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Il precedente: quando gli americani presero a fucilate il nostro ambasciatore
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autore dell'articolo Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:15 PM |
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Iraq, settembre 2003. Da soli 4 mesi George Bush aveva dichiarato la guerra vinta e finita. L'esplosione dell'insurrezione e del terrorismo tagliagole era di la' da venire. Per un soffio il nostro ambasciatore, Pietro Cardone, non cadde vittima del "fuoco amico". Strana l'amnesia relativamente a questo precedente gravissimo dell'omicidio Calipari manifestata non solo dalla stampa, ma anche dai media.
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Iraq, settembre 2003. Da soli 4 mesi George Bush aveva dichiarato la guerra vinta e finita. L'esplosione dell'insurrezione e del terrorismo kamikaze e tagliagole era di la' da venire.
Per un soffio il nostro ambasciatore, Pietro Cordone, non cadde vittima del "fuoco amico".
Rituali "scuse" al nostro governo dai massimi livelli dell'amministrazione americana. Nessuna inchiesta si cui si abbia notizia, nessuna punizione per lo sparatore. Unica conseguenza: la sostituzione del nostro ambasciatore quasi ammazzato (forse a richiesta dello stesso, e sarebbe ben comprensibile, ma non ne siamo certi). Vicenda dimenticata in fretta a tutti i livelli.
Pietro Cordone, arabista e studioso, ambasciatore Italiano in Iraq (attualmente l'ambasciatore e' Gian Ludovico de Martino di Montegiordano), girava il paese arabo per cercare di preservarne, grazie alle sue competenze, il patrimonio culturale. E lo faceva, un giorno di settembre del 2003, a bordo di un'auto non blindata e accompagnato dalla moglie, da un interprete iracheno e dal proprio autista. Questi particolari, ove fosse necessario, chiariscono al di la' di ogni dubbio come, allora, la tensione in Iraq fosse ancora piuttosto bassa, a dir poco, e come l'invocarla per "spiegare" il grilletto facile dei soldati USA non avesse senso. Anzi, testimonia della preesistenza delle famose "regole d'ingaggio", che danno ai soldati americani il diritto di uccidere chiunque e di restare impuniti, a prescindere dalla "tensione". Regole d'ingaggio che costituiscono una lampante violazione della Convenzione di Ginevra e che non risulta siano applicate ne' dal Contingente Inglese, ne' da quello Italiano.
E testimonia, soprattutto, di come invocare la "tensione" che affliggerebbe i soldati USA per "giustificare" l'agguato all'auto sulla quale viaggivano Calipari e la Sgrena non sia altro che un vergognoso espediente per nascondere la verita'.
Il 19 settembre 2003, in pieno giorno, in condizioni di visibilita' normalissime, l'auto del nostro ambasciatore fu colpita da una fucilata esplosa un soldato americano che viaggiava su un convoglio USA che l'auto del nostro diplomatico stava (incautamente?) cercando di sorpassare, si badi bene, in autostrada, in condizioni di normale traffico, presso lo svincolo per Tikrit. In quel caso l'ambasciatore dovette la vita, con ogni probabilita', alla morte del suo interprete iracheno, colpito in pieno dal proiettile, mirato, esploso dal soldato americano. Secondo l'ambasciatore, intervistato al TG1, il soldato si sbraccio' per indicare al veicolo italiano di rientrare dalla corsia di sorpasso e immediatamente dopo -pochi secondi- prese la mira e sparo', senza dare tempo all'autista di rientrare. L'unico proiettile esploso dall'americano, evidentemente ben mirato, attraverso' il cuore dell'interprete iracheno, che sedeva sul sedile anteriore, il resto del suo corpo, il sedile, ed ebbe ancora la forza di graffiare il braccio di Cordone. Il nostro ambasciatore, curiosamente (?) senti' di dover specificare di non aver violato nessun "check point" ed espresse la speranza che gli americani fornissero un qualche risarcimento alla vedova dell'interprete ed ai suoi due bambini.
Suona strana l'amnesia manifestata non solo dalla stampa, ma anche dai media, persino dal Manifesto, relativamente a questo precedente gravissimo della sparatoria costata la vita a Nicola Calipari.
Un precedente che dovrebbe chiudere la bocca a chiunque cerchi di giustificare l'ingiustificabile comportamente di quella che non e' piu' possibile definire se non soldataglia statunitense.
