Uomo senza macchia, alla Diaz arriva "con alcuni minuti di ritardo" e in Corso Italia si astiene dal caricare. Le cariche in Corso Italia, peró, sono avvenute, e di questo lui, sentito come teste al processo ai 25, non fa parola. Considerazioni sulla performance di un poliziotto ben esperto e piú che mai accorto.
servizio_sanitario_gsf_ge_2001_xm.jpg, image/jpeg, 540x358
Aveva fatto una figuraccia, il Dottor Gaggiano. Di certo, era stato troppo.
Negli ultimi tempi gli scivoloni dei membri delle FFOO di ogni genere e grado, da mesi ormai sentiti, di settimana in settimana, come testimoni dell’accusa nell’aula bunker che ospita il processo che vede sotto accusa 25 persone che nel luglio 2001 si erano recate a Genova per protestare contro i grandi della terra, convenuti per il G8, avevano iniziato addirittura ad accavallarsi. Un ordine via radio, contenente le parole: “devi massacrare”, manganelli chiaramente non regolamentari, montagne di contraddizioni, di “non ricordo” e di affermazioni pericolosamente rasentanti la falsa testimonianza o addiruttura decisamente odorosi dell’istessa. A leggere le dichiarazioni dell’ udienza N° 36 pare proprio che durante le ultime sedute il mal di pancia non fosse venuto solo a Donna Canepa, l´infinitamente caparbia P.M. proverbialmente nota per la sua ansia di dimostrare che i soggetti da lei accusati con il conforto del collega Canciani sono criminali facinorosi della peggior specie, abbietti saccheggiatori e devastatori convenuti a Genova dolosamente organizzati.
Ripensando ai recenti trascorsi in sede processuale, la lettura dell´audizione del Questore Calesini fa effetto. Diversamente dal solito, parla un uomo ben preparato, misurato nelle parole ma anche molto determinato. Retore sottile e accorto, Calesini pare aver regalato a Donna Canepa un minimo riscatto della rovinosa prestazione testimoniale del Dottor Gaggiano, che all’epoca dei fatti fu responsabile di piazza in alcuni dei momenti piú forti. Un’attenta lettura dell’audizione rivela particolari che lasciano abbondante spazio all’ ipotesi che l´investigatore abbia seguito accuratamente gli sviluppi processuali e ben studiato l´approccio testimoniale. Durante la deposizione, il Dottor Calesini bada acutissimo alla misura, ma si dimostra decisamente insistente e tenace nell´affermare piú di una cosa che il Dottor Gaggiano e altri con una serie di clamorosi autogol testimoniali erano riusciti a piú riprese a rendere incerta o addirittura piú che dubbia, esagerando, tergiversando e annaspando in contraddizioni a piú non posso: con perfetto rigore strategico, Calesini bada bene a non sbilanciarsi troppo: non fugge, non morde, non azzarda. Si dá preciso, equo, diritto e affidabile, in particolare riguardo alla giornata del 20 Luglio, che costó la vita a un giovane manifestante ventitreenne. Il Tribunale ha favanti a sé un mediatore esperto: è lui, per esempio, che viene ricordato in questa funzione in Via Battisti, dopo i fatti della Diaz.
Il racconto del Questore sciorina in tono pacato, ma pur deciso e insistente, una competenza tecnica, una moderazione e un’ assennatezza sottilmente ostentate. Calesini parla come se volesse riscattare l´intero corpo di appartenenza. In relazione al corteo dei cub, uno dei tanti del giorno venti, durante l´udienza arriva a dichiarare: “quello che e' accaduto e' comunque accaduto fuori dal corteo” […] “abbiamo preso contatto con gli organizzatori i quali ci hanno assicurato che avrebbero tenuto loro sotto controllo questo gruppo. Un intervento da parte mia avrebbe creato uno scompiglio per andare a prendere questo gruppo senza la collaborazione degli organizzatori.” […] Parola di tecnico della Polizia del dialogo, che di lí a poco continua, mantenendosi appunto rigorosamente tecnico, constatando: “questo gruppo che e' stato evidentemente espulso dal corteo, ha fatto dei danneggiamenti... appena avvisati siamo scesi a piedi in via buranello e nelle vie intorno ma non siamo mai riusciti a entrare in contatto e ci siamo limitati a prendere atto di quello che succedeva”. La “collaborazione” con gli organizzarori è un piatto forte della gestione contemporanea dell’ordine pubblico, ma questo lo sanno solo gli addetti ai lavori e pochi altri.
