. L'iscrizione nelle registro degli indagati a Napoli è datata 9 novembre, nel pieno del can can politico-mediatico sul «ritorno degli espropri proletari» a Roma. Dove è contestata la rapina aggravata, che in teoria può voler dire vent'anni: il pm Salvatore Vitello aveva chiesto gli arresti domiciliari per tredici indagati e l'obbligo di firma in commissariato per altri, ma la richiesta è stata respinta dal gip Guglielmo Muntoni, a quanto pare perché il giudice non ha rilevato le esigenze cautelare costruite attorno al pericolo di reiterazione dei reati. Il pm, però, ha fatto ricorso al tribunale del riesame: la decisione in un mese. La polizia è delegata agli interrogatori dei 58, condizione per la richiesta di giudizio immediato, previsto dal codice «quando la prova appare evidente». Se sarà ammesso si andrà subito al dibattimento.
A Roma, la mattina del 6 novembre, centinaia di attivisti hanno preso parte a un'iniziativa di autoriduzione nel centro commerciale sulla via Tiburtina, aprendo una trattativa con la direzione per ottenere lo sconto del 70 per cento. Poi alcuni di loro sono usciti senza pagare con una decina di carrelli: generi alimentari, vestiario ma anche personal computer (due subito recuperati) e forse qualche videocamera. Così la trattativa è saltata in una gran confusione di carrelli che uscivano e rientravano. Più tardi, al passaggio in largo Torre Argentina del corteo di oltre diecimila precari, un gruppetto è entrato da Feltrinelli per diffondere gratuitamente un dvd «pirata» in segno di protesta contro la proprietà intellettuale, mentre decine di persone, alcune a volto coperto, hanno arraffato un gran numero di libri e di dvd. Panorama ha denunciato 30 mila euro di ammanchi, Feltrinelli 18 mila. Cifre così elevate da sollevare qualche perplessità perfino nella polizia. La Digos, arrivata a Panorama e alla Feltrinelli subito dopo i manifestanti, non è intervenuta per evitare guai peggiori all'ordine pubblico. E il ministro Giuseppe Pisanu, sollecitato da Alleanza Nazionale, pochi giorni dopo in senato giustificò l'operato dei poliziotti spiegando però di aver dato «disposizioni perché in futuro si proceda, in casi simili, ad arresti in flagranza».
Lo stesso 6 novembre c'era già un primo elenco di 68 attivisti presenti a Panorama. Più avanti, analizzando i filmati della scientifica e da una giornalista Rai chiamata ovviamente dagli stessi presunti rapinatori, più quelli delle telecamere a circuito chiuso all'interno e all'esterno di Feltrinelli, la Digos ha potuto indicare, per una trentina di romani, le specifiche condotte attribuite a ciascuno: c'è chi ha bevuto champagne, chi è uscito con il prosciutto nel carrello e chi semplicemente ha usato il megafono per comunicare con la clientela, con i lavoratori e con gli stessi attivisti. Gli altri sono stati identificati dalle Digos di varie città, mancano altri accertamenti. C'è poi un romano riconosciuto da un cassiere di Panorama che denunciò di aver preso un pugno: risponderà anche di lesioni personali. E un veneziano che avrebbe lasciato un'impronta su una vetrina. Quasi tutti romani, comunque, salvo un gruppo di torinesi e una decina tra veneti e milanesi. Nel mucchio ci sono perfino quelli che riportarono indietro i carrelli.
I cosiddetti «espropri» hanno allarmato il Viminale e i servizi segreti, già impegnati nell'osservazione di questi e di altri fermenti di conflittualità sociale bollati come «tentativi d'infiltrazione eversiva». Si è espresso così anche il procuratore generale presso la cassazione, Francesco Favara, all'inaugurazione dell'anno giudiziario. E se a Napoli l'offensiva giudiziaria è scattata dopo Roma, anche a Milano è successo lo stesso. Dopo il 6 novembre si è avuta notizia di ventuno denunce a piede libero per un'azione condotta il 30 ottobre in un centro Esselunga. La Digos milanese, per un episodio svoltosi nella più assoluta serenità, con i clienti e i lavoratori che compilavano i questionari sul precariato (come documentato dagli attivisti anche in un video trasmesso dal tg3 regionale), ipotizza violenza privata, furto, appropriazione indebita, danneggiamenti, minaccia aggravata e manifestazione non autorizzata. Ancora a Milano, nella città che ha visto nascere il movimento dei precari, la May day del primo maggio e l'autorganizzazione dei chainworkers, i lavoratori delle catene commerciali, subito dopo la giornata romana è arrivato l'avviso di conclusione delle indagini per una azione del marzo 2001 quando i chainworkers lanciarono la prima May Day.
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