Uno dei più importanti dirigenti dell’informazione via cavo, Eason Jordan della CNN, è stato costretto a dimettersi dopo aver partecipato ad un dibattito al Forum dell’Economia Mondiale a gennaio. In un momento di rara sincerità, sembra che Jordan abbia detto che i militari degli Stati Uniti avevano preso di mira una dozzina di giornalisti che erano stati uccisi in Iraq. I commenti hanno provocato una tempesta su Internet, fomentata dai sostenitori di destra, che hanno condotto Jordan a ritrattare, a chiedere scusa ed infine a dimettersi dopo ventitre anni trascorsi al network, "nello sforzo di impedire che la CNN fosse ingiustamente infangata dalla polemica."
Ma la polemica reale qui non dovrebbe essere sui commenti di Jordan. La polemica deve essere sul silenzio comatoso degli Stati Uniti sull'uccisione ripetuta dei giornalisti in Iraq da parte dei militari. Consideriamo gli eventi dell'8 aprile 2003. Nella prima mattina, il corrispondente di Al Jazeera, Tareq Ayyoub, stava riportando i fatti dall'ufficio del network a Bagdad. Stava fornendo una testimonianza oculare di una feroce battaglia fra gli Stati Uniti e le forze irachene sulle rive del Tigri. Come è salito sul tetto dell’edificio, un velivolo da guerra degli Stati Uniti è sceso in picchiata e ha lanciato un razzo verso l'ufficio di Al Jazeera. Ayyoub è morto sul colpo.
Il Comando Centrale degli Stati Uniti rilasciò una dichiarazione sostenendo che, "le forze della Coalizione furono sottoposte ad un imponente fuoco nemico proveniente dalla costruzione in cui i giornalisti di Al-Jazeera stavano lavorando." Mai nessuna prova è stata prodotta per sostenere questa dichiarazione. Al Jazeera, che fornì ai militari degli Stati Uniti le proprie coordinate una settimana prima che iniziasse l'invasione, sostiene che ricevette la garanzia, il giorno prima della morte Ayyoub, che il network non sarebbe stato attaccato.
A mezzogiorno dell’8 aprile, un carro armato Abrams degli Stati Uniti sparò contro l'hotel Palestine, la sede e l'ufficio di più di un centinaio di giornalisti internazionali non embedded che operavano allora a Bagdad. Il proiettile si fracassò contro l'ufficio della Reuters al quindicesimo piano, uccidendo due cineoperatori, Taras Protsyuk della Reuters e José Couso della Telecinco spagnola.
Gli Stati Uniti sostennero ancora una volta che le relative forze militari erano sottoposte a fuoco nemico e stavano reagendo solo per autodifesa. Questa dichiarazione fu contraddetta dai numerosi giornalisti che erano nell'hotel e da una squadra della TV francese che aveva filmato l'attacco. Nel suo rapporto sull’accaduto, il Comitato per la Protezione dei Giornalisti ha sostenuto che "i funzionari del Pentagono, così come i comandanti a Bagdad, sapevano che l'hotel Palestine era pieno di giornalisti internazionali.".
In una fredda dichiarazione alla fine di quel giorno in Iraq, la portavoce del Pentagono Victoria Clarke spiegò in termini semplici quale fosse la politica del Pengagono riguardo ai giornalisti non-embedded con le truppe Usa. Lanciò l’avvertimento che Bagdad "non è un posto sicuro. Non dovreste essere là."
Il commento di Eason Jordan è stata solo una dichiarazione necessaria. Stava esprimendo un'opinione che era comune fra le organizzazioni d’informazione nel mondo. "Abbiamo avuto tre morti, e tutti erano non-embedded e non cittadini dei paesi della Coalizione. Erano tutti dalla parte dei militari degli Stati Uniti e la reazione delle autorità Usa in ogni occasione è stata che furono in qualche modo giustificati," questo dichiarò a novembre David Schlesinger, direttore generale della Reuters. "Quale è la posizione riguardo ai non-embedded? Sono solo giornalisti per puro gioco?".
Uno dei più importanti anchor-man della BBC, Nik Gowing, ha detto recentemente che quando rilascio’ una dichiarazione sui pericoli che affrontano i reporters in Iraq egli stava "parlando per un gran numero di organizzazioni d’informazione, molte delle quali realmente non stanno trattando pubblicamente l’argomento al momento. La difficoltà è che molti militari -- specialmente i militari… Americani-- non ci vogliono là. E ci rendono molto scomodo vivere da quelle parti. E penso che questo... stia convincendo le forze di sicurezza che in alcuni casi essi si ritengono legittimati a prenderci da bersaglio contando sull’impunità”.