Nessun accenno a devastazioni, Calesini si attiene al concetto di danneggiamento. Eppure il messaggio è forte. Poco prima dei passaggi appena citati, descrive il corteo in Corso Podestá come ancor piú pacifico e le FFOO anche in quella sede come gente proprio a modo: “L'allarme non era giustificato in quanto il gruppo in Corso Podesta' non aveva alcuna intenzione di fare alcunche', ragion per cui dopo una mezz'ora dopo che abbiamo parlamentato e concordato il modo in cui dovevano defilare, ci siamo spostati e il corteo e' transitato” Giá. I buoni e i cattivi. Allarmi giustificati e non. Magia del contrasto. Fine, discreta, ma efficace. Il pacifico appare ancor piú pacifico, il violento ancor piú violento e l’ operato poliziesco come un modello di gestione dell´ordine pubblico equo e valoroso quanto mai. Calesini evoca immagini che ne rafforzano ben altre e ne escludono altre ancora.
Primo di una serie di quadretti genovesi dipinti in aula dal questore di Pavia, allora questore vicario in quel di Genova è dunque la presenza di un corteo innocente e puro, che sbatte fuori da sé i facinorosi di qua, di pacifici senza intenzioni alcune di lá… e di una polizia cauta e dialogante a dispetto di ogni tensione un po’ ovunque. All´ombra, peró, di varie dichiarazioni su mucchi itineranti di selvaggi violenti scatenati nei punti passati alla storia come i luoghi della devastazione, intenti a ferire, ad attaccare e a distruggere, che affiancano a vario titolo l’ ombra piú prettamente specifica dell´insinuazione precedente le dichiarazioni citate, raccolta nelle parole: […] “notizia che il giorno successivo dei gruppi violenti che avevano intenzione di radunarsi in piazza paolo da novi potevano infiltrarsi nel corteo delle tute bianche e noi volevamo impedirlo”. 30 parole che fanno, come accennato, in modo discreto, ma impossibile da misconoscere, il punto. Il punto, esattamente in contrappeso al quadro delineatosi durante le precedenti sedute, coronate dagli exploit del dottor Gaggiano, che i personaggi usciti a sua detta dal corteo delle tute bianche, descritti come autori dell´incendio di alcune automobili, tentata riprova del piú volte insinuato carattere violento di detto corteo, di fronte all´incalzare della difesa degli imputati, se li era pur dovuti rimangiare. Il riscatto dell´affidabilitá perduta è in opera. Magia della perizia congiunta a un sapiente tocco retorico, di un poliziotto per una volta veramente colto e veramente dottore: di scienze dell´amminstrazione, prima fra tutte qui, dell´ordine pubblico.
La giustificazione dell’operato poliziesco e l’ affermazione della presenza di facinorosi con precisi disegni violenti all´interno del corteo delle tute bianche e con ció il riscatto di due punti tendenzialmente andati a favore della controparte al teste Calesini riesce decisamente bene. Donna Canepa un regalo piú bello non poteva aspettarlo, dopo i rovinosi risultati delle precedenti sedute, anche se, purtroppo, il dono non era un gran che rivolto espressamente a lei. Un regalo comunque lo è stato, elegante, da uomo di chiara intelligenza, teso a riequilibrare la bilancia dopo lo spostamento a svantaggio della propria fazione, ma senza concessione alcuna agli isterismi inquisitori Canepiani, di questo bisogna dare atto. Calesini in primis riabilita la sua categoria, basta leggere attentamente la sua testimonianza. Parla e parlando dipinge, come ogni buon retore. Dipinge una polizia dialogante con i pacifici e persino con manifestanti fin proprio rossi, ma alfine di buona volontá, in quanto disposti, bene o male, a opporsi ipso facto alla contaminazione facinorosa, fino a usare, qualora necessario causa infiltrazioni di violenti, delle maniere financo un tantino forti. Parla e dipinge ancora, fino ad intessere nella tela il pezzo forte, che introduce intercalando gli scenari suesposti con ripetuti accenni a una polizia pericolosamente esposta a svariati e continui attacchi e al mucchio selvaggio infiltrato in “certi” cortei e/o in azione in “certe” piazze.
