Qualche ulteriore e avventurosa congettura. Diversa, inevitabilmente, dalle precedenti.
Procediamo ulteriormente, con qualche nuovo frammento, nella nostra fantasiosa ricostruzione dei fatti. Sempre tenendo presente, naturalmente, che si tratta di un congetturare basato sulle informazioni che ormai arrivano copiose dalle agenzie di stampa. La precisazione e' opportuna perche' l'esercizio di ricostruzione, se fatto con raziocinio, ha una sua utilita'. Resta fermo che qui vengono prese per vere dichiarazioni che evidentemente potrebbero non esserlo. Ed e' vero che nell'ipotizzare questi scenari non si esclude affatto la possibilita' del "terribile errore". Se si ragiona sull'ipotesi dell'agguato e' per puro interesse speculativo.
Ha detto Giuliana Sgrena: «Non era un posto di blocco, ma una pattuglia che ha fatto fuoco appena dopo averci illuminato con un faro. Non si è capita la provenienza dei proiettili, precedentemente non avevamo incontrato controlli americani».
Ecco la testimonianza del maggiore riportata da "Insardegna":
«Io continuavo ad andare lentamente e all’improvviso si è illuminato un faro. Subito dopo sono arrivati gli spari. Il fuoco è durato almeno dieci secondi. I colpi provenivano da destra».
Ragioniamo. I colpi venivano da destra. Sul fatto che venivano da destra non c'e' molto da equivocare. La pattuglia dopo aver affiancato a destra l'auto italiana ha sparato. Le persone maggiormente colpite sono state quelle che si trovavano a destra: Calipari e il "quarto uomo" di cui non si parla piu' ma che c'era e che dovrebbe essere combinato piuttosto male. (Anche il colpo al polmone di cui si e' detto nelle prime fasi della serata di venerdi' rientra perfettamente nella casistica: parte alta del corpo, esposta dal lato del finestrino, proiettile penetrato di fianco).
Quelli che si trovavano a sinistra - Giuliana Sgrena sul sedile posteriore e il maggiore alla guida - se la sono cavata a buon mercato. Ovviamente la macchina si e' fermata. (Se procedevano a gran velocita' come sostengono gli americani, si sarebbero sfracellati).
Resto dell'idea che i nostri devono aver sparato qualche colpo per difendersi. Quando Giuliana dice che avrebbe potuto raccogliere proiettili a manciate nell'auto dice un'ingenuita'. I proiettili forano e passano oltre oppure girano e si frammentano. Se davvero ha potuto raccogliere qualcosa a manciate, doveva trattarsi verosimilmente di bossoli. Bossoli usciti dalle pistole italiane: quella del maggiore e quella del quarto uomo. Che infatti sono state sequestrate dalle autorita' USA.
Il maggiore alla guida, quando la macchina si e' fermata, dev'essere sgattaiolato fuori dall'abitacolo ancorche' ferito. Poi si e' sdraiato in terra dietro i sedili e ha telefonato al gruppo di crisi presso la segreteria della presidenza del consiglio. Quando quelli della pattuglia si sono avvicinati a piedi, armi in pugno, lo hanno trovato che stava al telefono con Pollari e gli altri. Questa dev'essere la ragione per cui i soldati si sono fermati. Vediamo cosa scrive lo stesso giornale sardo a riguardo: «Lui ha urlato (al cellulare): "Gli americani ci hanno sparato. Nicola è morto. Mi tengono un mitra puntato addosso". Poi più nulla. La comunicazione è stata interrotta». Il maggiore ha fatto la cosa piu' saggia. Non ha messo mano alla pistola, ma al cellulare. Probabilmente e' stato questo a salvarli. Se c'era un piano, questo non prevedeva certo che le principali autorita' italiane fossero informate del fatto che l'auto era stata fermata da una pattuglia americana.
Qui l'operazione degli assalitori - sempre ammesso che l'ipotesi dell'agguato sia sensata - ha fatto flop. I militari americani si saranno guardati in faccia con aria interrogativa e avranno chiesto chiarimenti a chi li comandava. Questi a sua volta deve aver sentito qualcuno molto ma molto in alto. Questo qualcuno ha capito immediatamente che a quel punto si trattava di salvare la situazione. Mezza Italia era trepidante davanti allo schermo televisivo per la liberazione di Giuliana Sgrena. Se li avessero "finiti" il "gruppo di crisi" di Roma avrebbe potuto perdere la testa. E la crisi diplomatica sarebbe stata difficile da evitare. E' vero, tuttavia, che se il problema era "finirli" avrebbero potuto anche farlo prima, continuando a crivellare l'auto di colpi. Ma allora si deve considerare l'ipotesi che perseguivano qualche altro piano. Un altro sequestro, verosimilmente. Oppure, continuo a non escluderlo, si trattava effettivamente di gente completamente fuori di testa.
