Domenica 6 febbraio 2005
MANIFESTAZIONE AL CARCERE DI BIELLA
Concentramento Piazza Vittorio Veneto
alle ore 14,00
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CONTRO LA SOCIETA’ CARCERARIA
Quello che e’ successo nel carcere di Biella, la razzia dei libri – lettere – foto- francobolli –indirizzi – atti processuali – coperte –pentole...insomma la spoliazione delle celle, non e’ che l’ultimo atto di repressione nei confronti di compagni che, da più di vent’anni, si trovano nelle carceri speciali. Non viene dato nemmeno un elenco delle cose sequestrate, non si usa più. Un detenuto si rifiuta di spogliarsi nudo durante la perquisizione: quattro giorni di isolamento. Il prigioniero comunista Giorgio Colla, viene tenuto una settimana in isolamento nelle celle, senza che gli sia stata ancora notificata una motivazione e questa situazione si sta ripetendo ancora. Alcuni detenuti per protesta iniziano uno sciopero della fame. Il prigioniero comunista Stefano Minguzzi deve scontare un periodo di isolamento dato in sentenza, decidono di farglielo scontare ora, la cosa non è certo casuale. Gli orari per gli avvocati vengono ridotti, più che in qualsiasi altro carcere. Ci sono problemi anche per la gestione del lavoro interno svolto dai detenuti nella sezione speciale. Questo il clima che si è venuto a creare nel carcere di Biella. Non pensiamo che sia semplicemente responsabilità di un comandante delle guardie o di una direttrice (i cani da guardia hanno sempre un padrone) piuttosto riflette un nuovo modo di gestire le carceri che, temiamo, se passa a Biella verrà esteso ovunque. Sappiamo che quello che sta accadendo a Biella non è l’eccezione, un atteggiamento simile rispetto alla limitazione di libri e materiale d’informazione si sta verificando anche nel carcere di Sulmona dove si trovano rinchiusi alcuni compagni dopo il loro trasferimento dal carcere di Trani. Un'altra situazione che merita la nostra attenzione riguarda le compagne comuniste prigioniere a Latina dove oltre ad essere tenute isolate e separate dal resto delle detenute gli viene ora imposto anche l’isolamento diurno. Diverse perquisizioni vengono eseguite nelle celle di compagni incarcerati nell’ultimo periodo come quelle subite dai compagni Willy Frediani a Spoleto e Alessio Perondi a Torino. Certo, ci rendiamo conto che la situazione nelle carceri italiane, se confrontata con quello che succede a Guantanamo o Abu Ghraib può sembrare poca cosa – ma non lo e’!!! Il carcere riflette,estremizzandola, quella che e’ la situazione generale. Così come l’immagine del prigioniero irakeno tenuto al guinzaglio è il simbolo del rapporto che gli occupanti occidentali hanno con il popolo irakeno, torturato, violentato, umiliato e ucciso, così negare la possibilità di leggere e studiare, considerare superflua “la cultura”, ridurre i prigionieri a semplici polli da allevamento, riflette l’atteggiamento verso la necessità di informarsi, di riflettere, di pensare, da parte di una classe politica a dir poco demenziale. Inutile dire che quanto succede non ha alcuna motivazione di sicurezza, la sicurezza nelle carceri speciali è - purtroppo - ampiamente garantita. Riflette piuttosto la volontà di instaurare un rapporto di subordinazione totale. Costringere i compagni a dover chiedere,motivandolo, al direttore se possono leggere e cosa, automaticamente instaura un sistema arbitrario e premiale che i compagni rifiutano da sempre. Con l’introduzione della legge Gozzini, tanto celebrata anche a “sinistra” come mezzo di reinserimento sociale, i detenuti vengono isolati l’uno dall’altro, lasciati soli in balia del giudizio insindacabile di un magistrato che decide se si ha il diritto o meno a un permesso, a un lavoro esterno, se si è “recuperabili” oppure no. Questo mira ad impedire ogni possibilità di lotta comune, spinge il singolo ad affidare il proprio destino all’autorità e allora non rimane che aspettarne il responso...un responso spesso negativo – in realtà ad usufruire della legge sono in pochissimi, a cui viene dato grande rilievo per giustificare nuovi giri di vite in nome della “sicurezza” – nei fatti l’efficacia della legge è stata annullata dal decreto Cirielli-Vitali conosciuto come “salva-Previti”.Ora si vuole imporre questa logica anche nella vita quotidiana del carcere. Rifiutare la logica premiale – questo miraggio - creare solidarietà