È difficile sottrarsi al senso di affidabilitá, serietá e correttezza che ispira la deposizione di Calesini a chi non conosce a menadito i fatti di Genova e i loro strascichi e anche in genere, se si pensa ai cosí spesso penosi e non di rado troppo esplicitamente dubbi contributi testimoniali di tanti colleghi, eppure farlo vale la pena, per non sottovalutare la sua performance e la valenza della stessa, sicuramente “bilanciatrice”, quanto meno agli occhi di un giudice, del pessimo quadro delle FFOO che aveva iniziato a prendere forma durante le udienze precedenti, anche se gli strafalcioni del Dottor Gaggiano e altre veritá che hanno fatto capolino nella sostanza rimangono incancellabili. L´evidenza di ció si ha fra l’ altro con l´esame delle esposizioni del questore relative ai fatti del giorno 21 in Corso Italia. Vale la pena a tale scopo confrontare alcune dichiarazioni del teste e il quadro da lui prodotto con alcuni documenti descrittivi degli stessi fatti che di quadro ne producono uno ben diverso. Ma un simile lavoro di confronto é possibile anche in relazione all´episodio Terralba il giorno 20. Qui di seguito sono affiancate le dichiarazioni di Calesini in Tribunale riguardanti i fatti del 21 Luglio concernenti un’ ambulanza del servizio sanitario.
Bisogna concedere al Questore che parlando di Corso Italia constata, in tribunale, l’alta pericolositá di cariche nel contesto di Corso Italia: “intervenire in quel momento significava una cosa sola, cioe' caricare, io chiamai la centrale per rappresentare la situazione perche' volevo essere certo che la COT avesse ben presente che un intervento fatto su un fianco di un corteo con un gruppo di persone che proteggeva i violenti ma che aveva un altro ruolo avrebbe generato una situazione molto difficile. Anche perche' se fossi intervenuto dal lato, tutto il corteo che stava dietro si sarebbe ammassato e si sarebbero potuti avere anche dei danni alle persone perche' le vie di fuga sono limitate.” Casalini sottolinea di essersi ritirato. Uomo senza macchia, alla Diaz arriva "con alcuni minuti di ritardo" e in Corso Italia si astiene dal caricare. Le cariche in Corso Italia, peró, sono avvenute, e di questo lui non fa parola. Le cariche, le violentissime cariche durate per ore non vengono descritte neppure alla lontana. Ma l’ ennesimo accenno a violenti e presunti complici di violenti è insistente: Casalini parla di un gruppo che avrebbe protetto personaggi da lui classificati come violenti e in pratica insiste unicamente su questo, suggerendo addirittura che fra i complici dei cosiddetti violenti si trovassero dei parlamentari o giú di lí, come si puó leggere nelle dichiarazioni riportate qui in basso.
Tali dichiarazioni e soprattutto il silenzio sulle cariche vanno confrontate attentamente con quanto riferito da altre persone a suo tempo presenti sul luogo. Interessante in questo contesto il capo del nucleo speciale antisommossa Canterini, che descrive le trattative menzionate dal provetto mediatore Calesini senza il minimo accenno ad atteggiamenti complici con i famosi personaggi violenti, ma anche la manifestante di Milano, che vede al contrario cordoni decisamente impegnati a isolare persone con atteggiamenti “provocatori” e non complici.
Tanto per paragonare - Genova, 21 Luglio 2001 - Il furgone di Corso Italia visto dalla piazza e dalle FFOO |
Calesini |
Testimonianze dalla piazza e di colleghi |
[...] mi fu ordinato di portarmi in via piave per
disporre il reparto in modo da intervenire allorquando fosse passato un furgone
che secondo la centrale distribuiva mazze e spranghe.
A: dove poi vi siete posizionati?
R: noi ci siamo posizionati subito in alto su via piave. a un certo punto la cot
mi segnalo' che il furgone sarebbe transitato di li' a poco, per cui spostai il
reparto quasi all'angolo con corso italia. Quando il furgone e' transitato, io
mi misi la fascia tricolore e entrai nel corteo per intervenire su questo
furgone. Con me venne il dr canterini. il reparto lo abbiamo schierato ma lo
abbiamo tenuto fuori dal corteo.