Ma riguardo a questo punto c'e' una questione che fa molto riflettere: se i soldati americani temevano un'autobomba, com'e' mai si sono avvicinati al maggiore ? Se pensavano di avere a che fare con dei kamikaze su una macchina carica di esplosivo che sta per esplodere, si sarebbero avvicinati a un uomo in terra con un cellulare in mano ? Avrebbero rischiato fino a al punto di strappargli il cellulare dalle mani ? Mi sembra poco probabile. I cellulari, in medioriente, servono spesso per far scoppiare le autobombe. Dunque, a prendere sul serio le versioni ufficiali, prima i ragazzi erano cosi' "nervosi" da sparare a vista, senza minime cautele, poi, improvvisamente, mostrano di avere i nervi molto a posto.
Sarebbe interessante analizzare la "consecutio temporum" tra la telefonata del maggiore a Pollari e la diffusione della notizia sulle televisioni italiane. La presenza di Scolari e Polo nel "gruppo di crisi" deve aver contribuito ad impedire un silenzio troppo prolungato. Forse, se non ci fossero stati i due, gli altri avrebbero scelto di prendere tempo. Cosa che poteva dare modo agli americani di salvare il salvabile. Ma qui dev'essere stato anche Berlusconi che, fiutato il bidone che gli stavano tirando, ha fatto ricorso alla sua arma finale: la TV. Mossa vincente. Politicamente davvero straordinaria, anche se per lui dev'essersi trattato di un automatismo. Cosi' Fede ha iniziato a sbracciarsi e a balbettare.
A quel punto quale che fosse stato l'ipotetico programma degli assalitori, e' saltato. Chi dichiarava di avere il quadro di quanto accaduto non era un pinco palla qualsiasi, ma il presidente del consiglio italiano. E la dichiarazione era divenuta pubblica attraverso i suoi canali televisivi.
L'autorita' politica americana (ipotetica) che era dietro all'operazione (sempre ipotetica) si e' trovata a dover valutare se rischiare una crisi internazionale e prendersene la responsabilita' o attivare il piano d'emergenza, quello da avviare nell'eventualita' di un fiasco. Il piano d'emergenza era evidentemente quello dell'insabbiamento. Nessuno potra' mai sapere con certezza nulla. L'ipotesi dell'incidente e' destinata a trionfare. E' comoda per tutti. E permette di guadagnare tempo. Forse un sergente sfigato si fara' scappare, sotto processo, di aver ricevuto un ordine preciso via radio, ma nessuno gli dara' credito.
Cio' non toglie che (se questa ricostruzione e' vera) la vicenda difficilmente sara' esente da pesanti strascichi. Qualcuno negli Stati Uniti, e probabilmente anche in Italia, ha giocato sporco. E' da presumere che negli USA l'operazione non sia stata concepita dal vertice al completo, ma da una o due persone che controllano degli uomini sul territorio iraqueno.
Ma difficilmente i falchi si sarebbero avventurati in una simile impresa se, in Italia, "qualcuno" non gli avesse prospettato qualche consistente vantaggio: con l'eliminazione di Calipari e il fiasco dell'operazione Sgrena la politica italiana rispetto all'Iraq sarebbe cambiata. E dal punto di vista dei falchi USA si sarebbe trattato di un cambiamento in meglio. Per i falchi nostrani si sarebbe trattato di un'occasione d'oro per prendere in mano le redini dei servizi e per spingere il paese verso un maggiore impegno militare.
Ma questo qualcuno ha fallito miseramente.
Se ho capito qualcosa del paese in cui sono nato, difficilmente la passera' liscia. Inutile ascoltare i discorsi ufficiali dei prossimi giorni. Anche se dai discorsi potremo carpire qualche sfumatura, la verita' si potra' forse soltanto intuire il giorno della resa dei conti. Se vedremo qualche personaggio molto importante sparire in strane circostanze, avere qualche grave incidente o qualche improvviso e tragico malore, potremo pensare che l'ipotesi dell'agguato non era poi campata in aria.
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