tra dentro e fuori, è l’unico modo per far fronte alla condizione comune di tutti i detenuti e alla repressione che colpisce sempre di più i compagni e gli immigrati arabi tacciandoli di “terrorismo”.Ogni atto, anche semplicemente dimostrativo, viene definito terroristico. L’applicazione dell’art.270 bis, non si risparmia a nessuno. Sempre più spesso, anarchici, comunisti, islamici, vengono detenuti nelle carceri speciali, senza alcuna parvenza di prova, addirittura quando le prove (DNA ecc…) li scagionano. Per chi sta fuori, anche in assenza di indagini, è stato rispolverato l’art.1 ripreso dal codice fascista Rocco (un primo caso a Milano) che prevede l’applicabilità di una serie di misure restrittive in presenza di una presunta “pericolosità sociale”. La “pericolosità sociale” sono i lavoratori che difendono il loro posto di lavoro, gli immigrati che si ribellano ai lager-di accoglienza, chi occupa la casa che non ha...tutti potenziali terroristi!! L’uso della repressione come mezzo di controllo sociale è pressoché lo stesso in tutta Europa, per non parlare degli Usa. Il dualismo “democrazia-terrorismo” è ormai un dogma. Qualcuno sospetta che la nostra “società democratica” contenga sempre più elementi di fascismo. In realtà chi parla di “società democratica”, di “diritti democratici” sembra parlare di una mitica età dell’oro che non è mai esistita davvero. Se in alcuni periodi storici abbiamo avuto dei diritti è perché li abbiamo strappati con la lotta, e –diciamolo-spesso con la violenza (parola tabù), creando dei rapporti di forza favorevoli e non in virtù della democrazia borghese. Certo, ci sono stati sinceri democratici -ormai estinti- un Gobetti, i fratelli Rosselli... ma è la “democrazia reale” che ci ha regalato le guerre coloniali, le stragi di stato...... fino alle guerre della Jugoslavia - Somalia - Afganistan - Irak... potremmo continuare all’infinito. Quello che cambia a seconda dei periodi storici è lo stile, come un prisma che gira su se stesso ma che riflette sempre la stessa merda. Oggi non è necessaria l’adesione a una ideologia fascista, basta l’assenza di ogni ideologia e un tacito consenso, non è necessario indossare una camicia nera, possiamo farci tatuare una farfalla in fronte o sulle chiappe, se ci pare, ci è consentita la libertà del superfluo. Possiamo esprimere opinioni, dire a milioni che la guerra non la vogliamo ma dopo aver “democraticamente” espresso il nostro parere, rimanere in silenzio, rassegnati o distratti, di fronte ai bambini mutilati e uccisi, alle città bombardate, alle torture... Quando i “terroristi” hanno tagliato le teste degli occidentali, ci siamo chiesti se questo non fosse il risultato della nostra indifferenza, devono aver pensato che se tanto dolore non bastava a scuoterci lo potesse almeno l’orrore di uno di noi con il coltello puntato alla gola...siamo noi a creare la barbarie da cui ci allontaniamo inorriditi! Noi, popoli civili, che uccidiamo sulla sedia elettrica minorenni, handicappati, malati mentali, un sistema pratico, con l’unico inconveniente di un fastidioso odore di pollo fritto... E chi non sta al gioco lo chiamano terrorista, un tempo ci chiamavano banditi, prima ancora malfattori... devono criminalizzare chi si oppone ai loro crimini, isolare chi sta dall’altra parte, dalla parte dei popoli che si ribellano all’occupazione imperialista. Oggi i rapporti di forza ci sono sfavorevoli, opporsi è rischioso eppure crediamo che opporsi oggi sia più che mai necessario. E non abbiamo scuse, qualcuno un giorno di fronte alle guerre, ai genocidi del nostro tempo, ai milioni - milioni !- di malati di Aids lasciati senza cure, semplicemente perchè troppo poveri, dirà come potevano non sapere? in fondo bastava cliccare. Qualcun’altro molto saggio ci spiega con acute analisi scientifiche (il ruolo del Fondo Monetario Internazionale, la crescita della Cina, il riarmo della Russia, il posizionamento degli Usa in medio oriente....) che non ci sono a portata di mano facili vittorie, allora perché lottare? Forse semplicemente per noi stessi, per la nostra dignità di uomini e donne convinti che, al centro della società umana, ci debba essere l’uomo e i suoi bisogni: cos’altro?
LIBERI TUTTEI !!!
Amici e familiari dei prigionieri rivoluzionari Info:unlibroinpiu@libero.it Gennaio 2005
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