A: che ora era ?
R: tutto questo avviene dalle 15.30 alle 16.15-16.30. Dal momento in cui io
faccio il primo intervento al momento in cui mi accorgo dopo essermi ritirato...
che ho visto che c'era un altro reparto che era intervenuto da corso italia che
io non riuscivo a spiegarmi il perche'... la mia percezione e' stata di tre
quarti d'ora o un'ora.
A: l'avevo interrotta. lei stava raccontando ... partiamo dal suo reparto
R: io l'ho schierato in fondo a via piave su corso italia, sono andato con
canterini per avvicinare quelli che apparivano i responsabili di questo gruppo
che partecipava al corteo. Mentre facevamo questa operazione e' successa una
cosa che mi ha stupito e che non mi aspettavo. Un gruppo piuttosto numeroso con
bandiere di rif com, si sono frapposti tra noi e questo furgone, mentre sono
comparsi alle spalle di questo gruppo una cinquantina di persone travisate e
armate di spranghe. A questo punto ho iniziato a parlamentare con quelli che mi
sembravano essere i responsabili e due di loro mi dissero il loro nome ma non so
se era vero o inventato... cmq erano certametne i responsabili...
A: ricorda questi nomi
[ la voce le trema talmente gode ]
R: un nome era speranza e l'altro nome era simeone o simenoi... io non ero piu'
in grado di fare un intervento... e uno di loro mi disse anche esplicitamente
"se c'era qualcosa tanto ormai lo abbiamo fatto sparire", ma raggiungemmo
l'accordo che mi avrebbero fatto vedere cosa c'era dentro il furgone. Il furgone
aveva una croce rossa e il furgone era vuoto e c'era una ragazza distesa dentro.
Quindi mi ritirai, nel frattempo poiche' la COT mi aveva dato ordione di
intervenire... intervenire in quel momento significava una cosa sola, cioe'
caricare, io chiamai la centrale per rappresentare la situazione perche' volevo
essere certo che la COT avesse ben presente che un intervento fatto su un fianco
di un corteo con un gruppo di persone che proteggeva i violenti ma che aveva un
altro ruolo avrebbe generato una situazione molto difficile. Anche perche' se
fossi intervenuto dal lato , tutto il corteo che stava dietro si sarebbe
ammassato e si sarebbero potuti avere anche dei danni alle persone perche' le
vie di fuga sono limitate.
La COT in un primo momento mi ribadi' l'ordine di intervenire, ma alla fine in
un attimo evidentemente l'operatore mi ha dato una disposizione che aveva
ricevuto, ma un funzionario in sala radio che ha capito mi ha dato l'ordine di
ritirarmi
A: e quindi?
R: mi sono ritirato. l'ho saputo molto tempo dopo che c'era stato un lancio,
mentre io stavo parlamentando, un lancio di bottiglie contro il reparto. Io comunque
non l'ho visto perche' la mia posizione e anche la mia situazione psicologica
non me l'ha fatto percepire. il reparto aveva l'ordine di stare fermo e fermo
e' riamsto. Dopo l'ordine della COT ho ritirato tutto il reparto in cima avia
piave. non so quanto siamo rimasti li'. Fino a che a un certo punto ho visto che
il corteo anziche' proseguire, la gente deviava e veniva su in via piave. Li' ho
avuto qualche problema perche' non sapevo il motivo e non sapevo come
comportarmi. Il fatto che questa gente che veniva contro di noi non manifestava
nessuna intenzione ostile. Ho deciso di spostare il reparto sul centro della
strada e dopo un po' 10-15 minuti di gente che saliva e che ci sfilava accanto,
ho visto in fondo alla strada una marea di caschi blu e ho comunicato alla COT
che c'era un altro reparto. La centrale mi ha detto di spostarmi e mi ha
chiamato per dirmi di mettermi alla testa del nuovo corteo che stava transitando
in via piave. Dissi che non ero piu' li' e allora mi mandarono in via rimassa
per fare la testa al corteo. Mi portai in via rimassa ma in via rimassa non
c'era nessun corteo. La cosa e' finita sostanzialmente cosi', perche' mi portai
davanti alla sede della polizia stradale e li' abbiamo fatto protezione alla
caserma perche' tutto intorno da via trento c'erano gruppi che tentavano di
scendere non so se per attaccare la caserma o altro, ma cmq quando ci vedevano
tornavano indietro. Poi verso le 18 la digos ci chiese di dare supporto per dei
fermi fatti, fino a che le auto che dovevano fare la navetta per il trasporto
fermati non fossero venuti a prenderli.
