La procura di Roma apre una inchiesta per omicidio volontario aggravato e tre tentati omicidi. «Chiederemo l'acquisizione della vettura». Il comando americano: «Ci serve per la nostra indagine interna»
ROMA
Omicidio volontario aggravato e tre tentati omicidi. Sono pesanti ed adeguati i capi di imputazione con cui la procura di Roma ha aperto l'indagine per capire cosa sia accaduto sulla strada che doveva portare Giuliana e i suoi liberatori, tra cui Nicola Calipari, verso casa. E teoricamente l'inchiesta sarebbe già a buon punto. Ieri pomeriggio, subito dopo la visita medica, la nostra inviata e l'agente del Sismi ferito ad una gamba in modo non grave sono stati sentiti dai pm Ionta e Saviotti per più di due ore. Nel pomeriggio il ministro Roberto Castelli ha fatto sapere pure che la rogatoria internazionale diretta verso gli Stati uniti è firmata e che dunque in pochi giorni a Washington arriverà la richiesta ufficiale del governo italiano per ottenere nomi e cognomi dei membri della pattuglia che ha sparato.
Peccato che la storia delle indagini italiane sui precedenti rapimenti e quella di tutte le inchiesta in cui fossero coinvolti militari americani facciano pensare che difficilmente gli Stati uniti collaboreranno davvero. Basti pensare che la procura di Roma sta ancora aspettando di poter inviare i propri agenti a Baghdad per sentire i «presunti» rapitori dei bodyguard italiani arrestati lo scorso autunno. A piazzale Clodio non è mai arrivato nulla di più di una informativa americana.
Adesso le cose potrebbero andare più o meno allo stesso modo. Gli agenti del Ros inviati a Baghdad già da qualche settimana per raccogliere informazioni utili su tutti gli episodi di terrorismo contro gli italiani avvenuti quest'anno, hanno l'incarico di riportare a Roma la jeep crivellata dai colpi americani. Il comando Usa di stanza a Baghdad, però, ha già spiegato che sulla notte di venerdì è stata aperta una «enquiry» interna e che la vettura è fondamentale per questa inchiesta promessa dallo stesso presidente Bush.
Di certo la versione dei fatti raccontata da Giuliana è opposta a quella venerdì notte da Washington. La vettura su cui viaggiavano gli italiani aveva già superato più di un check point quando ha incontrato la pattuglia americana che ha aperto il fuoco. Prima di sparare, poi, i marines non avrebbero fatto alcun segnale «con le mani» come raccontato dal comando. Semplicemente, hanno acceso un faro ed aperto il fuoco.
Sul tavolo di Ionta e Saviotti c'è anche un'altra indagine, che in queste ore tutti sembrano aver rimosso. Quella sui rapitori di Giuliana aperta esattamente un mese fa. Sulla loro identità lei ha fornito parecchi particolari, molti dei quali racconta di persona nel suo articolo (vedi in prima pagina). Ha spiegato, ad esempio, di essere rimasta sempre in una casa all'interno della città di Baghdad sotto il controllo di due uomini molto religiosi, entrambi vestiti come dei soldati. I due si rivolgevano a lei a volto scoperto e in un paio di occasioni l'hanno persino invitata a vedere la televisione nella casa, una abitazione comune, dotata di antenna parabolica e impianto elettrico funzionante, con di fronte un giardino in cui Giuliana ha visto più volte dei bambini che giocavano. Ad occuparsi di lei, vestirla e nutrirla era soprattutto una donna wahhabita interamente coperta dal velo. La presenza di una donna non è una novità, anche nel video che ce la mostrava in ginocchio e in lacrime si sentiva distintamente la voce di una donna.
A prescindere dal racconto fatto ieri da Giuliana, gli inquirenti romani hanno già in mano parecchi elementi sui giorni del sequestro. Nelle scorse settimane a piazzale Clodio è stato portato via via ogni elemento che facesse parte della trattativa. L'orologio di Giuliana, consegnato a palazzo Chigi ma anche a Gabriele Polo e Pier Scolari come prova per avviare le trattative, ma anche il video integrale, quello arrivato a Roma il 12 febbraio e che gli agenti del Sismi hanno ripulito da ogni dettaglio che potesse essere rilevante per l'inchiesta. «Il testo di quel video è stato scelto da loro, sono stati loro a insistere perché facessi appello soprattutto a Pier, perché parlassi rivolgendomi alla mia famiglia», ha spiegato Giuliana agli inquirenti.
Questa mattina, intanto, la salma di Nicola Calipari sarà sottoposta ad autopsia nell'istituto di medicina legale. Immediatamente dopo il suo corpo sarà portato al Vittoriano dove è stata allestita la camera ardente.
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