I militari degli Stati Uniti non hanno ancora punito un singolo soldato per l'uccisione di un giornalista in Iraq. Mentre alcuni incidenti sono classificati come "indagini in corso" la maggior parte sono stati classificati come errori o auto-difesa. Alcuni persino sono classificati come "giustificato", ne è un esempio l'uccisione del cineoperatore della Reuters Mazen Dana, colpito vicino alla prigione di Abu Ghraib quando la sua macchina fotografica fu scambiata per un lancia razzi. Inoltre "giustificata" era l'uccisione di Al-Tumeizi di Mazen di Al Arabiya TV, saltato in aria a causa di un missile Usa mentre riportava di un veicolo corazzato in fiamme sulla via di Haifa a Bagdad.
Ci sono stati inoltre parecchie uccisioni discutibili di giornalisti ai posti di blocco statunitensi, come le morti di Ali Abdel-Aziz e Ali al-Khatib di Al Arabiya per fucilazione nel Marzo del 2004. Il Pentagono ha sostenuto che i soldati che hanno sparato ai giornalisti si sono comportati secondo "le regole di combattimento". Ed il freelancer Dhia Najim della Reuters è stato ucciso dal fuoco statunitense mentre filmava combattenti della resistenza nel Novembre del 2004. "Lo abbiamo ucciso", ha detto al New York Times un ufficiale militare non identificato. "Era insieme ai cattivi. Era là con loro, hanno attaccato, abbiamo risposto al fuoco e lo abbiamo colpito."
I militari non hanno dovuto affrontare proteste pubbliche nel loro paese riguardo a queste uccisioni. Infatti, i commenti di Ann Cooper del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) sono stati usati per screditare la dichiarazione di Jordan a Davos. "Dal nostro punto di vista", la Cooper fu ampiamente citata come per dire, "i giornalisti non sono stati bersaglio dei militari degli Stati Uniti in Iraq."
Ma come Joel Campania del CPJ riconosce, il Pentagono non ha cooperato nelle indagini su molti giornalisti uccisi. Il fatto è che il CPJ non sa che i militari non hanno preso di mira i giornalisti sebbene esistano molti fatti che dimostrano il contrario. Questi includono non soltanto gli eventi dell’ 8 aprile 2003, ma credibili vicende di giornalisti che sono stati torturati dai militari degli Stati Uniti in Iraq, come Salah Hassan e Suheib Badr Darwish di Al Jazeera [si veda Christian Parenti, "Al Jazeera va in prigione," 29 marzo 2004] e tre redattori della Reuters che dicono di essere stati brutalizzati dalle forze Usa per settantadue ore dopo che filmarono un elicottero statunitense precipitare vicino Falluja nel mese di Gennaio 2004.
Secondo le notizie riportate, i giornalisti furono bendati, costretti a stare in piedi per ore con le braccia alzate e minacciati di abuso sessuale. Un familiare di uno dei giornalisti ha dichiarato che i militari degli Stati Uniti lo hanno denudato ed hanno forzato una scarpa nella sua bocca. In molti di questi casi, c’è un denominatore comune: i giornalisti, principalmente arabi, stavano segnalando posti o avvenimenti che i militari non vogliono che il mondo veda -- i veicoli militari in fiamme, elicotteri abbattuti, resistenza feroce contro le forze "di liberazione", morti civili.
Nella sua lettera di dimissioni, Jordan ha scritto "Non intendevo dire che le forze Usa hanno agito con cattive intenzioni quando hanno accidentalmente ucciso dei giornalisti". Le famiglie ed i colleghi dei giornalisti morti credono il contrario. E spetta a tutti i giornalisti, non solo a quelli in Europa ed in Medio Oriente, onorare le vittime giudicando i loro responsabili assassini.
In Spagna, la famiglia del cineoperatore José Couso ha archiviato una causa contro i soldati degli Stati Uniti che lo hanno ucciso e progettano di fare un viaggio negli Stati Uniti per l'anniversario della sua morte nella prossima primavera. Ci sarà qualche network che avrà il coraggio di trasmetterli in TV o di darne solo la notizia?
Fonte: http://www.democracynow.org/static/Eason_Jordan.shtml Traduzione di Manrico Toschi per Comedonchisciotte.net
|