A: lei ha parlato di speranza e simeoni. Lei ha mai saputo chi rappresentavano?
R: in quel momento lui mi disse di essere un deputato, un membro della
segreteria, qualcosa di rifondazione comunista. Questo fatto mi consenti' di
iniziare piu' facilmente il dialogo. Non so dire se e' vero che fosse di rif
com. ma certo e' che in quel gruppo che si frappose e che ci impedi' di prendere
i violenti c'erano bandiere di rif ocm.
A: cosa c'era dentro il furgone?
R: era quasi vuoto. c'erano due cassettine di pronto soccorso e una ragazza
distesa sul pianale nudo del furgone.
A: le facciamo sentire delle conversazioni radio. La prima e' il 21 luglio alle
9.24.43
[....[]
A: 15.40.39
[ QG2 "sta facendo muro contro di loro, cosa faccio ?" COT "intervieni, QG2"
COT "QG2?" ... QG2 "avanti, dite" COT "revocata la disposizione. NON
intervenite" QG2 "ricevuto" ]
R: si qui avevo avuto in precedenza un altra comunicazione telefonica, che qui
non ho sentito, dove mi diceva di portarmi in via piave. mi preavvisava del
passaggio di questo furgone. quando faccio questa comunicazione si sente che ho
detto una cosa sbagliata... ho detto sta facendo muro a loro favore perche'
volevo che capissero che avevo rif com tra me e le persone... infatti
l'operatore mi dice di intervenire e poi dopo qualche secondo mi da il
contrordine.
A: 15.48.04
[N.d.r.: nella trascrizione manca il testo relativo a detta comunicazione radio ]
|
...dirigenti di piazza folli...
· In un clima pesantissimo iniziano ad arrivare da tutta Italia i manifestanti. · Il corteo costituito da centinaia di migliaia di persone è stato spezzato con una carica a freddo su P.le Kennedy i lacrimogeni indirizzati contro la testa del corteo di Corso Italia sono stati poi indirizzati al suo interno. · Malgrado i miti sul Black Bloc... ogni manifestante dei Centri Sociali o simile è identificato come un mitologico BB. Solo l'essere in mezzo ai cortei ha fatto provare con mano cosa è successo ... caricare i cortei di 100.000 persone perchè in mezzo c'era il furgone sanitario.Abbiamo trovato dei dirigenti di piazza folli che hanno sparato lacrimogeni contro tutti... ACLI, ATTAC, Rifondazione...tutti. · Vengono effettuati rastrellamenti su Corso Italia cariche anche nei confronti dei medici del GSF, un'autoambulanza è stata colpita da un lacrimogeno mentre al suo interno vi erano feriti (una donna con suo figlio che hanno riportato una intossicazione - come quasi tutti noi).
Quei pulmini che giravano
Due cose.
Il primo era un'omaggio a quei due medici e a quell'infermiere a cui e' stata spaccata la testa mentre stavano curando una persona [...]
Il secondo e' importante perche' riguarda uno di questi pulmini che giravano [...] bene noi avevamo pagato e affittato un'ambulanza, di quelle vere, avevamo un pulmino gentilmente messo a disposizione dalla Lila, un'unita' di strada, e avevamo un piccolo furgone con delle croci rosse enormi, in modo che nessuno avesse dubbi sulla funzione
bene, questi tre mezzi giravano, facevano una sorta di secondo livello, raccoglievano i feriti, ed eventualmente li portavano, li curavano meglio in una situazione piu' tranquilla ed eventualmente li portavano in altri posti
ecco il furgone, nonostante che per scelta nostra, ci siamo piu' volte presentati alla polizia, nonostante che siamo stati fermati, nell'ultima giornata, ieri, ripetutamente dalla polizia, per verificare che dentro al furgone non c'era niente di sospetto, che c'erano sanitari, c'era materiale sanitario
bene nella gironata di ieri questo furgone ha subito questa cosa
un poliziotto ha spaccato, da un metro di distanza, col manganello, il vetro del furgone e gli ha sparato un lacrimogeno dentro
questa e' stata la normalita' di questi giorni
La perquisizione prima della tempesta
[N.d.r.: Parla un membro del servizio sanitario.]