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precisazione
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autore dell'articolo Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:30 PM |
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Come postilla al mio articolo vorrei aggiungere due precisazioni che rendono la vicenda, se possibile, ancora piu' grave: Cordone non solo era nostro ambasciatore, ma Membro dell'Autorita' Provvisoria messa su dagli USA e che all'epoca governava l'Iraq, incaricato proprio dalla stessa del recupero del patrimonio archeologico e culturale. Anche allora la malafede e il disprezzo americano verso l'alleato italiano non mancarono di chiamare in causa inesistenti check point violati, inverosimili tentativi di sorpasso ripetuti (come se i tentativi di sorpasso giustificassero - o giustifichino- la pena di morte in presa diretta), "larghe segnalazioni" preventive immaginarie. Il tutto smentito non da una "facinorosa giornalista comunista", ma da un ambasciatore italiano, membro della provisional authority targata USA, testimone oculare dell'omicidio mirato del suo interprete iracheno e del proprio tentato omicidio da parte di un soldato USA.
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x Selene
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x Selene Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:33 PM |
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Perché così sarebbe più difficile dar credito alla tesi della sfortunata fatalità e/o dell'incompetenza del duo Sgrena/Calipari ed anche perché (non lo sapevi?) il più grande pericolo che ci minaccia è quello dell'antiamericanismo! Puah
Stampa, tv, più o meno autorevoli commentatori paiono preoccupati solo del fatto che possa riprendere vigore il sentimento antiamericano. Servi dei servi dei... (ad libitum)
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patrimonio
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archeologo Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:38 PM |
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"Pietro Cordone, arabista e studioso, ambasciatore Italiano in Iraq (attualmente l'ambasciatore e' Gian Ludovico de Martino di Montegiordano), girava il paese arabo per cercare di preservarne, grazie alle sue competenze, il patrimonio culturale."
Beh... ecco perchè gli hanno quasi sparato... dava fastidio a chi sta saccheggiando l'Iraq. E' abitudine dei conquistatori razziare il patrimonio archeologico dei paesi invasi. Se sapeste quanti tesori irakeni sono adesso in qualche museo americano (a detta di archeologi italiani che hanno scavato in Iraq)...
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Siamo già tutti antiamericani
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Selena Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:42 PM |
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>riprendere vigore il sentimento antiamericano
Ahah, la barzelletta del giorno! Nella mia città che non è piccola, puoi parlare male dell'America con chiunque che lo trovi d'accordo. Mia mamma dice che era così con la Germania nazista, alla fine l'odiavano tutti, e i giornalisti erano ossequiosi e servili, fino all'ultimo, fino al giorno prima del crollo. Poi sono diventantati tutti antinazisti e antifascisti, con la più grande faccia di bronzo
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errata
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corrige Tuesday, Mar. 08, 2005 at 12:50 PM |
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"Suona strana l'amnesia manifestata non solo dalla stampa, ma anche dai media, persino dal Manifesto, relativamente a questo precedente gravissimo della sparatoria costata la vita a Nicola Calipari."
andava letta come:
"Suona strana l'amnesia manifestata non solo dalla POLITICA, ma anche dai media, persino dal Manifesto, relativamente a questo precedente gravissimo della sparatoria costata la vita a Nicola Calipari."
Me ne scuso con i lettori.
L'Autore.
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non e' questione di antiamericanismo
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autore dell'articolo Tuesday, Mar. 08, 2005 at 1:07 PM |
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Non e' questione di antiamericanismo. E' questione di avere il minimo di professionalita' nel riportare le notizie, nel collegarle tra loro (correttamente, s'intende) e nel commentarle. Trovo semplicemente stupefacente che nessun media, per quanto di sinistra, abbia, che io sappia, ricordato l'attentato all'Ambasciatore Cordone. Non e' escluso che qualche giornalista lurker, leggendomi, finalmente lo faccia. Cio' che io spero. Anche perche' con il precedente di Cordone cadono gran parte, se non tutte, le false premesse logiche che contraddistinguono le volgari e miserabili manifestazioni di servilismo che si sforzano di mostrare schiere di servi piu' realisti del re.
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x l'autore
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x l'autore Tuesday, Mar. 08, 2005 at 1:20 PM |
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Quel che rimaneva dell'informazione è una delle prime vittime di questa guerra. I giornalisti non-embedded sono spariti, ed anche il semplice lavoro d'archivio sembra ormai paragonabile al reato di lesa maestà.
Lo stesso Manifesto (con tutta la comprensione del caso visto il coinvolgimento emotivo) ultimamente pareva un bollettino parrocchiale con lo spazio per gli ex voto, ovviamente fin troppo prudente in merito a ciò che pubblicava. Spero vivamente riprendano presto il giornale che sanno fare.
Grazie della segnalazione, non è sempre una perdita di tempo venire su Indymedia.
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