A Quarto, dove entriamo nel corteo, l'atmosfera è seria e determinata ma pacifica. Nel primo chilometro dobbiamo fare fronte a molti collassi dovuti a una mistura infernale di caldo torrido, stress e disidratazione. Mi preoccupa non poco la ragazza diciottenne che sale a fatica sul furgone e dichiara: "Ho un prolasso della mitrale, sono bradiaritmica, ipotesa costituzionale e soffro di attacchi di panico". E sono grato a Enzo, cardiologo al Borgo Trento di Verona, che prima mi solleva dall'incarico ("Ho una figlia della stessa età, lascia fare a me") e poi mi tranquillizza ("Polso e pressione sono OK, era solo spaventata"). Per fortuna c'è la solidarietà dei residenti, che calano dalle finestre bottiglie di minerale o, meglio ancora, lasciano aperta la canna dell'acqua che usano per bagnare i fiori.
Poi, senza una ragione apparente, l'atmosfera si fa tesa. Nelle vie adiacenti compaiono poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Una loro squadra blocca anche il nostro furgone, che viene perquisito con cura prima di ottenere il permesso di proseguire. Sembra tornata la calma quando, d'improvviso, parte la doppia carica: di fronte e di fianco. L'aria si riempie subito dell'odore acre dei lacrimogeni e siamo costretti ad abbandonare il furgone. Quando riesco a tornare indietro, trovo il nostro mezzo - ben riconoscibile per le due croci rosse sui fianchi - con i vetri rotti, l'aria irrespirabile e due candelotti lacrimogeni sul pavimento: difficile pensare che siano lì per caso. Ma non è il momento di recriminare: le cariche hanno lasciato sul campo feriti bisognosi di assistenza immediata.
Per raggiungere quello che ci viene segnalato come più grave, a Punta Vagno, occorre però attraversare la linea su cui ora sono schierati i Carabinieri. Che ci fanno passare - siamo ancora in quattro, ma questa volta l'équipe è formata da Enzo, Luca, Monica e me - ma non si lasciano sfuggire l'occasione per umiliarci: il mio tesserino vola a qualche metro di distanza, Enzo viene fermato (e subito rilasciato), mentre a Luca e Monica vengono sequestrati rispettivamente il tesserino e la carta d'identità, che dovranno recuperare più tardi in caserma.
Comunicato dei medici del GSF
In Corso Italia alle 15,30 del 21 luglio i poliziotti hanno preso a manganellate il furgone del Gsf assegnato al Servizio Sanitario, mentre questo era bloccato da una carica delle forze dell'ordine, frantumando il vetro dei finestrini laterali. In quel momento il furgone era pieno di feriti e di pacifici manifestanti che vi avevano cercato rifugio, impauriti dalla violenza della carica. Il medico, cui era affidato l'automezzo, è stato ostacolato e messo nelle condizioni di non soccorrere i feriti. Come ultima intimidazione, la polizia, dopo aver richiesto e ottenuto gli attestati della professione, ha trattenuto questi documenti.
Non c'è Convenzione di Ginevra che tenga
[N.d.r.: tratto da: Nome per nome, di Carlo Gubitosa, pagg. 320-322]
[...] un sanitario di Roma, racconta che a un certo punto
portano a braccia una donna straniera, obesa, colta da un malore. Ha il polso debole, la faccio adagiare sul furgone dove c'è un p' di posto e mi accingo a prenderle la pressione. Sono concentrato sulla "paziente" bocconi sul pianale, il mondo intorno a me non esiste piú se non per quella signora… e scoppia il casino. Sento sparare attraverso il fonendoscopio, un lacrimogeno esplode a mezzo metro dal portello. Il gas invade tutto il vano, continuano le esplosioni, intravedi i compagni che scappano in senso inverso. La furia aumenta, la gente terrorizzata si butta a pesce nell´ambulanza, dove giá non si respira piú. Cerco di proteggere la signora svenuta dallo schiacciamento. Sono costretto a spingere fuori con tutta la forza chiunque voglia entrare, provo a chiudere il portellone ma da fuori lo riaprono, terrorizzati. Forse credono nell´immunitá della Croce Rossa, ma non c'´è Convenzione di Ginevra che tenga.
Tutti urlano, qualcuno invoca aiuto per un bambino. Sto per soffocare, vengo buttato sul pianale e mi trascino carponi verso il portello posteriore. Esco, respiro, piango. Mi sento responsabile del disastro all' intereno dell' ambulanza. La polizia carica, indietreggio e l' ambulanza rimane tagliata fuori. Mi riprendo e ricomincio a pensare. Vedo la mia compagna incolume e spiego la situazione. Decidiamo di "passare le linee". A braccia alzate avanziamo contro i cordoni di celerini qualificandoci come sanitari. Niente. Urlo, piangendo, che abbiamo dei feriti a bordo. Un funzionario ci fa passare e avvisa: "portate via quel cazzo di ambulanza prima che sia troppo tardi".
Per me è giá troppo tardi. I compagni nell' abitacolo stanno bene. Non vedo piú la signora obesa, non c'è traccia del bambino. E la ragazza tachicardica? In compenso è tutto distrutto, il vetro posteriore rotto, sangue ovunque. Tutto intorno gente sdraiata, sanguinante, scarpe, cocci, bandiere, borse. Mi chiamano a gran voce, anche i ploiziotti mi fanno un cenno: c' è un ferito grave al lato della strada. È un ragazzo tedsco con una vasta ferita al capo che sanguina; il suo parlare inglese è rallentato, prova ad alzarsi ma barcolla. Ha un tampone intriso di sangue.
Mi avvicino e vengo fermato da un poliziotto in borghese (indossa un giubbotto e casco e brandisce un manganello). Sta giá discutendo con l´altro medico del nostro gruppo riguardo alla necessitá di qualificarsi. Taglio corto e faccio vedere il tesserino dell´ordine dei medici per cominciare a medicare il ferito. Il poliziotto disquisisce sulla reale gravitá del ferito, quasi fosse un neurotraumatologo, ma capisco che è spaventato pure lui. Ribadisco la necessitá di cure immediate e per tutta risposta mi sequestra il tesserino. Ho altro da pensare adesso e lascio perdere. Ha giá sequestrato i documenti di tutti i presenti, compresa l' infermiera del nostro gruppo (ed, ovviamente, del ferito, che,essendo straniero, non vuole separarsi dal suo passaporto). Parla di stato di fermo".
Il racconto di Osvaldo Giuliano è confermato anche dalla romana Erminia Costa e dalla Genovese Monica Battifora, altri due membri del gruppo sanitario di volontari nato in seno al Genoa Social Forum. Erminia Costa racconta che
"perquisiscono l' autoambulanza. […] Una signora un po' cicciona sviene e la portiamo sul furgone, il medico sta prendendole la pressione quando parte la carica. Non riusciamo a chiudere il portellone del furgone, la gente vuolu entrare dentro, una manganellata rompe il vetro, salto giú e comincio a correre".
Massacrate di botte persone che fuggono terrorizzate
Vengono massacrate di botte persone che fuggono terrorizzate: ragazzi e ragazze totalmente disarmati, giornalisti, persino una volontaria del pronto soccorso che sta medicando un ferito. Un furgone dei volontari del pronto soccorso del GSF, gia perquisito 3 volte, viene attaccato dagli agenti in divisa, gli viene distrutto un vetro e sparato un lacrimogeno all'interno. Gruppi pacifici di manifestanti vengono inseguiti per chilometri, lontano dalla 'zona rossa', e fatti oggetto di innumerevoli lanci di lacrimogeni.
Udienza Mortola UP Diaz
Uno di questi testimoni vede addirittura nel pomeriggio del 21 di luglio alle 15.45 come da reperto 197.2, un furgone bianco con croce laterale rossa con numerosi ragazzi feriti. Questo e' un osservazione a posteriori che riguarda pero' il contenuto dei referti in possesso degli ufficiali di polizia.
Gaggiano - Relazione di servizio al Questore - 21 Luglio 2001
A causa della viva resistenza opposta dai più violenti la carica si è dovuta protrarre fino a Punta Vagno. Nel corso di tale intervento diversi dimostranti sono rimasti feriti e, per essi, si è subito proceduto a richiedere l'intervento dei sanitari a bordo di autoambulanza. In ogni caso poiché in loco era presente anche un furgone bianco a bordo del quale si trovava un "servizio sanitario" del GSF si consentiva che i medici e gli infermieri che ad esso facevano capo prestassero soccorso immediato ai feriti che abbisognavano di più immediati interventi.
Materiale sanitario e alcuni paramedici
[tratto da "Nome per Nome", pagg. 321-322, n.d.r.]
La perquisizione al furgone medico descritta dai sanitari del Genoa Social Forum è stata confermata il 4 Settembre, davanti al Comitato parlamentare d´indagine, anche da Vincenzo Canterini, dirigente del I reparto mobile di Roma della Polizia di Stato, che presenta la sua versione dei fatti raccontando che
L'impiego del Nucleo è stato abbastanza anomalo, nel senso che, sempre agli ordini del dottor Calesini, vicario di Genova, nell´intento di raggiungere di volta in volta le varie zone di intervento segnalate dalla sala dela centrale operativa della Questura, al fine di evitare tangenze con il corteo che stava scorrendo per tutta la cittá, non si è fatto altro che percorrere itinerari tortuosi per poi non arrivare in tempo o essere nel frattempo dirottati da un' altra parte.
Comunque, in questo contesto, in zona Punta Vagno la centrale operativa segnalava la presenza all´interno del corteo di un furgone bianco contenente, probabilmente, armi improprie. Il Nucleo, insieme ad un altro contingente di polizia, questa volta è arrivato sul posto e si è schierato; tale schieramento causava un´immediata reazione da parte di alcuni elementi del corteo, i quali, in uno stato di crescente tensione, cominciavano a fronteggiarci travisandosi e impugnando bastoni e altre armi improprie, mentre il resto del corteo scorreva. Il furgone veniva effettivamente individuato, ,a la situazione che si era venuta a creare era tale che, per procedere al suo controllo, si sarebbe dovuto necessariamente caricare non solo gli individui che ci fronteggiavano, ma anche parte el corteo che ci separava dal furgone stesso.
A questo punto, il dottor Calesini, unitamente a me e al dottor Fournier, iniziava una trattativa con alcuni partecipanti al corteo, che, anche grazie al fatto che il dottor Fournier ne conosceva personalmente qualcuno, è andata a buon fine.Quindi si è potuto estrapolare il furgone dal corteo e procedere tranquillamente alla sua ispezione, che, peraltro, dava esito negativo quanto alla presenza di armi, poiché al suo interno vi era solo personale medico e alcuni paramedici. […] Si trattava di materiale sanitario e di alcuni paramedici. Ho citato questa circostanza in quanto, oltre ad essere l´unica nota di rilievo operativo della giornata del 21, a mio personalissimo giudizio dimostra il senso di responsabilitá e di equilibrio negli interventi effettuati dal Nucleo in tutto il periodo in cui questo ha operato a Genova.
"I cordoni del corteo hanno fatto di tutto per [...] impedire ai provocatori di entrare nel corteo"
[N.d.r.: tratto da: Nome per nome, di Carlo Gubitosa, pagg. 320-322]
Anche la milanese S. G. viene coinvolta negli scontri di Corso Italia e racconta che
Alcuni di noi sono stati colpiti in pieno dai lacrimogeni sulla testa, con ferite profonde. Alcuni lacrimogeni sono finiti sotto un’ autoambulanza costringendo gli infermieri ad uscire lasciando i feriti coricati dentro. […] Si correva cercando di non calpestarsi gli uni con gli altri. Si è rischiata una tregedia pazzesca. Diversi svenivano […] I cordoni del corteo hanno fatto di tutto per cercare di isolare ed impedire ai provocatori di fare danni e di entrare nel corteo.
|
|